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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011 (ud. 4/03/2011), Sentenza n. 889



RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Attività difformi da quelle oggetto di autorizzazione - Delitto di cui all'art. 53 bis D.lgs 22/97 - Sussistenza. Il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione dei rifiuti, idoneo ad integrare il delitto di cui all'art. 53 bis del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ora art. 260 del D.Lgs. n. 152 del 2006, si riferisce anche a quelle attività che, per le loro concrete modalità, risultino totalmente difformi da quanto autorizzato (Cass. pen. sez. III, 20.11.2007, n. 358). (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889

RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Riduzione dei costi aziendali - Dolo specifico - Configurabilità del reato - Art. 53 bis D.lgs 22/97. Ai fini della sussistenza del dolo specifico richiesto per l'integrazione del delitto di gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti, previsto dall'art. 53 bis del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, (ora sostituito dall'art. 260 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152), il profitto perseguito dall'autore della condotta può consistere anche nella semplice riduzione dei costi aziendali. (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889

 

RIFIUTI - Rottami ferrosi - Rilevanza in riferimento alla normativa in materia di rifiuti. Nella legge delega 15 dicembre 2004, n. 308, si precisa che i rottami ferrosi, di cui il detentore non si disfi e che non conferisca in sistemi di raccolta o trasporto rifiuti ma destini all'impiego in cicli produttivi siderurgici e metallurgici, sono sottoposti al regime delle materie prime, se rispondenti alla definizione di materia prima secondaria. Nel caso in cui, invece, la polvere di ferro, quale residuo di lavorazioni industriali, venga prodotta come scarto di lavorazione ed affidata a terzi per il suo trasporto e smaltimento come rifiuto speciale non pericoloso, la sua gestione rimane sottoposta alla normativa in materia di rifiuti. (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889

 

RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Confisca del mezzo di trasporto utilizzato per la commissione del reato - Obbligatorietà - Art. 53 bis D.lgs 22/97. In relazione al reato di attività organizzate per il traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti di cui all'art. 53 bis del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, poi sostituito dall'art. 260 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la confisca del mezzo di trasporto eventualmente utilizzato per la commissione dello stesso è obbligatoria, essendo tale misura di sicurezza espressamente prevista dall'art. 53 del decreto legislativo citato (sostituito dall'art. 259 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152), contenente un riferimento esplicito a tutte le ipotesi di attività di gestione illecita di rifiuti (Cass. sez. III 22/12/2006 n. 42227). (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889

 

RIFIUTI - Traffico illecito di rifiuti - Legittimazione delle associazioni ecologiste alla costituzione di parte civile ai fini del risarcimento danni derivante dal reato - Sussistenza. Anche a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetto Testo Unico ambientale) che ha attribuito in via esclusiva la richiesta risarcitoria per danno ambientale al Ministero dell'Ambiente, le associazioni ecologiste sono legittimate a costituirsi parte civile al solo fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti dal sodalizio a causa del degrado ambientale, mentre non possono agire in giudizio per il risarcimento del danno ambientale di natura pubblica. (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889


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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D'APPELLO DI PALERMO
QUARTA SEZIONE PENALE


Composta dai Signori:

1. Dott. Rosario Luzio                              - Presidente -
2. Dott. Maria Daniela Borsellino               - Consigliere -
3. Dott. Marina De Robertis                      - Consigliere -

il 04/03/2011 con l'intervento del Pubblico Ministero rappresentato dal Sostituto Procuratore Generale della Repubblica Dott. Ettore Costanzo e con l'assistenza del Cancelliere Sig.ra Rosaria Milazzo.

Ha emesso e pubblicato la seguente:


SENTENZA


IN FATTO E IN DIRITTO


1. Con sentenza dell'11 luglio 2008, il Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, dichiarava Fu. Ma., Re. Gr., Fa. Gi., Am. Ro. e Ca. Gi. colpevoli del reato di concorso in attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, previsto dall'art. 53 bis D.Lgs. n. 22/1997 e concesse a tutti gli imputati le attenuanti generiche condannava Fu. alla pena di un anno di reclusione e gli altri coimputati alla pena di otto mesi di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Condannava altresì gli imputati al risarcimento dei danni cagionati al comune di Alcamo, alla società Ag. e al WWF., parti civili costituite, da liquidarsi in sede civile, e alla refusione delle spese processuali da queste ultime sostenute.

