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Giurisprudenza

 

Rifiuti

 

2011

(Vedi anche le voci: inquinamento - acqua - aria - suolo - V.I.A....)

 

Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni

2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-97

(N.B.: queste pagine continueranno ad essere aggiornate)

 

 

 


 

RIFIUTI - Abbandono - Ordinanza ex art. 14 d.lgs. n. 22/97 (oggi, art. 192, d.lgs. n. 152/2006) - Partecipazione al procedimento amministrativo. In tema di ordinanza ex art. 14 d.lgs. n. 22/97 (oggi, art. 192 d.lgs. n. 152/2006), il generico riferimento all’urgenza di provvedere alla rimozione dei rifiuti al fine di eliminare ogni pericolo per la salute dei cittadini non è sufficiente a legittimare la deroga al principio fondamentale della partecipazione al procedimento amministrativo dei soggetti che vi sono coinvolti: ciò a maggior ragione ove gli adempimenti relativi vengano accollati al proprietario dell’area, nella pretesa impossibilità di risalire ai responsabili dell’abbandono dei rifiuti. Pres. ed Est. Balba - F. s.p.a. (avv. Cocchi) c. Comune di Castiglione Chiavarese (n.c.). TAR LIGURIA, Sez. I - 28 luglio 2011, n. 1191

RIFIUTI - Incenerimento - Disciplina ex d.lgs. n. 133/2005 - Rapporto di specialità rispetto alla disciplina generale di cui agli artt. 208 e ss. d.lgs. n. 152/2006.
L’intera disciplina contenuta nel d.lgs. n. 133 del 2005, in materia di incenerimento dei rifiuti, si pone in termini di specialità rispetto alla disciplina generale riguardante gli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, contenuta negli artt. 208 e ss. del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e rispetto a quella riguardante i soli impianti di incenerimento di rifiuti urbani, sottoposti all’autorizzazione integrata ambientale, già contenuta nel d.lgs. n. 59 del 2005, oggi trasfusa nel Titolo III-bis del d.lgs. n. 152 del 2006. Pres. Quaranta, Est. Silvestri - Giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Tribunale di Trieste - CORTE COSTITUZIONALE - 27 luglio 2011, ordinanza n. 253

RIFIUTI - Incenerimento - Art. 19, cc. 1 e 2 d.lgs. n. 133/2005 - Maggior rigore rispetto all’art. 16, c. 1 d.lgs. n. 59/2005 (oggi art. 29-quattuordecies d.lgs. n. 152/2006 - Irragionevolezza - Esclusione.
L’art. 19, commi 1 e 2, c d.lgs. n. 133/2005 configura come reati contravvenzionali le condotte di esercizio di impianti di incenerimento (e coincenerimento) dei rifiuti in assenza delle prescritte autorizzazioni, distinguendo a seconda che l’attività abbia ad oggetto rifiuti pericolosi o non, e prevedendo in entrambi i casi la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda, con differenti valori edittali; diversamente, la norma contenuta nell’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 59 del 2005 (oggi trasfuso nell’art. 29-quattuordecies del d.lgs. n. 152 del 2006), sanziona con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda l’esercizio, in assenza di autorizzazione integrata ambientale, delle attività di cui all’allegato I al citato decreto legislativo (oggi allegato VIII alla parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006), tra le quali rientra quella svolta dagli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani (punto 5.2. dell’allegato); la scelta legislativa di sanzionare con particolare rigore l’attività di incenerimento dei rifiuti svolta in assenza di autorizzazione non può dirsi manifestamente irragionevole, attesa la necessità di garantire che tale attività si svolga nel rispetto delle condizioni di esercizio e nell’osservanza delle prescrizioni tecniche, dettate dallo stesso d.lgs. n. 133 del 2005 allo scopo di evitare o di limitare gli effetti negativi dell’incenerimento (e del coincenerimento) dei rifiuti sull’ambiente. Pres. Quaranta, Est. Silvestri - Giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Tribunale di Trieste - CORTE COSTITUZIONALE - 27 luglio 2011, ordinanza n. 253
 

RIFIUTI - Competenza esclusiva statale - Regione Veneto - Fissazione di limiti allo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi - Violazione del principio sancito dall’art. 182-bis del d.lgs. n. 152/2006 - Art. 33, c. 2 L.r. Veneto n. 3/2000 - Illegittimità costituzionale. La disciplina dei rifiuti si colloca nell’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, restando ferma la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (sentenze n. 249 del 2009 e n. 62 del 2008).Il legislatore veneto, fissando dei limiti, riferiti al soggetto produttore dei rifiuti speciali non pericolosi, alla possibilità di smaltimento di questi ultimi nelle discariche ubicate nella Regione ha invece individuato un autonomo principio estraneo alla legislazione statale in materia ambientale (la quale esclude, anzi, la sussistenza del principio dell’autosufficienza locale con riferimento ai rifiuti speciali anche non pericolosi: cfr. sent. Corte Cost. n. 335 del 2001 e n. 10 del 2009). Tale principio, per un verso, non è espressione di alcuna competenza regionale, non emergendo elementi specifici ed obiettivi in base ai quali ancorare l’intervento legislativo né alla materia del governo del territorio né a quella della tutela della salute. L’istituzione di siffatti limiti soggettivi, col restringere considerevolmente la generale fruibilità delle discariche, determina anzi di necessità una maggiore movimentazione dei rifiuti sul territorio, stante la contrazione dell’offerta di idonei siti disponibili allo smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi. In tal modo rimane violato il principio sancito (ora) dall’art. 182-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 (ma già in passato affermato dall’art. 182 del medesimo decreto legislativo nel testo previgente) in base al quale, tenuto conto del contesto geografico e della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti, si deve tendere «al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi». Ne consegue la declaratoria di l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 2, della legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 (Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti), limitamente alle parole «non superiore al venticinque per cento della capacità ricettiva». Pres. Quaranta, Est. Napolitano - Giudizio promosso dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto - CORTE COSTITUZIONALE - 25 luglio 2011, n. 244

RIFIUTI - Natura di bene commercialmente rilevante - Art. 33, c. 2 l.r. Vento n. 3/2000 - Fissazione di limiti alla possibilità di smaltire rifiuti speciali non pericolosi - Contrasto con l’art. 41 Cost.
La specie rifiuto non è estranea al più ampio genere di bene commercialmente rilevante, essendo di comune esperienza il fatto che anche le operazioni di smaltimento dei rifiuti per conto terzi sono suscettibili di formare oggetto dello svolgimento di attività imprenditoriale. Del resto, già nella sentenza di questa Corte n. 335 del 2001 si è affermato che «anche alla luce della normativa comunitaria il rifiuto è pur sempre considerato un prodotto». In base a tale prospettiva deve affermarsi il contrasto dell’art. 33, c. 2 l.r. Veneto n. 3/2000 (limitatamente alle parole “non superiore al venticinque per cento della capacità ricettiva”) anche con l’art. 41 della Costituzione. Infatti, attraverso la fissazione di un limite, rapportato alla complessiva capacità dell’impianto, alla possibilità di ricevere rifiuti speciali non pericolosi prodotti da soggetti diversi dal gestore della discarica si determina, in assenza di ragioni di utilità sociale ovvero senza che ciò valga a prevenire danni alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità dell’uomo, un ingiustificato vincolo, a carico del gestore medesimo, alla sua libera facoltà di svolgere un’iniziativa economica. Pres. Quaranta, Est. Napolitano - Giudizio promosso dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto - CORTE COSTITUZIONALE - 25 luglio 2011, n. 244

 

RIFIUTI - Abbandono - Art. 193 d.lgs. n. 152/2006 - Proprietario dell’area - Ipotesi legale di responsabilità oggettiva - Esclusione - Accertamenti - Contraddittorio - Omissione colpevole. In tema di abbandono di rifiuti, la giurisprudenza amministrativa, già con riferimento alla misura prevista dall'art. 14 dell’abrogato D.Lgs. n. 22/97, riteneva che il proprietario dell'area fosse tenuto a provvedere allo smaltimento, ma solo a condizione che ne fosse dimostrata la corresponsabilità almeno a titolo di colpa con gli autori dell'illecito, e, conseguentemente, escludeva che la norma configurasse un'ipotesi legale di responsabilità oggettiva, affermando l'illegittimità degli ordini di smaltimento di rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in mancanza di adeguata dimostrazione dell’imputabilità soggettiva della condotta, sulla base di un'istruttoria completa e di un'esauriente motivazione. I medesimi principi si traggono, oggi, dalla previsione di cui all'art. 192 del D.Lgs. n. 152/06, che non soltanto riproduce il tenore dell'art. 14 cit. circa la necessaria imputabilità dell’abbandono a titolo di dolo o colpa, ma integra il precedente precetto, precisando che l'ordine di rimozione può essere adottato esclusivamente in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo (Cons. Stato, sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612); con il corollario secondo cui, anche se si ritenga sufficiente, ad integrare la corresponsabilità del proprietario per lo smaltimento di rifiuti abbandonati su un fondo di sua proprietà, la semplice omissione di cautele suggerite dall'ordinaria diligenza, sono pur sempre necessari indizi concreti che permettano di addebitare una omissione colpevole, non essendo a tal fine sufficiente la mera assenza di comportamenti volti a rimuovere i rifiuti (Cons. Stato, sez. V, 16 luglio 2010, n. 4614). Pres. Nicolosi, Est. Grauso L.R. e altri (avv.ti Usai e Spatocco) c. Comune di Scarperia (avv. Cecchi) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 19 luglio 2011, n. 1245

 

RIFIUTI - Abbandono sull’area di sedime della strada - Abbandono nelle vicinanze dell’area stradale - Ente Proprietario o ente gestore - Obbligo di rimozione - Diversità. L'Ente proprietario (e, in sua vece, l’Ente gestore) della strada ha l'obbligo di provvedere alla pulizia della stessa in modo da non creare danno o pericoli alla circolazione; pertanto spetta alla detta P.A. procedere alla raccolta dei rifiuti abbandonati da terzi “sull'area di sedime della strada stessa” a prescindere dalla sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa del detto proprietario (Cfr. Cons. Stato Sez. IV 18 giugno 2009 n. 4005). La soluzione è invece diversa allorchè si tratti di rifiuti solidi non pericolosi abusivamente depositati nelle “vicinanze” dell'area stradale e non risulti riscontrabile né tanto meno denunciato alcun profilo soggettivo di dolo o quanto meno di colpa in capo all' Ente proprietario o gestore (TAR Campania, Napoli, V, 5.12.2008, n.21013). Pres. Fiorentino, Est. Nunziata - Regione Campania (avv. Marzocchella) c. Comune di Saviano (avv. De Luca) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 14 luglio 2011, n. 3835

RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Sanzione amministrativa di tipo reintegratorio - Responsabilità - Individuazione.
L’art.192 del Decr. Legisl. n.152/2006, attualmente vigente e che ha riprodotto l'art. 14, comma 3, del Decr. Legisl. n.22/1997 (per la sua esegesi, cfr. Cons. Stato, V, 25.8.2008, n.4061) ha introdotto una sanzione amministrativa di tipo reintegratorio, potendo essere adottata anche in assenza di una situazione in cui sussista l’urgente necessità di provvedere con efficacia e immediatezza (T.A.R. Veneto, III, 29.9.2009, n.2454) e avente a contenuto l’obbligo di rimozione, di recupero o di smaltimento e di ripristino a carico del responsabile del fatto di discarica o immissione abusiva, a carico, cioè, di “chiunque viola i divieti di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo”, in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa. (ex multis, T.A.R. Calabria, Catanzaro, I, 20.10.2009, n.1118; Cons. Stato, V, 19.3.2009, n.1612; T.A.R. Sardegna, 18.5.2007, n.975; 19.9.2004, n. 1076; T.A.R. Puglia, Bari, 27.2.2003, n. 872; T.A.R. Lombardia, Milano, I, 26.1.2000, n. 292). Pres. Fiorentino, Est. Nunziata - Regione Campania (avv. Marzocchella) c. Comune di Saviano (avv. De Luca) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 14 luglio 2011, n. 3835

RIFIUTI - Abbandono su aree stradali - Comune - Imposizione all’ente gestore dell’obbligo di pulizia - Illegittimità.
Nessuna norma di legge nel settore specifico della viabilità attribuisce ai Comuni il potere di assicurare la pulizia delle strade imponendo autoritativamente obblighi di facere al gestore al fine di garantire "la sicurezza e la fluidità della circolazione", né un tal potere può desumersi implicitamente dalla natura del Comune quale ente locale a fini generali atteso che tra gli interessi pubblici affidati alla cura dei comuni non v'è anche quello di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione delle strade. Pres. Fiorentino, Est. Nunziata - Regione Campania (avv. Marzocchella) c. Comune di Saviano (avv. De Luca) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 14 luglio 2011, n. 3835


RIFIUTI - Abbandono su aree stradali - Ordine di rimozione rivolto al proprietario della strada - Assenza di adeguata istruttoria - Imputabilità soggettiva - Art. 14, cc. 1 e 3 cod. strada - Attività naturalmente connesse con la gestione della strada.
E’ Illegittimo l’ordine di rimozione dei rifiuti rivolto al proprietario della strada in assenza di adeguata istruttoria e di idonea motivazione circa l'imputabilità soggettiva di una qualche condotta attiva od omissiva che abbia anche solo agevolato la violazione del divieto di abbandono di rifiuti: dall'ente gestore sono piuttosto esigibili, ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art.14 del Codice della strada, solo le attività ordinarie e straordinarie naturalmente connesse alla gestione della sede stradale (a titolo di mero quanto non esaustivo esempio: manutenzione dell'asfalto, della segnaletica orizzontale e verticale, delle eventuali infrastrutture a corredo, potatura degli arbusti prospicienti e delle aiuole divisorie e pulizia connessa, eliminazione di pericoli, ect.). Pres. Fiorentino, Est. Nunziata - Regione Campania (avv. Marzocchella) c. Comune di Saviano (avv. De Luca) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 14 luglio 2011, n. 3835

RIFIUTI - Abbandono - Ordine di rimozione - Comunicazione di avvio del procedimento - Adempimento indispensabile all’instaurazione del contraddittorio.
L’ordine di rimozione dei rifiuti può essere adottato esclusivamente in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo; rispetto a tale contraddittorio la comunicazione dell'avvio del procedimento si configura come un adempimento indispensabile al fine della sua effettiva instaurazione (Cons. Stato, Sez. V, Sent. n. 4061 del 25-08-2008, T.A.R. Salerno Sez. II, n. 1826, del 7 maggio 2009), apparendo recessive, dunque, in tale specifica materia, le regole stabilite in via generale dagli artt. 7 e 21 octies della L. n. 241/1990. Pres. f.f. Caso, Est. Loria - T. s.p.a. (avv.ti Vinti e Mazzullo) c. Comune di Fidenza e altri (n.c.) - TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 12 luglio 2011, n. 255

RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordinanza di rimozione - Carattere sanzionatorio - Responsabilità oggettiva del proprietario - Inconfigurabilità.
L’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006 configura l'ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati - riproducendo nella sostanza il provvedimento già previsto dall'art. 14 D.L.vo 5 febbraio 1997 n. 22 - quale ordinanza di sgombero a carattere sanzionatorio, per la quale è pertanto necessaria l'imputazione a carico dei soggetti obbligati in solido a titolo di dolo o colpa del comportamento tenuto in violazione dei divieti di legge, giacchè non è ipotizzabile una responsabilità oggettiva del proprietario per violazione di un obbligo generico di vigilanza. Pres. f.f. Caso, Est. Loria - T. s.p.a. (avv.ti Vinti e Mazzullo) c. Comune di Fidenza e altri (n.c.) - TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 12 luglio 2011, n. 255

RIFIUTI - Ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Natura di ordinanza contingibile ed urgente - Esclusione.
Le ordinanze di rimozione dei rifiuti ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. 152/2006 non sono sussumibili nella categoria delle ordinanze disciplinate dall'art. 54 T.U. 18 agosto 2000 n. 267, in quanto le non hanno natura di ordinanza contingibile e urgente e il relativo potere ha una diversa ratio. Pres. f.f. Caso, Est. Loria - T. s.p.a. (avv.ti Vinti e Mazzullo) c. Comune di Fidenza e altri (n.c.) - TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 12 luglio 2011, n. 255

RIFIUTI - Compostaggio - Impiego dello stallatico - Art. 5, c. 2, lett. e) Reg. CE 3 ottobre 2002, n. 1174 - Comune e Provincia - Compatibilità igienico-ambientale della lavorazione - Principi di gradualità e proporzionalità.
L’impiego dello stallatico per finalità di compostaggio è consentito dall’art. 5 comma 2 lett. e) del Reg. CE 3 ottobre 2002 n. 1174; la produzione di terriccio deve rispettare le norme tecniche della materia (cfr. DGR Lombardia n. 7/12764 del 16 aprile 2002). Il Comune e la Provincia, secondo le rispettive competenze, svolgono attività di controllo e possono adottare provvedimenti per garantire la compatibilità igenico-ambientale della lavorazione, ma, in ogni caso, eventuali misure volte a ridurre il disagio per i cittadini devono rispettare i principi di gradualità, proporzionalità e garanzia del contraddittorio. Pres. Petruzzelli, Est. Mosconi - Azienda Agricola F. s.r.l. (avv.ti Bertoli, Crippa e Ferrario) c. Comune di Cenate Sotto (avv. Asdrubali) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 8 luglio 2011, n. 1025
 

RIFIUTI - ACQUA - Liquami zootecnici - Spandimento - Materiale detenzione dei terreni - Necessità - Formale disponibilità giuridica - Insufficienza. In tema di attività di spandimento dei liquami zootecnici, allorché sorga un contrasto tra privati in ordine all’uso di date aree, l’Amministrazione deputata al rilascio del titolo abilitativo deve necessariamente tenere conto dello stato di materiale detenzione del bene e non già della formale disponibilità giuridica dello stesso, giacché è dal suo effettivo impiego che deriva il presupposto perché sia riconosciuta, in quella fase storica, all’uno anziché all’altro soggetto la capacità di operarvi. (Nella specie, , la ditta affittuaria delle aree interessate si era opposta allo spandimento dei liquami della ricorrente: la mera pretesa di quest’ultima a che la ditta che aveva la materiale detenzione dei terreni si attenesse all’impegno assunto in sede contrattuale risultava carente del requisito dell’«effettività», acquisibile solo con una pronuncia del giudice civile che desse concreta attuazione al diritto asseritamente disatteso, così rendendolo effettivo). Pres. Arosio, Est. Caso -B.G. (avv.ti Bongiorno e Marchesi) c. Provincia di Piacenza (avv. Manfredi) - TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 28 giugno 2011, n. 217
 

RIFIUTI - Fanghi (provenienti da Cave) - Disciplina applicabile - Art. 185, lett. d), D.Lgs. n. 152/2006. I fanghi sono soggetti alla disciplina sui rifiuti soltanto quando non derivano dalla attività estrattiva e dalle connesse attività di cernita e di pulizia, bensì derivano da una successiva e differente attività di lavorazione dei materiali (estratti, selezionati e puliti), e cioè quando può affermarsi che tale successiva attività è ontologicamente estranea al ciclo produttivo dello sfruttamento della cava. In altre parole, solo quando si dia luogo ad una successiva, nuova e diversa attività di lavorazione sui prodotti della cava, i residui e gli inerti di questa nuova attività, sganciata da quella di cava, devono considerarsi rifiuti, sottoposti alla disciplina generale circa il loro smaltimento, ammasso, deposito e discarica. (annulla con rinvio sentenza del 27/01/2010 tribunale di Bergamo) Pres. Gentile, Est. Franco, Ric. Locatelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 23/06/2011 (Ud. 31/03/2011) Sentenza n. 25193

RIFIUTI - Cave - Gestione dei rifiuti - Fanghi e limi - Cd. «prima pulitura» del materiale estratto - Disciplina applicabile - Attività di sfruttamento della cava che esula dal ciclo estrattivo - Art. 185, lett. d), D.Lgs. n. 152/2006. In tema di gestione dei rifiuti, i materiali derivanti dallo sfruttamento delle cave, quando restano entro il ciclo produttivo della estrazione e connessa pulitura, sono esclusi dalla normativa sui rifiuti, mentre, poiché l'attività di sfruttamento della cava non può confondersi con la lavorazione successiva dei materiali, se si esula dal ciclo estrattivo, gli inerti provenienti dalla cava sono da considerarsi rifiuti ed il loro smaltimento, ammasso, deposito e discarica è regolato dalla disciplina generale (Cass. Sez. 111, 28/11/2005, n. 42966, Viti). In altre parole, i fanghi provenienti dalla prima pulitura connessa alla attività estrattiva, vanno considerati come derivanti direttamente dallo sfruttamento della cava e non da diversa e successiva lavorazione delle materie prime. La c.d. prima pulitura del materiale estratto dalla cava rientra nella attività di estrazione latamente considerata e per tale ragione è sottratta alla applicazione della disciplina sui rifiuti ai sensi dell'art. 185, comma I , lett. d), del d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152. Tale attività può essere costituita anche da pulitura effettuata mediante lavaggio, con la conseguenza che anche i rifiuti, ed in particolare i fanghi e limi, derivanti da tale lavaggio del materiale ricavato dallo sfruttamento delle cave non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152. Restano escluse da questa disciplina soltanto le attività successive alla prima pulitura del materiale estratto e dirette ad una funzione differente, che sono per questa ragione antologicamente diverse dalla attività di estrazione del materiale e di sfruttamento della cava. (annulla con rinvio sentenza del 27/01/2010 tribunale di Bergamo) Pres. Gentile, Est. Franco, Ric. Locatelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 23/06/2011 (Ud. 31/03/2011) Sentenza n. 25193

 

RIFIUTI - Nozione di “discarica” - Presupposti - Abitualità dello smaltimento - Degrado dell’ambiente - art. 2. C. 1 lett. g) D. L.vo n. 36/2003 e s.m.. L'art. 2. comma 1 lett. g), del decreto legislativo 13.1.2003 n. 36, nel dettare i criteri atti a individuare la nozione di "discarica" non richiede l'esistenza di un apparato organizzato di uomini e mezzi, essendo sufficiente che un'area sia adibita a smaltimento dei rifiuti mediante deposito sul suolo o nel suolo. Sicché è sufficiente l'abitualità dello smaltimento di rifiuti in un'area determinata e la consistenza del loro accumulo, idonea a provocare il degrado dell'ambiente (Cass. sez. III, 18.9.2008 n. 41351, Fulgori e altro; Cass. sez. V, 14.1.2005 n. 11924, Spagnolo ed altri). (conferma sentenza del 19.5.2010 Corte di Appello di Genova) Pres. Petti, Est. Lombardi, Ric. Piga. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/6/2011 (Ud. 25/5/2011) Sentenza n. 25047

RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Responsabilità del legale rappresentante di società - Prova di una gestione di fatto della società – Ininfluenza - Obbligo giuridico inerente alla qualità di amministratore - Vigilanza e controllo - Art. 2392 c.c..
In tema di gestione dei rifiuti, la qualità di amministratore unico di una società e i doveri di controllo ad essa inerenti, riferiti all'operato della società medesima e non a quello di terzi estranei, configura la responsabilità, in concorso, nella realizzazione della discarica abusiva e nello smaltimento dei rifiuti. Inoltre, non ha rilevanza l'eventuale prova di una gestione di fatto della società da parte del coimputato, stante il preciso obbligo giuridico inerente alla qualità di amministratore unico di controllare la gestione della società, del cui operato è direttamente responsabile ex lege (art. 2392 c.c.). (Cass. sez. III, 6.4.2006 n. 22919, Furini, con specifico riferimento ai doveri di vigilanza e controllo che incombono sull'amministratore della società anche se questi sia mero prestanome di altri soggetti che abbiano agito quali amministratori di fatto). (conferma sentenza del 19.5.2010 Corte di Appello di Genova) Pres. Petti, Est. Lombardi, Ric. Piga. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/6/2011 (Ud. 25/5/2011) Sentenza n. 25047

RIFIUTI - Reati di deposito incontrollato, realizzazione e gestione di discarica abusiva - Natura commissiva. Il reato di deposito incontrollato di rifiuti, così quello di realizzazione e gestione di una discarica abusiva, hanno natura commissiva (Cass. sez. III, 19.12.2007 n. 6098 del 2008, Sarra). (conferma sentenza del 19.5.2010 Corte di Appello di Genova) Pres. Petti, Est. Lombardi, Ric. Piga. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/6/2011 (Ud. 25/5/2011) Sentenza n. 25047

 

RIFIUTI - Residui di attività di demolizione edilizia - Deposito nel suolo senza le prescritte autorizzazioni - Società in nome collettivo - Corresponsabilità - Sussistenza - Fattispecie - Art. 256, c. 1 lett. a), D. L.gs n. 152/2006. La responsabilità per le violazioni contravvenzionali commesse nell'ambito di una società in nome collettivo grava su ciascun socio in quanto titolare del diritto-dovere di amministrare, essendo irrilevante l'esercizio di fatto di mansioni diverse da parte dei singoli soci. (Cass. sez. III, 15.6.2007 n. 35883, Miglianti; Cass. sez. V, 13.11.1985 n. 1303/1986, Gallo; Cass. sez. V, 6.11.1984 n. 698/1985, Baroncelli; Cass. sez. V, 18.11.1980 n. 1991/1981, Zibetti). Fattispecie: deposito nel suolo su un'area di circa 900 mq., di rifiuti costituiti da residui di attività di demolizione edilizia senza le prescritte autorizzazioni ad opera di imprese di modeste dimensioni con natura societaria, con carattere familiare della gestione, senza delega di funzioni al loro interno. (conferma sentenza in data 21.5.2010 del Tribunale di Padova, sezione distaccata di Este) Pres. Petti, Est. Lombardi, Ric. Bottaro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/06//2011 (Ud. 25/05/2011) Sentenza n. 25045

 

RIFIUTI - Appaltatore - Smaltimento abusivi dei rifiuti - Committente dei lavori edili e direttore dei lavori - Obbligo giuridico di impedire l’evento - Esclusione - D.Lgs. n. 22/1997 oggi D. Lgs n. 152/2006 - Art. 29 DPR n. 380/2001. In materia di rifiuti, il committente dei lavori edili e il direttore dei lavori non possono essere ritenuti responsabili a titolo di concorso con l'appaltatore per la raccolta e Io smaltimento abusivi dei rifiuti non pericolosi connessi all'attività edificatoria. Infatti, nessuna fonte legale, né scaturente da norma extrapenale (ossia ricavabile dalle disposizioni del D.Lgs. n. 22 del 1997 oggi D. Lgs n. 152/2006), né da contratto, pone in capo a tali soggetti l'obbligo di garanzia in relazione all'interesse tutelato ed il correlato potere giuridico di impedire che l'appaltatore commetta il reato di abusiva gestione dei rifiuti. (Cass. sez. III, 22.9.2004 n. 40618, Bassi e altro; Cass. sez. III, 28.1.2003 n. 15165, Capecchi Massimo, con specifico riferimento alla posizione del committente dei lavori). (annulla sentenza in data 16.2.2010 del Tribunale di Avellino) Pres. Petti , Est. Lombardi. Ric. Spagnuolo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/6/2011 (Ud. 25/05/2011), Sentenza n. 25041

RIFIUTI - DIRITTO URBANISTICO - Lavori edili - Abusiva gestione dei rifiuti dell’appaltatore - Concorso nel reato del committente dei lavori e direttore dei lavori - Presupposti e limiti - Art. 6 della L. n. 47/1985 ed attualmente dell'art. 29 del DPR n. 380/2001 - D.Lgs. n. 22/1997 oggi D. Lgs n. 152/2006. In particolare, è stato osservato, con riferimento alla posizione del committente e del direttore dei lavori, che i doveri di controllo imposti a tali soggetti, ai sensi dell'art. 6 della L. n. 47/1985 ed attualmente dell'art. 29 del DPR n. 380/2001, riguardano esclusivamente la conformità della costruzione alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano, al permesso di costruire, nonché l'osservanza delle altre prescrizioni contenute nel testo unico per l'edilizia, mentre nessun obbligo è imposto dalla legge a tali soggetti riguardo alla osservanza della disciplina in materia di smaltimento dei rifiuti. (Cass. sez. IIl, 21.10.2009 n. 44457, Leone; Cass. sez. 3°, 21.1.2000 n. 4957, Rigotti e altri). Sicché, salva l'ipotesi di un diretto concorso nella commissione del reato, non può ravvisarsi alcuna responsabilità a carico di tali soggetti, ai sensi dell'art. 40, comma secondo, c.p., per non essere intervenuti al fine di impedire violazioni della normativa in materia di rifiuti da parte della ditta appaltatrice. (annulla sentenza in data 16.2.2010 del Tribunale di Avellino) Pres. Petti , Est. Lombardi. Ric. Spagnuolo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/6/2011 (Ud. 25/05/2011), Sentenza n. 25041

 

RIFIUTI - Smaltimento dei reflui derivanti dalla lavorazione e trasformazione delle olive - Ruscellamento liquami - Disciplina applicabile - Artt. 137 e 256, c. 1 e 2, D. L.vo n. 152/2006. In assenza di una condotta di scarico, le acque reflue devono qualificarsi rifiuti liquidi, il cui versamento sul suolo ovvero la cui immissione in acque superficiali o sotterranee, senza autorizzazione, è sanzionata penalmente dall'art. 256, commi 1 e 2, dei medesimo Testo Unico - D. L.vo n. 152/2006 (Cass. sez. III, 18.6.2009 n. 35138, Bastone; Cass. sez. III, 13.4.2010 n. 22036, Chianura). Nella specie, le acque reflue provenienti dagli impianti del frantoio confluivano nel canale per effetto di "ruscellamento" sul terreno, sicché deve escludersi l'esistenza di un sistema di collettamento tra il luogo di fuoriuscita delle acque ed il luogo in cui si riversavano nel canale, con la conseguente esclusione della configurabilità del reato di cui all'art. 137 del D. Lgs n. 152/2006. (annulla con rinvio sentenza in data 24.5.2010 del Tribunale di Crotone) Pres. Petti, Est. Lombardi, Ric. Olivo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III del 22/06/2011 (Ud. 25/05/2011), Sentenza n. 25037

 

RIFIUTI - Spedizione illecita di rifiuti - Ritagli di materiali tessili - Sottoprodotto - Esclusione - Trattamento diverso dalla normale pratica industriale - Fattispecie: Verifica della perdita della qualifica di rifiuto - Artt. 184 bis e ter, 259, c. 1, 260, c.1, D. Lgs n. 152/2006 - Art. 483 c.p. - Art. 2, c. 1, punto 35 lett. e) Reg. 259/1993 CEE e s.m. Reg. CE 1013/2006 - Art. 9 bis, c.1 lett. a), D.L. n. 172/2008 conv. con mod. L. n. 210/2008 - D. L.vo n. 205/2010 in att. Dir. n. 2008/98/CE. I ritagli di materiali tessili, non possono rientrare nella nozione di sottoprodotto, sia pure come novata dall'art. 184 bis del D. Lgs. n. 152/2006, trattandosi di materiali già sottoposti ad un ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale (art. 184 bis, comma 1 lett. c). Fattispecie: verifica della sussistenza del fumus dei reati con riferimento ai criteri specificati nel vigente art. 184 ter del D. Lgs n. 152/2006, concernenti la perdita della qualifica di rifiuto. (annulla con rinvio al Tribunale di Taranto ordinanza del 15.6.2010) Pres. Petti, Est. Gentile, Ric. Calcagni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 17/06/ 2011 (Cc. 25/05/ 2011), Sentenza n. 24427

 

RIFIUTI - Disciplina dei rifiuti - Materia della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” - Competenza esclusiva statale - Rifiuti prodotti sulle navi - Possibile inclusione nella disciplina dei porti e aeroporti civili, di competenza regionale - Inconfigurabilità - L.r. Marche n. 16/2010, art. 42, cc. 7 e 9 - Affidamento della gestione dei rifiuti prodotti dalle navi - Attribuzione delle funzioni amministrative al Comune - Illegittimità costituzionale - Contrasto con l’art. 5, c. 4 d.lgs. n. 182/2003. La disciplina dei rifiuti ricade nella più generale materia della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» (così, fra le più recenti, le sentenze n. 373 del 2010, n. 127 del 2010 e n. 61 del 2009). Il fatto che i rifiuti siano prodotti all’interno di una nave nel corso del tragitto compiuto da questa dal porto di partenza a quello di arrivo pare circostanza irrilevante e non certamente idonea ad attrarre siffatta disciplina alla materia, di competenza regionale concorrente, relativa ai porti e aeroporti civili e alle grandi reti di trasporto e navigazione. Il legislatore regionale delle Marche ha inteso allocare, con un suo atto legislativo, la funzione amministrativa relativa alla cura delle procedure finalizzate all’affidamento del servizio di gestione della ricordata categoria di rifiuti presso l’ente territoriale Comune, laddove la legge dello Stato (il più volte ricordato art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 182 del 2003) ha, viceversa, individuato nella Regione il soggetto pubblico cui tale funzione è assegnata. L’evidenziata discrasia normativa giustifica la pronunzia di illegittimità costituzionale dei commi 7 e 9 dell’art. 42 della legge regionale delle Marche n. 16 del 2010. Pres. Maddalena, Est. Napolitano - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Marche - CORTE COSTITUZIONALE- 15 giugno 2011, n. 187
 

RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Responsabilità dei detentori e/o produttori - Concetto di "coinvolgimento" - Artt.2 e 16 D.L.vo n.205/2010 - Art. 188 D.Lgs. n. 152/2006 - Art. 10 D.Lgs. n. 22/1997. In tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti (Cass. Sez. 3", 24.2.2004, n. 7746, Turati ed altro). Il concetto di "coinvolgimento" trovava specificazione nelle disposizioni poste dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 10 ed attualmente D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 188 (fatte salve le ipotesi di concorso di persone nel reato), ma anche la mera osservanza delle condizioni di cui all'art. 10 non vale ad escludere la responsabilità dei detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si siano "resi responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una compartecipazione, anche a livello di semplice facilitazione, negli illeciti commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti" (Cass., Sez. 3°, 6.2.2000, n. 1767, Riva). I principi sopra richiamati risultano sostanzialmente ribaditi anche alla luce del D.L.vo 3 dicembre 2010,n.205 (artt.2 e 16). (conferma sentenza del 31.3.2010 del Tribunale di Lucera, sez. dist.di Apricena) Pres. Petti, Est. Amoresano, Ric. Graniero. CORTE CASSAZIONE PENALE Sez. III, 15/06/2011 (Ud. 25/05/2011) Sentenza n. 23971

RIFIUTI - Gestione dei rifiuti nel ciclo - Responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti "coinvolti" - Art. 2, c. 3, D.Lgs. n. 22/1997 - Art. 178, c. 3, D.Lgs. n. 152/2006. Il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 2, comma 3, già prevedeva la responsabilizzazione e la cooperazione di tutti i soggetti "coinvolti", a qualsiasi titolo, nel ciclo di gestione non soltanto dei rifiuti ma anche degli stessi "beni da cui originano i rifiuti" e il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 178, comma 3, ha puntualmente ribadito il principio di "responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originare i rifiuti (Cass. pen. sez.3 n.6420 del 7.11.2007, dep.11.2.2008). (conferma sentenza del 31.3.2010 del Tribunale di Lucera, sez. dist.di Apricena) Pres. Petti, Est. Amoresano, Ric. Graniero. CORTE CASSAZIONE PENALE Sez. III, 15/06/2011 (Ud. 25/05/2011) Sentenza n. 23971

RIFIUTI - Impresa edile produttrice di rifiuti - Attività di gestione non autorizzata - Individuazione dei soggetti responsabili - Omessa vigilanza sull'operato dei dipendenti - Reato di cui al c. 1, art.256 D.Lgs. n. 152/2006.
In tema di gestione abusiva di rifiuti, non c'è dubbio che il reato di cui al comma 1 dell'art.256 D.Lgs. n. 152/2006 non sia un reato proprio non dovendo necessariamente essere integrato da soggetti esercenti professionalmente l'attività di gestione rifiuti, dal momento che la norma fa riferimento a "chiunque". E' altrettanto indubitabile, però, che in presenza di una attività di gestione svolta da un'impresa vigono i principi sopra richiamati in ordine alla individuazione dei soggetti responsabili. Si è così affermato che "In tema di rifiuti la responsabilità per l'attività di gestione non autorizzata non attiene necessariamente al profilo della consapevolezza e volontarietà della condotta, potendo scaturire da comportamenti che violino i doveri di diligenza per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella predetta gestione e che legittimamente si richiedono ai soggetti preposti alla direzione dell'azienda. (In applicazione di tali principi è stata riscontrata la responsabilità dei titolari di una impresa edile produttrice di rifiuti per il trasporto e lo smaltimento degli stessi, con automezzo di proprietà della società, in assenza delle prescritte autorizzazioni (Cass. pen. sez.3,11.12.2003, n.47432). Successivamente è stato ribadito che in tema di gestione dei rifiuti, il reato di abbandono incontrollato di rifiuti è ascrivibile ai titolari di enti ed imprese ed ai responsabili di enti anche sotto il profilo della omessa vigilanza sull'operato dei dipendenti che hanno posto in essere la condotta di abbandono (Fattispecie riguardante un autocarro adibito al trasporto di rifiuti abbandonati in modo incontrollato e condotto da un dipendente del titolare dell'impresa) (Cass. pen. sez.3, n.24736 del 18.5.2007). (conferma sentenza del 31.3.2010 del Tribunale di Lucera, sez. dist.di Apricena) Pres. Petti, Est. Amoresano, Ric. Graniero. CORTE CASSAZIONE PENALE Sez. III, 15/06/2011 (Ud. 25/05/2011) Sentenza n. 23971

 

RIFIUTI - Ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Qualità di rifiuto - Art. 183 lett. a) T.U.A. - Pubblica amministrazione - Onere della prova. In tema di ordinanza di rimozione e avvio al recupero o allo smaltimento di rifiuti abbandonati, spetta alla P. A. , trattandosi di prova relativa all’esistenza dei presupposti per la legittima emanazione dell’ordinanza medesima, comprovare la qualifica di rifiuti, dimostrando che il detentore si sia disfatto, abbia avuto l’intenzione di disfarsi o l’obbligo di disfarsi del materiale; grava cioè sulla P. A. l’onere di provare la sussistenza dei presupposti al fine di verificare se si ricada nel campo di applicazione del combinato disposto degli articoli 183/a) e 192 t. u. 152/06). Pres. Di Nunzio, Est. Buricelli -E. s.r.l. (avv.ti Codato e Zanenghi) c. Comune di Venezia (avv.ti Ballarin, Gidoni, Morino, Ongaro e Venezian) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 14 giugno 2011, n. 999
 

RIFIUTI - APPALTI - Servizio di raccolta e trasporto rifiuti - Richiesta di proroga - Affidataria - Rifiuto - Ordinanza contingibile e urgente diretta ad assicurare la continuità del servizio - Affidamento per effetto di provvedimento extra ordinem - Non costituisce impedimento alla partecipazione ad altre gare. In tema di servizio raccolta e trasporto rifiuti, allorché in prossimità della scadenza della proroga il Comune contatti la società attuale affidataria del servizio al fine di acquisire la disponibilità ad un'ulteriore proroga del servizio, alle medesime condizioni economiche e tecniche in atto, nelle more della predisposizione degli atti e degli adempimenti necessari per l'affidamento mediante pubblica gara del nuovo servizio, e l'affidataria declini la proposta di ulteriore proroga, alla luce del disposto di cui all'art. 23 bis, d.l. n. 112 del 2008, onde evitare il pregiudizio derivante dall'impedimento alla partecipazione ad altre gare, è legittima l'ordinanza contingibile ed urgente assunta dal Sindaco ai sensi dell'art. 50, d.lg. n. 267 del 2000, al fine di assicurare comunque la continuità del servizio di gestione dei rifiuti urbani, tenuto conto della qualità di servizio essenziale, non suscettibile di subire interruzioni; in tal caso l'avvenuto affidamento del servizio alla società per effetto di un provvedimento extra ordinem, assunto sulla base di presupposti di diritto del tutto diversi da quelli in base ai quali in via ordinaria si procede mediante proroga dell'affidamento in corso, non è assimilabile a tale ultima ipotesi e quindi non può costituire per la società istante impedimento per l'eventuale partecipazione ad altre gare (cfr. T.A.R. Veneto, sez. I, 9 luglio 2010 n. 2906). Pres. f.f. Maggio, Est. Flaim - E. s.r.l. (avv. Pinna) c. Comune di Siniscola (avv. Murgia) - TAR SARDEGNA, Sez. I - 11 giugno 2011, n. 556

 

RIFIUTI - Emergenza rifiuti in Campania - Principio ispiratore - Messa in opera di tutti gli strumenti necessari al superamento dell’emergenza - Enti locali inadempienti - Procedure di natura sostitutiva - Misura coerente ai fini perseguiti. L’intera disciplina per l’emergenza rifiuti vigente in Campania è improntata al principio della messa in opera di tutti gli strumenti necessari per il superamento dell’emergenza medesima, ivi compreso quello della rimozione degli amministratori locali inadempienti: e proprio in tale contesto il meccanismo sostitutivo contemplato dall’art. 8, comma 4, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 del 2008, come modificata dall’ordinanza n. 3693 del 2008, non può essere apoditticamente riguardato quale istituto del tutto anomalo per il nostro ordinamento, ma va invece riconosciuto come misura del tutto coerente con i fini di ordine generale perseguiti dal legislatore nella materia di cui trattasi. Detto altrimenti, lo scopo - assolutamente ineludibile - di rendere efficace l’azione amministrativa che si identifica nella gestione dell’emergenza rifiuti non può che contemplare procedure di natura sostitutiva nei riguardi degli Enti locali inadempienti, onde evitare che l’inattività degli Enti locali costituisca intralcio all’attività degli organi straordinari preposti al superamento dell’emergenza medesima. Pres. Numerico, Est. Rocco - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile (Avv. Stato) c. Comune di Recale (avv. Adinolfi) - (Riforma T.A.R. Lazio, Roma, n. 1655/2009) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 8 giugno 2011, n. 3502

RIFIUTI - Emergenza rifiuti in Campania - Eventi emergenziali - Atti amministrativi in deroga alle disposizioni vigenti - Previsione normativa - Conformità al principio di buon andamento dell’azione amministrativa.
La circostanza per cui una disposizione di legge contempli l’emanazione di atti amministrativi per affrontare eventi emergenziali mediante deroghe ad ogni disposizione vigente ma nell’ineludibile osservanza dei principi generali dell’ordinamento giuridico non contravviene ad alcuna clausola di costituzionalità dell’ordinamento medesimo, ma si configura come pienamente conforme alla fondamentale esigenza del “buon andamento” dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) , esplicitata a sua volta negli altrettanto necessari requisiti della sua economicità, efficacia e imparzialità (cfr. art. 1 della L. 7 agosto 1990 n. 241 come modificato dall’art. 1 della L. 11 febbraio 2005, n. 15 e successivamente dall’art. 7, comma 1, lettera a), della L.18 giugno 2009 n. 69). Pres. Numerico, Est. Rocco - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile (Avv. Stato) c. Comune di Recale (avv. Adinolfi) - (Riforma T.A.R. Lazio, Roma, n. 1655/2009) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 8 giugno 2011, n. 3502

RIFIUTI - Ordine di smaltimento ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Presupposto - Accertamento della responsabilità.
Secondo l’art. 192 del D. Lgs. 152/2006 l’ordine di smaltimento presuppone l’accertamento di una responsabilità a titolo quantomeno di colpa in capo all’autore dell’abbandono dei rifiuti, e lo stesso vale per il proprietario o titolare di altro diritto reale o personale sull’area interessata, che venga chiamato a rispondere in solido dell’illecito (TAR Toscana Sez. II sent. 1447 del 17 settembre 2009). Pres. Leo, Est. Di Mario - Consorzio d. R. (avv. Mantovani) c. Comune di Milano (avv.ti Ammendola e Surano) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 7 giugno 2011, n. 1408
 

RIFIUTI - Ordine di rimozione - Proprietario del fondo - Responsabilità oggettiva - Esclusione - Dimostrazione dell’imputabilità soggettiva della condotta - Istruttoria - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006. L’ordine di rimozione dei rifiuti presenti sul fondo può essere rivolto al proprietario (o al titolare di diritti reali o personali di godimento) solo quando ne sia dimostrata almeno la corresponsabilità con gli autori dell’illecito, per avere cioè posto in essere un comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o colposo, dovendosi escludere che la norma configuri un’ipotesi legale di responsabilità oggettiva, con conseguente illegittimità degli ordini di smaltimento dei rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in ragione della sua mera qualità ma in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell’amministrazione procedente, sulla base di un’istruttoria completa e di un’esauriente motivazione, dell’imputabilità soggettiva della condotta (Cons. Stato, V, 25 gennaio 2005, n. 136). Tale orientamento è stato confermato anche con riferimento al disposto di cui all’art. 192 del d. lgs. 152/2006 (cfr. Cons. Stato, V, 25 agosto 2008, n. 4061 e Cons. Stato, V, 19 marzo 2009, n. 1612). Pres. Zaccardi, Est. Monteferrante -A. s.p.a. (Avv. Stato) c. Comune di Venafro (avv. Vallone) - TAR MOLISE, Sez. I - 1 giugno 2011, n. 302

RIFIUTI - Ordine di rimozione - Preventiva comunicazione - Necessità - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006.
La cogenza del principio di necessaria preventiva comunicazione di avvio del procedimento è ribadita dal disposto di cui all’art. 192 del d. lgs. 152/2006, che condiziona la perseguibilità del proprietario e dei titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, alla verifica della imputabilità della condotta a titolo di “dolo o colpa in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo” (Cons.Stato, Sez. V, n. 4061/2008). Pres. Zaccardi, Est. Monteferrante -A. s.p.a. (Avv. Stato) c. Comune di Venafro (avv. Vallone) - TAR MOLISE, Sez. I - 1 giugno 2011, n. 302
 

