AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


 

Dottrina LegislazioneGiurisprudenzaConsulenza On Line

AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

Giurisprudenza

 

 

Diritto venatorio e della pesca

Caccia e pesca

 

Anno 2010

 

Anni: 2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005

- 2004 - 2003 - 2002 - 2001 - 2000 - 1999-93

 

 

>> Informazioni per la pubblicità su AmbienteDiritto.it <<

 

 

 

CACCIA - Controllo selettivo della fauna selvatica - Art. 19 L. n. 157/92 - Ordinanza comunale adottata in assenza del preventivo parere dell’INFS - Illegittimità - Fattispecie: piccioni terraioli. Il secondo comma dell’art. 19 della legge n. 157/92 attribuisce alle Regioni il controllo delle specie di fauna selvatica per motivi sanitari e per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche. Secondo la norma tale controllo, esercitato selettivamente, deve essere praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici, su parere dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica; e soltanto laddove il medesimo Istituto abbia verificato l’inefficacia dei predetti metodi, le Regioni possono eventualmente autorizzare piani di abbattimento della fauna. Ciò posto, è illegittima l’ordinanza con cui l’amministrazione comunale, nel predisporre le modalità di controllo della popolazione di piccioni terraioli in funzione di tutela delle coltivazioni, abbia proceduto in assenza del parere obbligatorio dell’I.N.F.S Pres. Nicolosi, Est. Grauso - L.A.V. (avv. Stefutti) c. Comune di Pontedera (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez II - 30 dicembre 2010, n. 6883

CACCIA - Ordinanza di abbattimento dei piccioni terraioli - Artt. 50 e 54 T.U.E.L. - Esigenze di protezione delle produzioni agricole - Assimilabilità alle esigenze di sanità e igiene - Esclusione.
Le esigenze di protezione delle produzioni agricole (in specie addotte a giustificazione dell’ordinanza di abbattimento dei piccioni terraioli) non sono assimilabili all’ambito della sanità e dell’igiene, ovvero a quelli dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana,che giustificano l’adozione di un provvedimento contingibile e urgente ex artt. 50 e 54 T.U.E.L. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - L.A.V. (avv. Stefutti) c. Comune di Pontedera (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez II - 30 dicembre 2010, n. 6883
 

CACCIA - AREE PROTETTE - Aree contigue - Soggetti non residenti - Esercizio venatorio - Art. 18 l.r. Liguria n. 29/1994 - Illegittimità costituzionale. L’art. 25, comma 18, della legge della Regione Liguria 1° luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio), è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui consente la caccia nelle cosiddette aree contigue anche a soggetti non residenti nelle aree medesime, in quanto contrastante con l’art. 32, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette). Pres. De Siervo, est. Silvestri - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Liguria - CORTE COSTITUZIONALE - 11 novembre 2010, n. 315

CACCIA - AREE PROTETTE - Competenza legislativa regionale in materia di caccia - Riforma costituzionale del 2001 - L. n. 394/1991 - Forza vincolante - Permanenza - Standard minimi di tutela uniformi - Regione - Previsione di soglie inferiori di tutela - Possibilità - Esclusione.
A seguito della riforma costituzionale del 2001, la trasformazione della competenza legislativa regionale in materia di caccia da concorrente a residuale non ha fatto venir meno la forza vincolante delle norme contenute nella L. n. 394/1991, le quali oggi assumono la veste di standard minimi uniformi, previsti dalla legislazione statale, nell’esercizio della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Con riferimento alla questione in oggetto, la Regione pertanto non può prevedere soglie inferiori di tutela, mentre può, nell’esercizio di una sua diversa potestà legislativa, prevedere livelli maggiori, che implicano logicamente il rispetto degli standard adeguati ed uniformi fissati nelle leggi statali (sentenze n. 193 del 2010 e n. 61 del 2009). Pres. De Siervo, est. Silvestri - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Liguria - CORTE COSTITUZIONALE - 11 novembre 2010, n. 315

CACCIA - AREE PROTETTE - L. n. 394/1991 - L. n. 157/1992 - Diversità dell’oggetto.
L’oggetto delle leggi n. 394 del 1991, relativa alle aree protette, e n. 157 del 1992, relativa invece alla protezione della fauna e al prelievo venatorio, è diverso. La prima si occupa soltanto del prelievo venatorio nelle aree protette e nelle zone contigue e presenta pertanto carattere di specialità rispetto alla seconda. Pres. De Siervo, est. Silvestri - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Liguria - CORTE COSTITUZIONALE - 11 novembre 2010, n. 315
 

CACCIA - Deroga al regime restrittivo della caccia - Condizioni - Conservazione degli uccelli selvatici - Inadempimento di uno Stato (Italia - Regione Veneto) - Artt. 7 e 9 Direttiva 79/409/CEE. La possibilità, prevista all’art. 9 della direttiva, di derogare al regime restrittivo della caccia di cui all’art. 7 della medesima direttiva, soggiace a tre condizioni. In primo luogo, lo Stato membro deve limitare la deroga al caso in cui non vi sia un’altra soluzione soddisfacente. In secondo luogo, la deroga deve basarsi su almeno uno dei motivi tassativamente elencati all’art. 9, n. 1, lett. a), b) e c), della direttiva. In terzo luogo, la deroga deve rispondere ai precisi requisiti di forma di cui a detto art. 9, n. 2, requisiti volti a limitare le deroghe allo stretto necessario e a permettere la vigilanza da parte della Commissione (C.G.CE, sentenza 7/3/1996, causa C-118/94, Associazione Italiana per il WWF e a.). Trattandosi di un regime eccezionale, che deve essere di stretta interpretazione e far gravare l’onere di provare la sussistenza dei requisiti prescritti, per ciascuna deroga, sull’autorità che ne prende la decisione, gli Stati membri sono tenuti a garantire che qualsiasi intervento riguardante le specie protette sia autorizzato solo in base a decisioni contenenti una motivazione precisa e adeguata riferentesi ai motivi, alle condizioni e alle prescrizioni di cui all’art. 9, nn. 1 e 2, della direttiva (C.G.CE, sentenza 8/6/2006, causa C-60/05, WWF Italia e a.). Nella specie, la Regione Veneto ha adottato e applicato una normativa che autorizza deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici senza rispettare le condizioni stabilite all’art. 9 della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 9 di tale direttiva. Pres. Bonichot - Rel. Bay Larsen - Commissione europea c. Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 11/11/2010, Sentenza C-164/09

 

