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T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 31 agosto 2010, n. 5145


PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Conferenza di servizi - Natura - Strumento procedimentale di coordinamento.
La conferenza di servizi, proprio perché è solo un modulo procedimentale e non costituisce anche un ufficio speciale della Pubblica amministrazione, autonomo rispetto ai soggetti che vi partecipano, riverbera certamente i suoi effetti (che sono di natura procedimentale) sull'atto finale (cfr. Cons. St. IV sez., 9 luglio 1999 n. 1193), ma non assurge alla dignità di organo "ad hoc", né acquista soggettività giuridica autonoma, essendo solo uno strumento procedimentale di coordinamento di Amministrazioni che restano diverse tra loro e mantengono la rispettiva autonomia soggettiva (cfr. Cons. St. IV Sez. 14 giugno 2001 n. 3169). Pres. Nicolosi, Est. Massari - I.C.M. s.r.l. (avv.ti Anselmi, Colzi e Sommovigo) c. Provincia di Massa Carrara (avv. Guccinelli) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 31 agosto 2010, n. 5145

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Trattamento e smaltimento - Principio di precauzione - Incertezza circa l’esistenza o la portata di rischi per la salute - Armonizzazione con il principio di proporzionalità.
Il principio di precauzione, di derivazione comunitaria, sancito dall'art. 174 par. 2, del Trattato di Roma, trova applicazione in tutti quei settori in cui si manifesta la necessità di un elevato livello di protezione, indipendentemente dall'accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 23 gennaio 2003, n. 260). In tale senso le stesse istituzioni giudiziarie dell’Unione europea hanno avuto modo di affermare l’immediata applicabilità del principio di precauzione quando sussistono incertezze riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, e la conseguente possibilità di adottare misure protettive, senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (Tribunale I grado C.E., sez. II, 19 novembre 2009; C.G. C.E. sentenza 14 luglio 1998, causa C-248/95; id. 3 dicembre 1998, causa C-67/97, Bluhme). Il principio è pacificamente ritenuto applicabile alla materia del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti (Corte giustizia C.E., sez. IV, 4 marzo 2010, n. 297), dovendo, peraltro, armonizzarsi, nella concreta applicazione, con quello di proporzionalità, non potendo chiaramente prefigurarsi la prevalenza del primo sul secondo, ma dovendosi ricercare un loro equilibrato bilanciamento in relazione agli interessi pubblici e privati in gioco. Conseguentemente tutte le decisioni adottate dalle autorità competenti in materia ambientale devono essere assistite - in relazione alla pluralità e alla rilevanza degli interessi in gioco - da un apparato motivazionale particolarmente rigoroso, che tenga conto di una attività istruttoria parimenti ineccepibile (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 2 novembre 2009, n. 6758). Pres. Nicolosi, Est. Massari - I.C.M. s.r.l. (avv.ti Anselmi, Colzi e Sommovigo) c. Provincia di Massa Carrara (avv. Guccinelli) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 31 agosto 2010, n. 5145
 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 05145/2010 REG.SEN.
N. 00111/2009 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


 

Sul ricorso numero di registro generale 111 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Impresa Costa Mauro S.r.l., in persona dell’amministratore unico, rappresentata e difesa dagli avv.ti Daniela Anselmi, Fabio Colzi, Piera Sommovigo, con domicilio eletto presso Fabio Colzi in Firenze, via San Gallo n. 76;


contro


Provincia di Massa Carrara, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Guccinelli, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli n. 40;
Comune di Aulla in persona del Sindaco p.t.;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente – ARPA - Toscana in persona del legale rappresentante p.t.;
ASL n. 1 Lunigiana, in persona del legale rappresentante p.t.;
URTAT Massa Carrara, in persona del legale rappresentante p.t.;
ATO Rifiuti n. 1, Ambito Territoriale Ottimale Prov. di Massa Carrara, in persona del legale rappresentante p.t.;
Conferenza dei Servizi “Impianto Rifiuti di Albiano Magra - Comune di Aulla” in persona del legale rappresentante p.t.;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Cermec S.p.A. (Consorzio Ecologia e Risorse di Massa e Carrara), Erre Erre Recupero Risorse S.p.A., rappresentati e difesi dagli avv. Sergio Menchini, Natale Giallongo, con domicilio eletto presso Natale Giallongo in Firenze, via Vittorio Alfieri n. 19;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

- del verbale adottato nella seduta del 1 ottobre 2008 dalla conferenza dei servizi indetta dalla Provincia di Massa Carrara relativamente alla "individuazione della quantità complessive annue di rifiuti da trattare e da stoccare nell'impianto di Albiano Magra, Comune di Aulla (MS)”;

- di ogni atto presupposto, preparatorio o comunque connesso e, segnatamente, della nota prot. n. 2487 del 25 luglio 2008 adottata dal Dirigente del Settore Ambiente e Trasporti della Provincia di Massa Carrara di comunicazione di avvio del procedimento per l'individuazione complessiva delle quantità annue complessive da trattare, della nota prot. 3477 datata 29 ottobre 2008, della nota prot. n. 3832 del 27 novembre 2008, della nota prot. n. 3913 del 4 dicembre 2008 e della nota prot. n. 4028/Amb del 13 dicembre 2008, tutte adottate dalla Provincia di Massa Carrara;

e con i motivi aggiunti depositati in data 3 marzo 2009:

- del verbale adottato nella seduta del 22 gennaio 2009 dalla conferenza dei servizi indetta dalla Provincia di Massa Carrara relativamente alla "individuazione delle quantità complessive annue di rifiuti da trattare e da stoccare nell'impianto di Albiano Magra, Comune di Aulla (MS)" e comunicato alla ricorrente nei giorni successivi;

e con i motivi aggiunti depositati in data 23 novembre 2009:

- della determinazione dirigenziale n. D.D./8664/2009 del 13 ottobre 2009, comunicata nei giorni successivi e di tutti gli atti in essa richiamati, ivi compreso il verbale della riunione tecnica del 19 giugno 2009 ad essa allegato avente ad oggetto "Impresa Costa Mauro S.r.l. Determinazione della quantità complessiva di rifiuti trattabili nell'impianto di Albiano Magra a seguito sentenza TAR Toscana n. 106/2008".

e per il risarcimento dei danni patiti e patiendi dalla ricorrente;


Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Massa Carrara;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Cermec S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2010 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Riferisce la ricorrente di esercitare l'attività di trasporto, recupero e riutilizzo di rifiuti nello stabilimento sito dal 1995 nel Comune di Aulla, zona industriale di Albiano Magra, via Casalina 11.