RIFIUTI - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed a Protezione Speciale - Impianto di smaltimento rifiuti - Autorizzazione integrata ambientale - Nulla-osta dell’Ente preposto alla gestione del vincolo ambientale - Necessità - D.L.vo n. 152/06 - Artt. 5 e 7 del D.L.vo n. 59/05 - L. n. 394/91 - Art. 181 D.L.vo n. 42/04. In tema di Autorizzazione Integrata Ambientale, l’assunto secondo cui la stessa sostituisce ai fini della realizzazione di laghetti artificiali connessi ad un impianto di smaltimento rifiuti anche il nulla-osta dell’Ente preposto alla gestione del vincolo ambientale è errato in diritto, poiché non conforme alla disciplina di cui agli artt. 5 e 7 del D.L.vo n. 59/05. Detta Autorizzazione Integrata Ambientale, sostituisce ed assorbisce tutte le autorizzazioni necessarie per l’installazione ed il funzionamento degli impianti destinati allo smaltimento dei rifiuti, di cui al D.L.vo n. 152/06, ma non sostituisce il nulla-osta richiesto dalla L. n. 394/91, stante la specifica funzione cui è connessa detta autorizzazione diretta a tutelare le zone a protezione speciale avente una propria specifica peculiarità. (conferma Ordinanza Tribunale di Roma, emessa il 20/09/010) Pres. Squassoni, Est. Gentile, Ric. Baroni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 1/06/2011 (Cc. 3/05/2011) Sentenza n. 21863

 

RIFIUTI - Cantieri edili di demolizione - Impianti mobili di macinatura, vagliatura e deferrizzazione dei materiali inerti - Autorizzazione - Necessità - Art. 256, c. 1 - lett. a), del D.Lgs. n. 152/2006. Gli impianti mobili adibiti alla macinatura, vagliatura e deferrizzazione dei materiali inerti prodotti da cantieri edili di demolizione, sono assoggettati al procedimento autorizzatorio in quanto, non possono essere considerati impianti che effettuano una semplice riduzione volumetrica e separazione di eventuali frazioni estranee, essendo essi impiegati per effettuare un'operazione "di trattamento" il cui principale risultato è quello di permettere ai residui ferrosi "di svolgere un ruolo utile" (in linea anche con la nozione di "recupero" posta dal D.Lgs. 3.12.2010, n. 205, ove viene espressamente previsto che l'elenco delle operazioni di cui all'allegato C del D. L.vo n. 152/2006 non è per nulla esaustivo). (conferma ordinanza del 23/09/2010, n. 47 TRIBUNALE LIBERTA' di CHIETI) Pres. Petti, Est. Fiale, Ric. Colanzi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 1/06/2011 (Cc. 27/04/2011) Sentenza n. 21859

RIFIUTI - Impianti mobili di smaltimento e di recupero dei rifiuti - Autorizzazione - Necessità - Procedura semplificata - Violazione - Art. 256, c.1 - lett. a), D.Lgs. n. 152/2006 - Configurabilità - Attività esclusa alla procedura - Art. 208, c. 15, D. L.vo n. 152/2006.
In tema di rifiuti, l'art. 208, comma 15, del D.Lgs. n. 152/2006 prevede e disciplina una procedura semplificata per l'autorizzazione degli impianti mobili di smaltimento e di recupero dei rifiuti, disponendo che i soggetti interessati devono presentare domanda alla Regione (ove hanno la sede legale o quella di rappresentanza) per ottenere l'autorizzazione definitiva all'uso dell'impianto. Per lo svolgimento, poi, delle singole "campagne di attività" sul territorio nazionale, i soggetti che hanno ottenuto detta autorizzazione, almeno 60 giorni prima dell'installazione dell'impianto, devono comunicare alla Regione nel cui territorio si trova il sito prescelto, le "specifiche dettagliate" relative alla campagna di attività e la Regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute pubblica. Sono esclusi dall'osservanza della procedura anzidetta gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, nonché gli impianti che effettuano esclusivamente riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee. Sicché l’assenza della prescritta autorizzazione configura, conseguentemente, il fumus dell'ipotizzato reato di cui all'art. 256, comma i - lett. a), del D.Lgs. n. 152 del 2006. (conferma ordinanza del 23/09/2010, n. 47 TRIBUNALE LIBERTA' di CHIETI) Pres. Petti, Est. Fiale, Ric. Colanzi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 1/06/2011 (Cc. 27/04/2011) Sentenza n. 21859

 

RIFIUTI - Controversie attinenti alla gestione dei rifiuti - Competenza inderogabile del Tar Lazio - Art. 135, c. 1, lett. e) c.p.a. - Clausole convenzionali di deroga del foro - Irrilevanza. L’art. 135, comma 1, lett. e), C.p.a., attribuisce alla competenza funzionale inderogabile del TAR del Lazio tutte le controversie di cui all’art. 133, comma 1, lett. p), C.p.a., tra le quali quelle “… comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti”, sicchè non rilevano, ai fini della competenza territoriale, eventuali clausole derogatorie del foro convenzionalmente stabilite dalle parti. Pres. Borea, Est. Rovis - I. s.p.a. (avv.ti Sechi e Sticchi Damiani) c. regione Puglia (avv. Matassa) e Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile (Avv. Stato) - TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915

RIFIUTI - Rifiuti derivanti da attività di selezione meccanica degli RSU - Natura di rifiuti speciali - Esclusione - Abrogazione dell’art. 184, c. 3, lett. n) del d.lgs. n. 152/2006 - Classificazione quali rifiuti urbani.
La lettera n) del terzo comma dell’articolo 184 del Codice dell’Ambiente (che classificava nell’ambito dei ‘rifiuti speciali’ i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani) è stata soppressa dall'art. 2, comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, quindi, i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani non possono essere più considerati e classificati quali rifiuti speciali, ma rientrano nell’ambito della classificazione dei rifiuti urbani. In senso contrario non può essere richiamato l’Allegato D) alla Parte IV del Codice dell’Ambiente - recante l’Elenco dei rifiuti di cui alla Decisione 2000/532/CE - il quale indica i rifiuti urbani con un codice CER a sei cifre che inizia con la serie 20, mentre i codici CER contrassegnati con la serie iniziale 19 identificano rifiuti speciali. Infatti, il citato Allegato D) precisa che il codice a sei cifre riferito a ciascun rifiuto è utile per identificare la ‘fonte che genera il rifiuto’ stesso e, quindi, per individuare la disciplina applicabile occorre, comunque, fare riferimento alla normativa primaria contenuta nell’articolo 184, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 152/2006, che reca la puntuale classificazione dei rifiuti urbani e di quelli speciali. Pres. Borea, Est. Rovis - I. s.p.a. (avv.ti Sechi e Sticchi Damiani) c. regione Puglia (avv. Matassa) e Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile (Avv. Stato) - TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915

RIFIUTI - Separazione meccanica della frazione secca dalla frazione umida - Trasformazione del rifiuto da urbano a speciale - Impossibilità - Principio di autosufficienza - Divieto di smaltimento in regioni diverse da quella di produzione.
La semplice separazione meccanica della frazione secca dalla frazione umida di un rifiuto non può comportare il mutamento della natura del rifiuto da urbano a speciale, con conseguente sottrazione del ‘rifiuto speciale’ alla disciplina del ‘rifiuto urbano’. Si giungerebbe altrimenti alla conclusione irrazionale che ciò che non può essere smaltito e trasportato fuori Regione “intero” (il rifiuto urbano), possa poi essere smaltito e trasportato una volta “frazionato” (il rifiuto speciale con codice CER 19.12.12). In sostanza, a tal fine non può essere considerata decisiva l’attribuzione del codice CER 19.12.12, perché le operazioni di tritovagliatura si pongono come preliminari rispetto a quella che sarà l’operazione compiuta di recupero o smaltimento cui il rifiuto deve essere sottoposto e non sono, quindi, utili, da sole, a cambiare la classificazione del rifiuto secondo l’origine. Affermare il contrario significherebbe consentire - mediante la semplice operazione meccanica e di riduzione del volume - di disattendere la normativa che disciplina la gestione dei rifiuti urbani, il principio di autosufficienza ed il divieto di smaltimento in regioni diverse da quella di produzione (cfr. Cass. Penale, Sez. III, 9 dicembre 2009, n. 46843: Tribunale di Milano, Ufficio GIP, 23 marzo 2006). Pres. Borea, Est. Rovis - I. s.p.a. (avv.ti Sechi e Sticchi Damiani) c. regione Puglia (avv. Matassa) e Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile (Avv. Stato) - TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915

RIFIUTI - Legislazione eccezionale introdotta per fronteggiare l’emergenza rifiuti in Campania - Eccezioni al principio di smaltimento intra regionale dei rifiuti urbani - Esclusione - Necessità di specifico assenso.
La legislazione statale di natura eccezionale e derogatoria, introdotta per fronteggiare l’emergenza rifiuti in Campania non prevede eccezioni al principio di smaltimento intra-regionale dei rifiuti urbani, quali devono essere classificati quelli con codice CER 19.12.12: l’assenso della Regione Puglia al trasferimento dei rifiuti campani è pertanto il presupposto che abilita lo smaltimento dei rifiuti campani nel territorio pugliese, in base alla previsioni contenute nell’art. 182, comma 3 del d.lgs. n. 152 del 3.4.2006, nell’art. 5, comma 3, del d.l. n. 263 del 9 ottobre 2006, nell’art. 1, comma 7 del d.l. n. 196 del 26 novembre 2010. In base alla disciplina emergenziale, fino alla cessazione dello stato di emergenza, non sarebbe stato possibile conferire extra-regione rifiuti solidi urbani o speciali non pericolosi provenienti dagli STIR campani, in mancanza o al di fuori specifici accordi stipulati tra la Regione Campania e le regioni disponibili ai conferimenti nel proprio territorio. Pres. Borea, Est. Rovis - I. s.p.a. (avv.ti Sechi e Sticchi Damiani) c. regione Puglia (avv. Matassa) e Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile (Avv. Stato) - TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915

RIFIUTI - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Indagini preliminari - Decorrenza del termini - Ritardi nella iscrizione - Effetti e limiti - Gravi indizi di reato e indispensabilità dell’intercettazione - Fattispecie: intercettazioni telefoniche relative ad un imponente traffico di rifiuti pericolosi - Artt. 407, co. 3, 266 e ss. c.p.p..
Il termine delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il p.m. ha iscritto nel registro delle notizie di reato il nome della persona cui il reato è attribuito, senza che al Gip sia consentito stabilire una diversa decorrenza. Sicché gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato, quanto del nome della persona cui lo stesso reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall'art. 407, co. 3, c.p.p.. Né l'eventuale violazione del dovere di tempestiva iscrizione, che pur potrebbe configurare responsabilità disciplinari o addirittura penali a carico del p.m. negligente, è causa di nullità degli atti compiuti, non ipotizzabile in assenza di una espressa previsione di legge, in ossequio al principio di tassatività, fissato dall'art. 177 del codice di rito (Cass. S.U. 24/9/09, n. 40538; Cass. 8/4/08, Bruno). Conseguentemente la tardività della iscrizione nel registro delle notizie del reato non può determinare la inutilizzabilità delle indagini (intercettazioni telefoniche) acquisite precedentemente a detta iscrizione (Cass. S.U. 21/6/2000, Tammaro). Sicché, i gravi indizi di reato, che costituiscono, il presupposto per il ricorso alle intercettazioni attengono alla esistenza dell'illecito penale e non alla colpevolezza di un determinato soggetto, sicché per procedere legittimamente ad intercettazioni non è necessario che tali indizi siano a carico di una persona individuata o del soggetto le cui comunicazioni debbano essere captate a fine di indagine (Cass. 21/12/06, n. 42017 ). Nella specie, le disposte intercettazioni telefoniche risultavano pienamente giustificate dal fatto che erano in corso indagini relative ad un imponente traffico di rifiuti pericolosi. (conferma sentenza n. 10974/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 25/02/2009) Pres. Squassoni, Est. Gazzara, Ric. Roma. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 27/5/2011 (Ud. 13/4/2011) Sentenza n. 21311

 

RIFIUTI - Trasporto rifiuti - Titoli abilitativi - Art 46, comma 1 L. n. 298/74 - Iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali - Art. 212 d.lgs. n. 152/2006 - Fattispecie - Prevalenza dell’iscrizione sul titolo abilitativo generale. In materia di trasporto dei rifiuti, disciplinato da una normativa speciale di settore e per il quale è richiesta l’apposita iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali, la distinzione tra il trasporto in conto proprio e quello per conto terzi non rileva giacché l'iscrizione all’albo di cui all’art. 212 del D. L.vo n. 152\06 supera ed assorbe le autorizzazioni di cui alla legge n. 298/74. GdP Battista - R. S.r.l. (avv. Sechi) c. Ministero dell’Interno (contumace) - (segnalata dagli Avv.ti Giampaolo Sechi e Rosa Ficarella) - GIUDICE DI PACE DI AVELLINO - 17.12.2010 (dep. 27/05/2011), n. 3029

 

RIFIUTI - Rifiuti solidi urbani - Tariffe - D.lgs. n. 507/1993 - Deliberazioni comunali - Carenza di motivazione e istruttoria - Illegittimità. L’art. 69 d.lg. n. 507 del 1993 dispone che le deliberazioni comunali debbano indicare i rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l’aumento per la copertura minima del costo ovvero gli aumenti. Ciò in sintonia con l’art. 65 dello stesso d.lg. il quale prevede che la determinazione della tassa sia commisurata alla quantità e qualità dei rifiuti nonché al costo dello smaltimento. La carenza di motivazione e di istruttoria che non consente di comprendere l’iter logico seguito per la determinazione delle tariffe costituisce motivo di illegittimità (T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 10 giugno 1998, n. 1430). Pres. Cavallari, Est. Santini - B.G. (avv. Soggia) c. Comune di Pulsano (avv. Fanelli) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 966

RIFIUTI - Rifiuti solidi urbani - Tariffe - D.lgs. n. 507/1993 - Rideterminazione della tariffa - Disciplina ex art. 13 L. n. 241/1990 - Applicabilità - Esclusione - Disciplina speciale ex art. 69, c. 2 d.lgs. n. 507/1993.
E’ illegittimo per violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione il provvedimento con cui è stata (ri)determinata la tariffa per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nel caso in cui dal provvedimento medesimo non sia ricavabile alcun elemento idoneo a ricostruire i presupposti di fatto e di diritto in ordine all’aumento della tariffa. Infatti, pur avendo il provvedimento natura di atto generale, si deve ritenere che nei confronti dello stesso non sia applicabile la disciplina prevista dall’art. 13 l. n. 241/1990, bensì, per il suo carattere di specialità e maggiore garanzia procedimentale, la disciplina prevista dall’art. 69, comma 2, d.lgs. n. 507/1993, secondo cui l’Amministrazione, quando (ri)determina le tariffe, deve dar conto delle ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, nonché dei dati e delle circostanze che hanno determinato l’aumento per la copertura minima obbligatoria del costo; tale disposizione comporta l’obbligo per l’Amministrazione di motivare analiticamente le scelte espresse nella relativa deliberazione (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 1° ottobre 2009, n. 1550; in questa stessa direzione cfr., anche, Cons. Stato, sez. V, 11 agosto 2010, n. 5616; T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 19 febbraio 2009, n. 127; T.A.R. Sardegna, sez. II, 11 marzo 2008, n. 411; T.A.R. Toscana, sez. I, 21 gennaio 2001, n. 23). Pres. Cavallari, Est. Santini - B.G. (avv. Soggia) c. Comune di Pulsano (avv. Fanelli) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 966

RIFIUTI - Rifiuti solidi urbani - Tariffe - D.lgs. n. 507/1993 - Differenziazione tra diverse categorie di utenti - Motivazione.
La differenziazione tra diverse categorie di utenti, sebbene consentita (es. distinzione tra locali ad uso abitativo ed esercizi alberghieri, che pure sono in via di massima assimilati dall’art. 68 del d.lgs. n. 507/1993), deve essere in ogni caso effettuata sulla base di specifiche caratteristiche, purché adeguatamente enunciate, che ne consiglino un diverso trattamento ai fini dell'imposizione della tassa sui rifiuti solidi urbani (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 30 maggio 2006, n. 6399; Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2009, n. 2301). Pres. Cavallari, Est. Santini - B.G. (avv. Soggia) c. Comune di Pulsano (avv. Fanelli) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 966

 

RIFIUTI - F.O.S. - Natura di rifiuto urbano - Esclusione - Ragioni - Classificazione tra i rifiuti speciali ex art. 184, c. 3, d.lgs. n. 152/2006 - Abrogazione dell’art. 184, c. 1, lett. n) ad opera del d.lgs. n. 4/2008 - Conseguenze. La natura di rifiuto speciale ex art. 184, comma 3, lett. g), del d.lgs. n. 152/2006, da riconoscere alla F.O.S., deriva dal diritto positivo e precisamente dal medesimo d.lgs. n. 152/2006. Quest’ultimo, infatti, tra gli Allegati alla Parte IV contiene l’Allegato D, il quale reca l’elenco delle diverse categorie di rifiuti, classificati in base ad un codice a sei cifre. E mentre i rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti - quale la F.O.S. - risultano classificati con i codici: a) 19.12.11 e b) 19.12.12,. la categoria dei rifiuti urbani è identificata, invece, con il codice 20 e le varie tipologie di rifiuti che la compongono sono identificate da codici a sei cifre, tutti recanti come prime due cifre il codice 20. Ne segue che, per esplicita previsione di diritto positivo, i rifiuti derivati dal trattamento meccanico dei rifiuti non appartengono alla categoria dei rifiuti urbani, Ciò, d’altro lato, è confermato, sempre sul piano del diritto positivo, dal fatto che la F.O.S. - e, più in generale, i rifiuti derivati dal trattamento meccanico dei rifiuti - non sono compresi nell’elenco dei rifiuti urbani di cui all’art. 184, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006. E’, invece, indubbiamente corretta la classificazione della F.O.S. - e, più in generale, dei rifiuti derivati dal trattamento meccanico dei rifiuti - tra i rifiuti speciali ex art. 184, comma 3, lett. g), del d.lgs. n. 152/2006: tale disposizione vi comprende, infatti, i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento dei rifiuti. Detta conclusione non è in alcun modo infirmata dall’intervenuta abrogazione della lett. n) dell’art. 184, comma 3, del d.lgs. n. 152 cit. operata dal d.lgs. n. 4/2008. A tale abrogazione non può, infatti, attribuirsi l’inserimento della F.O.S. tra i rifiuti urbani, quanto, invece, il significato di un riconoscimento legislativo dell’inutilità della succitata lett. n), dovendo, per quanto esposto, i rifiuti derivati dal trattamento meccanico dei rifiuti considerarsi rifiuti speciali già ai sensi dell’art. 184, comma 3, lett. g), di cui la lett. n) costituiva (in parte qua) un’inutile duplicazione. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - CISPEL Toscana Confservizi e altri (avv. Grazzini) c. Regione Toscana (avv.ti Bora) e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR TOSCANA, Sez. II - 18 maggio 2011, n. 917
 

RIFIUTI - ACQUA - Fanghi biologici - Regione - Adozione di misure interdittive al di fuori dei casi previsti dall’art. 4 del d.lgs. n. 99/92 - Illegittimità. Non compete alla Regione l’adozione di misure interdittive all’utilizzazione dei fanghi biologici in agricoltura al di fuori dei casi espressamente previsti dal legislatore mediante il disposto dell’art. 4 del d.lgs. n. 99/92, dovendo, invece, l’amministrazione limitarsi all’esplicazione dei poteri previsti dall’art. 6 dello stesso d.lgs., fra i quali è ricompresa la possibilità di adottare mere limitazioni nel rispetto dei presupposti espressamente previsti dalla disposizione normativa. Pres. Leo, Est. Quadri - E. s.r.l. (avv.ti Ferraris e Robald) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori, Pasinelli e Nava), Regione Lombardia (avv. Pujatti) e altro (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV -17 maggio 2011, n. 1262

RIFIUTI - ACQUA - Fanghi biologici - Art. 127 d.lgs. n. 152/2006 - Assenza di particolare potenzialità inquinanti - Riutilizzo.
Ai sensi dell’art. 127 del d.lgs. n. 152/2006, i fanghi biologici devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato, ipotesi che ricorre certamente nei casi in cui non emerga una particolare potenzialità inquinante. Pres. Leo, Est. Quadri - E. s.r.l. (avv.ti Ferraris e Robald) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori, Pasinelli e Nava), Regione Lombardia (avv. Pujatti) e altro (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV -17 maggio 2011, n. 1262

RIFIUTI - ACQUA - Fanghi biologici - Art. 101, c. 10 d.lgs. n. 152/2006 - Stipula di accordi di programma - Recupero dei fanghi di depurazione.
L’art. 101, comma 10, del codice dell’ambiente prevede la possibilità da parte delle autorità competenti di stipulare accordi di programma con i soggetti economici interessati, al fine di favorire il recupero dei fanghi da depurazione e di fissare limiti in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità. Risulta, infatti, quanto più opportuna in materia ambientale l’utilizzazione del modulo convenzionale che, sulla scia dell’art. 11 della legge generale sul procedimento amministrativo, permetta l’esplicazione della potestà pubblica secondo modalità flessibili, in relazione alle complesse situazioni che la stessa si trova ad affrontare in tale ambito di attività ed in considerazione della particolare rilevanza degli interessi pubblici alla stessa sottesi. Pres. Leo, Est. Quadri - E. s.r.l. (avv.ti Ferraris e Robald) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori, Pasinelli e Nava), Regione Lombardia (avv. Pujatti) e altro (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV -17 maggio 2011, n. 1262
 

RIFIUTI - Risarcimento in forma specifica - Obbligo di ripristino ex art. 2058 c.c.. In tema di rifiuti, il ripristino non è configurabile quale sanzione accessoria a quella penale, ma è, nella sostanza, un risarcimento in forma specifica che discende ex lege dalla condanna, con il limite previsto dalla legge ("ove sia possibile") ed è anche diverso, quindi, dall'obbligo di ripristino disciplinato ex art. 2058 c.c.. (conferma sentenza n. 13651/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del 20/11/2009) Pres. Lombardi Est. Rosi Ric. Boccardo ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/05/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 18815

RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Condanna al ripristino e tutela risarcitoria - Differenza - Giurisprudenza civile e panale. In tema di danno ambientale, il giudice, ove non sia possibile una precisa quantificazione del danno, ne determina l'ammontare in via equitativa, tenendo comunque conto della gravità della colpa individuale, del costo necessario per il ripristino, e del profitto conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei beni ambientali (comma 6), e inoltre "dispone, ove sia possibile, il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile" (comma 8). Tale sistema rende possibile "un risarcimento in forma specifica (ripristino dello stato dei luoghi) che non esaurisce l'ammontare del danno (Cass. Sez. 3, n. 11870 del 12/3/2004, Giora ed altri). Infatti il danno può essere risarcito per equivalente considerando in via equitativa più parametri: non soltanto il costo monetario del ripristino, ma anche il profitto conseguito dal contravventore e la gravità della sua colpa. In altri termini, la tutela risarcitoria è più ampia e non è alternativa alla tutela riparatoria (ripristino), poiché quest'ultima non è (può non essere) pienamente satisfattiva del danno arrecato ai soggetti portatori del diritto fondamentale all'integrità dell'ambiente." (Così anche nella giurisprudenza civilistica, è stato stabilito che il risarcimento del danno informa specifica non esaurisce in sè, di regola, tutte le possibili conseguenze dannose del fatto lesivo - ed in particolare quelle prodottesi prima che la riduzione in pristino sia materialmente eseguita ovvero quelle diverse residuate nonostante tale riduzione in pristino (Cass. Civ., Sez. 2, n. 3802 del 11 aprile 1991, Scrocca c. Scrocca). Anche la giurisprudenza penalistica ha confermato tale principio chiarendo che in tema di smaltimento di rifiuti, l'ordine di ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile, a norma dell'art. 18, c.8, I. 8 luglio 1986, n. 349, discende dalla legge ed è perfettamente compatibile con la condanna al risarcimento del danno ambientale e a quello dei danni subiti dalla parte civile in quanto si tratta di misure diverse, predisposte a tutela di beni diversi, che possono essere congiuntamente applicate a carico di una stessa persona (Cass. Sez. 3, n. 7567 del 27/6/1992, Abortivi). Pertanto, è errato il fatto che la condanna al risarcimento dei danni debba porsi in "alternatività" con la condanna al ripristino. (conferma sentenza n. 13651/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del 20/11/2009) Pres. Lombardi Est. Rosi Ric. Boccardo ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/05/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 18815

RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Gestione dei rifiuti - Danno sostanziale - Ente locale comunale - Costituzione parte civile e risarcimento - Art. 18 L. n. 349/1986 - Art. 2043 c.c - Art. 311, c.1, D.Lgs. n. 152/2006. Nell'ambito della gestione dei rifiuti sulla base dell'art. 18 della legge n. 349 del 1986, è ipotizzabile anche per l'ente locale comunale un danno sostanziale che lo renda portatore dell'interesse a costituirsi parte civile, atteso che il danno ai terreni privati va tenuto distinto dal danno al territorio ed all'ambiente (Cass. Sez.3, n. 29214 dell'11/7/2003, P.G. in proc. Marino). Anche l'ente pubblico territoriale che, per effetto della condotta illecita, abbia subito un danno patrimoniale risarcibile è quindi legittimato a costituirsi parte civile ex art. 2043 c.c., essendo tale legittimazione non incompatibile con quella che, ai sensi dell'art. 311, c.1, D.Lgs. n. 152 del 2006, spetta al Ministro per l'ambiente (Cass. Sez. 3, n. 755 dell'11/1/2010, Ciaroni). (conferma sentenza n. 13651/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del 20/11/2009) Pres. Lombardi Est. Rosi Ric. Boccardo ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/05/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 18815

RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Condanna alla bonifica ed al ripristino - Responsabilità solidale - Art. 18 c. 7 L. n. 349/1986 - Art. 2055 cod. civ.. La norma contenuta nel comma 7 dell'art. 18 della legge 349 del 1986, secondo la quale nei casi di concorso nello stesso evento di danno ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità individuale, disciplina esclusivamente i rapporti interni di regresso tra i condebitori, ponendosi come deroga al principio generale della responsabilità solidale di cui all'art. 2055 cod. civ., senza nessuna trasformazione dell'obbligazione solidale prevista per le obbligazioni risarcitorie da delitto e da fatto illecito, in obbligazione parziaria (Cfr. Sez. 3, n. 11870 del 12/3/2004, Giora ed altri). Di conseguenza legittimamente, in capo ai ricorrenti ed in solido tra loro, deve essere riconosciuto l'obbligo di ripristino dello stato dei luoghi anteriore all'illecito. (conferma sentenza n. 13651/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del 20/11/2009) Pres. Lombardi Est. Rosi Ric. Boccardo ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/05/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 18815
 

RIFIUTI - Bonifica dei siti - Procedure operative ed amministrative - Omessa comunicazione dell’accertamento di inquinamento storico - Responsabilità - Artt. 257, 245 e 242 D.L.gs n.152/06. Il comma I dell’art. 257 sanziona penalmente due ipotesi distinte: l’omessa bonifica del sito inquinato e la mancata comunicazione dell’evento inquinante alle autorità competenti secondo le modalità indicate dall’art. 242. In entrambi i casi il destinatario del precetto è tuttavia lo stesso e, cioè, colui il quale cagiona l’inquinamento. L'autonomia della posizione di colui il quale cagiona l'inquinamento rispetto a quella di colui il quale accerti la sussistenza di contaminazioni sul suolo è rimarcata dall'art. 245 che ha per oggetto gli obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione. (annulla senza rinvio, sentenza n. 7095/2009 TRIBUNALE di MILANO, del 24/02/2010) Pres. Ferrua, Est. Sarno, Ric. Burani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/05/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n. 18503

RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Testo unico sull’ambiente - Superamento o pericolo concreto e attuale del superamento delle concentrazione soglia di contaminazione (CSC) - Obbligo di comunicazione - Risarcimento del danno ambientale - Azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale - L. n. 308/2004 - D.L.vo n.152/06. Il Decreto Legislativo n.152 del 2006 e successive modifiche, a differenza della precedente normativa (D.L.GS n.22/97), ha individuato anche per il proprietario del terreno che non abbia cagionato l'inquinamento, l'obbligo di comunicazione alle autorità preposte nel caso in cui si avveda di tale situazione. In particolare, il comma 2 dell'articolo 245 che, pure in apparente contrasto con il comma 1 - secondo il quale le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati - stabilisce che il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento delle concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione ed agli altri enti preposti. Inoltre, il recepimento dei principi contenuti nella legge 15 dicembre 2004, n. 308 ha portato alla formulazione dell'art. 311 comma 2 del Decreto Legislativo n.152 del 2006 che, prevede l'azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato per chiunque, realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza, o violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto in parte. (annulla senza rinvio, sentenza n. 7095/2009 TRIBUNALE di MILANO, del 24/02/2010) Pres. Ferrua, Est. Sarno, Ric. Burani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/05/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n. 18503
 

RIFIUTI - Ecopiazzole e titolo abilitativo - Presupposti - D.Lvo n. 4/08, che modifica art. 183, D.L.vo n. 152/06 - D.M. 8/4/2008 e 13/5/2009. Al fine di verificare la necessità o meno dell'autorizzazione regionale per le c.d. ecopiazzole, occorrerà in concreto verificare se si sia in presenza di un centro di raccolta dei rifiuti e se il centro sia rispondente ai requisiti indicati dai decreti ministeriali di riferimento dovendosi escludere, in caso affermativo, la necessità di autorizzazione regionale e, dunque la configurabilità del reato per il mancato rilascio. Solo nel caso in cui si verifichi la non rispondenza alle previsioni indicate o si accerti l'effettuazione presso il centro di raccolta di attività che esulano dalla funzione propria di essi, si potrà valutare la necessità dell'autorizzazione regionale traendo le necessarie conseguenze sul piano penale dalla sua mancanza. (annulla con rinvio ordinanza n. 431/2010 TRIB. LIBERTA' di SALERNO, del 24/09/2010) Pres. Ferrua Est. Sarno Ric. Ferraioli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/05/2011 (Cc. 16/3/2011), Sentenza n. 17864
 

RIFIUTI - ASSOCIAZIONI E COMITATI - Comitato di cittadini - Forma associativa temporanea - Impianti di smaltimento - Legittimazione a ricorrere avverso gli atti di localizzazione - Carenza. Un semplice Comitato di cittadini, caratterizzato da una forma associativa temporanea, volta alla protezione degli interessi dei soggetti che ne sono parte, non ha legittimazione a ricorrere avverso gli atti di localizzazione di impianti per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti, essendo privo - oltre che del riconoscimento ministeriale di cui all'art. 13 L. n. 349 del 1986- dal carattere di ente esponenziale in via stabile e continuativa di interessi diffusi radicati sul territorio (cfr. Cons. St. , V, sent. 3192/07 cit. ; in tema v. anche, più di recente, CdS, IV, n. 1001/10, p. 3.1. e Tar Toscana, nn. 567/11 e 6712/10). Pres. Di Nunzio, Est. Buricelli - L.Z. e altri (avv.ti Biondaro e Zorzan) c. Regione Veneto (avv.ti Londei e Zanon) e altri (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 3 maggio 2011, n. 722

RIFIUTI - Provvedimento di localizzazione di discarica - Impugnazione - Prova del danno concreto - Necessità - Esclusione - Ragioni.
Non occorre provare l'esistenza di un danno concreto e attuale al fine di impugnare il provvedimento di localizzazione di una discarica o di un impianto industriale ritenuto inquinante in quanto la questione della concreta pericolosità dell'impianto, valutata alla luce dei parametri normativi, è questione di merito, mentre al fine di radicare l'interesse ad impugnare è sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni su un territorio collocato nelle immediate vicinanze ed in relazione al quale i ricorrenti sono in posizione qualificata, quali residenti o proprietari o titolari di altre posizioni giuridiche soggettive rilevanti (CdS n. 6657/02 .). Pres. Di Nunzio, Est. Buricelli - L.Z. e altri (avv.ti Biondaro e Zorzan) c. Regione Veneto (avv.ti Londei e Zanon) e altri (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 3 maggio 2011, n. 722

RIFIUTI - Provvedimenti di localizzazione di discarica - Comune - Interesse a ricorrere - Titolarità.
Il comune nel cui territorio è localizzata una discarica di rifiuti è titolare dell'interesse a ricorrere avverso la delibera di localizzazione, sia in quanto ente esponenziale dei residenti, sia in quanto titolare del potere di pianificazione urbanistica su cui incide il provvedimento di localizzazione, sia in quanto soggetto che per legge può partecipare al procedimento amministrativo e che in quanto tale può impugnarne il provvedimento conclusivo (C. Stato, sez.V, 2.3.1999, n.217; in senso analogo CdS IV 6/10/2001 n.5296). Pres. Di Nunzio, Est. Buricelli - Comune di Maser (avv.Pellegrini) c. Regione Veneto (avv.ti Londei e Zanon) e altri (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 3 maggio 2011, n. 721
 

RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Materiali provenienti da demolizioni - Assoggettamento a disposizioni più favorevoli - Dimostrazione della sussistenza di tutti i presupposti di legge - Necessità. In tema di gestione dei rifiuti, i materiali provenienti da demolizioni rientrano nel novero dei rifiuti in quanto oggettivamente destinati all'abbandono, l'eventuale recupero è condizionato a precisi adempimenti, in mancanza dei quali detti materiali vanno considerati, comunque, cose di cui il detentore ha l'obbligo di disfarsi. L'eventuale assoggettamento di detti materiali a disposizioni più favorevoli che derogano alla disciplina ordinaria implica la dimostrazione, da parte di chi lo invoca, della sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla legge. (Annulla con rinvio al Tribunale di Padova l'ordinanza emessa il 22/9/2010 dal Tribunale di Padova) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Spinello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (Cc. 13/04/2011) Sentenza n. 16727

RIFIUTI - Sottoprodotti - Regime gestionale in condizioni di favore - Sussistenza delle condizioni, criteri e requisiti indicate dalla norma. La norma riguardante i sottoprodotti è una disciplina che prevede l'applicazione di un diverso regime gestionale in condizioni di favore, con la conseguenza che l'onere di dimostrare l'effettiva sussistenza di tutte le condizioni di legge incombe comunque su colui che l'invoca. Pertanto, la sussistenza delle condizioni, criteri e requisiti indicate dalla norma per i sottoprodotti, deve essere contestuale e, anche in mancanza di una sola di esse, il residuo rimane soggetto alle disposizioni sui rifiuti (Cass. Sez. III n. 47085, 19/12/2008). (Annulla con rinvio al Tribunale di Padova l'ordinanza emessa il 22/9/2010 dal Tribunale di Padova) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Spinello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (Cc. 13/04/2011) Sentenza n. 16727

 

RIFIUTI - Demolizioni e costruzioni - Disfacimento del manto stradale - Fresato di asfalto - Rifiuti speciali non pericolosi. Il fresato d'asfalto proveniente dal disfacimento del manto stradale rientra nella definizione del materiale proveniente da demolizioni e costruzioni, incluso nel novero dei rifiuti speciali non pericolosi (Cass. Sez.3, n. 23788 del 19/6/2007, Arcuti e n. 8936 del 25/2/2003, Pm in proc. Boscarato. (dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza n. 17/2009 Tribunale Ordinario di Torino - Sezione distaccata di Ciriè) Pres. Lombardi, Est. Rosi, Ric. Marietta. CORTE CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 16705

RIFIUTI - Materiali provenienti da demolizioni stradali - Applicazione della normativa sui rifiuti - Esclusione - Presupposti - Onere della prova. Al fine di escludere l'applicazione della normativa sui rifiuti per i materiali provenienti da demolizioni stradali, è onere di colui che ne afferma il riutilizzo fornire la prova di tale assunto, non ravvisandosi sul punto alcuna inversione dell'onere probatorio, in quanto detti materiali non rientrano nella categoria delle terre e rocce da scavo e sono qualificati come rifiuti in base al codice CER 1709. (Cass. Sez. 3, n. 35138 del 10/9/2009, Bastone). (dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza n. 17/2009 Tribunale Ordinario di Torino - Sezione distaccata di Ciriè) Pres. Lombardi, Est. Rosi, Ric. Marietta. CORTE CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 16705

 

RIFIUTI - Responsabile dell'inquinamento - Obblighi di bonifica - Omessa segnalazione dell’evento - Determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (c.d. CSR) - Piano di caratterizzazione del sito - Artt. 242 e 257 d.L.vo n. 152/2006. La disciplina relativa alla bonifica dei siti inquinati prevista dall'art. 242 del D.Lgs. n. 152 del 2006 prevede che al verificarsi di un evento che abbia la potenzialità di contaminare un sito, il responsabile dell'inquinamento debba predisporre le necessarie misure di prevenzione entro ventiquattro ore e debba comunicarlo immediatamente (ex art. 304), nonché svolgere una preliminare indagine sui parametri oggetto dell'inquinamento e provvedere al ripristino della zona contaminata, dandone notizia al comune ed alla provincia, qualora verifichi che il livello della soglia di contaminazione non sia stato superato, mentre qualora accerti il superamento di tale soglia, oltre a darne immediata notizia, descrivendo le misure adottate, deve anche presentare alle amministrazioni ed alla regione competente il "piano di caratterizzazione" del sito, al fine di determinarne l'entità e l'estensione applicando le procedure di cui ai commi 4 e seguenti dell'art. 242 (al sito viene quindi applicata la procedura di analisi del rischio specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (c.d. CSR). Quindi, le segnalazione che il responsabile dell'inquinamento è obbligato ad effettuare alle autorità indicate in base all'art. 242 è dovuta a prescindere dal superamento delle soglie di contaminazione e la sua omissione è sanzionata dall'art. 257 del medesimo decreto, il quale non punisce solo l'omessa bonifica, ma anche l'omessa segnalazione (Cass. Sez.3, 30/10/2007, n. 40191 Schembri). (conferma sentenza n. 655/2009 TRIBUNALE di PISTOIA, del 21/09/2009) Pres. Lombardi, Est. Rosi, Ric. Cioni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 16702

 

RIFIUTI - Discarica di rifiuti in area a destinazione agricola - Limiti - Attività di gestione di rifiuti - Specifica localizzazione - PRG - Giurisprudenza amministrativa condivisa. La realizzazione di un impianto destinato a discarica ed attività di gestione di rifiuti in area a destinazione agricola non può non riguardare opere per le quali gli strumenti urbanistici non prevedano una specifica localizzazione e che, per loro natura, non possono essere ubicati altro che in zona agricola. Diversamente argomentando, verrebbe vanificata la zonizzazione del territorio e l'individuazione delle diverse destinazioni d'uso. Tale opzione ermeneutica pare peraltro condivisa anche dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato Sez. V n. 7243, 1 ottobre 2010; Sez. V n. 1557, 18 marzo 2002). (conferma ordinanza del 16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro) Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric. Siracusa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011) Sentenza n. 16592

 

RIFIUTI - APPALTI - Rifiuti sanitari pericolosi - Trasporto - Contenitori - Art. 8 DPR n. 254/03 - Possibile alternativa tra contenitori esterni riutilizzabili e monouso -Discrezionalità della stazione appaltante. Se è vero che l’art. 8 del DPR n. 254/03 consente - senza tuttavia stabilire l’equipollenza delle due tipologie di contenitori esterni - di effettuare la raccolta ed il trasporto dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo anche avvalendosi del contenitore esterno riutilizzabile (previa idonea disinfezione ad ogni ciclo d'uso), oltre che del monouso, è altresì vero che, in caso di possibili alternative, la scelta della soluzione più idonea per la realizzazione del pubblico interesse costituisce espressione tipica della discrezionalità della stazione appaltante e, impingendo nel merito dell'azione amministrativa, è sottratta al sindacato di legittimità del giudice qualora non sia manifestamente illogica, arbitraria ovvero macroscopicamente viziata da travisamento di fatto in relazione alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del servizio. Pres. Borea, Est. Rovis - M. s.p.a. (avv.ti Biagetti, Gamberini e Pacifici) c. Azienda Ulss N. 20 Verona (avv. Volpato) - TAR VENETO, Sez. I - 26 aprile 2011, n. 691

RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito - Natura monosoggettiva del reato - Dato oggettivo della condotta - Art. 53 bis del D. L.vo n. 22/97 (oggi trasfuso nell'art. 260 del D. L.vo n. 152/06).
In tema di rifiuti, va riconosciuta la natura monosoggettiva e non plurisoggettiva della fattispecie delineata dall'art. 53 bis del D. L.vo n. 22/97 (oggi trasfuso nell'art. 260 del D. L.vo n. 152/06), per la cui configurabilità non è affatto richiesta una pluralità di soggetti agenti come si deduce agevolmente dalla stessa terminologia adoperata dal legislatore nell'incipit della norma ("chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto... cede, trasporta, esporta, etc."): né tale affermazione muta con riferimento alla necessità di una pluralità di operazioni in continuità temporale tra loro, afferendo tale circostanza ad un dato oggettivo della condotta (Cass. Sez. 3^ 16.12.2005 n. 4503, Samarati). (annulla in parte e riforma sentenza emessa il 10/02/2010 dalla Corte di Appello di Milano) Pres. Lombardi Est. Grillo Ric. Costa ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 20/04/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 15630

 

RIFIUTI - Albo nazionale dei gestori ambientali - Cancellazione per condanne riportate - Art. 17, c. 1 DM n. 406/1998 - Deroga per effetto della riabilitazione o della sospensione della pena - Estensione della deroga all’indulto - Esclusione. L’art. 17, comma 1, lett. a) del DM 28 aprile 1998 n. 406 prevede la cancellazione dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali nel caso del venir meno di uno dei requisiti di cui al precedente art. 10 (ovvero, nella specie, una condanna definitiva per reati in materia ambientale), fatti salvi, gli effetti della riabilitazione e della sospensione della pena. La deroga in base alla quale viene meno l’effetto preclusivo all’accesso all’albo a causa di condanne riportate presuppone, in entrambi i casi contemplati - riabilitazione e sospensione della pena - una specifica pronuncia del giudice di minor disvalore del reato commesso, successiva nel caso della riabilitazione, preventiva e prognostica nel caso della sospensione della pena: ciò non accade viceversa per l’indulto, la cui applicazione avviene in via automatica senza alcuna valutazione discrezionale da parte del giudice; ne deriva che in tale ultima ipotesi deve ritenersi legittima la sanzione della cancellazione irrogata. Pres. ed Est. Borea - M.M. Ditta individuale (avv.ti Lucchetta e Pagnoscin) c. Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e Albo Nazionale Gestori Ambientali - Sezione Regionale del Veneto (n.c.) - TAR VENETO, Sez. I - 18 aprile 2011, n. 656
 

RIFIUTI - Deposito temporaneo - Trasporto in luogo diverso da quello di produzione - Divieto - Art. 183, c. 1, lett. bb) d.lgs. n. 152/2006. Ai sensi dell’art. 183 comma 1 lettera bb) del d. lgs. 152/2006, in materia di deposito temporaneo, non è contemplato né consentito il movimento dei rifiuti in luogo diverso da quello di produzione. Pres. Petruzzelli, Est.Gambato Spisani - C.T. s.r.l. (avv.ti Ferrajoli e Ambrosini) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori e Pasinelli ) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 13 aprile 2011, n. 549

RIFIUTI - Art. 183, c. 1, lett. aa), d.lgs. n. 152/2006 - Deposito effettuato in luogo estraneo a quello di produzione - Stoccaggio.
Ai sensi dell’art. 183 comma 1 lettera aa) del d. lgs. 152/2006, lo stoccaggio comprende fra l’altro “le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto”; esaminando poi l’allegato richiamato, si ricava che è appunto stoccaggio il deposito preliminare ad una operazione di smaltimento,e che dal concetto di stoccaggio è escluso il deposito temporaneo dei rifiuti “nel luogo in cui sono prodotti”. Ne deriva che non può considerarsi deposito temporaneo (nella specie, di lastre di amianto) il deposito effettuato in luogo estraneo a quello di produzione dei rifiuti: trattandosi di fase prodromica allo smaltimento, esso va invece correttamente qualificato come stoccaggio. Pres. Petruzzelli, Est.Gambato Spisani - C.T. s.r.l. (avv.ti Ferrajoli e Ambrosini) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori e Pasinelli ) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 13 aprile 2011, n. 549
 

RIFIUTI - Attività di demolizione e rottamazione autoveicoli - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Rapporto di specialità tra D. Lgs. n.152/2006 e D.Lgs. n. 209/2003 - Esclusione. Non può configurarsi rapporto di specialità tra la disciplina normativa di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e quella di cui al Decreto Legislativo, posto che la disciplina contenuta nel Decreto Legislativo 24 giugno 2003, n. 209, afferisce al complesso delle operazioni necessarie per la rottamazione dei veicoli fuori uso, dovendosi intendere per tali quelli non soltanto rottamati ma soprattutto completamente bonificati: di conseguenza una rottamazione effettuata in spregio ai criteri indicati in detta normativa equivale ad attrarre tale condotta nell'orbita della "alternativa" e più grave disciplina prevista dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006 che non si pone, quindi come lex specialis rispetto alla prima. (Fattispecie, avente ad oggetto: la demolizione sistematica di veicoli rottamati ridotti in "pacchi" e poi compattati in "cubi", in assenza di bonifica degli autoveicoli come d'obbligo; la raccolta e il trasporto di rifiuti pericolosi costituiti dai residui provenienti dai veicoli non adeguatamente bonificati e il ricorso a certificazioni non veritiere attestanti il trasporto di veicoli fuori uso non bonificati fatti passare come veicoli bonificati, nell'ambito di una attività delinquenziale organizzata, rispetto alla quale le varie operazioni di raccolta, trasporto e smaltimento costituivano i delitti-fine - artt. 416, 483 c.p. e 260 D.Lgs. 152/2006). (conferma ordinanza del Tribunale del Riesame di Napoli del 1/02/2010 che ha confermato il decreto di sequestro preventivo ex articolo 321 c.p.p. emesso dal GIP del Tribunale di Napoli in data 10/02/2009).  Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.M. D'Ambrosio - Ric. De. Pr. Ma. e De Pr. Fr. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/04/2011, Sentenza n. 14042

 

