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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 11 febbraio 2011, n. 904


BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Autorizzazione paesaggistica - Procedimento di verifica della legittimità - Art. 10 bis L. n. 241/1990 - Applicabilità - Esclusione - Ragioni.
L’art. 10 bis della L. n. 241/1990 non è applicabile al procedimento statale di verifica della legittimità dell’autorizzazione paesaggistica, sia perché tale procedimento non è attivato su istanza di parte, bensì su richiesta dell’Amministrazione comunale che ha rilasciato tale autorizzazione, sia perché la comunicazione di cui all’art. 10 bis ha ad oggetto “i motivi che ostano all’accoglimento della domanda”, mentre la funzione esercitata dalla Soprintendenza nell’esercizio del potere di annullamento di un’autorizzazione paesaggistica non è quella di verificare la sussistenza dei presupposti legittimanti il rilascio del provvedimento, bensì quella di scrutinare la legittimità dell’autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione comunale. Pres. Veneziano, Est. Polidori - D.S.F. e altro (avv. Cinque) c. Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Napoli e Provincia (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 11 febbraio 2011, n. 904

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincolo paesaggistico - Autorizzazione paesaggistica - Potere di annullamento - Profili di eccesso di potere.
Il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica attribuito alla Soprintendenza non può comportare un riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionali compiute dall’Ente locale, tale da consentire la sovrapposizione o la sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un mero controllo di mera legittimità, (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 19 febbraio 2009, n. 958). Tuttavia il controllo di legittimità della Soprintendenza può riguardare anche tutti i possibili profili dell’eccesso di potere (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 11 settembre 2003, n. 5099), ivi compresi il difetto di istruttoria ed il difetto di motivazione. Pertanto, posto che la funzione dell’autorizzazione non è quella di rimuovere il vincolo, ma di accertare in concreto la compatibilità dell’intervento prospettato con le esigenze di tutela e di conservazione dei valori ambientali e paesistici, l’annullamento dell’autorizzazione è giustificato quando la valutazione di compatibilità si traduce in una obiettiva deroga e, quindi, in un’autorizzazione illegittima per sviamento o travisamento. Pres. Veneziano, Est. Polidori - D.S.F. e altro (avv. Cinque) c. Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Napoli e Provincia (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 11 febbraio 2011, n. 904

 

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N. 00904/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00557/2009 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settiima)



ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso n. 557/2009, proposto da DI SIENO Francesco e FONTANELLA Immacolata, rappresentati e difesi, per mandato a margine del ricorso, dall’avvocato Francesco Cinque, con il quale sono elettivamente domiciliati in Napoli, piazza Bovio n. 14;


contro


- il Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Napoli e Provincia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli nei cui uffici è ope legis domiciliato in Napoli via A. Diaz n. 11;
- Comune di Sant’Antonio Abate, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
DI SIENO Ercole, rappresentato e difeso, per mandato a margine dell’atto di intervento, dall’avvocato Francesco Cinque, con il quale sono elettivamente domiciliati in Napoli, piazza Bovio n. 14;

per l'annullamento

del decreto in data 10 ottobre 2008, con il quale è stata annullata l’autorizzazione paesaggistica n. 67 del 7 agosto 2008, rilasciata dal Dirigente dell’Area Urbanistica ed Ecologia del Comune di Sant’Antonio Abate nell’ambito del procedimento di condono edilizio relativo ad un immobile sito alla via Casa d’Auria n. 1444, costituito da un piano interrato e da un piano terra adibiti ad attività artigianale e da un primo piano adibito a civile abitazione, nonché di ogni altro atto ad esso presupposto, collegato, connesso e conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi dei ricorrenti;


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali e di intervento di Di Sieno Ercole;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2011 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


1. Con atto notificato in data 12 gennaio 2009 e depositato in data 29 gennaio 2009 i ricorrenti hanno impugnato il decreto in data 10 ottobre 2008, con il quale è stata annullata l’autorizzazione paesaggistica n. 67 del 7 agosto 2008, rilasciata dal Dirigente dell’Area Urbanistica ed Ecologia del Comune di Sant’Antonio Abate nell’ambito del procedimento di condono edilizio relativo ad un immobile sito alla via Casa d’Auria n. 1444, costituito da un piano interrato e da un piano terra adibiti ad attività artigianale e da un primo piano adibito a civile abitazione.

