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CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA N. 39/2010
Le controversie sul canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario.
 

 

CLAUDIO CROCE'*
 

 


La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario), nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 3 ottobre 2000, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 13 e 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche). Ha, inoltre, dichiarato l’illegittimità costituzionale dello stesso art. 2, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 29 aprile 2006, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 154 e 155 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).
Fino ad oggi, le controversie aventi ad oggetto il canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue rientravano nella competenza delle Commissioni Tributarie, nonostante questo avesse carattere di “corrispettivo” e non di “tributo”.
La Corte Costituzionale perviene alla dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma sopra indicata, attraverso due passaggi argomentativi:
1) la giurisdizione del giudice tributario «deve ritenersi imprescindibilmente collegata» alla «natura tributaria del rapporto», per cui l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali;
2) la tariffa del servizio idrico integrato, costituita anche dalla quota per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, si configura, così come già affermato dalla stessa Corte con la sentenza n. 335 del 2008, in tutte le sue componenti, come “corrispettivo” di una prestazione commerciale complessa, il quale trova fonte nel contratto di utenza. Da ciò discende l’esclusione della natura tributaria del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue.
Di conseguenza, la norma denunciata è illegittima perché attribuisce alla giurisdizione tributaria la cognizione di controversie relative a prestazioni patrimoniali di natura non tributaria e, pertanto, si risolve nella istituzione di un giudice speciale vietata dal secondo comma dell’art. 102 Cost..
La sentenza riveste particolare importanza in quanto esplica i suoi effetti anche sulla mole enorme di giudizi in corso davanti alle Commissioni tributarie, le quali non potranno fare altro che pronunciare la carenza di giurisdizione e rimettere le parti davanti al Giudice ordinario. La Corte di Cassazione, infatti, ha più volte affermato (Corte. Cass. 2002/6487, 2004/20635, 2005/1362, 2006/3370 e 3046/2007) che il principio sancito dall’art. 5 del Codice di procedura civile, secondo cui la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della domanda, non opera nel caso in cui tale legge sia stata poi dichiarata illegittima, perché le pronunce di incostituzionalità comportano l'espunzione ab origine della norma che, pertanto, non può più essere applicata neppure ai limitati fini di cui all'art. 5 c.p.c..

 


Riferimenti giurisprudenziali:

- Sentenza della Corte Costituzionale n. 39 dell'11 febbraio 2010

 

 

* avvocato in Reggio Calabria -  www.spaziocroce.it
 

 


Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 09/02/2010

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