PESCA - Pesca nel Mediterraneo - Misure tecniche per la conservazione delle risorse - Divieto di impiego di taluni tipi di reti da pesca - Misure supplementari o che vanno al là delle esigenze minime di detto regolamento, adottate anteriormente all’entrata in vigore del medesimo - Condizioni di validità - Art. 1, nn. 2 e 3 Reg. (CE) n. 1626/94. L’art. 1, nn. 2 e 3, del regolamento (CE) del Consiglio 27 giugno 1994, n. 1626, che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel Mediterraneo, come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 17 novembre 2000, n. 2550, deve essere interpretato nel senso che, da un lato, l’entrata in vigore di tale regolamento non influisce sulla validità di una misura nazionale supplementare di divieto adottata anteriormente a tale entrata in vigore e, dall’altro lato, che esso non osta a siffatta misura purché detto divieto sia conforme alla politica comune della pesca, tale misura non vada oltre quanto necessario alla realizzazione dello scopo perseguito e non violi il principio di parità di trattamento, cosa che deve essere valutata dal giudice del rinvio. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Symvoulio tis Epikrateias (Grecia) - Panagiotis I. Karanikolas e a. c. Ypourgos Agrotikis Anaptyxis kai Trofimon ed altri. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 02/09/2010, Sentenza C-453/08

 

CACCIA - Ambiti territoriali - Organi preposti alla gestione dell’attività venatoria - Principio di rappresentatività - Art. 14, c. 10 L. n. 157/1992 - Standard di tutela uniforme - Art. 19 L.r. Molise n. 19/1993 - Illegittimità costituzionale. Il principio di rappresentatività, di cui all’art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992, ha carattere inderogabile (sentenza n. 299 del 2001); in particolare, che detta disposizione, nello stabilire «i criteri di composizione degli organi preposti alla gestione dell’attività venatoria negli ambiti territoriali individuati secondo le modalità indicate, fissa uno standard minimo ed uniforme di composizione degli organi stessi che deve essere garantito in tutto il territorio nazionale» (sentenza n. 165 del 2009). Ne deriva l’illegittimità costituzionale dell’art. 19 della legge regionale del Molise n. 19 del 1993, nella parte in cui, con riferimento alla composizione degli enti di gestione degli ambiti territoriali di caccia, non garantisce la paritaria rappresentanza delle associazioni venatorie e delle organizzazioni professionali agricole. Pres. Amirante, Est. Saulle - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Molise - CORTE COSTITUZIONALE - 22 luglio 2010, n. 268

CACCIA - Caccia in deroga - Art. 9 direttiva 79/409/CEE (oggi 2009/147/CE) - Condizioni - Onere di puntuale ed espressa indicazione - Mancata osservanza - Legge Regione Lombardia n. 19/2009- Art. 2 L.r. Toscana n. 53/2009 - Illegittimità costituzionale.
In materia di caccia in deroga, il rispetto del vincolo comunitario derivante dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE (oggi art. 9 della direttiva 2009/147/CE) impone l’osservanza dell’obbligo della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte le condizioni in esso specificamente indicate (specie cacciabili, mezzi autorizzati, condizioni di rischio e circostanze di tempo e luogo, autorità competente, controlli), e ciò a prescindere dalla natura, amministrativa ovvero legislativa, del tipo di atto in concreto utilizzato per l’introduzione della deroga al divieto di caccia e di cattura degli esemplari appartenenti alla fauna selvatica stabilito agli articoli da 5 a 8 della medesima direttiva. Tale onere non risulta rispettato né dalla Legge della regione Lombardia n. 19 del 2009, né dall’art. 2 della Legge della Regione Toscana n. 53 del 2009: entrambe le disposizioni regionali sono pertanto costituzionalmente illegittime, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. Pres. Amirante, Est. Saulle - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regioni Lombardia e Toscana - CORTE COSTITUZIONALE - 22 luglio 2010, n. 266

 

CACCIA - Regione siciliana - Calendario venatorio 2010/2011 - Sospensione - Violazione delle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE. Va accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione del Calendario venatorio 2010/2011 della Regione Siciliana, in ragione del mancato rispetto delle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE (avuto riguardo anche all’interpretazione datane dalle recenti sentenze della Corte di Giustizia 15 luglio 2010, in causa C-573/08, e 4 marzo 2010, in causa C-241/08). Pres. Giallombardo, Est. Tulumello - Legambiente - Comitato regionale siciliano ONLUS e altri (avv.ti Giuliano, Giudice e Crosta) c. Presidenza della Regione Siciliana e altri (Avv. Stato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I- 16 luglio 2010, ord. n. 638

 

PESCA - Aree marine - Deturpamento o distruzione per illecita attività di pesca subacquea - Necessità di perimetrazione - Esclusione. In materia di tutela ambientale, anche le aree marine protette sono sottratte alla necessità di perimetrazione tabellare in quanto istituite e delimitate con appositi provvedimenti, completi delle indicazioni tecniche e topografiche necessarie per l'individuazione, la cui conoscenza è assicurata dalla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Pertanto, l'ignoranza colpevole circa l'esatta perimetrazione dell'area non è scusabile. (Fattispecie: illecita attività di pesca subacquea). Ric. Di Meo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/07/2010 (Ud. 21/04/2010), Sentenza n. 27683

 

CACCIA - Declaratoria di estinzione del reato e art. 2 L. n. 157/1992- Confisca dell'arma - Esclusione. In caso di condanna per il reato d’abbattimento, cattura o detenzione di specie nei cui confronti la caccia non è consentita, non incluse nell’elenco di cui all’articolo 2 della legge n. 157/1992, la confisca dell’arma non può essere disposta essendo essa prevista per altre e diverse ipotesi di reato. A fortiori essa quindi non può essere disposta in caso di declaratoria di estinzione del reato. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. De Meio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 14/07/2010, (Ud. 8/06/2010) Sentenza n. 27265

 

CACCIA - Cattura indiscriminata di esemplari di uccelli - Reti azionate a scatto e trappole - Reato di uccellagione - Configurabilità - Art. 30 lett. e) L. n.157/92. L'uso di reti azionate a scatto e la predisposizione di apposite trappole, tendenti alla cattura indiscriminata di esemplari di uccelli integra il reato di uccellagione di cui all'art. 30 lett. e) L. n. 157/92. [conf. Cass. Sez. III Sent. n. 19554 del 28/04/04; Cass. Sez. III Sent. n. 2423 del 12/03/97; Cass. Sez. III Sent. n. 1713 del 14/02/96]. (riforma sentenza emessa il 09/01/09 Tribunale di Forlì) Pres. Altieri, Est. Gentile, Ric. Sassi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/07/2010 (Ud. 26/05/2010), Sentenza n. 25873