Nella motivazione del provvedimento impugnato la Soprintendenza evidenzia quanto segue: «Trattasi della sanatoria di un immobile costituito da un piano interrato, da un piano terra adibito ad attività artigianale e da un primo piano adibito a civile abitazione. Esaminati gli elaborati pervenuti si constata che l’edificio sorge in un’area relativamente libera, circondata da fondi agricoli, ed è quindi particolarmente esposto, essendo di consistente volumetria e di forme vistose. Inoltre, costituisce un insieme incongruo, essendo costituito da: - un basamento, che corrisponde per tipologia all’attività artigianale che vi ha sede; - finestrature alte a nastro, nonché ampie bucature per gli accessi all’officina; - tettoia in lamiera, che copre la rampa per il piano seminterrato; un primo piano caratterizzato da eccessivo sviluppo di balconate, con parapetti sagomati di tipologia del tutto estranea alla tradizione locale. Pertanto il tutto costituisce un insieme squalificato e squalificante, non compatibile con il contesto paesistico. Si ritiene, quindi, non motivato il parere della C.P.A., che afferma che l’edificio “per caratteristiche tipologiche ben si inserisce nell’ambiente circostante”, senza che siano fornite giustificazioni di tale affermazione. Di conseguenza il decreto dirigenziale in questione è anche illegittimo essendo carente d’istruttoria».

Di tale provvedimento i ricorrenti chiedono l’annullamento deducendo i seguenti motivi.

I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 159 del decreto legislativo n. 42/2004, in relazione all’art. 32 della legge n. 47/1985; violazione della legge n. 241/1990; eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione, inesistenza dei presupposti, palese illogicità, travisamento. Con il presente motivo vengono censurate le motivazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato. Innanzi tutto i ricorrenti affermano che la Soprintendenza - nell’affermare che “l’edificio sorge in un’area relativamente libera, circondata da fondi agricoli, ed è quindi particolarmente esposto” - ha omesso di considerare l’effettivo stato dell’area nella quale sorge l’edificio di cui trattasi, posto che dalla documentazione allegata alla richiesta di condono e dalla perizia di parte allegata al ricorso si evince che il fabbricato non sovrasta per altezza l’edificato circostante, né altera il contesto in cui si inserisce, caratterizzato dalla presenza di molteplici edifici per cui è materialmente impossibile che il fabbricato in oggetto possa ostruire alcuna visuale del paesaggio. Inoltre i ricorrenti deducono che nel provvedimento impugnato manca una congrua e puntuale motivazione in ordine all’asserito pregiudizio che l’intervento assentito arrecherebbe ai concreti valori paesaggistici e ambientali.

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 159 del decreto legislativo n. 42/2004, in relazione all’art. 32 della legge n. 47/1985; eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione, inesistenza dei presupposti, palese illogicità, travisamento. Anche le censure dedotte con il presente motivo riguardano le motivazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato. In particolare i ricorrenti sostengono che nel caso in esame la Soprintendenza ha illegittimamente effettuato un riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionali compiute dall’Ente locale, tale da determinare la sovrapposizione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione.

III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 159 del decreto legislativo n. 42/2004, in relazione all’art. 32 della legge n. 47/1985; eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione, violazione del principio di leale collaborazione. La presente censura è incentrata sulla violazione del principio di leale collaborazione tra la Soprintendenza e l’Amministrazione regionale o l’ente sub-delegato alla gestione del vincolo paesaggistico. In particolare, secondo la prospettazione dei ricorrenti, in applicazione di tale principio la Soprintendenza non potrebbe annullare, per difetto di motivazione, l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Amministrazione regionale o dall’ente sub-delegato alla gestione del vincolo, essendo tenuta a disporre l’annullamento soltanto laddove la rimozione dell’abuso edilizio si riveli assolutamente necessaria ai fini della tutela del vincolo, sicché la Soprintendenza, nel caso in esame, avrebbe dovuto chiedere all’Amministrazione comunale chiarimenti in merito alle ragioni che l’hanno indotta a valutare l’immobile abusivo compatibile con le esigenze di tutela del vincolo paesaggistico.