RIFIUTI - Emergenza rifiuti Regione Campania - Sentenza di condanna - Confisca obbligatoria del mezzo - Sentenza di patteggiamento - Effetti - Obbligo di motivazione - Art. 444 c.p.p. - L. n. 210//2008. La confisca del veicolo prevista dalla normativa per la gestione emergenziale dei rifiuti nella Regione Campania (art. 6 comma 1-bis del D.L. 6 novembre 2008, n. 171, convertito con modificazioni nella L. 30 dicembre 2008, n. 210) è obbligatoria quando consegue ad una sentenza di condanna e non quando è disposta a seguito di sentenza di patteggiamento, salva l'ipotesi prevista espressamente per il reato di realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata, pertanto in caso di sentenza ex art. 444 c.p.p. l'esercizio da parte del giudice del potere di disporre la confisca deve essere motivato (Cass. Sez. 3, n. 40203 del 16/10/2009, Grimaldi). (annulla sentenza n. 1311/2009 TRIBUNALE di SALERNO, del 23/09/2009) Pres. Lombardi, Est. Rosi, Ric. Marchetti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 7/04/2011 (C.c. 12/01/2011) Sentenza n.14039

RIFIUTI - Misura di sicurezza patrimoniale - Confisca del mezzo - Finalità special-preventiva nei confronti della persona condannata - Terzo proprietario estraneo al procedimento penale - Effetti. Anche in materia di rifiuti, per l'applicazione di una misura di sicurezza patrimoniale prevale la tutela del diritto di proprietà del terzo estraneo al procedimento penale, per il quale vige la presunzione di non colpevolezza anche se sottoposto ad indagine penale in relazione allo stesso fatto, poiché la misura di sicurezza patrimoniale della confisca conserva pur sempre la sua finalità special-preventiva, rivolta in via esclusiva nei confronti della persona condannata. (annulla sentenza n. 1311/2009 TRIBUNALE di SALERNO, del 23/09/2009) Pres. Lombardi, Est. Rosi, Ric. Marchetti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 7/04/2011 (C.c. 12/01/2011) Sentenza n.14039

 

RIFIUTI - Terre e rocce da scavo - Definizione rilevante ai sensi dell'art. 186 D. Lgs. 152/2006 - Attività di smaltimento di materiale proveniente da demolizione - Autorizzazione - Necessità. Perché possa parlarsi di terre e rocce da scavo assoggettate a speciale regime derogatorio dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 186, deve trattarsi di materiale naturale estratto dal terreno o costituito da roccia naturale, mentre materiale di altra natura (come quello proveniente da demolizione) in quanto avente per oggetto un manufatto costituito dall'uomo - e dunque non naturale - va ricompresso nell'ambito dei rifiuti per la cui gestione occorre una specifica autorizzazione (Cass. Sez. 3, 12.6.2008 n. 37280). Fattispecie in tema di smaltimento di materiale vario composto da detriti di varia natura provenienti da demolizioni (in prevalenza calcinacci anche di notevoli dimensioni e parti di cemento), con riconoscimento dell'ipotesi di reato di cui all'art. 256 co. 1 lett. a) D.Lgs. 152/2006. (dichiara inammissibile ricorso avverso sent. del 9 luglio 2009 pronunciata dal Tribunale di Cremona). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.M. D'Ambrosio - Ric. Ro. Ma.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/04/2011, Sentenza n. 13717

 

RIFIUTI - INQUINAMENTO - Decreto Ronchi - Artt. 17 e 51 bis - Continuità normativa con l’art. 32, c. 2 d.P.R. n. 915/1982. La normativa di cui al d.lgs. n. 22/1997 ha reso strutturale e permanente la medesima condotta incriminata dalla norma transitoria ex art. 32, secondo comma, del d.P.R. n. 915/1982, ampliandola e precisandola ulteriormente alla stregua del combinato disposto degli artt. 17 e 51-bis del predetto “decreto Ronchi” (cfr. Cass. pen., Sez. III, n. 280/1999, cit.). D’altro lato, al pari dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, l’art. 32, secondo comma, cit. ha prescritto un obbligo personale di fare, che si sostanzia in un comportamento attivo, tanto che la costante giurisprudenza ha configurato la relativa fattispecie criminosa quale reato permanente, in quanto l’attività illecita persiste con la ripetuta inerzia del soggetto obbligato ad intervenire al fine di evitare l’effetto temuto (cfr., ex multis, Cass. pen., Sez. III, 21 maggio 1996, n. 9332; id., 6 luglio 1994, Cassaniti). Ne deriva che la pur riconosciuta diversità di regime giuridico e, per conseguenza, la mancanza di continuità normativa tra gli artt. 2043, 2050 e 2058 c.c., da un lato, e l’art. 17 del cd. decreto Ronchi, dall’altro, non impedisce di applicare il comando contenuto nel medesimo art. 17 a soggetti estintisi prima del 1997 ad al successore universale di tali soggetti, in forza del nesso di nesso di continuità normativa esistente tra gli artt. 17 e 51-bis del d.lgs. n. 22 cit. e l’art. 32, secondo comma, del d.P.R. n. 915/1982. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - F. s.p.a. (avv.ti Carbone e Giampietro) c. Provincia di Livorno (avv.ti Barbensi e Spizzamiglio) - TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 573
 

RIFIUTI - AIA - Piano interprovinciale di gestione dei rifiuti - Contenuto dell’AIA - Incisione - Esclusione. Il carattere meramente programmatorio del piano interprovinciale gestione rifiuti non può incidere sulla localizzazione di impianti già esistenti né sul contenuto dell’A.I.A., rivolta esclusivamente all’esercizio dell’impianto. Pres. Nicolosi, Est. Correale - WWF Italia (avv. Zuccaro) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi) - TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 569

RIFIUTI - Impianti assoggettati al d.lgs. n. 334/1999 - AIA - Prescrizioni di sicurezza e prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti - Assenza - Motivo di illegittimità dell’aia - Esclusione.
Ai sensi dell’art. 7, c. 8 del d.lgs. n. 59/05, per gli impianti assoggettati al d.lgs. 17 agosto 1999, n. 334, l’a.i.a. è rilasciata pur in assenza delle prescrizioni ai fini di sicurezza e prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, salvo successivo aggiornamento, con la conseguenza che tale assenza non può essere considerata motivo di illegittimità dell’autorizzazione in questione. Pres. Nicolosi, Est. Correale - WWF Italia (avv. Zuccaro) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi) - TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 569
 

RIFIUTI - Attività di raccolta, trasporto e conferimento - Smaltimento finale - Operazioni autonome - Affidamento del servizio - Fase dello smaltimento - Soggetto diverso rispetto a chi svolge le fasi antecedenti - Ricorrenza del subappalto o dell’avvalimento - Esclusione. La vigente normativa sui rifiuti non postula un legame necessario ed inscindibile fra attività di raccolta, trasporto e conferimento di rifiuti e loro smaltimento finale, ben potendo le distinte fasi del complessivo servizio essere svolte da imprese diverse. Ciò perché, in primo luogo si tratta di operazioni del tutto autonome fra loro, ed in secondo luogo perché non è pensabile (a causa della carenza di un sufficiente numero di aree idonee) imporre a ciascuna impresa operante nel settore di possedere una propria autonoma discarica o un proprio impianto di smaltimento finale. Pertanto, il servizio di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti presuppone quasi di necessità che l’operazione finale (lo smaltimento) sia appannaggio di un soggetto diverso rispetto a quello che svolge le fasi antecedenti. Ne consegue che in relazione ad affidamenti di siffatti servizi non è a parlarsi, per la fase dello smaltimento , di subappalto (che peraltro è un istituto di generale applicazione, ai sensi della normativa comunitaria) e, a rigore, neppure di avvalimento in senso stretto, visto che anche l’avvalimento presuppone che i mezzi dell’impresa terza vengono utilizzati per svolgere una fase dell’appalto, poiché il risultato che l’Amministrazione persegue è semplicemente quello di essere certa che lo smaltimento finale dei rifiuti avvenga secundum legem (in questo senso, si veda TAR Puglia, Lecce, sez. II, 24 novembre 2006 n. 5467; TAR Toscana, sez. II, 23 gennaio 2009 n. 87). Pres. Allegretta, Est. Picone - M. s.r.l. (avv.ti Cairoli e Salvini) c. Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia (avv.ti Pappalepore e Mastropieri) - TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 24 marzo 2011, n. 474
 

RIFIUTI - Gestione di isole ecologiche - Conferimento di rifiuti speciali pericolosi - Mancato rilascio dell’autorizzazione - Responsabilità penale del Sindaco e del capo dell'Ufficio Tecnico - Rapporto di causalità con l'evento - Sussistenza. Sussiste responsabilità per la realizzazione e gestione di una discarica considerata come una vera e propria scelta programmatica e di indirizzo politico rientrante nelle prerogative del Sindaco. In parallelo sussiste una (cor)responsabilità del dirigente non già perché investito di determinati compiti delegatigli dal Sindaco di turno ma in quanto funzionario in posizione apicale del settore tecnico che materialmente ha coordinato l'attività di gestione materiale della discarica coordinando l'azione di altri dipendenti ed interloquendo con i funzionari e tecnici preposti al rilascio delle autorizzazioni. Fattispecie: eco-piazzola all’interno della quale sarebbero stati stoccati rifiuti pericolosi e non senza la necessaria autorizzazione. (Annulla senza rinvio per intervenuta prescrizione sentenza del 24.04.2009 Corte di Appello di Perugia) Pres. Ferrua, Est. Grillo, Ric. Cimicchi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23 marzo 2011, n. 11650

RIFIUTI - Deposito comunale temporaneo - Gestione di isole ecologiche - Responsabilità penale - Assoggettabilità al regime più favorevole - Esclusione - Art. 2 c. 2° c.p. - Art. 183 c. 1 lett. cc) del D. L.vo n. 152/06 - D.M. 8.4.2008. La natura di deposito comunale temporaneo non è assoggettabile al regime più favorevole, ex art. 2 comma 2° c.p. previsto dall'art. 183 comma 1 lett. cc) del D. L.vo n. 152/06 come integrato dal successivo D.M. 8.4.2008 che contempla sotto tale voce i c.d. "centri di raccolta" dettandone la specifica disciplina, proprio perché i centri di raccolta si riferiscono ad attività di raggruppamento di rifiuti urbani omogenei, mentre, nel caso in esame (eco-piazzola all’interno della quale sono stati stoccati rifiuti pericolosi e non), la eterogeneità dei rifiuti esclude che possano definirsi gli stessi omogenei e soprattutto di origine unicamente urbana. (Annulla senza rinvio per intervenuta prescrizione sentenza del 24.04.2009 Corte di Appello di Perugia) Pres. Ferrua, Est. Grillo, Ric. Cimicchi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23 marzo 2011, n. 11650

 

RIFIUTI - Stazione ecologica comunale - Autorizzazione amministrativa - Necessità - D. Lgs. 22/1997 - D. Lgs. 152/2006. La cd. "isola o piazzola ecologica", deve ritenersi pacificamente centro di stoccaggio di rifiuti necessitante, per la sua attivazione, della prevista autorizzazione, in quanto in essa si svolge una fase preliminare alle attività di smaltimento o di recupero dei rifiuti (Cass. Sez. 3 15.1.2008 n. 9103; Cass. Sez. 3 27.6.2005 n. 34665). (annulla sentenza del 24.04.2009 della Corte di Appello di Perugia). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.M. D'Ambrosio - Ric. Ci. St., Mo. St., M.M.A.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23 marzo 2011, n. 11650

RIFIUTI - Attività di stoccaggio di batterie provenienti da parchimetri comunali - Rilevanza penale - Artt. 51 D.Lgs 22/1997, 256 D.Lgs. 152/2006 - Continuità normativa. E' corretta l'attribuzione di natura di rifiuti speciali pericolosi non urbani alle batterie provenienti dai parchimetri comunali, non certo smaltiti o smaltibili dai singoli cittadini, nonché agli accumulatori di piombo esausti. L'attività di stoccaggio e recupero di dette tipologie di rifiuti, senza la prescritta autorizzazione della P.A., rileva ai sensi dell'art. 51 del Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22 (rispetto al quale il Decreto Legislativo 3 aprile del 2006, n. 152, articolo 256 si pone in termini di continuità normativa senza alcun effetto abrogativo o derogatorio). (annulla sentenza del 24.04.2009 della Corte di Appello di Perugia). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.M. D'Ambrosio - Ric. Ci. St., Mo. St., M.M.A.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23 marzo 2011, n. 11650

RIFIUTI - Deposito temporaneo di rifiuti - Attività di stoccaggio - Differenze - Art. 6, comma 1, lettera m), D.Lgs. 22/1997. Perché possa parlarsi di deposito temporaneo e controllato di rifiuti, disciplinato dall'articolo 6, lettera m) del Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22, occorre il rispetto di tutte le condizioni dettate dalla norma sopra citata ed, in particolare, il raggruppamento dei rifiuti nel luogo di produzione ed il rispetto dei tempi di giacenza riferiti alla natura e quantità dei rifiuti, con la conseguenza che in caso di mancato rispetto di tali indefettibili condizioni si deve parlare non più di deposito temporaneo ma di deposito preliminare o di stoccaggio, attività per le quali é necessaria una preventiva autorizzazione (Cass. Sez. 3, 28.5.2002 n. 20780; Cass. Sez. 3, 22.6.2004 n. 37879; Cass. Sez. 3, 25.2.2004 n. 21024). (annulla sentenza del 24.04.2009 della Corte di Appello di Perugia). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.M. D'Ambrosio - Ric. Ci. St., Mo. St., M.M.A.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23 marzo 2011, n. 11650

 

RIFIUTI - Reati ambientali - Rifiuti di generi alimentari - Abbandono incontrollato di materiali non più suscettibili di utilizzazione alimentare - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata ex art. 256 D.Lgs. n.125/2006 - Fattispecie. Integra l'ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 256 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l'accumulo di beni e materiali dichiarati fuori uso e dei quali il detentore ha deciso di disfarsi (Cass. Sez. 3, 14.11.2003 n. 10662). Nel caso di generi alimentari, ai fini della sussistenza della fattispecie, è pertanto sufficiente che vi sia un abbandono incontrollato di rifiuti non più suscettibili di utilizzazione di tipo alimentare e dunque inevitabilmente destinati dopo idonea conservazione, allo smaltimento, previa autorizzazione da parte della competente Autorità amministrativa. Fattispecie: attività di raccolta di rifiuti consistenti in 22 fusti di succhi di agrumi da litri 200 circa, non più utilizzabili nel ciclo alimentare. (Dich. inamm. il ricorso avverso sentenza emessa il 15/12/2009 dal Tribunale di Palmi).  Pres. FERRUA - Est. GRILLO - P.M. D’AMBROSIO - Ric. Ar. Sa. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III penale, 22 marzo 2011, n. 11491

 

RIFIUTI - Mancato svuotamento di vasca contenente acque reflue - Abbandono di carcasse di auto, motori, parti di autovetture e pneumatici - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata ex art. 51 D.lgs. 22/1997 - Sussistenza. Il mancato svuotamento di una vasca contenente acque reflue e l'abbandono di carcasse di auto, motori, parti di autovetture e pneumatici - tenuto conto delle prescrizioni inserite nel Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22, articolo 6 lettera m) - integra l'ipotesi di deposito incontrollato di rifiuti ai sensi dell'art. 51 comma 2 del Decreto Legislativo in parola (oggi trasfuso nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2 in continuità normativa con il precedente) che si verifica tutte le volte in cui non vengano osservate le condizioni previste nel menzionato articolo 6, lettera m) sia di tipo quantitativo che temporale e costituenti condicio sine qua non per la configurabilità del deposito temporaneo (Cass. Sez. 3, 26.2.2003 n. 9057; Cass. Sez. 3, 24.9.2004 n. 37879). (Dichiara inammissibile ricorso avverso sentenza-ordinanza emessa il 22/05/2009 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.G. D'Ambrosio - Ric. Ci. Vi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,, Sentenza 22 marzo 2011, n. 11489

RIFIUTI - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata ex art. 51 D.lgs 22/1997 - Scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione ex D. Lgs. n. 152/1999, art. 59, c. 1 - Distinzione.  Il reato di cui all'articolo 51, commi 1 e 2, del Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22 (oggi trasfuso nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256), ha natura ed oggettività giuridica del tutto diversa dal reato di cui all'articolo 59, comma 1, del Decreto Legislativo 11 maggio del 1999, n. 152 (oggi trasfuso nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 137), afferendo quest'ultimo alla materia dell'inquinamento idrico da acque reflue industriali che é cosa ben diversa dall'abbandono incontrollato di rifiuti (Cass. Sez. 3, 5.2.2009 n. 12865). (Dichiara inammissibile ricorso avverso sentenza-ordinanza emessa il 22/05/2009 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.G. D'Ambrosio - Ric. Ci. Vi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,, Sentenza 22 marzo 2011, n. 11489

RIFIUTI - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata ex art. 51 D.lgs 22/1997 - Scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione ex D. Lgs. n. 152/1999, art. 59, c. 1 - Illeciti aventi natura di reato permanente. I reati di cui agli articoli 51, commi 1 e 2, del Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22, e 59, comma 1, del Decreto Legislativo 11 maggio del 1999, n. 152, vanno qualificati come reati permanenti, la cui condotta si interrompe solo per effetto della bonifica del sito.(Dichiara inammissibile ricorso avverso sentenza-ordinanza emessa il 22/05/2009 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.G. D'Ambrosio - Ric. Ci. Vi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,, Sentenza 22 marzo 2011, n. 11489

 

RIFIUTI - Reati ambientali - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi - Responsabilità penale del titolare di un impresa  o del responsabile di un ente - Sussistenza - Artt. 192, c. 1, e 256, c. 1, lett. a) D. Lgs. n. 152/2006. La nozione di abbandono indiscriminato di rifiuti provenienti da attività di impresa presuppone una responsabilità diretta del titolare dell'impresa nella attività di discarica. Infatti, rispetto ad una generale previsione di illiceità amministrativa della condotta come disciplina dal Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22, articolo 50, comma 1, oggi trasfuso nel Decreto Legislativo 3 aprile del 2006, n. 152 articolo 255, il reato di abbandono incontrollato di rifiuti ricorre quando a commetterlo sia il titolare di una impresa o il responsabile di un ente, dovendo a tale elemento attribuirsi un valore specializzante (Cass. Sez. 3, 10.5.2007 n. 33766; Cass. 3, 27.3.2008 n. 19207).  (Dichiara inammissibile il ricorso avverso la sentenza del GUP presso il Tribunale di Arezzo dell'8/01/2009). Pres. FERRUA - Est. GRILLO - P.M. D’AMBROSIO - Ric. Le. Ma. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III penale, 22 marzo 2011, n. 11487

 

RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Obbligo ripristinatorio - Natura - Art. 14 D.lgs. 22/97. L'obbligo ripristinatorio previsto dal Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 14, si configura come una sanzione amministrativa. I soggetti tenuti sono tutti quelli che hanno un titolo di godimento sul terreno sul quale si é verificato l'abbandono o il deposito o dal quale si sono originate le immissioni. (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n. 6525

RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Soggetti responsabili ex art. 14 D.lgs. 22/97 - Individuazione. In tema di abbandono di rifiuti, il Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 14, comma 3, prevede la corresponsabilità solidale del proprietario o dei titolari di diritti personali o reali di godimento sull'area ove sono stati abusivamente abbandonati o depositati rifiuti, solo in quanto la violazione sia agli stessi imputabile a titolo di dolo o colpa. Tale riferimento va inteso, per le sottese esigenze di tutela ambientale, in senso lato, comprendendo, quindi, qualunque soggetto che si trovi con l'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli - e per ciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l'area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell'ambiente; per altro verso, il requisito della colpa postulato da tale norma può ben consistere nell'omissione delle cautele e degli accorgimenti che l'ordinaria diligenza suggerisce ai fini di un'efficace custodia (Cass. sez. un. n. 4472 del 2009). (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n. 6525

 

RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Rimozione, avvio a recupero e smaltimento dei rifiuti ex art. 14 D.lgs. 22/97 - Rilevanza. Le condotte ripristinatorie previste dall'art. 14, comma 3, del Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22 hanno ciascuna una rilevanza autonoma, una cosa essendo la "rimozione", altra "l'avvio a recupero o lo smaltimento dei rifiuti", altra il "ripristino dello stato dei luoghi". Ognuno dei soggetti indicati o, comunque, contemplati implicitamente dalla norma (Cass. sez. un. n. 4472 del 2009), può certamente rendersi responsabile di tutte o solo di alcune delle inadempienze a tali condotte ad essa correlate. Inoltre, le anzidette condotte ripristinatorie, pur non essendo escluso che possano tenersi d'iniziativa del soggetto obbligato, diventano obbligatorie se e quando il sindaco abbia disposto con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere. (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n. 6525

 

RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Modalità di adempimento delle condotte ripristinatorie - Proprietario - Titolare di un diritto reale o personale di godimento - Obbligo ripristinatorio - Sussistenza - Art. 14 D.lgs. 22/97. Le modalità, previste dall'art. 14 del Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22, con le quali l'obbligo di tenere le condotte ripristinatorie dev'essere adempiuto, sono necessariamente correlate all'atteggiarsi della situazione giuridica che i soggetti espressamente contemplati (e gli altri che sono ad essi apparentabili) hanno sull'area di abbandono o deposito dei rifiuti o di origine dell'immissione. In particolare, la circostanza che la norma contempli la situazione di proprietà o di diritto reale di godimento come giustificativa dell'imposizione dell'obbligo, poiché notoriamente il proprietario ed anche il titolare di un diritto reale di godimento (almeno dell'usufrutto, posto che l'usufruttuario può locare il bene) possono godere indirettamente del bene, comporta che dell'obbligo ripristinatorio questi soggetti debbano rispondere non solo se esercitano il godimento del fondo direttamente, ma anche se lo esercitino indirettamente e, quindi, quanto al proprietario, anche se egli abbia concesso un diritto reale di godimento oppure un diritto personale di godimento (come la locazione) e, quanto al titolare del diritto reale di godimento, se abbia locato il bene. (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n. 6525

 

RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Attività ripristinatorie - Rifiuto di adempimento da parte dell'usufruttuario o del conduttore del bene - Obblighi del proprietario del terreno ex art. 14 D.lgs. 22/1997. La rimozione, l'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti e il ripristino dello stato dei luoghi sono attività che, per essere compiute, richiedono l'esistenza di un potere diretto sul terreno. Quando vi sia un diritto reale o personale di godimento sul bene, il proprietario non ha questo potere diretto sul terreno, ma l'obbligo di cui é onerato ai sensi dell'articolo 14, comma 3, del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, non per questo può dirsi a lui non riferibile. Sia il proprietario verso l'usufruttuario, sia il proprietario verso il conduttore possono pretendere che l'usufruttuario e il conduttore tengano essi le condotte di cui a loro volta sono verosimilmente onerati (per essere a loro volta in colpa o di dolo) e, nel caso di rifiuto, essi possono attivarsi giudizialmente per ottenere che l'usufruttuario o il conduttore provvedano, oppure per chiedere di essere autorizzati in loro vece a provvedere. L'azione in sede giudiziale può naturalmente concretarsi anche in via cautelare. Se del caso, ove la situazione sia tale da determinare o una situazione di abuso del diritto dell'usufruttuario o di uso illecito del ben locato, l'azione giudiziale può anche indirizzarsi nella prospettiva della richiesta di accertamento dell'estinzione del diritto di usufrutto per abuso dell'usufruttuario o nella richiesta di risoluzione del contratto locativo per uso della cosa non consentito ed anzi illecito. Ciò, al fine di riacquisire la disponibilità del fondo e provvedere alle attività ripristinatorie imposte. (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n. 6525

