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SULLO SPOILS SYSTEM IN TEMA DI DIRIGENZA PUBBLICA
(note a margine della sentenza del T.A.R. Lazio – Sezione II – n. 9487 del 1° Ottobre 2009)

VALENTINA CAVANNA
 

 


1. Premessa.
La storia di questi anni ha registrato diversi tentativi di far arretrare la politica dell’ambito della vita e del funzionamento delle istituzioni; si è avuto infatti un intervento su scala nazionale volto a rifondare e a ricostruire l’organizzazione pubblica su principi nuovi, più funzionali e aderenti alle esigenze degli amministrati. Nella sfera pubblica sono emersi nuovi valori, quali la semplificazione, la razionalizzazione dell’uso delle risorse, la differenziazione delle competenze tra organi, la soddisfazione dell’utenza. Tra gli snodi fondamentali del nuovo modello di amministrazione è emersa la responsabilità dei dirigenti pubblici per l’attività svolta, come principio diretto a rafforzare le professionalità interne all’amministrazione stessa e, al contempo, a ripensare il rapporto di sovraordinazione tra comando politico e attuazione amministrativa1.
In questo vasto disegno di riforma della Pubblica Amministrazione non poteva non inserirsi la questione della distinzione tra politica e amministrazione, ossia tra funzioni di governo e funzioni di gestione. Tale principio consiste nel fatto che gli organi di vertice cui competono le scelte strategiche concernenti gli indirizzi delle attività delle amministrazioni non devono confondere i loro compiti con quelli che, di contro, spettano a chi, invece, merita di potersi concentrare esclusivamente nell’attività di sviluppo realizzativo di quelle scelte e, dunque, di perseguimento dei risultati che a quelle scelte – posto che le stesse siano corrette – dovrebbero fare seguito2.
Che le normative avvicendatesi nel corso di questi anni abbiano disegnato un nuovo assetto dei rapporti tra organi politici e organi burocratici è ormai un dato pacifico nel panorama dottrinario3. Se, però, dal piano delle generiche ed univoche enunciazioni di principio circa il definitivo superamento del modello legalitario-burocratico di derivazione ottocentesca e l’affermazione di un nuovo assetto della dirigenza maggiormente in sintonia con il dettato costituzionale si passa all’esame approfondito dei vari aspetti che caratterizzano oggi la dirigenza e il suo rapporto con il Ministro, il panorama si colora di grande incertezza
4.
Occorre tenere presente come questa questione sia di importanza fondamentale5. Il dirigente ha una posizione centrale nell’organizzazione amministrativa; al dirigente pubblico si chiede, infatti, di agire da anello di congiunzione fra la sfera della politica e le istanze provenienti dalla società. Intesa la dirigenza come momento di collegamento tra politica e amministrazione6, essa è anche il punto di emersione delle contraddizioni che connotano tale relazione, la quale è caratterizzata da una tensione di fondo fra due valori inevitabilmente confliggenti: da una parte, il principio di sovranità popolare, che impone un controllo dell’amministrazione da parte di organi che siano provvisti di legittimazione democratica, e, dunque, espressione di rappresentanza politica; dall’altra parte, il principio di imparzialità, che invece postula un’amministrazione al servizio dell’intera collettività, e non di una determinata maggioranza politica.
Uno dei punti critici della disciplina della dirigenza statale è senza dubbio quello relativo al c. d. spoils system7, previsto dalla legge 15 Luglio 2002, n. 145, art. 38. Detto articolo ha introdotto due diverse ipotesi di “spoils system”: quella di cui al comma 7 (c. d. spoils system una tantum) e quella di cui al comma 1, lettera i (che ha sostituito l'art. 19, c. 8 D. Lgs. n. 165/2001). La sentenza del TAR Lazio, sezione II, n. 9487 del 1° Ottobre 2009 si riferisce proprio ad un caso di spoils system rientrante in quest’ultima previsione. Prima di analizzare detta sentenza occorre tuttavia inquadrare la situazione relativa allo spoils system, nelle due previsioni normative e nelle conseguenti elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali.