IV) Violazione degli articoli 7, 8 e 10 bis della legge n. 241/1990 e dell’art. 97 della Costituzione; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento di legge. La presente censura è incentrata sulla violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, in ragione del fatto che l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica non è stato preceduto dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

2. L’Amministrazione dei beni culturali si è costituita in giudizio per resistere al ricorso in data 13 febbraio 2009 ed ha depositato una memoria difensiva e documenti.

3. Con memorie depositate in data 27 dicembre 2010 e 5 gennaio 2001 i ricorrenti e l’interveniente ad adiuvandum hanno insistito per l’accoglimento del presente gravame.

4. Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2011 il ricorso è stato chiamato e, previa discussione, trattenuto per la decisione.


DIRITTO


1. L’esame del presente gravame - avente ad oggetto il decreto in data 10 ottobre 2008, con il quale è stata annullata l’autorizzazione paesaggistica n. 67 del 7 agosto 2008, rilasciata dal Dirigente dell’Area Urbanistica ed Ecologia del Comune di Sant’Antonio Abate nell’ambito del procedimento di condono edilizio relativo ad un immobile sito alla via Casa d’Auria n. 1444 - deve iniziare dall’ultimo motivo di ricorso, incentrato sulla violazione della disposizione di cui all’art. 10 bis della legge n. 241/1990.

Tale motivo non può trovare accoglimento. Infatti, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale (T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 18 maggio 2009, n. 2667; T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 27 luglio 2009, n. 1904), al quale questa Sezione ritiene di doversi uniformare, la disposizione di cui trattasi non è applicabile al procedimento statale di verifica della legittimità dell’autorizzazione paesaggistica, sia perché tale procedimento non è attivato su istanza di parte, bensì su richiesta dell’Amministrazione comunale che ha rilasciato tale autorizzazione, sia perché la comunicazione di cui all’art. 10 bis ha ad oggetto “i motivi che ostano all’accoglimento della domanda”, mentre la funzione esercitata dalla Soprintendenza nell’esercizio del potere di annullamento di un’autorizzazione paesaggistica non è quella di verificare la sussistenza dei presupposti legittimanti il rilascio del provvedimento, bensì quella di scrutinare la legittimità dell’autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione comunale.

2. Parimenti infondate risultano le ulteriori censure dedotte dai ricorrenti, con le quali vengono censurate le motivazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e viene dedotto che la Soprintendenza avrebbe operato un inammissibile sindacato di merito sulle valutazioni espresse dal Comune di Sant’Antonio Abate ed avrebbe violato il principio di leale collaborazione con l’Amministrazione regionale o l’ente sub-delegato alla gestione del vincolo paesaggistico, omettendo di chiedere all’Amministrazione comunale i necessari chiarimenti in merito alle ragioni che l’hanno indotta a valutare l’immobile abusivo compatibile con le esigenze di tutela del vincolo paesaggistico.

A tal riguardo si deve senz’altro convenire con i ricorrenti quando affermano che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica attribuito alla Soprintendenza non può comportare un riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionali compiute dall’Ente locale, tale da consentire la sovrapposizione o la sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un mero controllo di mera legittimità, (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 19 febbraio 2009, n. 958). Tuttavia i ricorrenti omettono di evidenziare che il controllo di legittimità della Soprintendenza può riguardare anche tutti i possibili profili dell’eccesso di potere (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 11 settembre 2003, n. 5099), ivi compresi il difetto di istruttoria ed il difetto di motivazione. Pertanto, posto che la funzione dell’autorizzazione non è quella di rimuovere il vincolo, ma di accertare in concreto la compatibilità dell’intervento prospettato con le imprescindibili esigenze di tutela e di conservazione dei valori ambientali e paesistici che costituiscono la ragion d’essere del vincolo stesso, l’annullamento dell’autorizzazione è giustificato quando la valutazione di compatibilità si traduce in una obiettiva deroga e, quindi, in un’autorizzazione illegittima per sviamento o travisamento.