 

CACCIA - Indicazione delle specie cacciabili - Art. 18 L. n. 157/1992 - Standard minimi e uniformi di tutela della fauna - Regioni a statuto speciale - Art. 37, cc. 1 e 2 l.r. Friuli Venezia Giulia n. 13/2009 - Illegittimità costituzionale. L’art. 37, commi 1 e 2, della l.r. Friuli Venezia Giulia n. 13 del 2009, sebbene sia riconducibile alla materia «caccia» spettante alla competenza legislativa primaria della Regione ai sensi dell’art. 4 del relativo statuto di autonomia, nell’individuare le specie cacciabili sul territorio regionale, incide in un ambito attribuito alla competenza esclusiva del legislatore statale. Ciò risulta confermato dall’art. 7 della direttiva n. 79/409/CEE, secondo cui «In funzione del loro livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità le specie elencate nell’allegato II possono essere oggetto di atti di caccia nel quadro della legislazione nazionale». In attuazione della menzionata normativa, l’art. 18 della legge n. 157 del 1992 contempla appositi elenchi nei quali sono individuate le specie cacciabili, i relativi periodi in cui ne è autorizzato il prelievo venatorio, nonché i procedimenti diretti a consentire eventuali modifiche a tali previsioni. Ne consegue che lo stesso art. 18 garantisce, nel rispetto degli obblighi comunitari contenuti nella direttiva n. 79/409/CEE, standard minimi e uniformi di tutela della fauna sull’intero territorio nazionale e, pertanto, ha natura di norma fondamentale di riforma economico-sociale, in quanto indica il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica il cui rispetto deve essere assicurato sull’intero territorio nazionale e, quindi, anche nell’ambito delle Regioni a statuto speciale (sentenze n. 227 del 2003 e n. 536 del 2002). Pres. Amirante, Est. Saulle - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli Venezia Giulia - CORTE COSTITUZIONALE - 1 luglio 2010, n. 233

CACCIA - Art. 48, c. 6 l.r. Friuli Venezia Giulia n. 13/2009 - Sottoposizione dell’intero territorio regionale al regime della zona faunistica delle Alpi - Contrasto con l’art. 10, c. 3 L. n. 157/1992 - Illegittimità costituzionale.
L’ art. 48, comma 6, della L.R. Friuli Venezia Giulia n. 13 del 2009, nel sottoporre fino al 31 gennaio 2010 l’intero territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia al regime giuridico della zona faunistica delle Alpi, si pone in contrasto con la disciplina statale di cui all’art. 10, c. 3, della L. n. 157/1992, in quanto limita, in violazione degli standard minimi ed uniformi di tutela di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, la quota di territorio da destinare a protezione della fauna selvatica (sentenza n. 165 del 2009). Pres. Amirante, Est. Saulle - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli Venezia Giulia - CORTE COSTITUZIONALE - 1 luglio 2010, n. 233

 

CACCIA - Introduzione di armi in area protetta - Sospensione dall’esercizio venatorio - Legittimità - Assenza di cartelli di delimitazione dell’area protetta - Irrilevanza - Ragioni. La sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività venatoria sul territorio regionale è legittimamente irrogata nei confronti del soggetto che abbia introdotto un’arma da caccia all’interno del perimetro di un parco naturale, a nulla rilevando l’assenza di cartelli di delimitazione dell’area protetta. La conoscenza del perimetro di un’area protetta deve infatti presumersi avendo avuto i confini del Parco la necessaria, e sufficiente, pubblicità legale; d’altro canto, il cacciatore è tenuto a conoscere le limitazioni all’esercizio lecito della caccia, ivi compreso il divieto di transitare con armi in zone protette. Pres. f.f. Settesoldi, Est. De Piero - G.T. (avv. Longo) c. Regione Friuli Venezia Giulia (avv. Iuri) - TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 28 giugno 2010, n. 500

 

CACCIA - Abbattimento di frosoni - Reato di cui agli artt. 30 c. 1 lett. b) e 2 , L. n.157/1992 - Configurabilità - Sequestro del fucile e confisca obbligatoria in caso di condanna - Art. 19 bis L. n. 157/1992 inserito con l'art. 1 L. n. 221/2002 - Art. 9 Dir. 79/409 CEE. Configura il reato di cui all'articolo 30 comma 1 lettera b) in relazione all'articolo 2 della legge n 157 del 1992, l’abbattimento di quattro frosoni. Il reato, legittima il sequestro del fucile utilizzato per la cattura, al fine di evitare che possa essere ulteriormente utilizzato e comunque per assicurare la confisca, trattandosi di arma oggetto di confisca obbligatoria in caso di condanna. (conferma ordinanza dell' 11/01/2010, tribunale di Arezzo) Pres. Lupo, Est. Peti, Ric. Fatti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/06/2010 (Cc. 27/05/2010), Sentenza n. 23931

 

CACCIA - Regione Puglia - Artt. 9 e 10 L.r. n. 27/1998 - Art. 10 L. n. 157/1992 - Piano faunistico venatorio regionale - Effetti - Approvazione regionale. Le previsioni dell’art. 10 della l. 11 febbraio 1992 n. 157 e degli artt. 9 e 10 della l.r. Puglia 13 agosto 1998 n. 27 delineano un sistema in cui gli effetti del piano faunistico venatorio regionale sono riportati all’approvazione da parte della Regione dello strumento programmatorio; è a questo momento che deve essere riportata l’istituzione delle <<oasi di protezione, …(delle) zone di ripopolamento e cattura, ..(dei) centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, ..(delle) zone di addestramento cani, nonché …(degli) A.T.C.>> (art. 9, 9° comma l.r. 13 agosto 1998 n. 27), senza che la detta conclusione possa essere modificata dalla disposizione (art. 10, 5° comma l.r. 13 agosto 1998 n. 27) che prevede che i proprietari delle aree possano manifestare la propria opposizione all’istituzione di un’oasi di protezione successivamente alla notificazione della deliberazione che approva il piano faunistico provinciale. Pres. f.f. ed Est. Viola - Anlc e altri (avv.Garrisi) c. Comune di Tequile (n.c.) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 9 giugno 2010, n. 1387

 