Tale attività risulta assentita in forza dei seguenti atti: autorizzazione al trasporto rifiuti della Regione Liguria n. 4196/1988 e n. 50624/1990; iscrizione all'albo degli smaltitori del 3 ottobre 1996; autorizzazione della Provincia di Massa Carrara per la realizzazione e gestione dell'impianto di cernita e selezione di rifiuti del 29 aprile 1997, successivamente integrate.

Nel 1999 l'Impresa Costa aveva poi deciso di ampliare l'area dello stabilimento per razionalizzare la distribuzione degli spazi adibiti ad uffici e parcheggi e poter così utilizzare appieno le potenzialità dello stabilimento, ottenendo allo scopo l'autorizzazione rilasciata con determinazione dirigenziale della Provincia di Massa Carrara del 26 ottobre 1990.

Con atto del 17 gennaio 2000 la medesima Provincia concedeva l'autorizzazione all'esercizio dell'impianto e con il successivo provvedimento del 15 gennaio 2001 veniva autorizzato l'ampliamento del quantitativo massimo stoccabile, portato a 2500 m³ e il quantitativo annuo da trattare presso l'impianto, portato a 90.000 ton.

La società ricorrente aveva poi avanzato un'istanza per l'approvazione di un progetto di miglioramento e razionalizzazione del complesso produttivo ottenendo il parere favorevole della Conferenza provinciale di gestione dei rifiuti (12 marzo 2003), nonché dell'ASL n. 1 della Lunigiana (20 marzo 2002).

Preso atto dei suddetti pareri, la Provincia di Massa Carrara, con determinazione dirigenziale del 24 marzo 2003, autorizzava, ai sensi degli artt. 27 e 28 del d.lgs. n. 22/1997, la realizzazione e la gestione dell'impianto dotato di due linee per la selezione di rifiuti e due linee per la produzione di CDR (combustibile da rifiuti) ubicato nello stesso sito di Albiano Magra. Tale nuovo impianto era stato espressamente autorizzato a trattare una quantità di 90.000 t. annue di rifiuti.

Mentre i lavori di completamento dell'impianto erano in fase di avanzata realizzazione la Provincia di Massa Carrara, con deliberazione consiliare del 22 settembre 2004, n. 36, approvava il “Piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani -aggiornamento", poi dichiarato dalla Giunta regionale conforme alle prescrizioni contenute nel Piano regionale con atto del 29 novembre 2004, n. 1211.

I suddetti provvedimenti venivano impugnati dall'odierna ricorrente (ricorso n. 352/2005) nelle parti in cui omettevano di ricomprendere l'impianto di CDR dell’Impresa Costa tra quelli indicati dal Piano ai fini del fabbisogno della Provincia.

Al completamento dell'impianto, la Provincia di Massa Carrara, con atto del 21 ottobre 2005, rilasciava il nullaosta all'esercizio dell'attività mentre era ancora in corso il procedimento, avviato dietro impulso di istanza presentata dalla stessa ricorrente il 1° luglio 2005, per il rinnovo dell'autorizzazione già rilasciata con determinazione dirigenziale n. 8502 del 15 gennaio 2001, alla gestione dell'impianto di recupero rifiuti, con due linee di selezione, ed una quantità annua trattabile di 90.000 t. per la quale veniva rilasciata una fideiussione di £ 1.350.000.000.

Contestualmente, con la determinazione dirigenziale n. 8766 2005, la Provincia rinnovava l’autorizzazione, già in atto, per la gestione dei nuovi impianti di selezione rifiuti e di produzione CDR, imponendo solo la comunicazione di una relazione tecnica annuale sulla produzione, nonché una fideiussione di € 697.215.

Decorsi alcuni mesi dall'emanazione di tale atto, mentre la ricorrente aveva già assunto rilevanti impegni contrattuali con enti e amministrazioni pubbliche per il trattamento e il recupero dei rifiuti, la medesima Provincia emetteva un nuovo provvedimento (n. 8545 del 27 gennaio 2006) con cui si dichiarava di volere precisare il contenuto della determinazione dirigenziale precedente mentre, ad avviso della ricorrente, il contenuto di quest’ultima veniva sostanzialmente innovato dettando nuove clausole e nuove prescrizioni che modificavano in modo restrittivo la precedente autorizzazione.

Pertanto, l’Impresa Costa, col ricorso n. 575/2006, impugnava la suddetta determinazione dirigenziale, nonché, in via cautelativa, anche la precedente determinazione n. 8766/2005 con il ricorso rubricato al n. 631/2006.

In data 3 agosto 2006 n. 3251, il Dirigente del Settore ambiente e trasporti della Provincia di Massa Carrara, inviava alla Comunità montana della Lunigiana e ad alcuni sindaci dei comuni dello stesso territorio, una nota con cui si precisava che: l'unico centro di conferimento di rifiuti solidi urbani prodotti nel territorio provinciale era impianto gestito dalla CERMEC (Consorzio pubblico partecipato dai Comuni della Provincia di Massa Carrara); che l'Impresa Costa poteva ricevere solo rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata e, per di più, con determinati limiti quantitativi ed ulteriori prescrizioni non contenute nelle autorizzazioni originarie.

Anche tale atto era impugnato con ricorso rubricato al n. 1745/2006.