 

RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Concorso del fatto colposo altrui (danneggiante e danneggiato) - Rilevabilità d'ufficio della situazione riconducibile all'articolo 1227 c.c., comma 1. Anche in materia di rifiuti, il giudice deve proporsi, anche d'ufficio, la questione dell'eventuale concorso di colpa da parte del danneggiato e, in caso di accertata sussistenza di tale concorso, deve procedere, altresì, in sede d'accertamento della responsabilità, alla qualificazione dell'incidenza causale del concorso stesso. Infatti, allorquando si prende in esame la colpa dell'autore del danno, si prende, per ciò stesso, in considerazione anche la colpa eventuale del danneggiato, in quanto le colpe dei due soggetti si fronteggiano e la gravità della colpa dell'uno va posta in correlazione con la gravità della colpa dell'altro, al fine di accertare l'entità dell'efficienza causale del fatto colposo del debitore dell'indennizzo (Cass. n. 23794 del 2009 e n. 3672 del 2010 - contra Cass. n. 1687 del 1969). Fattispecie, in tema di mancata eliminazione di rifiuti da un terreno concesso in locazione ai fini della definizione di responsabilità ex art. 14 D.lgs. 22/1997 in riferimento alle figure del proprietario e del conduttore.  (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n. 6525

 

RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Attività difformi da quelle oggetto di autorizzazione - Delitto di cui all'art. 53 bis D.lgs 22/97 - Sussistenza. Il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione dei rifiuti, idoneo ad integrare il delitto di cui all'art. 53 bis del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ora art. 260 del D.Lgs. n. 152 del 2006, si riferisce anche a quelle attività che, per le loro concrete modalità, risultino totalmente difformi da quanto autorizzato (Cass. pen. sez. III, 20.11.2007, n. 358). (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889

RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Riduzione dei costi aziendali - Dolo specifico - Configurabilità del reato - Art. 53 bis D.lgs 22/97. Ai fini della sussistenza del dolo specifico richiesto per l'integrazione del delitto di gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti, previsto dall'art. 53 bis del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, (ora sostituito dall'art. 260 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152), il profitto perseguito dall'autore della condotta può consistere anche nella semplice riduzione dei costi aziendali. (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889

 

RIFIUTI - Rottami ferrosi - Rilevanza in riferimento alla normativa in materia di rifiuti. Nella legge delega 15 dicembre 2004, n. 308, si precisa che i rottami ferrosi, di cui il detentore non si disfi e che non conferisca in sistemi di raccolta o trasporto rifiuti ma destini all'impiego in cicli produttivi siderurgici e metallurgici, sono sottoposti al regime delle materie prime, se rispondenti alla definizione di materia prima secondaria. Nel caso in cui, invece, la polvere di ferro, quale residuo di lavorazioni industriali, venga prodotta come scarto di lavorazione ed affidata a terzi per il suo trasporto e smaltimento come rifiuto speciale non pericoloso, la sua gestione rimane sottoposta alla normativa in materia di rifiuti. (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889

 

RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Confisca del mezzo di trasporto utilizzato per la commissione del reato - Obbligatorietà - Art. 53 bis D.lgs 22/97. In relazione al reato di attività organizzate per il traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti di cui all'art. 53 bis del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, poi sostituito dall'art. 260 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la confisca del mezzo di trasporto eventualmente utilizzato per la commissione dello stesso è obbligatoria, essendo tale misura di sicurezza espressamente prevista dall'art. 53 del decreto legislativo citato (sostituito dall'art. 259 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152), contenente un riferimento esplicito a tutte le ipotesi di attività di gestione illecita di rifiuti (Cass. sez. III 22/12/2006 n. 42227). (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889

 

RIFIUTI - Traffico illecito di rifiuti - Legittimazione delle associazioni ecologiste alla costituzione di parte civile ai fini del risarcimento danni derivante dal reato - Sussistenza. Anche a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetto Testo Unico ambientale) che ha attribuito in via esclusiva la richiesta risarcitoria per danno ambientale al Ministero dell'Ambiente, le associazioni ecologiste sono legittimate a costituirsi parte civile al solo fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti dal sodalizio a causa del degrado ambientale, mentre non possono agire in giudizio per il risarcimento del danno ambientale di natura pubblica. (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889

 

RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Sanzione amministrativa di tipo reintegratorio - Proprietario o titolare di diritti reali o personali di godimento - Imputabilità della condotta - Conseguenze sanzionatorie - Dolo o colpa. L’art.192 del D. Lgs.. n.152/2006, che ha riprodotto l'art. 14, comma 3, del Decr. Legisl. n.22/1997, prevede una sanzione amministrativa di tipo reintegratorio, potendo essere adottata anche in assenza di una situazione in cui sussista l’urgente necessità di provvedere con efficacia e immediatezza (T.A.R. Veneto, III, 29.9.2009, n.2454) e avente a contenuto l’obbligo di rimozione, di recupero o di smaltimento e di ripristino a carico del responsabile del fatto di discarica o immissione abusiva, in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa; la norma, pertanto, ai fini dell’imputabilità della condotta del divieto di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e delle connesse conseguenze sanzionatorie, richiede, a carico del proprietario o dei titolari di diritti reali o personali sul bene, un comportamento titolato di dolo o colpa, così come richiesto per l’autore materiale (ex multis, T.A.R. Calabria, Catanzaro, I, 20.10.2009, n.1118; Cons. Stato, V, 19.3.2009, n.1612; T.A.R. Sardegna, 18.5.2007, n.975; 19.9.2004, n. 1076; T.A.R. Puglia, Bari, 27.2.2003, n. 872; T.A.R. Lombardia, Milano, I, 26.1.2000, n. 292). Pres. f.f. Cernese, Est. Nunziata - L. s.r.l. (avv. Pannone) c. Comune di Vairano Patenora(avv. Di Nocera) e altro (n.c.) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 16 marzo 2011, n. 1481

RIFIUTI - Abbandono - Proprietario dell’area - imposizione dell’obbligo di rimozione - Deduzione in concreto di profili di responsabilità per dolo o colpa - Assenza - Illegittimità - Fattispecie.
Va censurato (ex multis, TAR CAMPANIA, 15.12.2010, n.27375; 15.12.2009, n.8739; 9.6.2009, n.3159; 5.8.2008, nn. 9796 e 9795; 14.2.2008, n.841; 23.5.2007, n.5606; 16.4.2007, n.3727; 7.3.2007, n.1407; ma anche, T.A.R. Lombardia, Brescia, 15.5.2009, n.1038; Cons. Stato, V, 3.2.2006, n.439; 8.3.2005, n.935) l’operato dell’Amministrazione ogni qualvolta essa ometta di dedurre in concreto profili di responsabilità a titolo di dolo o colpa in capo al soggetto sanzionato, che sono necessari per l’imposizione dell’obbligo di rimozione dei rifiuti dal momento che non è sufficiente una generica “culpa in vigilando”; la stessa condizione di colpa che, ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006, rende corresponsabile il proprietario di un fondo con gli autori materiali dell’abbandono non autorizzato di rifiuti, consentendo al Comune di ingiungergli di provvedere al loro smaltimento sotto pena di esecuzione in danno, consiste per lo più nella negligenza dimostrata da una sua prolungata inerzia, incombendo allo stesso l'obbligo di adoperarsi, attraverso misure efficaci e non meramente simboliche, affinché siffatti episodi non vengano posti in essere e, comunque, abbiano a cessare (Cons. Stato, V, 25.1.2005, n.136; T.A.R. Friuli V.G., 29.9.2000, n. 692) (Nella specie, non è stata ritenuta sussistente la colpa del proprietario di un’area che, per le sue caratteristiche anche in termini di estensione e modalità di uso, era oggetto di una utilizzazione generale e diretta da parte di terzi, il che limitava in concreto la possibilità di custodia e vigilanza). Pres. f.f. Cernese, Est. Nunziata - L. s.r.l. (avv. Pannone) c. Comune di Vairano Patenora(avv. Di Nocera) e altro (n.c.) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 16 marzo 2011, n. 1481

RIFIUTI - Art. 216, c. 4 d.lgs. n. 152/2006 - Sospensione dell’attività per mancato adeguamento alle prescrizioni - Preventiva diffida - Necessità.
L’ art. 216, quarto comma del D.Lgs. n. 152/2006 presuppone che, durante il controllo effettuato dalla Provincia su attività che può anche essere stata già avviata, emerga il mancato adeguamento a qualcuna delle prescrizioni prevista dalle disposizioni in materia di ambiente. In tal caso è prevista la sospensione a meno che l’interessato non si conformi alle prescrizioni imposte dall’amministrazione entro il termine concessogli; ciò evidentemente presume che debba essere concesso al controllato un termine per adeguarsi prima di giungere ad un provvedimento gravemente lesivo quale il divieto di prosecuzione dell’attività. Pres. Leo, Est. De Carlo - E. s.r.l. (avv.ti Salomoni, Cipolloni e Sala) c. Provincia di Milano (avv. Ferrari) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 9 marzo 2011, n. 640
 

RIFIUTI - Abbandono - Responsabilità - Addebitalità della condotta a dolo o colpa del soggetto attivo - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Fattispecie. La responsabilità per l’illecito di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, posta a fondamento dell’ Ordinanza sindacale di sgombero e rimozione di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 22/97., presuppone l’addebitabilità della condotta a dolo o colpa a del soggetto attivo del fatto tipizzato dalla norma (Cons. Stato, sez. V, 16 luglio 2010, n. 4614) (nella specie, il deposito dei rifiuti è stato la conseguenza di una lecita attività imprenditoriale di recupero di rifiuti regolarmente autorizzata, come tale non idonea ad integrare gli estremi della condotta illecita addebitabile agli amministratori. Pres. Piscitello, Est.Caringella - M.F.(avv. Resta) c. Comune di Torino (avv.ti Colarizi e Lacognata) - (Conferma T.A.R. PIEMONTE, Sez. II, n. 3256/2005) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 4 marzo 2011, n. 1384

RIFIUTI - Ordinanza di rimozione e smaltimento dei rifiuti - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Mancata comunicazione di avvio del procedimento - Illegittimità- Art. 7 L. n. 241/1990.
Ai procedimenti preordinati all’emanazione dell’ordinanza di rimozione e smaltimento dei rifiuti ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006 deve applicarsi la disciplina sulla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della l. n. 241/1990, in quanto adempimento obbligatorio, rispetto al quale risulta recessivo, nella specifica materia, l’art. 21-octies della l. n. 241 cit., con conseguente illegittimità dell’ordinanza non preceduta dalla comunicazione stessa (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 2 settembre 2009, n. 4598; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 7 maggio 2009, n. 1826; TAR Toscana, Sez. II, 6 maggio 2009, n. 772; T.A.R. Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 31 gennaio 2008, n. 64). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Azienda Agricola L. s.n.c. (avv. Sanalitro) c. ARPAT (avv. Simongini) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 1 marzo 2011, n. 389

RIFIUTI - Pietre e marmi - Art. 186, c. 7-ter, d.lgs. n. 152/2006 - Ambito di applicazione - Attività di lavorazione, non di mera estrazione.
L’art 186, comma 7-ter, del d.lgs. n. 152/2006 concerne i residui dell’attività di lavorazione - non già di mera estrazione - di pietre e marmi Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Azienda Agricola L. s.n.c. (avv. Sanalitro) c. ARPAT (avv. Simongini) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 1 marzo 2011, n. 389

RIFIUTI - Fanghi derivanti dal processo di lavaggio e chiarificazione delle acque - Qualifica di sottoprodotto - Requisiti ex art. 184-bis d.lgs. n. 152/2006.
I fanghi derivanti dal processo di lavaggio e chiarificazione delle acque possono essere qualificati come sottoprodotti ove sussistano i requisiti di cui all’art. 183, comma 1, lett. p) della preesistente versione del d.lgs. n. 152/2006 - ora art. 184-bis, comma 1, del medesimo decreto legislativo: il derivare la sostanza da un processo produttivo, il cui scopo primario non è la produzione della sostanza stessa, la certezza dell’impiego sin dalla fase della loro produzione, il valore economico del materiale utilizzato. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Azienda Agricola L. s.n.c. (avv. Sanalitro) c. ARPAT (avv. Simongini) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 1 marzo 2011, n. 389

RIFIUTI - Linee guida per l’attribuzione di codice CER a determinate categorie di rifiuti - Adozione - Trasportatori, smaltitori e recuperatori - Partecipazione al procedimento - Necessità - Esclusione.
Ai fini dell’adozione di un atto di indirizzo per la corretta attribuzione dei codici CER a rifiuti derivanti da specifiche attività produttive, non incombe sulla provincia l’onere di far partecipare al procedimento trasportatori, smaltitori e recuperatori o organizzazioni rappresentative di tali categorie, essendo solo i produttori e i detentori dei rifiuti , ai sensi del’art. 193, c. 2 del d.lgs. n. 152/2006 i soggetti che sono tenuti per legge ad assegnare il codice CER. Pres. Di Nunzio, Est. Antonelli - E.A. s.p.a. e altri (avv. Cerruto) c. Provincia di Vicenza (avv. ti Balzani, Fracasso, Mistrorigo, Piccin, Tranfaglia e Dalla Chiara) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez.III - 1 marzo 2011, n. 359

RIFIUTI - Abbandono - Proprietario di un compendio immobiliare nel quale vengano svolte attività da arte di terzi, in forza di rapporto contrattuale - Disponibilità giuridica e custodia dei beni - Principio di elevato livello di tutela ambientale - Obblighi di vigilanza e controllo in capo al proprietario - Responsabilità titolo omissivo o colposo - Ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006.
Il proprietario di un compendio immobiliare nel quale da terzi, in forza di un rapporto contrattuale, vengano svolte attività, conserva comunque la disponibilità giuridica e dunque la custodia dei beni, tant’è vero che non è possibile compiere nell'immobile interventi e modifiche senza il consenso del proprietario il quale, per questa via, ne assume la eventuale responsabilità verso i terzi; il fine di assicurare un elevato livello di tutela all’ambiente (che è principio cardine della politica ambientale comunitaria: cfr. l’art. 174, par. 2, del Trattato), comporta inoltre che, nel caso in cui siano svolte da terzi, in forza di un rapporto contrattuale, attività produttive ad elevato impatto ambientale, pericolose per la salute e l’ambiente (nel caso all’esame vi era esercitata un’industria insalubre), in capo al proprietario sono configurabili obblighi di vigilanza e controllo da svolgere secondo standard di diligenza adeguati alla pericolosità insita nelle lavorazioni. Ciò consente di configurare responsabilità di carattere omissivo o colposo anche in capo al proprietario delle aree in concorso con l’autore materiale dell’abbandono: ne deriva la legittimità dell’ordinanza emanata ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006 nei confronti del medesimo. Pres. Di Nunzio, Est. Mielli - A. s.n.c. (avv-. De Poli) c. Comune di Musile di Piave (avv. Longo) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez.III - 1 marzo 2011, n. 336

RIFIUTI - Terre e rocce da scavo provenienti da siti bonificati contaminati - Natura pericolosa - Art. 186 D.L.gs n.152/06 come sostituito dal D.L.vo n.4/08.
La provenienza da siti bonificati, senza ulteriori interventi di caratterizzazione, postula la natura pericolosa delle terre e rocce di scavo tant'è che, anche nei più recenti approdi normativi, si è ribadito che "Le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purche'...; e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;" (art. 186 D. L.gs n.152/06 come sostituito dal D.L.vo n.4/08). (conferma sentenza n. 2910/2006 CORTE APPELLO di GENOVA, del 29/05/2008) Pres. Lombardi, Est. Sarno, Ric. Furia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 01/03/2011 (Ud. 12/01/2011), Sentenza n. 7948

 

RIFIUTI - Rifiuti allo stato liquido - Natura del percolato - Nesso funzionale - art. 2, lett. m), del D.Lgs. 13.1.2003, n. 36 - Direttiva 1999/31/CE - All. D) parte IV, D.Lgs. n. 152/2006. I "rifiuti allo stato liquido" sono costituiti da acque reflue di cui il detentore si disfa, senza versamento diretto, non convogliandoli cioè in via diretta in corpi idrici ricettori, bensì avviandoli allo smaltimento, trattamento o depurazione a mezzo di trasporto (Cass., sez. III, 4.5.2005, n. 20679). Alla stregua del principio generale - secondo il quale è l'interruzione del nesso funzionale e diretto delle acque reflue con il corpo idrico ricettore a ricondurre la gestione delle acque reflue medesime nell'ambito dei rifiuti - va individuata la disciplina del "percolato", che l'art. 2, lett. m), del D.Lgs. 13.1.2003, n. 36 {Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti] definisce quale "liquido che si origina prevalentemente dall'infiltrazione di acqua nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi". Pertanto, il "percolato", ben può assumere la connotazione di "rifiuto" [come è confermato dall'attuale previsione dell'Allegato D) alla parte IV del D.Lgs. n. 152/2006: punti 19 07, 19 07 02 e 19 07 03] ma ciò soltanto allorquando lo stesso non si configuri quale acqua sostanzialmente "di processo" direttamente smaltita in un corpo idrico ricettore. (conferma sentenza n. 144/2009 CORTE APPELLO di POTENZA, del 22/10/2009) Pres. Ferrua, Est. Fiale, Ric. Copeti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud. 17/11/2010), Sentenza n. 7214

 

RIFIUTI - Discariche - Vigneti - Zone tipiche di produzione - Regione Friuli Venezia Giulia - Perimetro di salvaguardia - Divieto di localizzazione - Deroghe - Duplice modalità - Art. 7, c. 2 e 2-bis l.r. Friuli Venezia Giulia n. 13/98 - Interpretazione. L’art. 7, commi 2 e 2-bis, della L.r. Friuli Venezia Giulia n. 13/98 prevede, quale regola generale, il divieto (che non necessita di motivazione alcuna, essendo fondato su evidenti ragioni di sicurezza e di salvaguardia della produzione di vini pregiati) di localizzare discariche entro il raggio di due chilometri da dove insistono i vigneti. Tale distanza di sicurezza può peraltro essere, in alcuni casi, oggetto di motivata deroga. E ciò può avvenire, stando al dettato normativo, con una duplice modalità: infatti, il comma 2 consente al soggetto che autorizza il nuovo impianto, o l’ampliamento di quello esistente, di derogare al divieto nel procedimento di autorizzazione e per due sole tipologie di discariche (di rifiuti inerti e di rifiuti non pericolosi). Per contro, il comma successivo stabilisce che i divieti di localizzare ogni tipo di impianto (ivi compresi, eventualmente, anche quelli di rifiuti inerti e di rifiuti non pericolosi), entro il perimetro di salvaguardia di due chilometri possono trovare giusta collocazione in sede di Programma Provinciale per la Gestione dei Rifiuti. Secondo il Collegio, in definitiva, tendenzialmente l’intero sistema delle (possibili) deroghe dovrebbe essere contenuto nel Programma Provinciale per la Gestione dei Rifiuti; il che comunque non significa che, anche se la deroga è astrattamente possibile, l’Ente che la valuterà in fase autorizzatoria la debba necessariamente concedere, ben potendo, in relazione alle particolarità della singola vicenda anche non consentirvi. Tuttavia non vale l’inverso, nel senso che, nel silenzio dell’atto pianificatorio, l’Amministrazione procedente non potrà rifiutarsi di esaminare l’istanza di deroga anche nella sola fase di autorizzazione, purchè essa riguardi impianti di rifiuti inerti e di rifiuti non pericolosi. Pres. Corasaniti, Est. De Piero - E. s.p.a. (avv.ti Cacciavillani e Crismani) c. Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Di Danieli), Provincia di Udine e altri (avv. Zgagliardich) - TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 24 febbraio 2011, n. 113

RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Sanzione amministrativa di tipo reintegratorio - Responsabilità - Dolo o colpa.
L’art. 14 del d.lgs. n. 22/97 ha introdotto una sanzione amministrativa di tipo reintegratorio, avente a contenuto l'obbligo di rimozione, di recupero o di smaltimento e di ripristino a carico del responsabile del fatto di discarica o immissione abusiva (a carico, cioè, di "chiunque viola i divieti di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo"), in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa, addossando la responsabilità all’autore materiale della trasgressione. La responsabilità in solido con i proprietari dell'area o con i titolari di altro diritto reale ricorre nel caso in cui la violazione possa essere a questi ultimi ascritta a titolo di dolo o colpa. Pres. Trizzino, Est. Moro - D.G.A.F. (avv.ti Dodaro e Mappa) c. Comune di Massafra (n.c.) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 24 febbraio 2011, n. 384

RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Sistema sanzionatorio - Responsabilità oggettiva o di posizione - Esclusione - Proprietario dell’area - Condotta omissiva - Rilevanza
. Se la giurisprudenza ha ritenuto che il sistema sanzionatorio, delineato dal decreto Ronchi in materia di rifiuti, esclude la configurabilità di responsabilità oggettiva o di posizione, e cioè che il proprietario del sito che ospita rifiuti abbandonati sia chiamato, per ciò solo, a risponderne, indipendentemente dalla concreta verifica, da parte della p.a., di una condotta anche semplicemente agevolatrice del fatto illecito del terzo, ovvero omissiva, cioè di astensione dall'adozione di quelle cautele che possono ragionevolmente pretendersi da un soggetto dotato di diligenza media, va osservato che tale responsabilità tuttavia ricade inevitabilmente sul proprietario ove non vi siano ragioni per escluderne l’estraneità (per es. in assenza di esposti, denunce all’Autorità Giudiziaria, apposizioni di cartelli di divieto) senza che la P.A. debba preventivamente svolgere accertamenti di sorta sugli autori dell’abuso. Pres. Trizzino, Est. Moro - D.G.A.F. (avv.ti Dodaro e Mappa) c. Comune di Massafra (n.c.) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 24 febbraio 2011, n. 384
 

RIFIUTI - Illecita gestione di discarica - Smaltimento di rifiuti pericolosi o tossici differenti da quelli autorizzati - Sequestro - Titolarità dell’azienda e provvedimenti cautelari. In tema di smaltimento illecito di rifiuti, a prescindere dalla questione della confiscabilità, non può essere di ostacolo al sequestro preventivo, il fatto che, in conseguenza del trasferimento ad altra società dell'azienda, l'amministratore unico sia persona diversa dall'indagato e a sua volta non sottoposto ad indagini. E ciò in quanto trattandosi di provvedimenti cautelari reali il "fumus delicti" non deve essere necessariamente riferito al soggetto nei cui confronti il provvedimento viene adottato, ma questo ben può essere emesso nei confronti di terzi estranei prevalendo le più generali esigenze di giustizia e di tutela della collettività. (conferma ordinanza n. 123/2009 TRIB. LIBERTA' di BRINDISI, del 22/01/2010) Pres. Lombardi, Est. Sarno, Ric. Formica. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/02/2011 (Cc. 12/01/2011), Sentenza n. 7127