Disponeva la confisca degli automezzi in giudiziale sequestro.

Con la medesima pronunzia il giudice dichiarava estinti per intervenuta prescrizione i tre reati contravvenzionali contestai ai capi B, C ed F e assolveva gli appellanti e i coimputati St.Gi. e Ca.Di. Da. dal reato di realizzazione di una discarica abusiva nel deposito non autorizzato della Su. sito sulla SS 119 Alcamo - Calatafimi (capo D) ritenendo che non fosse stata accertata quella attività continua e durevole nel tempo che integra la condotta incriminata e dal reato di realizzazione di una discarica abusiva nella discarica del comune di Alcamo (capo E) perché ivi insisteva già una discarica.

2. Avverso tale sentenza i difensori degli imputati hanno proposto articolati motivi di appello.

La difesa di Fu. Ma. ha chiesto l'assoluzione dell'imputato poiché nel caso di specie non ricorrerebbero gli elementi essenziali della fattispecie contestata, tra cui il carattere professionale e organizzato dell'attività di gestione dei rifiuti e il dolo specifico del profitto; rileva inoltre che l'attività di smaltimento rifiuti effettuata dalla Su. S.r.l., di cui l'imputato era amministratore unico, era regolarmente autorizzata e che, a seguito dell'entrata in vigore della l. 308/2004, la polvere di ferro non sarebbe più considerata un rifiuto ma una materia prima secondaria e ciò escluderebbe l'applicabilità della normativa in materia di rifiuti alla condotta dell'imputato.

In subordine la difesa chiede un trattamento sanzionatorio più mite, la revoca della confisca dei mezzi in sequestro perché immotivata, e il rigetto delle domande risarcitorie delle parti civili perché infondate.

La difesa di Re. Gr. chiede l'assoluzione dell'imputata per non avere commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato poiché nella sua qualità di segretaria della Su. si era limitata ad attenersi alle indicazioni del Fu., ritenendo in perfetta buona fede che le attività da lui delegate fossero lecite e regolari.

La difesa di Am. Ro. e Fa. Gi., dipendenti della Su. con la qualifica di camionisti, ha chiesto l'assoluzione dei predetti dal reato associativo loro contestato poiché gli stessi avrebbero rispettato le cogenti indicazioni ricevute dal loro datore di lavoro.

La difesa di Ca. Gi. contesta la sentenza appellata e chiede l'assoluzione dell'imputato poiché gli abusivi versamenti di polvere ferrosa effettuati illecitamente dalla ditta Su. nella discarica comunale di Alcamo, con la collaborazione del Ca. stesso, non erano tali da integrare il requisito dell'ingente quantitativo richiesto dall'art. 53 bis del decreto Ronchi citato, essendo stati dimostrati non più di nove versamenti illeciti di polvere ferrosa, per una quantità complessiva di 114 tonnellate.

Rileva altresì la difesa che la polvere di ferro non è inquinante e che la Su. era autorizzata ad entrare in discarica sicché la sua attività non poteva ritenersi clandestina. La condotta addebitata al Ca. poteva al più integrare il reato di creazione di discarica abusiva che sarebbe estinto per prescrizione.

Chiede inoltre che le parti civili, Comune di Alcamo e Ag., vengano escluse poiché non sono danneggiate ma effettive responsabili del degrado in cui versa la discarica del comune di Alcamo.

All'odierna udienza il Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi estinto il reato per intervenuta prescrizione, i difensori delle parti civili - hanno depositato memorie e nota spese e, i difensori degli imputati hanno aderito alla richiesta del Procuratore generale, insistendo in subordine nei motivi di appello.