Con sentenza n. 1026, pubblicata l'11 aprile 2008, questo Tribunale amministrativo regionale, riuniti tutti i ricorsi precedentemente menzionati, li accoglieva, in particolare statuendo che: il Piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani aveva illegittimamente omesso di indicare l'impianto di CDR della ricorrente, già autorizzato e realizzato prima dell'approvazione del suddetto piano, e che la modifica legislativa all'art. 21, comma 7, del d.lgs. n. 22/1997 (introdotta dall'art. 23 della legge n. 179/2002) aveva consentito a qualunque soggetto di essere autorizzato al recupero dei rifiuti urbani, nonché ai comuni interessati di conferire i rifiuti anche presso impianti ubicati fuori della Provincia; risultava irragionevole la clausola che i rifiuti da trattare presso l'impianto della ricorrente dovessero provenire esclusivamente dalla raccolta differenziata e che comunque la nozione di rifiuto CER (catalogo europeo dei rifiuti) elaborata dalla Provincia si poneva in contrasto con quella stabilita in sede comunitaria; risultava incongrua la prescrizione che intendeva limitare a 90.000 t annue la quantità complessiva di rifiuti da trattare per il vecchio e il nuovo impianto, atteso che l'impianto precedente era già stato autorizzato per 90.000 t annue.

Con la determinazione dirigenziale n. 8650 del 25 luglio 2008 la Provincia di Massa Carrara decideva di ottemperare alla sentenza, perciò annullando il provvedimento n. 8766/05 nella parte relativa all’individuazione della quantità annua massima di rifiuti trattabili e in stoccaggio, nonché, relativamente alla determinazione n. 8545/06, obliterando le precisazioni di cui alle lettere a) e b) ed integrando le prescrizioni dell’allegato con l’operazione di recupero di materiali e componenti metallici.

Le note del 3 agosto 2006 n. 3251 e 4 agosto 3271 2006 venivano totalmente annullate.

Con atto del 25 luglio 2008 il Dirigente del Settore ambiente e trasporti della Provincia di Massa Carrara comunicava alla ricorrente l’avvio del procedimento finalizzato alla determinazione delle quantità complessive annue di rifiuti trattabili e stoccabili nell’intero complesso di Albiano Magra, da concludersi entro 90 giorni dalla comunicazione.

A tale scopo, in data 1 ottobre 2008 si riuniva nuovamente la conferenza di servizi senza, peraltro, giungere ad alcuna determinazione conclusiva.

Con ricorso rubricato al n. R.G. 1881/2008 l’Impresa Costa chiedeva fosse accertata l’illegittimità del silenzio serbato dalla Provincia in ordine ai provvedimenti consequenziali alla conferenza di servizi, nonché l’accertamento della sua pretesa volta al riconoscimento della quantità complessiva di rifiuti trattabili, pari a t. 180.000 annue.

Di seguito alla notizia della nuova iniziativa contenziosa intrapresa dalla deducente, la Provincia intimata provvedeva a convocare una nuova seduta della conferenza di servizi, fissando, altresì, un sopralluogo “per verificare la corrispondenza dell’impianto agli elaborati progettuali” a suo trasmessi dalla ricorrente.

Seguivano altre note di trasmissione del verbale della conferenza di servizi dell’1 ottobre 2008 e richieste di integrazioni documentali evase dall’Impresa Costa in data 15 dicembre 2008.

Nella seduta del 19 dicembre 2008 la conferenza di servizi rinviava ogni determinazione conclusiva alla seduta del 12 gennaio 2009.

Peraltro, in via cautelativa, la ricorrente decideva di insorgere contro il verbale della conferenza di servizi dell’1 ottobre 2008, nonché avverso le note del Dirigente del Settore Ambiente e Trasporti della Provincia di Massa Carrara n. 2487 del 25 luglio 2008 di comunicazione di avvio del procedimento, n. 3832 del 27 novembre 2008, n. 3913 del 4 dicembre 2008 e n. 4028/Amb del 13 dicembre 2008.

Venivano dedotti i motivi che seguono:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 210 del d.lgs. n. 152/2006. Violazione dei principi che regolano l’ottemperanza al giudicato amministrativo.
2. Violazione dei principi che regolano lo svolgimento del procedimento amministrativo. Difetto di istruttoria e di motivazione. Travisamento di fatti decisivi.
3. Indeterminatezza. Illogicità, difetto di istruttoria e di motivazione.
4. Eccesso di potere per sviamento. Violazione falsa applicazione dell’art. 31, comma 6, della legge regionale n. 25/1998.

Veniva avanzata anche una domanda di risarcimento dei danni subiti, quantificati in ca. € 20.000.000,00.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi all’accoglimento del gravame.

Dopo un ulteriore rinvio, la conferenza di servizi provinciale si riuniva nuovamente in data 22 gennaio 2009 e concludeva nel senso di riconfermare “quanto definito nell’atto di autorizzazione del 2003”.

Con motivi aggiunti notificati il 20 febbraio 2009 l’Impresa Costa impugnava tale atto deducendo:

1. Illegittimità derivata con riferimento alle censure già proposte con l’atto introduttivo del giudizio, integralmente riformulate.
2. Violazione e falsa applicazione delle statuizioni contenute nella sentenza n. 1026/2008. Travisamento di fatti decisivi. Illogicità manifesta. Difetto di istruttoria e di motivazione.
3. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità.
4. Eccesso di potere per sviamento.

Con la determinazione dirigenziale n. 8664/2009 del 13 ottobre 2009 la Provincia di Massa Carrara recepiva le conclusioni della conferenza di servizi del 22 gennaio 2009, fissando nuovamente la capacità massima di trattamento dei rifiuti in 90.000 tonnellate annue. Tanto in relazione all’asserito rifiuto dell’Impresa Costa ad apportare le modifiche impiantistiche richieste nella fase istruttoria del procedimento e alla conseguente impossibilità di valutare l’eventuale incremento del quantitativo di rifiuti trattabili e stoccabili nell’impianto della società, anche in ottemperanza alla sentenza del T.A.R. n. 1026 del 2008.