CACCIA - AREE PROTETTE - Divieto di attività venatoria nelle aree protette - Art. 22, c. 6 L. n. 394/91 - Zone naturali di salvaguardia - L.r. Piemonte n. 19/2009, art. 5, c. 1, lett. c) e art. 8, c. 4 - Illegittimità costituzionale. Il divieto di attività venatoria, previsto dall’art. 22, comma 6, della legge quadro n. 394 del 1991 per i parchi e le riserve naturali regionali (ovvero per le aree protette regionali previste e consentite dalla legislazione statale) si applica anche alle zone naturali di salvaguardia (introdotte dall’art. 5, c. 1 della L.r. Piemonte n. 19/2009), dato che il fine di protezione della fauna è connaturato alla funzione propria di qualsiasi area protetta. Il divieto di caccia, infatti, è una delle finalità più rilevanti che giustificano l’istituzione di un’area protetta, poiché oggetto della caccia è la fauna selvatica, bene ambientale di notevole rilievo, la cui tutela rientra nella materia “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Strato, che deve provvedervi assicurando un livello di tutela, non “minimo”, ma «adeguato e non riducibile», come ha puntualizzato la più recente giurisprudenza di questa Corte, restando salva la potestà della Regione di prescrivere, purché nell’esercizio di proprie autonome competenze legislative, livelli di tutela più elevati (sentenza n. 61 del 2009). Sicchè è fondata la questione di legittimità costituzionale concernente l’art. 5, comma 1, lettera c), e l’art. 8, comma 4 della L.R. Piemonte n. 19/2009, che consentono l’attività venatoria nelle zone naturali di salvaguardia, per contrasto con l’art. 22 della legge n. 394 del 1991, che vieta l’attività venatoria nei parchi naturali e nelle riserve naturali regionali, e, di conseguenza, per violazione dell’art. 117, comma secondo, lettera s), Cost. Pres. Amirante, Est. Maddalena - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Piemonte - CORTE COSTITUZIONALE - 4 giugno 2010, n.193

 

CACCIA - Valichi montani - Divieto di caccia - Art. 21, c. 3 L. n. 157/92 - L.r. Lombardia n. 26/1993, art. 43, c. 3 - Individuazione dei valichi - Apprezzamento caso per caso - Istruttoria. Il divieto di caccia in prossimità dei valichi è previsto a livello nazionale dall’art. 21 comma 3 della l. 11 febbraio 1992 n°157; nella regione Lombardia, il divieto in questione è ribadito, con riguardo ai valichi alpini, dall’art. 43 comma 3 della l.r. 16 agosto 1993 n°26. La normativa regionale rende esplicito un dato già contenuto nella norma statale, ovvero che i valichi montani non sono stati ritenuti suscettibili di una individuazione a priori, dato che le rotte di migrazione dell’avifauna sono per natura un dato mutevole. La necessità di sottoporre a tutela un dato valico deve quindi essere apprezzata caso per caso; l’individuazione poi presuppone una corretta e completa istruttoria, la quale in termini banali accerti se, quali e quanti uccelli migratori attraversino la zona. Pres. Calderoni, Est. Gambato Spisani - LAC (avv. Linzola) c. Provincia di Brescia (avv.ti Donati e Pola) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 27 maggio 2010, n. 2156

CACCIA - Valichi migratori - Zona di protezione speciale - Elementi comuni - Differenze.
La zona di divieto di caccia relativa ai valichi migratori e la zona di protezione speciale sono istituti diversi. Le ZPS sono istituto accomunato alla tutela dei valichi dal comune obiettivo di tutela dell’avifauna migratrice, ma con funzione diversa, dato che si tratta di zona in cui gli uccelli non si limitano a transitare in volo, ma possono soggiornare con una qualche stabilità. Pres. Calderoni, Est. Gambato Spisani - LAC (avv. Linzola) c. Provincia di Brescia (avv.ti Donati e Pola) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 27 maggio 2010, n. 2156

 

CACCIA - Associazioni venatorie - Riconoscimento - Art. 34, c. 2 L. n. 157/92 - Limiti - Confederazione di associazioni più piccole, ciascuna delle quali non in possesso del grado di rappresentatività richiesto - Elusione della norma. L’art. 34, comma 2, lettere b) e c) della legge n. 157/1992 (norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio) pone limiti ben precisi per uno specifico riconoscimento delle associazioni venatorie, che siano costituite a livello nazionale, abbiano un consistente numero di iscritti (calcolato sul totale dei cacciatori italiani rilevato dall’Istat) e siano in grado di esprimere l’indirizzo di questi ultimi, come democraticamente espresso in forma di mandato rappresentativo. Una mera confederazione di associazioni più piccole (nella specie, Conf.A.V.I.), ciascuna delle quali di per sé non in possesso del grado di rappresentatività richiesto, appare inidonea a consentire il perseguimento delle finalità della norma in esame, configurandone piuttosto l’elusione. Pres. Barbagallo, Est. De Michele - Federazione Italiana della Caccia e altri (avv.ti Chiola e Gorlani) c. Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e altro (Avv. Stato)- (Riforma TAR LAZIO, Roma, n.1966/2007) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 26 maggio 2010, n. 3339

 

CACCIA - Abbattimento dei maiali domestici inselvatichiti - Ordinanza contingibile e urgente - Difetto di motivazione in ordine ai presupposti integranti il pericolo per l’incolumità - Illegittimità. L’ordinanza contingibile ed urgente con cui l’Amministrazione comunale resistente ha autorizzato l’abbattimento dei maiali domestici inselvatichiti allo stato brado in tutto il territorio comunale, è illegittima ove non sia supportata da un’adeguata istruttoria e motivazione dei presupposti di fatto eventualmente legittimanti la sua adozione ed integranti il pericolo per l’incolumità pubblica dei cittadini. Pres. Giallombardo, Est. Tomaiuoli - L.A.V. (avv.ti Bonanno e Giudice) c. Regione Sicilia Assessorato Agricoltura e Foreste e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR SICILIA, Palermo, Sez.I - 18 maggio 2010, n. 6896

CACCIA - Abbattimento dei maiali domestici inselvatichiti - Ordinanza contingibile e urgente - Tutela dell’incolumità pubblica - Autorizzazione di tutti i cittadini in possesso del porto d’armi all’abbattimento generalizzato dei suidi - Illogicità.
L’ordinanza con cui è autorizzato l’abbattimento dei maiali domestici inselvatichiti allo stato brado sul presupposto di asseriti pericoli per l’incolumità pubblica si appalesa affetta da illogicità, laddove autorizza i cittadini in possesso del porto d’armi all’abbattimento generalizzato dei suidi, in evidente contrasto con il superiore interesse alla difesa dell’incolumità pubblica posto alla base del provvedimento. Pres. Giallombardo, Est. Tomaiuoli - L.A.V. (avv.ti Bonanno e Giudice) c. Regione Sicilia Assessorato Agricoltura e Foreste e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR SICILIA, Palermo, Sez.I - 18 maggio 2010, n. 6896