4. Gli appelli sono infondati.

Nella sentenza impugnata, con articolata argomentazione, si ricostruisce il compendio probatorio che dimostra come Fu. Ma., nella sua qualità di amministratore unico e rappresentante legale della ditta Su. S.r.l., regolarmente autorizzata al trasporto di rifiuti speciali non pericolosi, aveva realizzato l'abusivo smaltimento di residui di lavorazione industriale consistenti in polvere di ferro, regolarmente affidatigli dallo stabilimento di Trapani della ditta Ri. S.p.A. nella discarica comunale di Alcamo, usufruendo della stabile collaborazione della sua segretaria Re. Gr., dei due camionisti alle sue dipendenze, Am. e Pa., e della disponibilità di Ca. Gi., dipendente della Ag. in servizio nella discarica anzidetta, con funzioni di palista, che previamente informato per telefono del trasporto illecito in arrivo, provvedeva ad occultare i rifiuti illecitamente versati, interrandoli.

In particolare attraverso il puntuale esame dei numerosi testi qualificati escussi in dibattimento, tra cui i sottufficiali dell'Arma Ronzino, Co. e Bi., della copiosa documentazione amministrative e contabile acquisita, delle video registrazioni visionate in udienza e delle intercettazioni telefoniche trascritte è emerso:

che l'imputato Fu. ha svolto, tramite l'articolata predisposizione di mezzi e la stabile organizzazione offertagli dalla ditta Su., un'attività abusiva di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, che invece di essere trasportati nei siti prestabiliti venivano di fatto dirottati nella discarica comunale di Alcamo e ivi interrati grazie alla complicità del Ca.;

che Re. Gr. nella sua veste di segretaria ha coadiuvato e collaborato il predetto Fu., assumendo con significativa autonomia decisionale iniziative in merito ai trasporti illeciti e dando direttive ai due camionisti Am. e Pa., il cui rispetto è stato puntualmente riscontrato dagli inquirenti;

che Ca., nella sua qualità di operaio addetto alla movimentazione dei rifiuti della discarica comunale tramite pala meccanica provvedeva a ricevere e interrare abusivamente il materiale trasportato da Am. e Fa., in base a contestuali accordi telefonici con il Fu.

E' stato accertato che la Su. da novembre 2002 a luglio 2003 ha prelevato dalla Ri. S.p.A. sedici trasporti di polvere di ferro per complessive 337 tonnellate e almeno otto o nove trasporti, per un complessivo di circa 114 tonnellate, non risultano essere stati portati nei luoghi prescritti ma sono stati abusivamente versati nella discarica comunale che non era autorizzata a ricevere questo tipo di rifiuti.

Dalle emergenze probatorie emerge altresì che la Su. prelevava altri rifiuti industriali dalla Ta. S.p.A. che scaricava abusivamente in un deposito nella sua disponibilità sito sulla Strada Statale 119.

Inoltre è stato provato che il Fu. unitamente ai suoi complici scaricava rifiuti industriali in un appezzamento di terreno sito in contrada (...) di proprietà di tale Pi. che ne aveva dato la disponibilità.

Tali circostanze di fatto non sono state contestate dagli appellanti.

Questa Corte deve osservare che vanno sostanzialmente condivise le conclusioni cui è addivenuto il primo giudice, all'esito di una attenta e rigorosa valutazione del materiale probatorio in atti, esposto per sintesi nella sentenza impugnata, al cui contenuto si fa anche in questa sede richiamo.

5. Va preliminarmente rilevato che il reato non è ancora estinto per prescrizione, come ritenuto dal Procuratore Generale. Ed infatti pur retrodatando la data di inizio della decorrenza del termine di prescrizione del reato al momento della cessazione dell'attività illecita, intervenuto il 17 luglio 2003 con l'arresto del Fu. e il sequestro dei bei aziendali, i termini prorogati previsti dall'art. 157 c.p. (sette anni e sei mesi), tenendo conto della sospensione della prescrizione disposta nel corso del giudizio di primo grado dal 13/10/2006 al 25/1/2007, per complessivi mesi tre e giorni 12, verrebbero a scadere il 29 aprile 2011.