Con motivi aggiunti notificati il 12 novembre 2009 e ritualmente depositati, la ricorrente ha proposto impugnazione anche contro tale ultimo provvedimento, deducendo:

1. Illegittimità in via propria e derivata.
2. Illegittimità in via propria.
2.1. Violazione e falsa applicazione del principio di precauzione. Difetto di istruttoria e di motivazione. Sviamento.
2.2. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità sotto diverso profilo.
2.3. Eccesso di potere per sviamento.

L’Amministrazione provinciale si è costituita in giudizio opponendosi all’accoglimento del gravame, all’uopo depositando articolata memoria.

Nella circostanza il Consorzio Ecologia e Risorse di Massa e Carrara – CERMEC s.p.a. dispiegava intervento ad opponendum, contestando la fondatezza delle pretese della ricorrente.

Alla pubblica udienza del 21 gennaio 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.


DIRITTO


1. Con il ricorso in esame vengono impugnati i verbali della seduta dell’1 ottobre 2008 della conferenza dei servizi indetta dalla Provincia di Massa Carrara relativamente alla “individuazione della quantità complessive annue di rifiuti da trattare e da stoccare nell’impianto di Albiano Magra, Comune di Aulla (MS)”, nonché della nota prot. n. 2487 del 25 luglio 2008 del Dirigente del Settore Ambiente e Trasporti della Provincia di Massa Carrara di comunicazione di avvio del procedimento per l’individuazione di tale quantità, oltre ad ulteriori atti presupposti, in epigrafe precisati, adottati dalla Provincia medesima.

2. Il ricorso è inammissibile.

Come ammesso dalla stessa società ricorrente, esso viene proposto in via cautelativa, onde evitare possibili decadenze.

Tuttavia, è agevole rilevare che l’impugnazione attiene ad atti endoprocedimentali, ovvero privi di connotazione provvedimentale, che non rivestono perciò carattere di immediata lesività.

In particolare, quanto al verbale della conferenza di servizi, questa Sezione ha già avuto modo di osservare che la conferenza di servizi, proprio perché è solo un modulo procedimentale e non costituisce anche un ufficio speciale della Pubblica amministrazione, autonomo rispetto ai soggetti che vi partecipano, riverbera certamente i suoi effetti (che sono di natura procedimentale) sull'atto finale (cfr. Cons. St. IV sez., 9 luglio 1999 n. 1193), ma non assurge alla dignità di organo "ad hoc", né acquista soggettività giuridica autonoma, essendo solo uno strumento procedimentale di coordinamento di Amministrazioni che restano diverse tra loro e mantengono la rispettiva autonomia soggettiva (cfr. Cons. St. IV Sez. 14 giugno 2001 n. 3169).

Per conseguenza, esprimendo un avviso dal quale non si rinvengono motivi per discostarsi, deve concludersi per la natura endoprocedimentale di tale atto, tanto più che, nel caso di specie, il verbale, pur contenendo alcune prescrizioni, non si pone come atto conclusivo della fase istruttoria del procedimento, ogni determinazione essendo rinviata ad una successiva seduta i cui esiti sono stati poi effettivamente impugnati dalla ricorrente con motivi aggiunti (T.A.R. Toscana, sez. II, 14 marzo 2007, n. 383; id. 20 ottobre 2006, n. 4565).

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per quanto attiene: alla nota n. 2487 del 25 luglio 2008 (di mera comunicazione dell’avvio del procedimento per la determinazione delle quantità complessive annue di rifiuti trattabili e stoccabili nella struttura di Albiano Magra); alla nota n. 3477 del 29 ottobre 2008 (contenente la sollecitazione a presentare la documentazione progettuale richiesta dalla conferenza di servizi); alla missiva n. 3832 del 27 novembre 2008 (recante la notizia dell’accessibilità del verbale della conferenza di servizi dell’1 ottobre 2008); alla nota n. 3913 del 4 dicembre 2008 (con cui l’Amministrazione esprime l’avviso che il predetto verbale si intenderebbe approvato dalla deducente per silenzio assenso); alla nota prot. n. 4028/Amb del 13 dicembre 2008 (di mera trasmissione del più volte citato verbale).

3. Con motivi aggiunti notificati il 20 febbraio 2009 e depositati il successivo 3 marzo, la società ricorrente si è gravata contro il verbale della conferenza di servizi provinciale del 22 gennaio 2009 con il quale, individuando le quantità complessive annue di rifiuti trattabili e stoccabili nell’impianto di Albiano Magra, venivano confermate le decisioni già assunte nell’anno 2003, tenuto conto delle indicazioni contenute nella sentenza del T.A.R. n. 1026 del 2008 e avuto riguardo al principio di precauzione, ribadendo la perdurante validità dell’autorizzazione già rilasciata all’interessata con la determinazione dirigenziale n. 8766/05.

Il ricorso, per le ragioni già esposte con riferimento all’atto introduttivo del giudizio, deve essere dichiarato inammissibile avendo ad oggetto un atto di natura endoprocedimentale, privo di autonoma attitudine lesiva prima del suo recepimento da parte dell’Amministrazione legittimata ad emettere l’atto conclusivo del procedimento.

4. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 12 novembre 2009 e depositato il 23 novembre successivo, la società ricorrente contesta la legittimità della determinazione dirigenziale n. 8664/2009 del 13 ottobre 2009 della Provincia di Massa Carrara che recepisce le conclusioni della conferenza di servizi del 22 gennaio 2009, fissando nuovamente la capacità massima di trattamento dei rifiuti in 90.000 tonnellate annue e quella di stoccaggio in 1.500 tonnellate.

In proposito, quanto ai motivi autonomamente dedotti a confutazione della legittimità del provvedimento dell’Amministrazione provinciale si osserva quanto segue.