 

CACCIA - Confisca fucile da caccia - Limiti - Sentenza di condanna - Art. 444 c.p.p.. Il fucile da caccia non é una cosa intrinsecamente pericolosa la cui detenzione costituisce di per sé reato perché può essere detenuto dal cacciatore previa autorizzazione. Non si tratta quindi di cosa la cui detenzione è vietata in modo assoluto. Diversamente accade nelle ipotesi di confisca prevista dalla legge quale conseguenza della sentenza di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p., poiché in dette ipotesi la confisca consegue solo all'accertamento che l'uso di determinate cose sia avvenuto illecitamente, mentre la detenzione ovvero la disponibilità delle stesse, se debitamente autorizzate, non costituisce reato, sicché la confisca assolve ad una funzione repressiva dell'uso illecito delle medesime cose nei confronti dell'autore della violazione. Pres. De Maio, Est. Petti, Ric. De Bosi. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 17/05/2007 (Cc. 07/04/2010), Sentenza n. 18545

CACCIA - Confisca dell'arma utilizzata per la caccia - Disciplina applicabile - Art. 28 c. D.Lgs. n. 157/1992 - Art. 324 cc. 1 e 7, c.p.p. - Art. 240 c. 2 c.p.. Il D.Lgs. n. 157 del 1992 all'articolo 28 comma secondo dispone la confisca dell'arma utilizzata per la caccia solo in caso di condanna. Orbene, l'estensione della disposizione di cui all'art. 324 c.p.p., comma 7, a tutti i casi di confisca obbligatoria, diversi da quelli ricadenti nella previsione dell'art. 240 c.p., comma 2, costituisce un'applicazione analogica della norma, la quale non è corretta sul piano ermeneutico, pur trattandosi di disposizione processuale, dovendo essere, considerata la particolare funzione che il divieto di restituzione assolve con riferimento alle cose indicate dalla disposizione espressamente richiamata dalla norma che regola il procedimento di riesame (conf. Cass. sez. III n 2949 del 2005, Gazziero; cass. n. 44279/1997). La confisca obbligatoria richiamata dall'art. 324 c.p.p., comma 1, si riferisce, infatti, alle cose intrinsecamente pericolose o illecite, la cui mera detenzione o uso assume carattere criminoso, sicché la restituzione delle stesse determinerebbe la prosecuzione ovvero la ripresa dell'attività illecita, che, il divieto di restituzione mira ad impedire. Pres. De Maio, Est. Petti, Ric. De Bosi. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 17/05/2007 (Cc. 07/04/2010), Sentenza n. 18545

 

INCENDI BOSCHIVI - CACCIA - Soprassuoli percorsi dal fuoco - L. n. 353/2000 - Prevalenza rispetto alle disposizioni regionali - Fattispecie: Divieto di caccia per tre anni nelle aree percorse dal fuoco - L.r. Liguria n. 35/08. In tema di incendi boschivi, la normativa statale di cui alla L. n. 353/2000 prevale rispetto a disposizioni regionali di maggiore favore (nella specie, L.r. Liguria n. 35/08, che modificando l'art. 46 della l.r. n. 4/1999, ha ridotto a tre anni - rispetto ai dieci previsti dall'art. 10, c. 1 della l. n. 353/2000 - il periodo di divieto di esercizio dell'attività venatoria nelle aree percorse dal fuoco). TRIBUNALE CIVILE DI SAVONA - 20 aprile 2010, n.343
 

CACCIA - Piano faunistico-venatorio - Atti di pianificazione - Osservazioni degli interessati - Natura - Apporto collaborativo - Rigetto o accoglimento - Motivazione - Sindacato giurisdizionale - Limiti. Le osservazioni proposte dagli interessati nei confronti degli atti di pianificazione (nella specie: piano faunistico venatorio) rappresentano non un rimedio giuridico in senso proprio, al quale andrebbe data una risposta puntuale e specifica, ma un semplice apporto collaborativo; possono pertanto essere rigettate o accolte senza una motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali dello strumento pianificatorio, le cui scelte possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di arbitrarietà, irrazionalità o irragionevolezza, ovvero di palese travisamento dei fatti, che costituiscono i limiti della discrezionalità amministrativa, anche tenuto presente che gli atti di tale specie non sono soggetti ad un obbligo di motivazione in senso proprio, così come definito dall’art. 3 della l. 241/1990. Pres. Tenca, Est. Gambato Spisani - Wwf Italia Ong Onlus (avv. Brambilla) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Gorlani, Vavassori e Pasinelli) e Regione Lombardia (avv.ti Gallonetto e Santagostino) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 9 aprile 2010, n. 1532

CACCIA - Piano faunistico venatorio - Aree percorse dal fuoco - Coordinamento - Strumento - Fattispecie.
Il Piano faunistico venatorio è strumento destinato a valere per un periodo di tempo non brevissimo, o addirittura valido a tempo indeterminato, salve modifiche. Viceversa, le aree percorse dal fuoco rappresentano una realtà mutevole, anche nel giro di tempi assai brevi. Pertanto, uno strumento pianificatorio che, a qualsivoglia fine, sia tenuto ad individuare tali aree, non può operare nel modo classico, ovvero facendo riferimento ad una cartografia allegata, e destinata a rimanere la medesima per tutta la vigenza del piano stesso: è necessaria una diversa soluzione tecnica, che garantisca un costante aggiornamento dello stato di fatto (nella fattispecie il piano faunistico venatorio faceva legittimamente riferimento ad una cartografia tematica presente su internet, resa disponibile al pubblico e costantemente aggiornata con i dati del Corpo forestale dello Stato). Pres. Tenca, Est. Gambato Spisani - Wwf Italia Ong Onlus (avv. Brambilla) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Gorlani, Vavassori e Pasinelli) e Regione Lombardia (avv.ti Gallonetto e Santagostino) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 9 aprile 2010, n. 1532

CACCIA - Divieto di caccia nelle aree percorse dal fuoco - Art. 10 L. n. 353/2000 - Subordinazione all’istituzione di un catasto da parte dei Comuni - Esclusione - Divieto discendente direttamente dalla legge.
Il divieto di caccia nelle aree percorse dal fuoco discende direttamente dalla legge ( art. 10 comma primo ultima parte della l. 353/2000) e non è subordinato alla individuazione di esse con qualche specie di atto formale, segnatamente in un catasto da istituire a cura dei Comuni. Pres. Tenca, Est. Gambato Spisani - Wwf Italia Ong Onlus (avv. Brambilla) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Gorlani, Vavassori e Pasinelli) e Regione Lombardia (avv.ti Gallonetto e Santagostino) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 9 aprile 2010, n. 1532