2. L’art. 3, comma 7, della Legge n. 145/2002 e le argomentazioni della giurisprudenza e della dottrina.
L’art. 3, comma 7, della Legge n. 145/2002 ha disposto che gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale e quelli di direttore generale degli enti pubblici vigilati dallo Stato “cessano il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge9.
Sul piano pratico, l’applicazione della previsione dell’art. 3, comma 7, ha originato un rilevante contenzioso, davanti sia al giudice ordinario, sia al giudice amministrativo.
La giurisprudenza ha ritenuto che con questa norma si riconosca un vincolo fiduciario tra ministro e dirigente generale: così nell’ordinanza del Tribunale di Roma, sez. IV Lavoro, 25 novembre 200210, secondo cui la ratio della previsione di cui all’art. 3, comma 7 della l. n. 145 del 2002 è quella di garantire una stretta sintonia tra il Governo e le massime articolazioni dell’amministrazione statale, tanto da far sì che tutti i dirigenti generali, che costituiscono lo staff di immediato riferimento del Ministro, siano di sua stretta fiducia. Secondo l’ordinanza del Tribunale di Roma, 3 febbraio 200311, con l’introduzione dell’art. 3, comma 7 della l. n. 145 del 2002, che non prevede un obbligo di motivazione in ordine alla cessazione degli in carichi di livello generale, il legislatore ha inteso riconoscere natura fiduciaria agli incarichi dirigenziali in questione, con la conseguenza che le nomine successive alla decadenza dai predetti incarichi implicano non solo una valutazione di natura tecnica, ma innanzitutto una valutazione sull’affidabilità politica delle persone.
La dottrina ha posto in luce la gravità della soluzione adottata dal legislatore, la quale comporterebbe una illegittima ingerenza degli organi politici nei confronti dei dirigenti in contrasto con il principio di imparzialità dell’azione amministrativa; una lesione che sarebbe rafforzata anche dalla possibilità di attribuire ai dirigenti apicali incarichi di durata breve, così da sottoporli di fatto al controllo degli organi politici12.
Il Tribunale di Roma nel corso del 2004 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in tre diverse ordinanze dell’1 aprile, 30 aprile e 11 maggio nei confronti delle disposizioni in materia di spoils system contenute nella L. n. 145/2002. La Corte Costituzionale si è dapprima espressa con l’ordinanza n. 398 depositata il 25 Ottobre 200513, ordinando la restituzione degli atti ai giudici rimettenti. Il Tribunale di Roma, con l’ordinanza emessa il 14 Dicembre 2005, n. 3814 ha nuovamente rimesso gli atti alla Corte Costituzionale, in seguito all’ordinanza n. 398, affermando che la cessazione per legge sembra ledere i principi di imparzialità e di servizio esclusivo dei pubblici impiegati a favore della Nazione; la scelta legislativa tradisce l'intento di affidare la gestione amministrativa a persone scelte per affinità ideologica, incidendo sugli equilibri tra potere politico ed amministrazione. Secondo i Giudici, inoltre, non è ragionevole ritenere che i dirigenti generali in servizio alla data di entrata in vigore della legge n. 145/2002, avendo ricevuto l'incarico sotto la vigenza del precedente Governo, non avrebbero con professionalità e competenza perseguito gli obiettivi posti dalla nuova autorità politica. In ogni caso, se così non fosse stato, l'organo di indirizzo avrebbe comunque potuto revocare l'incarico per mancato raggiungimento degli obiettivi ovvero per inosservanza (anche non grave) delle direttive impartite15. Inoltre, la cessazione una tantum degli incarichi è disposta soltanto per i dirigenti generali: questi, dunque, subiscono un trattamento deteriore rispetto a quello di regola riservato a tutti gli altri lavoratori, siano essi pubblici o privati, per i quali sono previsti meccanismi di tutela a garanzia dell'immotivato ed ingiustificato recesso dal contratto. Peraltro, se la ratio della deroga alle garanzie dirigenziali risiede nell'esigenza di continuità dei livelli decisionali non si giustifica l'uniformità di regimi tra dirigenti generali da un lato e capi dipartimento, segretari generali e figure equivalenti dall’altro, rappresentanti queste ultime categorie il vero anello di congiunzione tra la sfera politica e quella amministrativa16.