 

RIFIUTI - Trasporto di rifiuti speciali non pericolosi - Assenza di iscrizione all'Albo Nazionale Gestori Ambientali - Sequestro del mezzo utilizzato per il trasporto - Finalità della misura cautelare e motivazioni intrinseche - Fattispecie - Artt. 256, c.c 1°- 4° e 212 c.8°, D.L.vo n. 152/2006. E’ legittimo il sequestro del mezzo di trasporto, quando si ha la libera disponibilità del veicolo, destinato per le intrinseche caratteristiche costruttive, al trasporto di materiali e già utilizzato al trasporto illecito di rifiuti dal proprietario titolare di impresa individuale, in quanto, svolgendo attività comportante la produzione di rifiuti possa, con lo stesso, agevolare la commissione di altri reati. Inoltre, l'indicazione di tali circostanze soddisfino adeguatamente l'obbligo di motivazione imposto al giudice, relativamente alla misura cautelare. Fattispecie: sequestro preventivo di un automezzo utilizzato per il trasporto di rifiuti speciali non pericolosi in assenza di iscrizione all'Albo Nazionale Gestori Ambientali e, per tali ragioni, in violazione di quanto disposto dall'articolo 256, commi primo e quarto del D.L.vo n. 152/2006 in relazione all'articolo 212, comma ottavo dello stesso decreto. (conferma l'ordinanza emessa l' 11/6/2010 dal Tribunale di Pistoia) Pres. De Maio, Est. Ramacci, Ric. De Ieso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Cc. 27/01/2011), Sentenza n. 6890

RIFIUTI - Confisca del mezzo di trasporto - Presunzione di pericolosità e funzione "generalpreventiva - dissuasiva" - Posizioni dei singoli concorrenti - Art. 259 D.L.vo n. 152/2006. In tema di rifiuti, la confisca prevista dalla normativa, ex articolo 259 del D.L.vo n. 152/2006, è stata imposta dal legislatore a seguito di una evidente presunzione di pericolosità del mezzo di trasporto utilizzato per lo svolgimento dell'attività illecita e si giustifica non per la pericolosità intrinseca della cosa, ma per la funzione "generalpreventiva - dissuasiva" attribuitale dal legislatore con connotati repressivi propri delle pene accessorie e, pertanto, può prescindere dalla pericolosità intrinseca della cosa (Cass. Sez. III, 11/03/2009 n. 10710). Inoltre, le posizioni dei singoli concorrenti in relazione al contributo fornito singolarmente per la realizzazione del reato andranno poi valutate dal giudice sulla base dei criteri generali previsti dal codice penale. (conferma l'ordinanza emessa l' 11/6/2010 dal Tribunale di Pistoia) Pres. De Maio, Est. Ramacci, Ric. De Ieso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Cc. 27/01/2011), Sentenza n. 6890

RIFIUTI - Confisca - Art. 259 D.L.vo n. 152/2006 e art. 53 D.L.vo n. 22/1997 - Continuità normativa. Sussiste continuità normativa tra l'articolo 259 del D.L.vo n. 152/2006 e il testo dell'articolo 53 del D.L.vo n. 22/1997 precedentemente in vigore, infatti, la misura della confisca era già prevista in precedenza. (conferma l'ordinanza emessa l' 11/6/2010 dal Tribunale di Pistoia) Pres. De Maio, Est. Ramacci, Ric. De Ieso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Cc. 27/01/2011), Sentenza n. 6890

 

RIFIUTI - Trasporto di rifiuti speciali non pericolosi - Inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione - Reato di cui all’art. 256, c.4°, D.L.vo n.152/2006 - Natura di reato formale di pericolo - Configurabilità - Concreto pregiudizio per il bene giuridico protetto - Necessità - Esclusione. Il reato previsto dall’articolo 256, quarto comma D.L.vo n. 152/2006 è reato formale di pericolo per la configurabilità del quale è sufficiente lo svolgimento di una delle attività soggette a titolo abilitativo senza osservarne le prescrizioni, non essendo richiesto che la condotta sia anche idonea a configurare una situazione di concreto pregiudizio per il bene giuridico protetto (Cass. Sez. III, 8/10/2003 n. 38186). Pertanto, la natura di reato di mera condotta fa sì che, per l'integrazione della fattispecie, non assuma rilievo l'idoneità della condotta medesima a recare concreto pregiudizio al bene finale, atteso che il bene protetto è anche quello strumentale del controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione (Cass. Sez. III, 18/04/2007 n. 15560; Cass. Sez. III, 21/05/2008, n. 20277). Fattispecie: i ricorrenti, nelle rispettive qualità di rappresentante legale della società autorizzata a trasporto dei rifiuti e proprietaria dei veicoli e di esecutore materiale del trasporto, avevano violato le prescrizioni dell'autorizzazione, effettuando un trasporto di rifiuti speciali non pericolosi senza disporre di una copia autentica del provvedimento di iscrizione all'Albo nazionale delle imprese che effettuano la raccolta ed il trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi (punto 1 dell'autorizzazione) e per aver effettuato detto trasporto senza idonea copertura dei rifiuti, lasciandoli esposti agli agenti atmosferici (punto 2 dell'autorizzazione) in quanto protetti solo da un tela traforato. (conferma sentenza n. 148/2008 TRIB. SEZ. DIST. di POGGIBONSI, del 10/06/2010) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Mariottini ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/02/2011 (Ud. 2/02/2011), Sentenza n. 6256

RIFIUTI - Trasporto di rifiuti - Pericolo di un pregiudizio - Struttura della norma e contenuto offensivo del reato - Natura di reato di mera condotta - Art. 256, c.4°, D.L.vo n.152/2006. Lo scopo del legislatore, nel reato previsto dall’articolo 256, quarto comma D.L.vo n. 152/06, è quello di apprestare una difesa anticipata del bene giuridico protetto, facendo si che alcune condotte eminentemente formali e non collegate alla tutela di un interesse esplicitamente indicato e neppure immediatamente percepibile siano scrupolosamente osservate, con la conseguenza che la loro violazione viene punita indipendentemente da qualsiasi accertamento di una qualsiasi lesione concreta e da qualsiasi concreto interesse (Cass. Sez. III, 27/09/2007 n. 35621; conf. Cass. Sez. III, 7/03/2003, n. 10641 con riferimento ad altro reato di pericolo - articolo 163 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490). (conferma sentenza n. 148/2008 TRIB. SEZ. DIST. di POGGIBONSI, del 10/06/2010) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Mariottini ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/02/2011 (Ud. 2/02/2011), Sentenza n. 6256

 

RIFIUTI - Carcasse di macchine agricole - Prescrizioni - Impermeabilizzazione del piazzale e predisposizione di pozzetti per la raccolta delle acque - Legittimità. La prescrizione di impermeabilizzare il piazzale ove è effettuato il deposito di carcasse di macchine agricole e di predisporre pozzetti per la raccolta delle acque (onde evitare che i materiali inquinanti vengano trascinati nel suolo dalle acque di dilavamento del piazzale) è del tutto conforme agli obblighi che sono individuati a carico di chi gestisce una attività di questo tipo (cfr. sul punto Cass. pen., sez. III, 9848/2009, secondo cui “nella specie, è stato accertato in punto di fatto, oltre alla carenza di autorizzazione relativamente all'area nella quale era stato effettuato il deposito delle carcasse di auto, la inadeguatezza, sul piano tecnico, della stessa, trattandosi di un'area sterrata che non assicurava un'adeguata tutela dal pericolo di percolazione di sostanze provenienti dai veicoli. Sicché non risultavano, in ogni caso, rispettate le condizioni prescritte dalle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 152/06 perché potesse ravvisarsi l'ipotesi del deposito temporaneo non soggetto ad autorizzazione”) Pres. Conti, Est. Russo - M.L. (avv. Malaspina) c. Comune di Roverbella (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 18 febbraio 2011, n. 316

RIFIUTI - Accumulo di beni destinati alla rottamazione - Necessità di specifica autorizzazione - Deposito temporaneo - Categorie omogenee - Art. 183 d.lgs. n. 152/2006 - Macchine agricole non funzionanti e materiale ferroso di vario tipo - Qualità di rifiuti - Sussistenza - Provvedimento comunale che impone lo smaltimento - Legittimità.
E’ necessaria una autorizzazione per svolgere una attività di “accumulo” di beni destinati alla rottamazione elencati nel catalogo europeo dei rifiuti (CER) quali i veicoli e i pneumatici fuori uso, le batterie e gli accumulatori, in quanto "beni" destinati allo smaltimento o al recupero delle sostanze per i quali anche il deposito preliminare è soggetto ad autorizzazione. L'art.183, comma primo lett. m) n. 4), del D.Lgs n.152/06, dispone inoltre che "il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché per i rifiuti pericolosi..." (Cass. pen., sez. III, 9848/2009). In assenza di specifica autorizzazione, pertanto, le macchine agricole non funzionanti e prive di parti meccaniche , il materiale ferroso di vario tipo, le cisterne di gasolio vuote, le botti spargi liquame arrugginite e i pneumatici di trattore bucati o altrimenti non utilizzabili accumulati in un’area di proprietà rientrano nella nozione di rifiuto, a prescindere dalla asserita possibilità di riutilizzo per l’attività di commercio di pezzi di ricambio usati di macchine agricole. Ne deriva la legittimità del provvedimento del comune che ne impone lo smaltimento. Pres. Conti, Est. Russo - M.L. (avv. Malaspina) c. Comune di Roverbella (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 18 febbraio 2011, n. 316

RIFIUTI - Autorizzazioni ex artt. 208 e 210 d.lgs. n. 152/2006 - Differenze sostanziali e procedurali.
Le autorizzazioni previste dagli artt. 208 e 210 del d.lgs. n. 152/2006 non hanno identità di contenuti. Il primo disciplina il procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e recupero de i rifiuti. L’art. 210, invece, disciplina il procedimento di rilascio dell’autorizzazione per casi particolari, tra i quali l’ipotesi in cui si intenda chiedere una modifica dell’autorizzazione alla gestione di cui si è in possesso; il procedimento, che si applica anche a quanti intendono avviare un’attività di recupero o di smaltimento dei rifiuti in un impianto già esistente, utilizzato in precedenza, è molto più agile di quello ex art. 208, dovendosi concludere entro novanta giorni (l’art. 208 prevede invece un termine di 150 giorni) dalla presentazione dell’istanza e non comportando la convocazione di alcuna Conferenza di servizi. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Ditta C.M. s.r.l. (avv. Bruni)c. Comune di Firenze (avv.ti Sansoni e Rogai) e Provincia di Firenze (avv.ti Cardona, De Santis e Possenti) - TAR TOSCANA, Sez. II - 17 febbraio 2011, n. 334

RIFIUTI - Passaggio dal regime semplificato al regime ordinario - Art. 210 d.lgs. n. 152/2006 -Lacuna dell’iter procedimentale - Verifica di conformità urbanistica -Esecuzione, per la prima volta, in sede di autorizzazione ex art. 210 - Legittimità - Fondamento.
In sede di passaggio dal regime semplificato ex art. 33 del d.lgs. n. 22/97 al regime “ordinario”, con il procedimento ex art. 210 del Codice Ambiente e sfruttando la disciplina transitoria dettata dall’art. 11 del d.m. 5 febbraio 1998 (come novellato dal d.m. n. 186 del 2006), ponendosi l’esigenza di accertare la conformità urbanistica dell’impianto da autorizzare, appare legittimo l’operato della Provincia volto colmare una lacuna dell’iter procedurale di cui al predetto art. 210, eseguendo per la prima volta la verifica di conformità urbanistica, pur non espressamente prevista dall’art. 210 per gli impianti appartenenti a soggetti già in possesso dell’autorizzazione secondo lo schema “semplificato”, i quali intendano passare al regime “ordinario”. Ciò, al fine di evitare il rischio che, diversamente opinando, si finisse per autorizzare impianti non in regola sotto il punto di vista della disciplina urbanistica, in quanto mai controllati con la procedura “semplificata” ex art. 33 del d.lgs. n. 22/1997 e neppure ora, in sede di passaggio al regime “ordinario”, sottoposti ad una verifica sotto questo profilo: eventualità, quest’ultima, manifestamente irragionevole e contraria ai principi di buona amministrazione ex art. 97 Cost.. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Ditta C.M. s.r.l. (avv. Bruni)c. Comune di Firenze (avv.ti Sansoni e Rogai) e Provincia di Firenze (avv.ti Cardona, De Santis e Possenti) - TAR TOSCANA, Sez. II - 17 febbraio 2011, n. 334

 

RIFIUTI - Fanghi da depurazione - Deposito incontrollato - Disciplina dei rifiuti - Fattispecie - Reato di cui all'art. 256, 2° c., D.L.vo n. 152/06 - Art. 127 D.L.vo n. 152/06 (così modificato dall’art. 2, c. 12 bis, D.Lvo n.4/08). Ai sensi dell'art. 127 del Decreto Legislativo n.152 del 2006 (così come modificato dall'art. 2, comma 12 bis, Decreto Legislativo n. 4/08), i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione. Nella fattispecie, attinente al deposito incontrollato di fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue, il Tribunale non ha accertato se i fanghi ritrovati nelle vasche annesse ai depuratori fossero quelli esitati al termine del complesso processo di trattamento delle acque reflue effettuato negli impianti di depurazione. (Annulla con rinvio Ordinanza emessa il 20/04/2010 dal Tribunale di Rieti) Pres. Lombardi, Est. Gentile, Ric. Refrigeri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 14/02/2011 (Ud. 12/01/2011), Sentenza n. 5356

 

RIFIUTI - Abbandono - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Obbligo di rimozione - Responsabile - Dolo o colpa - Fattispecie - Culpa in vigilando. Ai sensi dell’art. 14 co. 3 del D.Lgs. 5.2.97 n. 22, è tenuto a procedere alla rimozione dei rifiuti abbandonati sul suolo, nonché alle connesse attività di recupero, smaltimento e ripristino dello stato dei luoghi il responsabile dell’abuso in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali di godimento sull’area, “ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa” (nella specie, è stato ritenuto responsabile, per culpa in vigilando, un Consorzio titolare di un diritto personale di godimento esclusivo su un’area demaniale munita di recinzione e di cancello di accesso) Pres. Morea, Est. Pasca - Consorzio B. (avv. Verrina) c. Comune di Foggia (avv. De Vitto) - TAR PUGLIA, Bari, Sez. III - 10 febbraio 2011, n. 263

RIFIUTI - Impianto per la messa in riserva e recupero - Autorizzazione - Conferenza di servizi - Destinazione urbanistica dell’area - Rilevanza - Art. 208 d.lgs. n. 152/2006.
L'effettiva destinazione urbanistica dell'area destinata alla realizzazione di un impianto per la messa in riserva e recupero di rifiuti speciali non pericolosi, rientra tra gli elementi che la conferenza di servizi deve tenere in considerazione nell'assumere il proprio parere, sostituendo l'approvazione del progetto ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, e costituendo, ove occorra, variante allo strumento urbanistico,ex art. 208 del d.lgs. n. 152/2006 (cfr. T.A.R. Veneto, sez. III, 14 luglio 2008, n. 2002) Nondimeno, la destinazione urbanistica della zona non costituisce una variabile dipendente rispetto alla scelta discrezionale dell’Amministrazione di approvare o meno il progetto presentatole. L'effettiva destinazione urbanistica dell'area, destinata alla realizzazione ovvero alla modificazione sostanziale di un impianto, rientra tra gli elementi di cui l’Amministrazione procedente, integrata in conferenza di servizi con la partecipazione degli altri enti interessati, deve tenere in considerazione nell'assumere il proprio parere, senza far discendere dalla stessa una invalicabile preclusione, ma al contempo facendo rientrare tale profilo in una valutazione complessiva di tutti gli aspetti e di tutti gli interessi in gioco, primo fra tutti, quello della tutela dell’ambiente e della salute. Pres. Nicolosi, Est.Massari - S. s.p.a. (avv.ti Narese e Franceschetti) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi), Comune di Arezzo (avv.ti Pasquini e Ricciarini), Regione Toscana (avv. Ciari), Azienda U.S.L. n. 8 Arezzo (avv. Barcaioli) e altri (n.vc.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 4 febbraio 2011, n. 224

RIFIUTI - Impianti di trattamento - Autorizzazione - Conferenza di servizi - Funzione.
Tutto l’impianto normativo prefigurato dal Codice dell’ambiente in materia di autorizzazione alla realizzazione e gestione di impianti di trattamento di rifiuti si propone di fare emergere, attraverso lo strumento procedimentale della conferenza di servizi, le condizioni essenziali e le eventuali criticità connesse alla realizzazione dell’impianto progettato dal soggetto proponente affinché, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili, tutti i rappresentanti degli enti coinvolti possano eventualmente richiedere e acquisire i documenti, le informazioni e i chiarimenti necessari. Pres. Nicolosi, Est.Massari - S. s.p.a. (avv.ti Narese e Franceschetti) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi), Comune di Arezzo (avv.ti Pasquini e Ricciarini), Regione Toscana (avv. Ciari), Azienda U.S.L. n. 8 Arezzo (avv. Barcaioli) e altri (n.vc.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 4/2/2011, n. 224
 

RIFIUTI - ENERGIA - Nucleare - Costruzione ed esercizio degli impianti - Autorizzazione - Parere della Regione interessata - Necessità - Art. 4 d.lgs. n. 31/2010 - Illegittimità costituzionale. Deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del d.lgs. n. 31 del 2010 nella parte in cui non prevede che la Regione interessata, anteriormente all’intesa con la Conferenza unificata, esprima il proprio parere in ordine al rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari. Pres. ed Est. De Siervo - Giudizio di legittimità costituzionale promosso dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Puglia - CORTE COSTITUZIONALE - 2 febbraio 2011, n. 33

 

RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito - Artt. 260 D.L.vo n. 152/06 e 53 bis D.L.vo n. 22/97 - Continuità normativa. Tra il disposto di cui all’articolo 53 bis D.L.vo n. 22/97 e quello ora contemplato dall’articolo 260 D.L.vo n. 152/06 sussiste continuità normativa del reato (Cass. Sez. III, 8/03/2007, n. 9794). Tale assunto trova conferma non solo nell'identità di contenuto dei due articoli, ma anche nel disposto dell’articolo 264, comma primo, lettera i) D.L.vo n. 152/06 laddove il legislatore espressamente afferma l'intento di "...assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta" e, a tale proposito, dispone che i provvedimenti attuativi del D. L.vo n. 5 febbraio 1997 n. 22 continuino ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del D.L.vo n. 152/06. (dich. inammissibile il ricorso avverso la sentenza emessa il 3/12/2009 dal G.U.P. del Tribunale di Larino) Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Ric. PG in proc. D’Alessandro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 1/02/2011 (Cc. 21/12/2010) Sentenza n. 3638

 

RIFIUTI - Rifiuti interrati - Operazioni di rimozione e smaltimento - Conferimento con il codice errato in discarica non autorizzata - Funzionari ARPA - Responsabilità per illecita gestione - Condotte omissive - Configurabilità - Fattispecie: bonifica di un sito con rifiuti ospedalieri - D.L.vo n. 152/06. Il pubblico ufficiale, preposto al controllo e alla vigilanza ambientale che venga a conoscenza della esistenza di rifiuti interrati e partecipi alle operazioni di rimozione, assume una posizione di garanzia in relazione alle sue condotte omissive. Fattispecie: funzionari dell’ARPA consapevoli dell’esistenza di rifiuti ospedalieri sul sito da bonificare, non effettuavano alcun controllo sostanziale sulle operazioni di rimozione e smaltimento del rifiuto, di tal ché non impedivano che lo stesso fosse gestito come semplice terra, consentendone il conferimento con il codice errato in discarica non autorizzata. (annulla con rinvio ordinanza, resa dalla Corte di Appello di Trieste, in data 23/4/2010) Pres. Ferrua, Est. Gazzara, Ric. PM in proc. Zanello ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 1/02/2011 (Cc. 15 /12/2010) Sentenza n. 3634

 

RIFIUTI - INQUINAMENTO - DANNO AMBIENTALE - Reati in materia di gestione di rifiuti - Poteri del giudice penale - Sospensione condizionale della pena e subordinarla alla bonifica del sito - Ripristino ambientale - Fattispecie - Art. 165 c.p. - Art. 256, co. 1, lett. a), e co. 2, d.Lvo n.152/06 - Art. 181, d.L.vo n. 42/04 - Art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/01 - Art. 734 c.p.. Nel caso di reati inerenti alla materia dei rifiuti, per perseguire lo scopo di ripristinare ecologicamente le aree inquinate, l'ordinamento offre al giudice penale una sola possibilità, che è quella di concedere, ove applicabile, la sospensione condizionale della pena, e di subordinarla alla bonifica del sito. Mentre in caso di condanna per gli altri, o per altri reati che cagionino danni ambientali, il giudice può subordinare la sospensione condizionale della pena al ripristino ambientale o a una bonifica del sito non legislativamente regolamentata, e tuttavia soggetta al controllo della autorità giudiziaria o di un organo tecnico appositamente delegato, in virtù del principio generale consacrato nell'art. 165 c.p., secondo cui il detto beneficio può essere subordinato alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (Cass. 12/6/08, n. 37280; Cass. 20/11/06, n. 13456; Cass. 30/5/03, n. 35501). Fattispecie: decreto penale di condanna in ordine ai reati di cui all'art. 256, co. 1, lett. a), e co. 2, d.Lvo n.152/06, perché, in difetto della prescritta autorizzazione, si effettuava attività di trasporto rifiuti non pericolosi; del reato di cui all'art. 181, d.L.vo n. 42/04, in relazione all'art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/01, perché, in assenza di qualsiasi autorizzazione, effettuava lavori costituiti da scarifica dello stato vegetale, con asporto di terreno; del reato di cui all'art. 734 c.p. perché distruggeva o alterava le bellezze naturali dei luoghi soggetti a speciale protezione da parte dell'Autorità. (dich. inammissibile il ricorso avverso il decreto penale di condanna, reso dal Gip presso il Tribunale di Treviso in data 17/10/09) Pres. Ferrua, Est. Gazzara, Ric. Chiappetta. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 1/02/2011 (Cc. 15 /12/2010) Sentenza n. 3633

 

RIFIUTI - Delibera tariffaria TA.R.S.U. - Annullamento a seguito di pronuncia del g.a. - Effetti - Rimborso della parte di tributo non dovuto - Potere impositivo del Comune - Limiti. La caducazione della delibera tariffaria a seguito di pronuncia del giudice amministrativo comporta la necessità di applicare il regime impositivo precedentemente in vigore. L'annullamento della delibera, infatti, non fa venir meno il potere impositivo del Comune. Non si tratta, quindi, di un inammissibile esercizio di pretesa da indebito arricchimento, che può verificarsi soltanto in totale assenza del potere impositivo. Pertanto, i giudici di rinvio dovranno applicare il regime impositivo previgente alle delibere tariffarie annullate del giudice amministrativo osservando le regole in materia di ripartizione dell'onere probatorio, disponendo il rimborso della parte di tributo non dovuto, e decidere anche sulle spese di questa fase. (riforma Sentenza commissione provinciale regionale della Liguria n. 67, dep. il 4/12/2006) Pres. Altieri, Est. Polichetti, Ric. Te. s.r.l. c. COMUNE DI GENOVA. CORTE DI CASSAZIONE Sez. TRIBUTARIA CIVILE, 31/01/2011, Sentenza n. 2201