CACCIA - Strumenti pianificatori - Scelte - Giustificazione in termini razionali - Fattispecie: piano faunistico venatorio della Provincia di Bergamo - Individuazione delle zone alpine.
Gli strumenti pianificatori, non soggetti ad un obbligo puntuale di motivazione ai sensi dell’art. 3 della . 241/1990, debbono pur sempre giustificare le scelte compiute in termini razionali, e non è all’evidenza razionale una scelta che non renda in alcun modo esplicita la metodologia seguita nel conformarsi ad un criterio o ad un altro, allorquando più di uno sia in astratto possibile. (fattispecie relativa al Piano faunistico venatorio della Provincia di Bergamo, il quale, nell’individuare la “zona alpina” di cui agli artt. 10 comma 3 della l. 157/1992 e dell’art. 13 comma 3 della l. r. Lombardia n. 26/1993, non contiene alcuna considerazione in ordine all’istruttoria e alle valutazioni che abbiano preceduto tale individuazione, posto che non esistono criteri scientifici univoci e condivisi che consentano di individuare un dato territorio come zona alpina) Pres. Tenca, Est. Gambato Spisani - Wwf Italia Ong Onlus (avv. Brambilla) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Gorlani, Vavassori e Pasinelli) e Regione Lombardia (avv.ti Gallonetto e Santagostino) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 9 aprile 2010, n. 1532

CACCIA - L.r. Lombardia n. 26/1993 - Art. 13 - Modifiche - Interpretazione - Rapporto tra quota protetta di TASP e utilità per la fauna selvatica.
La lettera novellata dell’art. 13 della l.r. Lombardia 26/1993 non impedisce di ritenere che il requisito di utilità per la fauna selvatica, ancorché non più menzionato in modo esplicito, continui ad essere richiesto per la quota protetta di TASP in conformità ai principi nazionali e all’art. 117 lettera s) Cost. Pertanto, lo stesso art. 13 va interpretato nel senso che i terreni di cui all’art. 43 successivo, che possono andare a comporre il TASP protetto, siano non genericamente tutti quelli ove la caccia è vietata, ma soltanto quelli che possono servire di rifugio alla fauna stessa. A tale interpretazione non osta certo la lettera dello stesso art. 43, che comprende un elenco di divieti piuttosto eterogeneo, e non può certo intendersi come oggetto di rinvio complessivo e totale. Pertanto, ai sensi della normativa così interpretata, sicuramente potrà far parte della quota protetta di TASP un territorio ove la caccia è vietata ai sensi del comma 1 lettera b), perché si tratta di area protetta; non già il territorio delle fasce di rispetto stradali, ferroviarie e urbane. Pres. Tenca, Est. Gambato Spisani - Wwf Italia Ong Onlus (avv. Brambilla) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Gorlani, Vavassori e Pasinelli) e Regione Lombardia (avv.ti Gallonetto e Santagostino) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 9 aprile 2010, n. 1532
 

CACCIA - Calendario venatorio - INFS - Natura - Parere obbligatorio non vincolante - Amministrazione regionale - Discostamento dal parere INFS - Motivazione - Calendario venatorio 2008/2009 della Regione siciliana - Prelievo venatorio di lepre italica e beccaccia - Contrasto con il parere INFS - Carenza di motivazione - Illegittimità. L’art. 7, comma 1, della l. n. 157/1992, qualifica l’INFS come “organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le Regioni e le Province”, la cui funzione istituzionale non può, quindi, essere quella di sostituirsi alle Amministrazioni nel compimento delle proprie scelte in materia di caccia, ma semmai quello di supportarla sotto il profilo squisitamente tecnico. Ne deriva che, applicando i principi generali in materia di rapporto tra provvedimento finale ed attività consultiva a carattere di obbligatorietà e non di vincolatività, il parere reso da tale organo sul calendario venatorio può in linea di principio essere anche disatteso dalla Amministrazione regionale, la quale tuttavia è tenuta all’onere di farsi carico delle osservazioni procedimentali e di merito e, pertanto, di esprimere le valutazioni, che la portano -se del caso- a disattendere il parere stesso (cfr. TAR Marche, I, 24 ottobre 2007, n. 1778). Per tale ragione, è illegittimo il calendario venatorio 2008/2009 della Regione siciliana, in relazione alla lepre italica, nella parte in cui prevede il prelievo giornaliero di un capo con tetto massimo di due capi annui, disattendendo il parere in merito espresso dall’INFS, senza alcun riferimento alle motivazioni che hanno condotto l’amministrazione a tale determinazione; analogamente, è illegittima la parte in cui è autorizzato il prelievo venatorio della beccaccia per tre mesi consecutivi dall’1 novembre al 31 gennaio, in palese contrasto con la previsione della chiusura anticipata al 31/12 contenuta nel parere dell’INFS. Pres. f.f. Maisano, Est. Valenti - Legambiente e altri (avv. Giudice) c. Regione Sicilia e altri (Avv. Stato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 23 marzo 2010, n. 3481

CACCIA - AREE PROTETTE - Divieto dell’esercizio venatorio nelle aree naturali protette - ZPS - Divieto di caccia - Fondamento - Art. 21 L.r. Sicilia n. 33/97 - Art. 21 L. n. 157/92 - Direttiva 92/43/CEE - Direttiva 79/409/CEE.
L’art.21 L.R. Sicilia n. 33/97 fa fermi i divieti già contenuti nell’art.21 della L. 157/92 che alle lett.b) e c) del comma 1, vieta a chiunque l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali; nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica. A tutt’oggi le ZPS sono classificabili tra le aree naturali protette per le quali quindi opera il divieto cit., in quanto l’efficacia del decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio del 25 marzo 2005, con il quale era stata annullata la deliberazione del 2 dicembre 1996, è stata sospesa con ordinanza del TAR Lazio Roma, sez. II bis, 24 novembre 2005, n. 6856, confermata con ordinanza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 783 del 14 febbraio 2006. Per completezza va, peraltro, rilevato che quella classificazione è avvenuta sulla base della direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, la quale fa espressamente riferimento alla esigenza di tutela delle ZPS, le quali, insieme alle Zone Speciali di Conservazione (ZSC), di cui alla direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, costituisce la rete ecologica europea Natura 2000, di cui all'art. 3 della citata direttiva 92/43/CEE. Alla conclusione della sussistenza del divieto di caccia nelle ZPS si potrebbe, pertanto, pervenire anche sulla base della succitata direttiva (in tal senso T.A.R. Lombardia Milano, IV, 23 gennaio 2008, n. 105, nel senso della sussistenza di tale divieto anche TAR Lazio, I, 14 settembre 2006). Pres. f.f. Maisano, Est. Valenti - Legambiente e altri (avv. Giudice) c. Regione Sicilia e altri (Avv. Stato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 23 marzo 2010, n. 3481