4.1. Non è fondata la censura di cui al punto 2.1 con cui si assume la falsa applicazione del principio di precauzione, nonché il difetto di istruttoria e di motivazione dell’atto.

Il principio in parola, di derivazione comunitaria, sancito dall'art. 174 par. 2, del Trattato di Roma (art. 130-R prima della entrata in vigore del trattato di Amsterdam), secondo cui la politica della Comunità in materia ambientale è fondata sui principi della "precauzione e della azione preventiva" trova applicazione in tutti quei settori in cui si manifesta la necessità di un elevato livello di protezione, indipendentemente dall'accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 23 gennaio 2003, n. 260).

In tale senso le stesse istituzioni giudiziarie dell’Unione europea hanno avuto modo di affermare l’immediata applicabilità del principio di precauzione quando sussistono incertezze riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, e la conseguente possibilità di adottare misure protettive, senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (Tribunale I grado C.E., sez. II, 19 novembre 2009; C.G. C.E. sentenza 14 luglio 1998, causa C-248/95; id. 3 dicembre 1998, causa C-67/97, Bluhme).

Il principio è pacificamente ritenuto applicabile alla materia del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti (Corte giustizia C.E., sez. IV, 4 marzo 2010, n. 297), dovendo, peraltro, armonizzarsi, nella concreta applicazione, con quello di proporzionalità, non potendo chiaramente prefigurarsi la prevalenza del primo sul secondo, ma dovendosi ricercare un loro equilibrato bilanciamento in relazione agli interessi pubblici e privati in gioco. Conseguentemente tutte le decisioni adottate dalle autorità competenti in materia ambientale devono essere assistite - in relazione alla pluralità e alla rilevanza degli interessi in gioco - da un apparato motivazionale particolarmente rigoroso, che tenga conto di una attività istruttoria parimenti ineccepibile (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 2 novembre 2009, n. 6758).

Nel caso che ne occupa, quindi, contrariamente all’assunto della ricorrente, il riferimento compiuto dall’Amministrazione al principio di precauzione si palesa, secondo le argomentazioni di cui sopra, pertinente giacché relativo ad una attività intrinsecamente idonea a interferire sull’equilibrio dell’ambiente e potenzialmente in grado di incidere sfavorevolmente sulla salute delle persone, basti pensare, in proposito, all’emissione di polveri sottili ed alle esalazioni conseguenti allo stoccaggio e al trattamento dei rifiuti.

4.2. Nemmeno può convenirsi con quanto dedotto con il secondo e terzo motivo.

Quanto al difetto di istruttoria, riferito alla circostanza dell’incendio che avrebbe parzialmente compromesso la capacità produttiva dell’impianto (accadimento negato dalla ricorrente) e sarebbe tra i motivi del ridimensionamento della portata dell’autorizzazione, è agevole rilevare, dalla lettura del verbale della conferenza di servizi dell’1 ottobre 2008, che il fatto è ammesso dallo stesso rappresentante dell’Impresa Costa (che vi partecipava formalmente) e che si è unicamente limitato a contestarne la rilevanza ai fini dell’oggetto della conferenza.

Per ciò che attiene al preteso sviamento di potere in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione imponendo aggravi procedimentali non esigibili, alla luce della pregressa istruttoria, deve ribadirsi, al contrario, la ragionevolezza delle conclusioni della conferenza di servizi e poi della Provincia che, partendo dal fatto incontestato della distruzione parziale di un capannone della ricorrente, hanno fatto discendere l’esigenza di nuove produzioni documentali da parte di quest’ultima “per dimostrare l’effettiva capacità complessiva dell’impianto”.

5. Fondati si palesano, viceversa, i denunciati vizi di illegittimità derivata, avuto in particolare riguardo alla sostanziale violazione del giudicato nascente dalla sentenza di questo T.A.R. n. 1026, depositata l’11 aprile 2008 e divenuta inoppugnabile il 30 luglio successivo.

5.1. Come già riferito in narrativa, con tale pronuncia sono stati decisi i ricorsi (nn. R.G. 352/05, 575/06, 631/06 e 1745/06) con i quali l’odierna ricorrente ha impugnato, tra l’altro: il Piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani e l’atto della Giunta regionale di approvazione del 29 novembre 2004, n. 1211, nella parte in cui omettevano di ricomprendere l'impianto di CDR dell’Impresa Costa tra quelli indicati dal Piano ai fini del fabbisogno della Provincia; la determinazione dirigenziale n. 8545 del 27 gennaio 2006, avente ad oggetto “precisazione del contenuto” del precedente atto dirigenziale n. 8766/05, con cui era stata rilasciata alla ricorrente l’autorizzazione per la gestione del complesso produttivo per la selezione ed il trattamento e di rifiuti in Aulla, Loc. Albiano Magra; la medesima determinazione dirigenziale n. 8766 del 28 ottobre 2005; la nota del dirigente del Settore Ambiente e Trasporti della Provincia di Massa Carrara del 3 agosto 2006 prot. n. 3251 riguardante il conferimento di RSU prodotti dalla Provincia di Lucca presso l’impianto di trattamento rifiuti della ricorrente; la nota, a firma congiunta dell’Assessore all’Ambiente e del predetto dirigente, del 4 agosto 2006 prot. n. 3271, avente ad oggetto conferimento di RSU della Provincia di Massa Carrara e indirizzata al Presidente della Comunità Montana della Lunigiana ai Sindaci dei Comuni della Lunigiana.

Tanto in relazione alla portata lesiva dei suddetti provvedimenti limitativi dal punti di vista quantitativo e qualitativo della capacità di trattamento della materia prima rifiuto, avendo circoscritto il primo profilo a 90.000 t. annue, e il secondo all’apporto dei soli rifiuti provenienti da operazioni di raccolta differenziata.

5.2. Accogliendo i ricorsi la sentenza ha, tra l’altro, statuito l’illegittimità del Piano provinciale di Massa Carrara, nella parte in cui, nel descrivere gli impianti della ricorrente, non prende in considerazione quelli autorizzati con la determinazione dirigenziale n. 8550/2003 e successivamente realizzati.