6. Passando al merito delle censure difensive, la difesa di Fu. nell'atto di appello appunta le sue censure esclusivamente sul trasporto dei materiali conferiti alla Su. dalla Ri. e non contesta le emergenze probatorie né esclude che siano stati effettuati illeciti versamenti di rifiuti speciali non pericolosi nella discarica comunale di Alcamo, ma sostiene che la condotta accertata non integra la fattispecie ritenuta in sentenza poiché manca il carattere professionale e organizzato dell'attività, che si è svolta in maniera episodica e saltuaria: non sono emersi ingenti quantitativi di rifiuti illecitamente gestiti e non è stato dimostrato l'elemento del profitto ingiusto, ove si consideri che la polvere di ferro poteva essere conferita presso acciaierie dietro congruo compenso.

In effetti la sentenza impugnata si sofferma e approfondisce quasi esclusivamente le condotte abusive relative ai trasporti effettuati dalla Su. per incarico della Ri., ma dalle emergenze probatorie emergono altre gravi irregolarità commesse dal Fu. e dai suoi complici nella gestione dei rifiuti affidati alla Su., tutte precisate nell'articolato capo d'imputazione, che integrano le contravvenzioni dichiarate prescritte e contribuiscono a fornire il quadro di un'attività di gestione rifiuti complessivamente svolta dal Fu. senza il dovuto rispetto delle prescrizioni imposte dalla legge.

Basti pensare che dai servizi di appostamento e dalle intercettazioni emerge chiaramente che alcuni trasporti ai rifiuti venivano dirottati su un terreno privato di tale Pi. e altri in un piazzale di deposito sito lungo la statale.

Al riguardo va rilevato che secondo il costante orientamento della Cassazione ".. Il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione dei rifiuti, idoneo ad integrare il delitto di cui all'art. 53 bis del D. Lgs. n. 22/97, ora art. 260 del D.Lgs. n. 152 del 2006, si riferisce anche a quelle attività che, per le loro concrete modalità, risultino totalmente difformi da quanto autorizzato (Cass. pen. sez. 3, 20.11.2007, n. 358).

Ne consegue che l'attività organizzata dal Fu. di gestione rifiuti, essendosi svolta continuativamente nell'inosservanza delle prescrizioni delle autorizzazioni ricevute, integra pienamente la fattispecie contestata (Cass. pen. Sez. III, 19/11/2010 n. 40945).

Tra l'altro dall'istruzione è emerso che la Ri. conferiva alla Su. in media due camion di polvere di ferro al mese ed è stato dimostrato che, nell'arco di un anno, quasi una volta al mese il materiale veniva dirottato e versato abusivamente in discarica.

Ciò dimostra il carattere continuativo e abituale dell'illecita gestione che ammontava a quasi il 50% dei rifiuti conferiti dalla Ri., per una media totale di circa 117 tonnellate.

Né si può affermare che tale dato non integri l'ingente quantitativo richiesto dalla norma - che va riferito alla mole di rifiuti abusivamente gestiti dalla Su. - poiché certamente una quantità di oltre 110 tonnellate di polvere di ferro deve ritenersi ingente e perché, come già evidenziato, le gravi irregolarità realizzate dal Fu. e dai suoi complici, emerse dall'istruzione, non si limitano al trasporto della polvere di ferro nella discarica di Alcamo.

Ai fini della sussistenza del dolo specifico richiesto per l'integrazione del delitto di gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti, previsto dall'art. 53 bis D.Lgs. 22 del 1997 (ora sostituito dall'art. 260 D.Lgs. n. 152 del 2006), il profitto perseguito dall'autore della condotta può consistere anche nella semplice riduzione dei costi aziendali. Ed è evidente che conferire la polvere di ferro abusivamente nella discarica di Alcamo risultava meno dispendioso che raggiungere i siti prestabiliti, certamente più distanti, in cui si versa il rifiuto dietro pagamento di un corrispettivo.