La questione è stata risolta definitivamente, con riferimento all’art. 3, c. 7 legge 145/2002, con la sentenza della Corte Costituzionale n. 103/200717. In detta pronuncia la Corte ha affermato l’illegittimità costituzionale di detta disposizione per contrasto con gli articoli 97 e 98 della Costituzione, nella parte in cui prevede che “i predetti incarichi cessano il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge”. Si afferma la necessità di un “momento procedimentale di confronto dialettico tra le parti”, nell'ambito del quale l'Amministrazione esterni le ragioni, connesse alle pregresse modalità di svolgimento del rapporto anche in relazione agli obiettivi programmati dalla nuova compagine governativa, per le quali ritenga di non consentirne la prosecuzione. Tutto questo è necessario, secondo la Corte, affinchè siano rispettati i principi di buon andamento, imparzialità, continuità dell'azione amministrativa e giusto procedimento18.
La Corte Costituzionale successivamente, con la sentenza n. 161/2008 , ha dichiarato l’“illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 161, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 … nella parte in cui dispone che gli incarichi conferiti al personale non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 … «conferiti prima del 17 maggio 2006, cessano ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto»19. Detta sentenza in motivazione richiama espressamente la n. 103/2007.
Inoltre, con la sentenza n. 351/2008 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’“illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13 giugno 2007, n. 8”. Detta pronuncia è particolarmente significativa in quanto richiama le sentenze n. 103 e 104 del 2007 con i principi da esse affermati. Inoltre, essa sottolinea come “nel settore pubblico il potere dell’amministrazione di esonerare un dirigente dall’incarico e di risolvere il relativo rapporto di lavoro è circondato da garanzie e limiti che sono posti non solo e non tanto nell’interesse del soggetto da rimuovere, ma anche e soprattutto a protezione di più generali interessi collettivi”. Dunque, la Corte ribadisce il regime di specialità pubblicistica del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e si esprime circa il contenuto minimo e necessario di tutela offerta dall'ordinamento al dirigente eventualmente rimosso in modo illegittimo, sostenendo che il semplice ristoro economico non rappresenta uno strumento efficace di tutela degli interessi collettivi, ma anzi rappresenta una “forma onerosa di spoils system”, poiché la collettività subisce un costo finanziario che si aggiunge all'obbligo di retribuire i nuovi dirigenti20.

3. La dirigenza apicale.
Resta attualmente in vigore la disposizione di cui al comma 8 dell’art. 1921, secondo cui gli incarichi di segretario generale e di capo dipartimento cessano automaticamente decorsi 90 giorni dal voto sulla fiducia al Governo, e tale è il caso affrontato dalla sentenza del TAR Lazio n. 9487/2009.
La soluzione adottata dalla suddetta norma dopo le modifiche apportate con la legge n. 145/2002 è significativamente diversa rispetto a quella previgente; secondo l’articolo 19, c. 8 nella versione in vigore prima di detto intervento, gli incarichi apicali potevano essere revocati dall’organo di direzione politica, del tutto discrezionalmente o, meglio, liberamente in caso di formazione di un nuovo governo. Più precisamente, in questo caso, tutti gli incarichi dirigenziali indicati potevano essere “confermati, revocati, modificati o rinnovati entro 90 giorni dal voto sulla fiducia al Governo”. Peraltro, decorso tale termine senza l’adozione di alcuna di tali decisioni da parte dell’organo di direzione politica, gli incarichi per i quali non si fosse provveduto si intendevano confermati fino alla loro naturale scadenza.