Con riferimento al provvedimento n. 8545/2006 con cui il Settore Ambiente aveva disposto delle “integrazioni” all’autorizzazione all’esercizio della linea di produzione C.D.R., già rilasciata con la determinazione dirigenziale 28.10.2005 n. 8766, il Tribunale ha ritenuto illegittima la clausola che i rifiuti da trattare negli impianti in questione dovrebbero provenire esclusivamente da raccolta differenziata, giacché tale “precisazione” si pone in evidente contrasto con il contenuto dell’All. B oggetto del provvedimento n. 8766/2005, oltre a contraddire la tipologia di rifiuto identificata dal codice comunitario rifiuti con la sigla 200301 corrispondente ai rifiuti urbani non differenziati e riprodotta nell’ordinamento nazionale con il decreto del Ministro dell’ambiente 5.2.1998 senza alcuna modifica.

5.3. Per quanto di specifico interesse per la materia del presente giudizio, con riferimento alla prescrizione, inserita nella determinazione dirigenziale n. 8766/05, secondo cui la ricorrente, pur autorizzata all’esercizio delle due nuove linee per la produzione di C.D.R., avrebbe potuto trattare un quantitativo massimo annuo di 90.000 tonnellate di rifiuti nell’intero impianto e, cioè, lo stesso quantitativo di rifiuti precedentemente autorizzati con l’atto n. 8502/2001 per gli impianti già esistenti dal 2001, il T.A.R. ne ha ritenuto l’illegittimità alla luce delle considerazioni che seguono.

Premesso che già nel 2001, con la determinazione n. 8502, l’Impresa Costa era stata autorizzata a trattare, nei propri impianti all’epoca in funzione, 90.000 tonnellate annue di rifiuti, e che con la successiva autorizzazione n. 8550/2003 era stata ammessa a realizzare due nuove linee per la selezione rifiuti e per la produzione di C.D.R. per un quantitativo di 90.000 tonnellate annue, è “evidente che, a differenza di quanto asserito dalle difese dell’amministrazione, l’indicazione del quantitativo di 90.000 tonnellate annue nella D.D. 8550/2003 si riferiva specificamente ai nuovi impianti per la cui realizzazione la ricorrente aveva appena ottenuto il relativo titolo abilitativo, senza automatiche implicazioni di assorbimento dell’assetto imprenditoriale ed autorizzatorio attinente al preesistente impianto”.

“Conseguentemente la limitazione della quantità massima ‘complessiva annua’ di rifiuti da trattare a tonnellate 90.000 (stabilita con la D.D. n. 8766/2005 – autorizzazione all’esercizio degli impianti realizzati a seguito della D.D. 8550/2003) appare priva di motivazione e contrastante con il contenuto delle citate pregresse autorizzazione, nonché affetta da illogicità manifesta ove si consideri che, a fronte di notevoli ampliamenti dell’impresa con la realizzazione di nuove linee di trattamento rifiuti, la complessiva quantità massima di materiale da trattare sarebbe rimasta immodificata senza prevedere, quindi, nessun aumento di attività produttiva e nessuno sviluppo aziendale”.

La conclusione appare confermata, oltre che dal rinnovo dell’autorizzazione rilasciata con determinazione n. 8766/2005 (relativa anche all’esercizio delle nuove linee per il C.D.R.) con cui l’amministrazione riteneva opportuno rilasciare comunque un “unico atto autorizzatorio” sia per il nuovo impianto che per quello assentito con il provvedimento n. 8502 del 15.1.2001, dalla inequivocabile circostanza che, in tale occasione, “la Provincia ha richiesto l’apposita fideiussione per un importo di € 697,215,00 in corrispondenza alle 90.000 tonn./annue autorizzate per il nuovo impianto” e “nella successiva DD 8545/2006 (di c.d. precisazioni) ha prescritto ancora una fideiussione di identico importo che può riferirsi soltanto alle due vecchie linee per le quali la precedente garanzia (nel frattempo) era venuta a naturale scadenza (insieme all’autorizzazione del 2001) al 15 genn. 2006”.

“Diversamente opinando, non si spiegherebbe per quale motivo nella DD 8545/2006 è stata richiesta una nuova fideiussione di importo pari a quella già indicata nella D.D. 8766/2005 concernente le due linee per il CDR, considerato che non vi sarebbe stato incremento di quantità trattabile rispetto a quella già in precedenza presa in considerazione ai fini del computo della garanzia fideiussoria”.

5.4. Da tali argomentazioni la sentenza fa discendere l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 8766 “nella parte in cui limita a ton. 90.000 la quantità “complessiva” annua di rifiuti da trattare ed a ton. 1.500 la capacità massima di stoccaggio, con il conseguente obbligo della Provincia di Massa Carrara, Settore Ambiente, di adottare ulteriori determinazioni sul punto al fine di individuare, alla luce degli atti del giudizio e della documentazione di progetto della ricorrente, le nuove quantità “complessive” annue di rifiuti da trattare e da stoccare nell’intero complesso”.

Come è evidente, fuori dall’effetto demolitorio della sentenza, ciò che rileva ai fini dell’effettiva tutela dell’interesse dedotto in causa dalla ricorrente è, nella fattispecie, l’effetto conformativo da essa dispiegato sulla successiva attività dell’Amministrazione.

5.5. Costituisce principio acquisito quello per cui il cd. effetto conformativo generato dalla sentenza di annullamento del giudice amministrativo stabilisce, in maniera più o meno piena a seconda del tipo di potere che viene esercitato e del vizio riscontrato, quale è il corretto modo di esercizio del potere e fissa, quindi, la regola alla quale l'amministrazione si deve attenere nella sua attività futura, ponendo vincoli derivanti dalle precedenti statuizioni sui singoli motivi scrutinati e avuto riguardo al rilievo dell'utilità ricavata dall'interessato in forza della favorevole decisione (Cons. Stato, sez. VI, 22 settembre 2008, n. 4563; T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 30 luglio 2009, n. 743).