Il teste Gi.Gi. ingegnere in servizio nella Ri., sentito a sommarie informazioni e poi escusso il (...) ha riferito che la polvere di ferro va conferita in una discarica B/2 con una speciale autorizzazione e che il Fu. gli aveva detto che doveva trasportare il materiale a Crotone.

E' evidente il vantaggio che l'azienda Su. ricavava dal versare il materiale abusivamente ad Alcamo, o nel terreno del Pi. o nell'abusivo deposito sito lungo la Statale 119.

L'affermazione del consulente della difesa, secondo cui la polvere di ferro poteva essere venduta alle acciaierie con profitto, appare teorica e non tiene, conto dell'organizzazione concreta della Su. e della sua localizzazione, che rende molto dispendioso ed economicamente inopportuno il trasporto e il conferimento della polvere di ferro ad aziende interessate al suo acquisto.

La difesa di Fu. ha altresì sostenuto che alla luce della nuova normativa introdotta con la L. 380/2004 la polvere di ferro non è più un rifiuto ma è stata riqualificata come materia prima secondaria e alla stessa non è applicabile la normativa sui rifiuti. II rilievo è infondato e fuorviante.

Nella legge delega richiamata dalla difesa ci si limita a precisare che i rottami ferrosi, di cui il detentore non si disfi e che non conferisca in sistemi di raccolta o trasporto rifiuti ma destini all'impiego in cicli produttivi siderurgici e metallurgici, sono sottoposti al regime delle materie prime, se rispondenti alla definizione di materia prima secondaria. Nel caso di specie è certo che la polvere di ferro, residuo di lavorazioni industriali, veniva affidata dalla Ri., che la produceva come scarto di lavorazione, alla Su. per il suo trasporto e smaltimento come rifiuto speciale non pericoloso e come tale la sua gestione rimane sottoposta alla normativa in materia di rifiuti.

La difesa lamenta infine l'entità della pena irrogata determinata in un anno di reclusione, previa riduzione per le attenuanti generiche. La pena inflitta è prossima al minimo edittale, fissato dalla norma in un anno, e appare certamente congrua all'obiettiva gravità del fatto commesso.

La difesa chiede inoltre la revoca della confisca dei mezzi in sequestro perché la sentenza appellata non ha motivato sul punto. Ma è sufficiente rilevare che in relazione al reato di attività organizzate per il traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti di cui all'art. 53 bis decreto Ronchi, poi sostituito dall'art.260 D.Lgs. n. 152 del 2006, la confisca del mezzo di trasporto eventualmente utilizzato per la commissione dello stesso è obbligatoria, essendo tale misura di sicurezza espressamente prevista dall'art. 53 citato decreto, poi sostituito dall'art. 259 D.Lgs. n. 152 del 2006, contenente un riferimento esplicito a tutte le ipotesi di attività di gestione illecita di rifiuti (v. sez. III 22/12/2006 n. 42227).

Con l'ultimo motivo di appello la difesa del Fu. contesta la condanna dell'imputato al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite, comune di Alcamo e Ag., che a suo giudizio non sono effettivamente danneggiate ma al contrario responsabili del degrado in cui versava la discarica Alcamo, e in favore del WWF perché non è stato dimostrato alcun danno.

La censura non merita accoglimento poiché è certo che l'illecito versamento di rifiuti speciali non pericolosi nella discarica di Alcamo risulta lesiva degli interessi del comune di Alcamo, come ente preposto al controllo della stessa e dell'Ag., quale associazione che ne aveva la gestione, a prescindere da eventuali corresponsabilità personali di loro dipendenti che, come il Ca., abbiano contribuito con il loro comportamento alla commissione del reato.