Secondo la sentenza del TAR Lazio n. 9487/2009 (e secondo la stessa Consulta: si veda a tal proposito la sentenza n. 103/2007), i principi elaborati dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 103/2007 e n. 161/2008 non possono essere applicate ai c.d. incarichi di vertice assoluto, conferiti proprio in ragione di un particolare rapporto fiduciario con il titolare del potere di alta amministrazione esercitato con la nomina: essi hanno infatti una “maggiore coesione con gli organi politici”22. La sentenza afferma che già la semplice lettura della norma non lascia margini di dubbio. La conclusione alla quale i Giudici pervengono “non muta neanche ove la norma in questione venga interpretata secondo ratio. Se, infatti, il Legislatore ha inteso introdurre il principio secondo cui la sussistenza di un particolare rapporto fiduciario tra vertici governativi e vertici burocratici costituisce in sé e per sé - s’intende: nei limiti della proporzione numerica determinata - un valore da salvaguardare (e dunque un valore intrinsecamente degno di tutela), non si vede la ragione per la quale esso debba essere compresso dall’Amministrazione oltre i confini stabiliti dalla stessa legge; né la ragione per la quale alla motivazione del Legislatore, di per sé assorbente (e sufficientemente giustificativa del principio), debbano essere aggiunte o sostituite le motivazioni dell’Amministrazione. (…) I presupposti su cui riposa la fiducia (e dunque il rapporto fiduciario) possono essere costituiti, infatti, da intuizioni metagiuridiche, da affinità morali e/o intellettuali o comunque da sentimenti o sensazioni che non poggiano affatto sulla (e che non possono essere spiegati in termini di) pura logica. Non si vede quindi quale particolare procedimento dovesse essere attivato per l’applicazione della norma in esame”.
Detta sentenza appare pertanto degna di nota proprio per il principio che essa ribadisce, ossia quello della legittimità dell'esistenza di un rapporto fiduciario tra il ministro e il dirigente apicale di cui all'art. 19, c. 8; inoltre, essa esplicita (in termini alquanto innovativi) quali possono essere i presupposti su cui si basa il rapporto fiduciario: “intuizioni metagiuridiche”, “affinità morali e/o intellettuali”, “sentimenti o sensazioni” che non poggiano sulla pura logica.
Se dunque la giurisprudenza di legittimità e di merito legittima il rapporto fiduciario tra il ministro e i dirigenti apicali (segretario generale, capo dipartimento ed equivalenti), la dottrina ha invece elaborato argomentazioni di volta in volta differenti, giungendo a soluzioni tra loro opposte.
Il rischio paventato era (ed è tuttora) quello di un’amministrazione in balia della politica.
Secondo una parte della dottrina23, con le seguenti tre previsioni – ossia cessazione entro 90 giorni dal voto sulla fiducia per i segretari generali e i capi dipartimento; cessazione degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge 145/2002, ex art. 3, comma 724; conferimento degli incarichi a contratto) – “la dirigenza viene posta in una situazione di istituzionale debolezza rispetto al potere politico, perché precarizzata e, quindi, sostanzialmente “fidelizzata”. Inoltre, si teme che “se un vertice politico può nominare propri fedeli, questi ultimi nomineranno a loro volta altri fedeli a livelli inferiori” e si afferma che il legame tra politica e amministrazione viene ricostituito. In tale quadro, infatti, sarà più agevole per il rappresentante del corpo politico imporre al dirigente, la cui condizione è precaria, l’adozione di un determinato atto, nonostante ricada su quest’ultimo la responsabilità. Il ministro, dunque, sarà de-responsabilizzato rispetto alla decisione che ha preso indirettamente25. La dottrina prosegue riflettendo poi sulla nozione di fiducia, che “nasce nel diritto costituzionale e attiene al rapporto tra organi politici, Parlamento e governo. Fiducia vuol dire adesione a un orientamento. Date queste premesse, è possibile usare la nozione di fiducia in un rapporto che non riguarda governo e Parlamento, ma governo e pubblica amministrazione? Che cosa significa adesione della pubblica amministrazione a un orientamento del governo, se la pubblica amministrazione deve essere imparziale? Che significato ha l’imparzialità se ci è l’obbligo della fiducia? Si tratta di due concetti diversi ed anzi opposti26. Ciò porta gli autori a ritenere che la disposizione che statuisce per il pubblico funzionario l’obbligo di servizio esclusivo della Nazione perde significato; peraltro, è necessario che la cessazione del rapporto di lavoro tra il dirigente e l’amministrazione avvenga con atto espresso, affinché sia possibile ricorrere al giudice avverso tale atto. Altrimenti vengono violati diritti, tutelati anche dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee del Lussemburgo, quali il diritto al giudice, alla motivazione del provvedimento, alla difesa, etc.