Ciò comporta che l’Amministrazione, nell'emanare i provvedimenti ulteriori che conseguono all'effetto caducatorio dell'annullamento del provvedimento impugnato, deve tenere conto dei principi enunciati nella sentenza di annullamento e delle conseguenze giuridiche determinate dal suo contenuto ed orientare conseguentemente la sua ulteriore azione, nel rispetto di tali principi.

5.6. Nella fattispecie all’esame il giudice amministrativo ha chiaramente stabilito che, salve le ulteriori determinazioni assumibili alla luce degli elementi scaturenti dal rinnovo dell’istruttoria, la Provincia di Massa Carrara era obbligata a tener fermo il giudizio di illogicità e irragionevolezza enunciato a proposito del limite apposto alle quantità complessive annue di rifiuti da trattare e da stoccare nell’intero impianto di Albiano Magra.

D’altro canto, la stessa Amministrazione provinciale, nella comunicazione del 30 luglio 2008 di avvio del procedimento finalizzato al rilascio della nuova autorizzazione a seguito della sentenza del T.A.R., aveva ammesso che il “il T.A.R. Toscana ha posto in capo al Settore Ambiente di questa Provincia di determinare, alla luce degli atti del giudizio e dalla documentazione di progetto della ricorrente, le nuove quantità complessive annue…al fine di ottemperare a quanto statuito nella predetta sentenza…”.

Ne discende che, in ogni caso, tale quantitativo non poteva essere limitato a 90.000 ton. annue per il trattamento e a 1.500 ton. annue per lo stoccaggio. E ciò anche in forza di ulteriori considerazioni evidenziate dalla ricorrente.

La determinazione dirigenziale contestata fa, infatti, riferimento all’autorizzazione rilasciata nel 2003 (n. 8550 del 24 marzo 2003) e riferita al nuovo impianto, dotato di due linee di produzione per il CDR, mentre, successivamente a tale provvedimento, la Provincia, con determinazione n. 8766 del 28 ottobre 2005, aveva assentito il rinnovo dell’originaria autorizzazione (n. 8502/2001) connessa al vecchio complesso, già legittimato a trattare e stoccare le quantità di rifiuti confermate con il provvedimento impugnato. Ne scaturisce una palese contraddizione viepiù evidenziata dalle affermazioni, rese in sede di conferenza di servizi del 22 gennaio 2009 dall’ing. Arrighi (nella sua qualità di dirigente del Settore Ambiente della Provincia e presidente della conferenza), secondo cui “la potenzialità delle due linee di CDR è di 130.000 t/annue”.

5.7. Ne consegue che, con il provvedimento impugnato, l’Amministrazione intimata ha sostanzialmente omesso di constare le conseguenze giuridiche che scaturivano dalla sentenza più volte citata, ponendo in essere una non corretta riedizione del potere amministrativo ad essa spettante che, per i profili sopra evidenziati, merita di essere censurato.

D’altro canto non può essere condivisa l’affermazione contenuta nelle difese dell’Amministrazione secondo cui la limitazione della capacità produttiva dell’impianto, fissata con la determinazione impugnata, sia riconducibile essenzialmente alle carenze impiantistiche determinatesi nello stabilimento a seguito del già riferito incendio del capannone.

Anche a prescindere dalla circostanza dell’inammissibilità dell’integrazione motivazionale dei provvedimenti impugnati a mezzo di atti difensivi, v’è da rilevare che, dalla lettura degli atti del procedimento, emerge una presa di posizione ferma dell’Amministrazione sul mantenimento del limite delle 90.000 tonnellate sulla base del mero richiamo al principio di precauzione che, come già argomentato, se pur corretto e pertinente, in assenza di ulteriori elementi scaturenti dall’istruttoria non può di per sé sorreggere un giudizio prognostico negativo sull’ampliamento del contenuto dell’autorizzazione nel senso divisato dalla ricorrente.

In altri termini, le considerazioni espresse sul punto dalla Provincia non possono essere utilizzate come argomento surrettizio per aggirare l’obbligo di adeguamento a una sentenza che, se non condivisa, avrebbe dovuto essere impugnata.

Per le considerazioni che precedono i motivi aggiunti di ricorso ora esaminati devono pertanto essere accolti conseguendone l’annullamento dell’atto impugnato.

6. La società ricorrente ha avanzato anche domanda di risarcimento dei danni subiti in diretta connessione con i provvedimenti impugnati.

Lo scrutinio, stante la pronuncia in rito relativa all’atto introduttivo del giudizio e ai motivi aggiunti notificati il 20 febbraio 2009, deve limitarsi alle allegazioni riferite all’effetto lesivo del provvedimento impugnato con i motivi aggiunti notificati il 12 novembre 2009.

6.1. A tal proposito non è superfluo rammentare, in via preliminare, che, nel giudizio relativo alla richiesta di condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno subito per effetto dell'esecuzione di un provvedimento annullato in sede giurisdizionale, non è sufficiente che la parte ricorrente affermi genericamente di aver subito un siffatto danno, occorrendo invece, ai sensi dell'art. 2697 c.c., che sia fornita prova in ordine a tutti gli elementi costitutivi, ivi compresi la sussistenza del medesimo danno ed il suo ammontare.

A tale onere la società ricorrente si è sottratta chiedendo genericamente, nelle sue conclusioni, “il risarcimento dei danni patiti e patiendi…a seguito dell’illegittimo comportamento tenuto dall’Amministrazione provinciale, anche ai sensi dell’art. 2 bis L. n. 241/1990”.