Quanto al WWF, On., la detta associazione, quale ente riconosciuto che ha come finalità statutaria la conservazione della natura e dei processi ecologici e la tutela dell'ambiente in riferimento all'intero territorio nazionale, è legittimata a costituirsi parte civile ai fini del risarcimento dei danni derivante dal reato di traffico illecito di rifiuti. Anche a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetto Testo Unico ambientale) che ha attribuito in via esclusiva la richiesta risarcitoria per danno ambientale al Ministero dell'Ambiente, le associazioni ecologiste sono legittimate a costituirsi parte civile al solo fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti dal sodalizio a causa del degrado ambientale, mentre non possono agire in giudizio per il risarcimento del danno ambientale di natura pubblica.

7. La difesa di Re.Gr. ha chiesto l'assoluzione dell'imputata poiché nella sua qualità di segretaria non aveva alcuna autonomia decisionale e non era neppure consapevole della illiceità dell'attività organizzata dal Fu.

Il rilievo è infondato e appare smentito dal tenore delle conversazioni intercettate in cui l'imputata mostra la sua significativa autonomia decisionale che le consentiva una certa libertà d'iniziativa, i contatti che intrattiene - con i vertici della Ri. e con i soggetti imprenditoriali con cui la Su. aveva rapporti e la autorevolezza con cui forniva indicazioni e direttive ai camionisti coinvolti nel traffico illecito, mostrando altresì la sua consapevolezza circa la natura dell'attività che delegava.

Particolarmente significativa al riguardo le telefonate intercorse il (...) in cui la Re. mostra la sua disinvoltura nel dare indicazioni e prendere decisioni in merito ai carichi da organizzare.

8. Di analogo tenore l'appello degli imputati Am. e Fa. che a giudizio della difesa avrebbero l'unica responsabilità di non avere saputo resistere alle direttive impartite dal loro datore di lavoro. Ma è proprio la loro disponibilità ad attenersi alle indicazioni illecite ricevute anche tramite la Re., che induce ad affermare la loro consapevole partecipazione all'attività delittuosa organizzata dal Fu., accertata tramite specifici servizi di appostamento e osservazione nel corso dei quali sono state effettuate inequivoche videoregistrazioni.

E' indubbio infatti che i camionisti fossero a conoscenza del carattere illecito della loro attività di trasporto e da diverse conversazioni si evince come in caso di difficoltà impreviste nell'esecuzione dell'attività illecita si raccordino con la Re. e il Fu. per trovare soluzioni alternative.

9. Con i motivi di appello Ca.Gi. contesta la sussistenza degli elementi integrativi della fattispecie delittuosa di cui all'art. 53 bis decreto Ronchi Al riguardo si richiamano le argomentazioni già sviluppate in merito all'appello del Fu.

La consapevolezza del Ca. di partecipare ad un'attività organizzata di gestione illecita di rifiuti, è dimostrata dal tenore delle conversazioni intercorse tra il predetto e il Fu., che lo chiamava prima di fare partire il carico di rifiuti per verificare che vi fossero le condizioni per entrare in discarica senza controlli imprevisti.

Quanto alla censura relativa alla legittimazione delle parti civili costituite si richiamano le motivazioni già espresse in merito.

In conclusione vanno pienamente condivise le argomentazioni e le determinazioni del primo giudice.

Al rigetto dell'appello proposto dagli imputati segue la condanna di questi ultimi alle spese di questo grado di giudizio e alla refusione delle spese processuali sostenute dalle parti civili costituite nel presente grado di giudizio, che liquida come da dispositivo.


P.Q.M.


La Corte

Letti gli artt. 605 e 592 c.p.p.

Conferma la sentenza emessa dal Tribunale di Trapani sezione distaccata di Alcamo, in data 11 luglio 2008 appellata da Fu.Ma., Re.Gr., Fa.Gi., Am.Ro., Ca.Gi. che condanna al pagamento delle ulteriori spese processuali e alla refusione delle spese processuali sostenute dalle parti civili costituite nel presente grado di giudizio, che liquida per ciascuna di esse in Euro 900,00 comprensive di spese, oltre IVA e CPA.

Così deciso in Palermo il 4 marzo 2011.

Depositata in Cancelleria il 18 marzo 2011.



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