Inoltre, “la Costituzione, mentre mette la fiducia alla base del rapporto Parlamento-Governo, mette l’imparzialità e la separazione dalla politica alla base del rapporto Governo-amministrazione (…) tutte le norme sono dirette ad escludere influenze di parte sul pubblico impiego. (I politici) hanno a loro disposizione appositi strumenti per assicurare la conformità dell’azione amministrativa alla decisione politica: la legge, gli indirizzi politici e i controlli. I dirigenti che non vi si adeguano lealmente possono essere dimessi. (…) se la nomina dei dirigenti è compiuta sulla base di criteri di appartenenza politica, i governi si assicurano esecutori fedeli, ma non necessariamente esperti; la collettività sarà così amministrata, oltre che governata, dalla politica; gli uffici saranno retti da capi precari e passeggeri”. Dunque, “i dirigenti debbono solo garantire l’imparziale attuazione delle leggi e delle direttive. (…) Evocare la fiducia nei rapporti Governo-alta dirigenza ha, allora, solo il significato di invocare il principio della fedeltà personale, privatistica. Ecco un altro modo di erodere la funzione pubblica, riportandoci indietro, all’epoca in cui i dipendenti pubblici erano scelti dai ministri tra i propri seguaci e fedeli27.
Alcuni autori hanno lamentato l’eccessiva rigidità del meccanismo dettato dalla disciplina vigente, poiché essa - sostituendo un automatismo ad una espressa determinazione - ha fatto venir meno la necessità di una chiara assunzione di responsabilità da parte dell’organo di governo28. Infatti il comma 8 solleva il Governo da qualunque eventuale obbligo di giustificazione o di sottoposizione delle sue decisioni ad un organo terzo29. Ciò ha anche portato a dubitare della legittimità costituzionale della previsione legislativa in relazione alla violazione dei “principi del giusto procedimento (contestazione degli addebiti, diritto di difesa, obbligo di motivazione) e del controllo giurisdizionale sulle decisioni amministrative30.
Anche altra dottrina31 ritiene che un'adeguata motivazione occorra per la cessazione anticipata di tutti gli incarichi dirigenziali, ivi compresi quelli apicali che, al livello più alto, concorrono alla realizzazione dei fini della Pubblica Amministrazione, concordando con coloro i quali ritengono che “la debolezza del dirigente produce una sinergia tra cattiva politica e cattiva amministrazione32.
Tuttavia, parte della dottrina ha affrontato il tema dell’opportunità di individuare una quota di funzionari legati da un vincolo fiduciario con le forze politiche in carica, per il corretto funzionamento di una democrazia maggioritaria basata sull’alternanza, quale è la nostra, sulla base del fatto che “i governi hanno il diritto e il dovere di attuare i propri programmi33 e che inoltre “gli organi politici sono eletti dai cittadini per l’attuazione di un certo indirizzo politico e di questo rispondono davanti agli organi rappresentativi e ai cittadini stessi. I politici possono garantire l’attuazione dell’indirizzo solo con la scelta fiduciaria dei vertici delle amministrazioni. D’altro canto, la scelta fiduciaria presuppone una valutazione delle capacità del dirigente34.
La creazione di un nucleo, che deve essere necessariamente assai ristretto, di dirigenti legati da un rapporto fiduciario molto forte nei confronti del vertice politico può pertanto rappresentare uno strumento che, muovendosi ai limiti del rispetto del principio della distribuzione tra politica e amministrazione, si pone come strumentale a garantire efficienza nel circuito indirizzo-gestione35.
Tuttavia, a tale alternanza si accompagna spesso un effetto indesiderato, che interferisce con la “neutralità” della burocrazia e con le esigenze di continuità dell’amministrazione pubblica. L’alternanza pone in primo piano le nomine di carattere politico, che, come tali, risentono direttamente degli effetti dell’avvicendamento delle forze al Governo, rischiando di condizionare l’imparzialità e il buon andamento degli apparati.