 

CACCIA - Uccellagione e attività venatoria - Differenza - Fattispecie: impiego di due gabbie trappola di rete metallica - Uccellagione - Configurabilità - Esclusione - Artt. 3, 12, 13 e 30 c.1 lett. e) L. n.157/1992. Costituisce uccellagione qualsiasi sistema di cattura degli uccelli con mezzi fissi, di impiego non momentaneo, e comunque diversi da armi da sparo (reti, panie, ecc.), diretto alla cattura di un numero indiscriminato di volatili, mentre, costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto alla cattura di singoli esemplari di fauna selvatica. L'elemento che distingue l'uccellagione, sempre vietata, dall'esercizio venatorio con strumenti non consentiti, è costituito dall'uso e dalla particolare offensività degli strumenti usati, nel senso che l'uccellagione è diretta alla cattura di un numero indiscriminato di esemplari con possibilità di colpire ogni specie di volatile e quindi anche quella specie per la quale la cattura non è in alcun modo consentita, mentre la caccia con mezzo vietato di volatili è diretta alla cattura di singoli esemplari. E' quindi la maggiore offensività del mezzo illecito adoperato che distingue le due ipotesi (cfr Cass n. 9607 del 1999; 6343 del 2006. nn 17272 e 35630 del 2007). Nella specie, l'utilizzazione di una trappola di dimensioni minime (due gabbiette di rete metallica), non in grado di riarmarsi da sole per una successiva azione di cattura non può configurare l’esercizio dell’uccellagione posto che il mezzo usato non può considerarsi particolarmente offensivo e quindi idoneo a dar luogo a tale attività. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Cipriani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/03/2010 (Ud. 03/02/2010), Sentenza n. 10381

 

DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA - VIA - Trasposizione non corretta - Zone speciali di conservazione - Conseguenze significative di un progetto sull’ambiente - Carattere “non perturbatorio” di talune attività - Valutazione delle incidenze sull’ambiente - Contratti Natura 2000 - Inadempimento di uno Stato (Francia) - Art. 6, nn. 2 e 3, Direttiva 92/43/CEE. La Repubblica francese, prevedendo da un lato, in termini generali, che la pesca, le attività acquicole, la caccia e le altre attività venatorie praticate nelle condizioni e sui territori autorizzati dalle leggi e dai regolamenti in vigore non costituiscono attività perturbatorie o aventi conseguenze analoghe, e, dall’altro, esentando sistematicamente dalla procedura di valutazione delle incidenze sul sito i lavori, le opere e le realizzazioni previsti dai contratti Natura 2000, e esentando sistematicamente da tale procedura i programmi e i progetti di lavori, di opere o di realizzazioni soggetti a regime dichiarativo, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza, rispettivamente, dell’art. 6, n. 2, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, e dell’art. 6, n. 3, della direttiva medesima. Pres. Bonichot - Rel. Bay Larsen - Commissione europea c. Repubblica francese. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 04/03/2010, Sentenza C-241/08

 

CACCIA - Cattura dei richiami vivi - Normativa di riferimento - Art. 4, cc. 3 e 4 L. n. 1571993 - Artt. 7 e 26 L.r. Lombardia n. 26/1993 - Art. 9 Dir. n. 79/409/CEE. La cattura dei richiami vivi (c.d. presicci), vale a dire uccelli utilizzati come richiamo di altri volatili nella caccia da appostamento, è consentita dalla legge n. 157/1992, art. 4, commi 3° e 4°, nonché, per la Regione Lombardia, dalla legge regionale n. 26/1993, artt. 7 e 26, ai fini della loro cessione gratuita ai cacciatori che esercitano attività venatoria da appostamento. In materia assume, peraltro, importanza fondamentale il diritto comunitario ed in particolare la direttiva del Consiglio n. 79/409/CEE, sulla conservazione degli uccelli selvatici. La direttiva vieta, in linea generale, l’uccisione e la cattura di uccelli selvatici (cfr. art. 5), salve le deroghe previste dall’art. 9 della direttiva medesima. La legislazione statale e regionale in materia di cattura di richiami vivi per la caccia deve, ovviamente, essere rispettosa delle prescrizioni comunitarie ed, in particolare, delle deroghe di cui al citato art. 9 (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 6 aprile 2009, n. 3136). Pres. Leo, Est. De Vita - LAC Onlus (avv. Linzola) c. Provincia di Como (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 3 marzo 2010, n. 533

CACCIA - Cattura di richiami vivi - Del. Pov. Como n. 323/2006 - Cattura consentita nei limiti della legge regionale n.. 20/2006 (1500 esemplari) - Mancata indicazioni delle ragioni per le quali appare necessaria la cattura del predetto quantitativo - Illegittimità - Violazione delle disposizioni comunitarie di cui alla dir. n. 79/409/CEE.
E’ illegittima la deliberazione della Giunta Provinciale di Como n. 323 del 21 settembre 2006, con la quale si stabilisce di procedere alla cattura dei richiami vivi nei limiti previsti dalla legge regionale n. 20 del 2006 (All. A, per un totale di 1.500 esemplari per la Provincia di Como), senza indicare le ragioni che avrebbero indotto l’Amministrazione a reputare necessaria la cattura del predetto quantitativo (cfr., da ultimo, T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 6 aprile 2009, n. 3136). In tal modo si contravviene infatti in maniera evidente alle previsioni del diritto comunitario, che vietano, in via generale, la cattura di animali selvatici vivi: la deroga consentita non può che essere interpretata in modo restrittivo, dovendosi ritenere imprescindibili delle giustificazioni congruenti, sia per procedere alla sua attuazione, che per individuare i limiti quantitativi ritenuti necessari (cfr. Corte di Giustizia della Comunità Europea, sentenza del 12 dicembre 1996, causa C-10/96; altresì, diffusamente, Commissione europea “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici”, direttiva “Uccelli selvatici”, Febbraio 2008). Pres. Leo, Est. De Vita - LAC Onlus (avv. Linzola) c. Provincia di Como (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 3/3/2010, n. 533

 