 

RIFIUTI - Accertamento T.A.R.S.U. - Annullamento delibera tariffaria - Effetto demolitorio della pronuncia del TAR - Conseguenza invalidante sull'atto impositivo comunale - Applicazione del regime tariffario precedente - Principio della retroattività - Poteri decisori del giudice tributario. L'affermazione dei giudici di merito, secondo cui l'annullamento della delibera tariffaria da parte del giudice amministrativo non avrebbe alcuna conseguenza invalidante sull'atto impositivo del comune costituisce violazione della regola fondamentale che regola gli effetti dell'annullamento giurisdizionale degli atti amministrativi, che quella della retroattivita'. La pronuncia del TAR comporta, quindi, un effetto di invalidita' derivata dell'atto impositivo, del quale la tariffa costituiva presupposto regolatore. L'effetto demolitorio della pronuncia del TAR non poteva essere, quindi, disconosciuto dal giudice tributario che, nella specie, non poteva neppure, stante l'immediata efficacia erga omnes di tale decisione, avente ad oggetto un atto a contenuto generale, conoscere incidenter tantum dell'atto tariffario, ai fini dell'esercizio del potere di disapplicazione. (conf. Cass. sentenza n. 16937/07). Inoltre, non ha alcun rilievo il fatto che l'utente abbia comunque usufruito del servizio, e che il ricorso introduttivo non contenesse alcuna domanda di applicazione del regime tariffario precedente. I poteri decisori del giudice tributario non si esauriscono, infatti, col mero annullamento dell'atto impugnato, dovendo il giudice applicare la disciplina che regola il rapporto tributario; nella specie, quindi, individuare il regime tariffario applicabile, ove ripristinato dall'annullamento giurisdizionale. (Cass. Sez. Trib. sentenza n. 18123/09). (riforma sentenza della commissione tributaria regionale della Liguria sez. 2 , n. 54, dep. il 26/05/2006) Pres. Altieri, Est. Polichetti, Ric. Pa. Gi. Pa. C. COMUNE di GENOVA. CORTE DI CASSAZIONE Sez. TRIBUTARIA CIVILE, 31/01/2011, Sentenza n. 2199

 

RIFIUTI - Art. 135 codice del processo amministrativo - Controversie attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti - Competenza funzionale del TAR Lazio Roma - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Nozione di “gestione del ciclo di rifiuti” - Art. 183, c. 1, lett. d) del d.lgs. n. 152/2006 - Comportamenti della P.A. - Riconducibilità all’esercizio di un pubblico potere. In forza dell’art. 135 , comma 1, lett.e), del cod. proc. amm. sono devolute alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, salvo ulteriori previsioni di legge, due distinte tipologie di vertenza, non necessariamente coincidenti, la prima riferita agli atti commissariali adottati in situazioni emergenziali ex art. 5 legge n.225 del 1992, la seconda alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti ; l’art.133 , comma 1, lett. p), in parte qua riguarda la gestione in sé considerata, in accezione ricollegabile a quella dell’art.183, comma 1, lett. d, del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in forza del quale nel concetto di gestione dei rifiuti vanno ricondotti la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche dopo la chiusura; nella materia de qua, oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, rientrano dunque le vertenze che riguardano atti normativi, programmatori e organizzatori, atti provvedimentali, moduli consensuali, comportamenti attinenti in senso stretto alla gestione e, in quanto tali, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della pubblica amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, quand'anche relative a diritti costituzionalmente tutelati. E ciò in armonia con quanto già previsto dall’art. 4 (ora abrogato) del d.l. 23 maggio 2008, n. 90 convertito con legge 14 luglio 2008, n.123 e con la precisazione, quanto ai comportamenti, della necessaria riconducibilità, anche mediata, degli stessi all’esercizio di un pubblico potere (in linea con gli orientamenti della Corte costituzionale n.35/2010). Pres. Trovato, Est. Amicuzzi - Reg. di competenza richiesto dal T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, con ord. n. 1580/2010 nel giudizio tra D. s.p.a. (avv.ti Clarizia, Contieri e Macrì) c. Azienda Generale Servizi Municipali di Verona s.p.a. (avv.ti Biondaro e Clarich) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 26 gennaio 2011, ordinanza n. 586

RIFIUTI - Pagamento della Tariffa di Igiene Ambientale (T.I.A.) - Restituzione delle maggiori somme indebitamente corrisposta a titolo di IVA - Controversia tra soggetti privati - Diritto di rivalsa - Giurisdizione del giudice ordinario - Contemporanea pendenza giudizio tributario - Art. 10, D. L.vo n. 546/1992 - Art. 295 c.p.c..
In tema di IVA, spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda proposta dal consumatore finale nei confronti del professionista o dell'imprenditore che abbia effettuato la cessione del bene o la prestazione del servizio per ottenere la restituzione delle maggiori somme addebitategli in via di rivalsa per effetto dell'applicazione di un'aliquota asseritamente superiore a quella prevista dalla legge: poiche', infatti, soggetto passivo dell'imposta e' esclusivamente colui che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi, la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, ma un rapporto di natura privatistica tra soggetti privati, che comporta un mero accertamento incidentale in ordine all'ammontare dell'imposta applicata in misura contestata" (Cass. SS.UU. 2775/2007; conf. 6632/2003, 1147/2000). Il principio resta valido anche quando, come nella specie, il debito iva venga totalmente contestato. Si tratta, in ogni caso, di una controversia tra privati, alla quale "resta estraneo l'esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà - soggezione, proprio del rapporto tributario" (Cass. SS.UU. 15031/2009). Ne' rileva la circostanza che il giudizio sulla richiesta di rimborso dell'iva implichi la necessità di accertare se l'imposta fosse dovuta e quale sia la natura dell'obbligo di pagare la TIA. Infatti, nelle controversie tra privati, che abbiano ad oggetto la richiesta di rimborso di una imposta che si assume essere stata indebitamente pretesa dalla controparte (non identificabile in uno dei soggetti di cui al Decreto Legislativo articolo 10 n. 546 del 1992), il giudice ordinario competente ha sempre il potere "di sindacare in via incidentale la legittimità dell'atto impositivo ove sia presupposto e di disapplicarlo, ovvero di disporre la sospensione del giudizio, ai sensi dell'articolo 295 c.p.c., in caso di contemporanea pendenza del giudizio tributario" (Cass. SS.UU. 15032/2009). Pres. De Luca, Rel. Merone, Ric. Bo. Gi. C. V. S.P.A.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite, 28/01/2011 Ordinanza n. 2064

 

RIFIUTI - Affidamento della gestione dei rifiuti a seguito di procedura ad evidenza pubblica - Giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture - Art. 133, c. 1, lett. e) cod. proc. amm. - Competenza funzionale del Tar Lazio, Roma - Esclusione - Art. 13 cod. proc. amm. L’affidamento della gestione dei rifiuti a seguito di procedura di evidenza pubblica non attiene alla gestione in senso stretto ma costituisce attività meramente preparatoria e strumentale rispetto ad essa, attività come tale autonomamente disciplinata in modo unitario dalla lettera e) dell’art. 133, comma 1., del cod. proc. amm., che ha ribadito la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo per tutte le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale. L’art. 14 del cod. proc. amm. (che richiama il successivo art. 135) non riserva queste ultime controversie alla competenza funzionale di alcun Tribunale amministrativo regionale, sicché con riguardo ad esse, ai sensi dell’art. 13 del cod. proc. amm., deve ritenersi che sia inderogabilmente competente il T.A.R. nella cui circoscrizione territoriale ha sede l’Amministrazione procedente o comunque sono limitati gli effetti diretti degli atti in vertenza . La soluzione esposta è coerente con l’esigenza di accedere ad una interpretazione letterale e restrittiva delle norme eccezionali in deroga all’ordinaria competenza territoriale dei Tribunali amministrativi regionali periferici. Pres. Trovato, Est. Amicuzzi - Reg. di competenza richiesto dal T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, con ord. n. 1580/2010 nel giudizio tra D. s.p.a. (avv.ti Clarizia, Contieri e Macrì) c. Azienda Generale Servizi Municipali di Verona s.p.a. (avv.ti Biondaro e Clarich) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 26 gennaio 2011, ordinanza n. 586

RIFIUTI - Discarica non autorizzata - Sentenza di condanna - Confisca del terreno - Responsabilità - Fattispecie - Art. 256, c.3 D. L.vo n. 152/2006.
Ai sensi dell’articolo 256, comma 3 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, è legittima la confisca di un terreno utilizzato come discarica "quale conseguenza della sentenza di condanna". In specie, i ricorrenti sono stati giudicati responsabili - in qualità di amministratori dell’impresa artigiana - per aver realizzato, e comunque gestito, sul fondo agricolo di loro proprietà, una discarica non autorizzata di rifiuti non pericolosi costituiti da marmi, piastrelle, mattoni, refrattari ed altro materiale residuo della lavorazione del marmo. (dich. inamm. il ricorso avverso Sentenza della Corte d'appello di Lecce del 16.2.09) Pres. Ferrua, Est. Mulliri, Ric. Fe. Ro. Ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/01/2011 Sentenza n. 2312

 

RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Reati ambientali - Inquinamento e risarcimento del danno - Fattispecie. In tema di reati ambientali, ai fini dell'integrazione del fatto illecito quale fonte dell'obbligo di risarcimento del danno cosiddetto "ambientale", non è necessario che l'ambiente venga in tutto o in parte alterato, deteriorato o distrutto, essendo sufficiente una condotta, sia pure soltanto colposa, in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti legittimamente adottati. Fattispecie: abbandono incontrollato in discarica abusiva di una carcassa di autoveicolo e percolamento con inquinamento del terreno di olii esausti. (annulla con rinvio , limitatamente alle statuizioni civili, Sentenza della Corte d'appello di Firenze in data 30.10.09) Pres. Ferrua, Est. Mulliri, Ric. P.c. in proc. Palma. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/01/2011 (Ud. 15/12/2010) Sentenza n. 1874

 

RIFIUTI - Discarica o altro impianto per trattamento, smaltimento o recupero - Soggetto residente nel comune nel cui territorio l’impianto insiste - Legittimazione ad impugnare gli atti di approvazione o autorizzazione - Collegamento diretto - Interesse personale, concerto e attuale - Mera aspettativa alla salubrità del’ambiente - Insufficienza - INQUINAMENTO ACUSTICO - Legittimazione - Presupposti. La mera presenza di una discarica o ad altro impianto per il trattamento e lo smaltimento (o recupero) di rifiuti anche a mezzo di termocombustione, non legittima il proprietario di un bene residente nel Comune nel cui territorio l’impianto insiste ad insorgere avverso gli atti con i quali si provvede all’approvazione del progetto dell’opera sotto i vari aspetti procedimentali o all’autorizzazione alla gestione e/o alla messa in esercizio dell'opera o ancora agli scarichi e immissione nell’atmosfera del prodotto della combustione, laddove non sussista un collegamento diretto, immediato e oggettivo fra quanto deliberato con i suddetti provvedimenti e un interesse giuridico personale concreto e attuale del soggetto che si ritiene leso. Tale non può qualificarsi, per esempio, l’aspettativa alla salubrità dell’ambiente o il timore generico di possibili effetti pregiudizievoli legati esclusivamente alla presenza dell’opera pubblica o dell’impianto. Anche con riguardo ai limiti di inquinamento acustico, la legittimazione può essere favorevolmente riconosciuta solo laddove sia accertato che effettivamente l’esercizio dell’impianto superi nei confronti della stessa ricorrente i limiti di immissione o emissione. Pres. ed Est. Nicolosi - Associazione T e altro (avv. Zuccaro) c. Provincia di Lucca (avv. Traina) - TAR TOSCANA, Sez. II - 21 gennaio 2011, n. 121

 

RIFIUTI - Discariche - Allegato I al d.lgs. n. 36/2003, art. 2.4.2 - Barriera geologica e barriera artificiale - Piena alternatività - Esclusione - Disciplina regionale maggiormente restrittiva - Limitazione a tipologie geologiche che offrano maggiori garanzie sotto il profilo della permeabilità - Legittimità. La disposizione dell’art. 2.4.2.-Barriera geologica dell’Allegato I al d.lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 non detta un principio di piena alternatività e indifferenza tra barriera geologica e barriera artificiale, ma si limita solo a prevede il “completamento” delle eventuali insufficienze tipologiche del terreno tramite l’intervento dell’uomo; siamo pertanto in presenza di un sistema che continua a mantenere prevalenza alle caratteristiche geologiche del terreno circostante la discarica, sia pure prevedendo la possibilità di interventi artificiali integrativi. In un sistema di questo tipo non può certamente essere considerata irrazionale una previsione di fonte regionale (quella dell’art. 15, ult. comma della deliberazione 28 dicembre 2009 n. 2668 della Giunta Regionale Pugliese) che, in determinate circostanze eccezionali (quelle poste a base della deroga ex art. 10 del d.m. 3 agosto 2005), preveda una disciplina più restrittiva, costituita dalla limitazione ai soli casi in cui sia presente una tipologia geologica del territorio circostante (quella argillosa) che offra maggiori garanzie, sotto il profilo degli indici di permeabilità, degli indici previsti dal citato art. 2.4.2.-Barriera geologica dell’Allegato I al d.lgs. 13 gennaio 2003, n. 36. Pres. Cavallaro, Est. Viola - C.s.p.a. (avv.ti Quinto e Quinto ) c. Regione Puglia (avv. Colelli) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 19 gennaio 2011, n. 88

RIFIUTI - Discariche - Dec. n. 2003/33/CE - Stati membri e amministrazioni - Previsione di una disciplina più restrittiva - Legittimità.
La previsione del punto 2.2. dei <<Criteri e procedure per l'ammissione dei rifiuti nelle discariche>> approvati con dec. 19 dicembre 2002, n. 2003/33/CE del Consiglio dell’Unione Europea (<<nel presente allegato i valori limite sono stabiliti solo per i rifiuti non pericolosi collocati in discarica nella stessa area destinata a rifiuti pericolosi stabili e non reattivi>>), non esclude il potere degli Stati Membri e delle Amministrazioni di dettare una disciplina più restrittiva che estenda i valori limite anche ai rifiuti non pericolosi collocati in discarica nella stessa area destinata a rifiuti pericolosi stabili e non reattivi. Pres. Cavallaro, Est. Viola - C.s.p.a. (avv.ti Quinto e Quinto ) c. Regione Puglia (avv. Colelli) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 19 gennaio 2011, n. 88

RIFIUTI - Discarica - Ampliamento - Autorizzazione - Artt. 15, 16 e 17 della L.r. Toscana n. 1/2005 - Applicabilità - Esclusione - Norma speciale nazionale sopravvenuta - Art. 208, c. 6 d.lgs. n. 152/2006.
A fronte di un progetto di ampliamento di una discarica esistente, non trova applicazione l’iter procedurale di cui agli articoli 15, 16 e 17 della legge regionale Toscana n. 1/2005 (il quale richiede la preventiva modifica degli strumenti urbanistici vigenti), dovendosi invece applicare la previsione di variante agli strumenti urbanistici di cui all’’art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006, norma speciale nazionale sopravvenuta alla citata legge regionale. Pres. Piscitello, Est. Cirillo - Associazione F. e altri (avv.ti Serafini e Stella Richter) c. Provincia di Pistoia e altro (avv. Cecchi), Azienda Usl 3 di Pistoia e altri (avv. Scaramucci) - (Conferma T.A.R. TOSCANA , n. 195/2010) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 17 gennaio 2011, n. 220

 

RIFIUTI - T.A.R.S.U. - Determinazione della superficie tassabile - Presupposti per l’esenzione dalla TARSU - L’onere della prova costituenti fonte dell'obbligazione tributaria grava sull'amministrazione - Il diritto all'esenzione va provato dal contribuente - Potere di incidere per i Comuni sui requisiti per la fruizione della esenzione previsti dalla legislazione statale - Esclusione - Art. 62, c. 3, D.Lgs. n. 507/1993. Il Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62, comma 3 dispone che nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano, di regola, rifiuti speciali, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Atteso il tenore della disposizione in esame - e dovendo escludersi che l'esenzione possa essere stata prevista anche per chi smaltisce rifiuti speciali in discariche abusive o nei cassonetti dei rifiuti urbani -, la norma deve essere interpretata nel senso che l'esenzione dalla TARSU per alcune aree occupate o detenute può essere riconosciuta solo alla duplice condizione che in tali aree si formino rifiuti speciali e che allo smaltimento di tali rifiuti provveda il produttore dei medesimi a proprie spese. Pertanto, l'onere della prova della sussistenza di entrambi i suddetti presupposti grava sul contribuente che intende ottenere l'esenzione, in quanto, se e' vero che l'onere della prova dei fatti costituenti fonte dell'obbligazione tributaria grava sull'amministrazione, il diritto all'esenzione va provato dal contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass. n. 4766/2004). Infine, con il Decreto Legislativo n. 507 del 1993 il legislatore ha rimesso alla potestà regolamentare dei Comuni le disposizioni per la concreta applicazione della tassa, ma non ha certo attribuito ai Comuni medesimi il potere di incidere sui requisiti per la fruizione della esenzione previsti dalla legislazione statale (ossia, nella specie, dall'articolo 62 siccome interpretato in questa sede), con la conseguenza che lo smaltimento (o recupero) dei rifiuti speciali, costituendo (unitamente alla produzione dei medesimi in determinate aree) requisito per l'esenzione dalla Tarsu, doveva ritenersi presupposto (anche se non esplicitamente contemplato) anche dall'articolo 14 del Regolamento Comunale e che la Delib. 29 novembre 2004, n. 69 non ha fatto altro che esplicitare il presupposto normativo della disposizione regolamentare. (annulla sentenza depositata il 24/11/2006, n. 105 della COMM. TRIB. REG. di MILANO) Pres. Plenteda - Rel. Di Iasi - Ric. Comune di Vigevano c. Ge. Srl.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezione Tributaria, 14 gennaio 2011, Sentenza n. 775

 

RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti urbani - Tassa - Calcolo - Riferimento alla stima del volume di rifiuti generato - Compatibilità con il diritto comunitario - Fondamento - Sentenza Corte di Giustizia C 254/2008. Poiché allo stato attuale del diritto comunitario non vi è alcuna norma che imponga agli stati membri un metodo preciso del finanziamento del costo di smaltimento dei rifiuti urbani mentre vi è un obbligo di risultato (garantire che tutti i detentori di rifiuti ne sopportino collettivamente e complessivamente l’onere), gli stati membri dispongono di “competenza in merito alla forma e ai mezzi per il perseguimento di tale risultato”. Conseguentemente “in tali circostanze, ricorrere a criteri basati, da un lato, sulla capacità produttiva dei «detentori», calcolata in funzione della superficie dei beni immobili che occupano nonché della loro destinazione e/o, dall’altro, sulla natura dei rifiuti prodotti, può consentire di calcolare i costi dello smaltimento di tali rifiuti e ripartirli tra i vari «detentori», in quanto questi due criteri sono in grado di influenzare direttamente l’importo di detti costi. Sotto tale profilo, la normativa nazionale che prevede, ai fini del finanziamento della gestione e dello smaltimento dei rifiuti urbani, una tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti generato e non sulla base del quantitativo di rifiuti effettivamente prodotto e conferito non può essere considerata, allo stato attuale del diritto comunitario, in contrasto con l’art. 15, lett. a), della direttiva 2006/12” (cfr. Corte di Giustizia nella pronuncia 16.7.2009 in causa C 254/2008) Pres. Bianchi, Est. Malanetto - C.M. e altri (avv. Carozzo) c. Comune di Ghemme (avv. Servetti) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 14 gennaio 2011, n.29

RIFIUTI - Rifiuti urbani - Passaggio dal regime di tassa a quello di tariffa - Calcolo dell’aliquota tariffaria - Applicazione anteriormente al passaggio al sistema tariffario - Legittimità.
Il previsto passaggio graduale dal regime di “tassa” a quello di “tariffa”, non impedisce che il metodo per il calcolo dell’aliquota tariffaria possa essere applicato anche prima di tale scadenza per il calcolo della tassa sullo smaltimento dei rifiuti. E tanto specie ove il sistema inneschi un’accelerazione nel processo di copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani da parte dei contribuenti (Cons. Stato n. 750/2009) Pres. Bianchi, Est. Malanetto - C.M. e altri (avv. Carozzo) c. Comune di Ghemme (avv. Servetti) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 14 gennaio 2011, n.29

 

RIFIUTI - Società d’ambito per la gestione dei rifiuti "A.T.O." - Responsabilità per reato dell'Ente - Sussiste - Artt. 1, 15, 45 d.lgs. n. 231/20011. La società d’ambito, costituita nella forma di società per azioni, per espletare secondo criteri di economicità le funzioni in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti trasferite alla stessa da enti pubblici territoriali, è soggetta alla normativa in materia di responsabilità da reato degli enti. Pres. Pagano, Est. Diotallevi, Ric. Pubblico Ministero in proc. Enna Uno s.p.a.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. II, 10/01/2011 (Cc. 26/10/2010), Sentenza n. 234


RIFIUTI - A.T.O. rifiuti - Esonero dall'applicazione del d. lgs. N. 231/2001 - Esclusione - Responsabilità per reato dell'Ente - Sussistenza - Artt. 1, 15, 45 d.lgs. n. 231/20011 - L.R.Sicilia n. 9/2010 (Messa in liquidazione delle autorità d'ambito siciliane) - Valori costituzionali in genere - Diritto alla salute (art. 32 cost.) - Diritto all'ambiente (art. 9 cost.). L'attribuzione di funzioni di rilevanza costituzionale, quali sono riconosciute agli enti pubblici territoriali, come i comuni, non possono tralaticiamente essere riconosciute a soggetti che hanno la struttura di una società per azioni, in cui la funzione di realizzare un utile economico, è comunque un dato caratterizzante la loro costituzione. Una conclusione diversa, porterebbe all'inaccettabile risultato di escludere dall'ambito di applicazione della disciplina in esame un numero pressoché illimitato di enti operanti non solo nel settore dello smaltimento dei rifiuti, e quindi con attività in cui viene in rilievo, come interesse diffuso, il diritto alla salute e all'ambiente, ma anche là dove viene in rilievo quello all'informazione, alla sicurezza antinfortunistica, all'igiene del lavoro, alla tutela del patrimonio storico e artistico, all'istruzione e alla ricerca scientifica, in sostanza in tutti i casi in cui vengono ad essere coinvolti, seppur indirettamente, dall'attività degli enti interessati, i valori costituzionali di cui alla parte prima della Costituzione (Cass., sez. II, 9/7/2010, n. 28699). In conclusione, possano essere esonerati dall'applicazione del d. lgs. N. 231/2001 soltanto lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e gli altri enti pubblici non economici (art. 1, u.c. d.lgs. 231/2001). Pres. Pagano, Est. Diotallevi, Ric. Pubblico Ministero in proc. Enna Uno s.p.a.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. II, 10/01/2011 (Cc. 26/10/2010), Sentenza n. 234

 

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