E’ pur vero che, nell’atto introduttivo del giudizio, la ricorrente si diffonde su tale aspetto evidenziando gli importi degli accordi stipulati e delle proposte contrattuali ricevute, ma alle quali non avrebbe potuto dare esecuzione per effetto delle limitazioni imposte al contenuto dell’autorizzazione, tuttavia tali allegazioni sono sempre riconducibili ad un’istanza risarcitoria che muove da un automatismo che ha a presupposto il precedente giudicato formatosi sulla vicenda de qua, ma che non considera l’incidenza di un’ulteriore considerazione che nella circostanza elide in radice la pretesa vantata dalla ricorrente.

Invero, secondo il noto modus operandi elaborato in sede giurisprudenziale, compete a questo giudice, nell'esame della domanda risarcitoria connessa alla lesione dell'interesse pretensivo della parte, la prognosi da effettuarsi ex post sul conseguimento del bene della vita dell'interessato, in questo caso rappresentato dal rilascio dell’autorizzazione nei termini più volte rappresentati (Cons. Stato sez. V, 7 ottobre 2008, n. 4868; id., sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2894).

Secondo tale ordine di argomentazioni, pienamente condiviso dal Collegio, ai fini dello scrutinio della domanda risarcitoria conseguente alla declaratoria di illegittimità dell’atto amministrativo difetta il nesso di causalità fra l'illegittimità dell'atto lesivo e il danno lamentato allorché la Pubblica amministrazione conserva, dopo l'annullamento giurisdizionale, l'ambito di apprezzamento discrezionale (sia pure circoscritto all’ambito della discrezionalità tecnica) in ordine all'adozione del provvedimento ampliativo richiesto e la possibilità di una legittima diversa determinazione (cfr. T.A.R. Abruzzo, Pescara, 28 novembre 2005 n. 700).

Sotto tale profilo è evidente, per quanto sopra esposto, che non sussiste alcun automatismo tra l’annullamento della determinazione dirigenziale oggetto di questo giudizio (e degli atti di cui alla richiamata sentenza 1026/08) e il rilascio dell’autorizzazione nei termini e nei limiti divisati dalla ricorrente, dovendo comunque l’Amministrazione provinciale, anche secondo il dictum della sentenza n. 1026/08 di questo T.A.R., provvedere a “determinare, alla luce degli atti del giudizio e dalla documentazione di progetto della ricorrente, le nuove quantità complessive annue” trattabili e stoccabili nell’impianto di Albiano Magra, tenendo conto della potenzialità complessiva delle due linee come indicata nella più volte citata sentenza (superiori alle 90.000 tonnellate annue) e dell’incidenza derivante dalla reale operatività di tutte le strutture che possano garantire l’utilizzazione dell’impianto stesso fino alla sua massima potenzialità.

Solo al completamento dell’istruttoria, assistita dagli apporti collaborativi dell’interessata, si potrebbe pervenire ad una valutazione positiva sull’istanza di quest’ultima e, quindi, riscontrare l’effettiva sussistenza e i contorni del danno lamentato.

6.3. Analogo ordine di argomentazioni conduce a ritenere l’infondatezza dell’azione risarcitoria riferita al danno da ritardo per violazione dell’art. 2 bis della l. n. 241/1990.

Tale norma, peraltro introdotta dall’art. 7, comma 1, lett. comma 9, della l. n. 6972009, stabilisce che “Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”.

E’ palese, dalla lettura della disposizione, che l'antigiuridicità del fatto debba essere ricercata in un'ulteriore difformità dell'azione amministrativa dal diritto obiettivo, peraltro rivestita dai canoni della colpa e del dolo.

In tal senso già la giurisprudenza si è espressa precisando che la risarcibilità del danno da ritardo postula il necessario accertamento della colpa dell'inerzia, non bastando la sola violazione del termine di cui all'art. 2 l. 241/90 (nella fattispecie 90 giorni) che di per sé non dimostra l’imputabilità del ritardo, potendo la particolare complessità della fattispecie o il sopraggiungere di evenienze non imputabili all'amministrazione escludere la sussistenza della colpa (T.A.R. Campania, Napoli, sez III, 31 ottobre 2007 n. 10329, T.A.R. Puglia, Lecce, sez III, 22 febbraio 2007 n. 623).

Invero, ove si segua l'oramai consolidata tesi della natura aquiliana ex art. 2043 c.c. della responsabilità da lesione di interesse legittimo, l’onere della prova che incombe sull’attore non può non ricomprendere, secondo il Collegio, anche la prova della colpa, tanto più per i danni la cui fonte sia collegata a una colpevole inerzia nella definizione del procedimento attributivo di utilità finali per il ricorrente (T.A.R. Veneto, sez. I, 29 gennaio 2010, n. 197).

Orbene, la lettura degli atti del procedimento conduce ad escludere, nella conduzione del procedimento sfociato nell’atto impugnato, la qualificazione colposa del comportamento della Provincia di Massa Carrara.

E’ infatti agevole constatare che, a far tempo dalla comunicazione di avvio del procedimento del 30 luglio 2008, l’Amministrazione ha più volte rappresentato alla ricorrente, anche in sede di conferenza di servizi, la necessità di acquisire integrazioni documentali e che quest’ultima ha richiesto e ottenuto una proroga (nota del 9.10.08) per la presentazione di memorie e documenti, senza dimenticare il sopralluogo eseguito in data 4 dicembre 2008 presso l’impianto dai tecnici del Settore ambiente della Provincia.

Se ne deve concludere che la complessità dell’istruttoria compiuta esclude che vi sia stata da parte dell’Amministrazione una colpevole inerzia nella conclusione del procedimento.

La domanda va pertanto rigettata.

7. Le spese di giudizio, in ragione della parziale reciproca soccombenza delle parti, possono essere integralmente compensate.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione 2^, definitivamente pronunciando:

- dichiara inammissibile il ricorso originario e i motivi aggiunti notificati il 20 febbraio 2009;

- accoglie in parte il ricorso per motivi aggiunti notificato il 12 novembre 2009, come in motivazione precisato.

Respinge la domanda di risarcimento del danno.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere, Estensore
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/08/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
 


 



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