Poste tali premesse e considerato che il rilascio dell’autorizzazione paesistica presuppone una valutazione complessa che prende le mosse dal vincolo e si conclude con un giudizio di compatibilità dell’intervento prospettato con il vincolo stesso, la giurisprudenza ha già avuto occasione di evidenziare che il provvedimento autorizzatorio deve essere corredato da un’analitica motivazione da cui si possa chiaramente evincere non solo che tale valutazione è stata effettuata, ma anche come è stata effettuata (T.A.R. Campania, Sez. IV, 10 dicembre 2004, n. 18694; 27 gennaio 2004, n. 493). Tale considerazione si impone non solo in forza dell’art. 3 della legge n. 241/1990, ma soprattutto in ragione dell’estensione del sindacato sull’autorizzazione paesistica a tutti i vizi di legittimità, ivi compreso l’eccesso di potere. Pertanto un’autorizzazione paesistica priva di motivazione, o con una motivazione apodittica, o soltanto apparente può costituire uno dei sintomi da cui l’Autorità statale inferisce che il rilascio dell’autorizzazione in realtà si risolve in un’illegittima deroga rispetto al vincolo (T.A.R. Campania, Sez. IV, 19 novembre 2005, n. 19208).

Orbene, posto che - come puntualmente evidenziato nella motivazione dell’impugnato decreto - né dall’autorizzazione paesistica n. 67 del 7 agosto 2008, né dal parere espresso dalla C.P.A. è possibile desumere le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione comunale ad esprimere una valutazione di compatibilità dell’edificio abusivo di cui trattasi con il vincolo relativo alla zona ove lo stesso sorge, tale provvedimento autorizzatorio si traduce un’illegittima deroga al vincolo, sicché il suo annullamento non è frutto di un sindacato di merito, bensì di un sindacato di legittimità, sotto il profilo dell’eccesso di potere.

3. Né possono indurre a diverse conclusione le ulteriori affermazioni dei ricorrenti, secondo i quali dalla documentazione allegata alla richiesta di condono e dalla perizia di parte allegata al ricorso si evincerebbe che il fabbricato non sovrasta per altezza l’edificato circostante, né altera il contesto in cui si inserisce, caratterizzato dalla presenza di molteplici edifici e, quindi, il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per difetto di istruttoria, perché la Soprintendenza avrebbe omesso di considerare l’effettivo stato dell’area nella quale sorge l’edificio di cui trattasi. Infatti la Soprintendenza nella motivazione del provvedimento impugnato - oltre ad evidenziare che «l’edificio sorge in un’area relativamente libera, circondata da fondi agricoli, ed è quindi particolarmente esposto», circostanza su cui si appuntano le contestazioni di parte ricorrente - ha chiaramente evidenziato anche le caratteristiche costruttive per cui il fabbricato abusivo in questione costituisce «un insieme squalificato e squalificante, non compatibile con il contesto paesistico», sicché al Collegio non resta che porre in rilievo, da un lato, come nel ricorso non venga mossa alcuna contestazione in merito alle predette caratteristiche costruttive e, dall’altro, come la presenza di ulteriori edifici nell’area non vale certo ad escludere il negativo impatto del fabbricato medesimo sul contesto paesaggistico circostante, evincibile dalla documentazione fotografica in atti.

Né, tanto meno, può ritenersi che la Soprintendenza, invece di procedere all’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, avrebbe dovuto richiedere all’Amministrazione comunale chiarimenti in merito alle ragioni che l’hanno indotta a valutare l’immobile abusivo compatibile con le esigenze di tutela del vincolo paesaggistico. Infatti il difetto di motivazione dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata ai ricorrenti costituisce piuttosto il sintomo dal quale la Soprintendenza - nell’esercizio della sua funzione di controllo - ha correttamente desunto che l’autorizzazione non è stato rilasciata all’esito di una compiuta ed esaustiva valutazione della compatibilità del fabbricato abusivo con il vincolo paesaggistico imposto sulla zona.

4. Stante quanto precede, il ricorso in esame deve essere respinto perché infondato.

Le spese di giudizio, quantificate nella misura indicata nel dispositivo, seguono la soccombenza.


P.Q.M.


definitivamente pronunciando sul ricorso n. 557/2009, lo respinge perché infondato.

Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione dei beni culturali, delle spese di giudizio, liquidate complessivamente in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Salvatore Veneziano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere
Carlo Polidori, Primo Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 



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