CACCIA - RIFIUTI - L.r. Toscana n. 3/94 - Autorizzazioni all’appostamento della caccia - Rispetto delle distanze legali da luoghi adibiti a posti di lavoro - Discarica - Natura di “luogo adibito a posti di lavoro” - Esclusione. Ai sensi del Testo unico dei regolamenti regionali di attuazione della legge regionale toscana 12 gennaio 1994 n. 3 di cui al DPGR 25 febbraio 2004 n. 13/R (vigente nella fattispecie, poi modificato dal DPGR Toscana 11 ottobre 2007 n. 32), la Provincia, nel rilasciare le autorizzazioni all’appostamento della caccia, deve verificare il rispetto delle distanze legali delle zone in cui si esercita la caccia rispetto ad immobili, fabbricati o stabili adibiti ad abitazioni o a posti di lavoro ( art. 33 l.r. n. 3 del 1994 ). Non può considerarsi immobile adibito a posti di lavoro un deposito di materiale organico costituente una discarica. E’ evidente infatti che una discarica di materiali di varia natura non è un “luogo adibito a posti di lavoro”, secondo la dizione utilizzata dalla legge regionale , ma semplicemente un luogo dove può solo occasionalmente verificarsi che vi sia una presenza umana , essendo la destinazione dominante del sito volta ad ospitare rifiuti. Pres. Baccarini, Est. Montedoro - C.M. (avv. De Murtas Picinelli) c. Provincia di Lucca (avv. Del Carlo) - (Conferma T.A.R. TOSCANA n. 101/2009). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 2 febbraio 2010, n. 460

 

CACCIA - Pianificazione faunistico-venatoria - Disciplina regionale specifica - Divieto di attività venatoria - Obbligo di tabellazione o perimetrazione delle aree - Fondamento - Art. 10 L. n. 157/1992 L. n. 394/1991. In tema di aree protette, il principio generale fissato dall'art. 10 legge 157 del 1992 (secondo cui l’operatività del divieto di attività venatoria nelle aree oggetto di pianificazione faunistico - venatoria è subordinata alla loro tabellazione) è derogato dalla legge n. 394 del 1991 con riguardo ai parchi nazionali, per la ragione che essi sono delimitati con appositi provvedimenti, completi di tutte le indicazioni tecniche e topografiche necessarie per l’individuazione, la cui conoscenza è assicurata dalla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Questa regola, però, anche per la sua natura di norma eccezionale o derogatoria, non può applicarsi, in mancanza di specifiche disposizioni normative, a fattispecie diverse, ossia ad aree che non rientrano tra i «parchi nazionali» ai sensi della legge n. 394 del 1991. In ogni caso la regola stessa non può applicarsi ai parchi regionali qualora le leggi regionali che li istituiscono contengano sul punto una disciplina diversa, ed in particolare prevedano un obbligo di tabellazione o perimetrazione delle aree interessate. Pres. Lupo, Est. Franco, Ric. Netti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/01/2010 (Cc. 10/12/2009), Sentenza n. 1989

 

CACCIA - ASSOCIAZIONI - Pianificazione faunistico-venatoria - Associazione ambientalista - Interesse a ricorrere - Sussistenza. La pianificazione faunistico venatoria appare presupposto imprescindibile per l'esercizio della caccia stessa - art.10 L. 157/92 - e quindi appare evidente interesse di un'associazione ambientalista ad ottenere corrette modalità delle attività venatorie e della tutela della fauna, attesa l’inscindibile connessione esistente tra tale aspetto e la protezione dell’ambiente nel suo complesso (T.A.R. Liguria, sez. II, 22 novembre 2002, n. 1124; Cons. Stato, sez. VI, 19 ottobre 2004, n. 6757). Pres. Nicolosi, Est. Massari - LAV (avv. Stefutti) c. Provincia di Siena (avv. Bartali). TAR TOSCANA, Sez. II - 9 gennaio 2010, n. 12

DIRITTO VENATORIO - Piani provinciali di abbattimento - Previo esperimento di metodi ecologici - Inefficia di detti metodi certificata dall’INFS - Art. 19, c. 2, L. n. 157/92. I piani provinciali di abbattimento devono dar conto del previo esperimento di metodi ecologici e dell'inefficacia di detti metodi incruenti certificata dall'Infs, (TAR Friuli Venezia Giulia, 22 novembre 2007, n. 732). La lettura dell’art. 19, c. 2 della L. 11 febbraio 1992, n. 157, infatti, rende evidente che l’abbattimento della fauna costituisce un’opzione del tutto subordinata ed eventuale rispetto all’utilizzo di metodologie ecologiche (TAR veneto, sez. II, 24 ottobre 2008, n. 3274). Pres. Nicolosi, Est. Massari - LAV (avv. Stefutti) c. Provincia di Siena (avv. Bartali). TAR TOSCANA, Sez. II - 9/01/2010, SENTENZA n.12

CACCIA - Regione Toscana - L.r. n. 3/94 - Controllo delle specie di fauna selvatica - Esercizio selettivo - Preventivo parere favorevole dell’INFS. La legge regionale toscana 13 gennaio 1994, n. 3 di recepimento della normativa nazionale stabilisce all’art. 37 che le Province ai fini del controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, possono disporre che “…tale controllo, esercitato selettivamente” e “praticato di norma mediante l' utilizzo di metodi ecologici” debbano acquisire a tale fine il parere favorevole dell' Istituto nazionale per la fauna selvatica. Solo “qualora l' Istituto verifichi l' inefficacia dei predetti metodi, le Province possono autorizzare piani di abbattimento” (comma 3). Pres. Nicolosi, Est. Massari - LAV (avv. Stefutti) c. Provincia di Siena (avv. Bartali). TAR TOSCANA, Sez. II - 9 gennaio 2010, n. 12

 

FAUNA E FLORA - CACCIA - Nutrie - Piani di contenimento - Regione Emilia Romagna - L.R. 8/94 e 6/2000 - Competenza - Amministrazione provinciale. Nella Regione Emilia Romagna, l’art. 16 della L.R. n.8 del 1994, l’art. 12 della L.R. n. 6/2000 e, ulteriormente, la deliberazione della Giunta Regionale n. 760/1995, attribuiscono ogni competenza in materia di attuazione dei piani di contenimento delle nutrie alle amministrazioni provinciali, con conseguente incompetenza dell’amministrazione comunale ad adottare provvedimenti in subiecta materia. Pres. Papiano, Est. Giovannini - LAC (avv. Rizzato) c. Comune di Polesine Parmense (avv. Rutigliano). TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 7 gennaio 2010, n. 10