Comunque, va tenuto presente che, secondo il Consiglio di Stato36, “la “fiducia” particolarmente riposta dal ministro proponente in un determinato soggetto non deve essere intesa come affinità di idee personale o politica, o generica compatibilità o simpatia, ma deve consistere nella ricerca di dati obiettivi, con riferimento alla probabilità di svolgimento ottimale di mansioni pubbliche per un periodo indipendente dalle vicende governative”.
Secondo una parte della dottrina37, “non si può ignorare che l’attuazione dei piani, dei programmi, delle direttive generali implica l’instaurazione di un rapporto fiduciario. D’altra parte, la causa fidei non può essere espressione di doti di affidabilità politica, tali da assorbire ogni altro giudizio, così da connotarsi come sistema di cooptazione, ma deve fondarsi sul livello di competenza e di professionalità del dirigente, opportunamente valutato nell’ambito di una procedura di scelta condotta in base a criteri obiettivi”. Occorre quindi cercare un equilibrio tra fiduciarietà e professionalità dell’incarico. Inoltre, l’elemento fiduciario “non deve essere identificato con il “gradimento” soggettivo dell’organo politico, bensì con l’affidamento che ciascuna parte pone nel corretto adempimento dell’altra”; è necessaria una “valutazione delle conoscenze e delle capacità professionali del dirigente, in relazione all’attuazione dei programmi individuati dall’organo politico. Si tratta, dunque, di una fiducia che si discosta dall’intuitus personae caratterizzante il rapporto dirigenziale privato, spesso richiamato dalla giurisprudenza che eleva il dirigente di vertice ad alter ego dell’imprenditore38.
Analogamente, altro autore39 ha affermato che “il sistema richiede che (…) i ministri, per ricoprire gli uffici di particolare rilevanza, cooptino i dirigenti che ritengano idonei e ciò sulla base di una scelta fiduciaria e sostanzialmente discrezionale. Per cui professionalità e legame fiduciario dovrebbero coesistere: la prima dovrebbe essere garantita dalla selezione, a monte, di carattere meritocratico, per l’accesso alla dirigenza; il legame fiduciario sarebbe a sua volta garantito dal potere di scelta esercitabile fra i professionalmente idonei40.
V’è poi chi ha affermato che “il mantenimento del delicato equilibrio sancito dall’art. 97 Cost. richiede che al rafforzamento del potere di indirizzo dell’esecutivo, derivante dal sistema maggioritario, faccia riscontro un corrispondente “rafforzamento” dello status dei funzionari pubblici – ed in particolare dei dirigenti – sotto il profilo della loro imparzialità41.

4. Per concludere.
Si evince dunque che un problema ancora da risolvere è quello di distinguere quando il rapporto fiduciario tra un ministro e un dirigente apicale sia limitato a quanto necessario per la realizzazione del programma di Governo e quando invece sfoci in una indebita politicizzazione.
La questione rappresenta un nodo cruciale nel nostro ordinamento, posto che l'autonomia della dirigenza dal potere politico è “condizione per realizzare i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento delle pubbliche amministrazioni42.
Le maggiori criticità emergono, come visto, nelle ipotesi di spoils system; esso è un istituto che può, se non impiegato con cautela, mettere in dubbio la distinzione tra politica e amministrazione43. Nel concreto, tuttavia, è senza dubbio difficile operare un bilanciamento tra fiduciarietà della nomina ed autonomia della gestione, poiché è insito nella stessa operatività del modello che vengano destinati ad altre funzioni dirigenti professionalmente capaci, ma non graditi sul piano personale o politico.
La distinzione tra politica e amministrazione - che è strumentale all'attuazione di quanto previsto dalla Costituzione - è stata contestata nella sua validità da alcuni autori, poichè considerata “largamente impossibile e per più versi irreale44. D’altronde, quanto affermato oggi da una parte della dottrina45 assomiglia molto a ciò che Errico Presutti sosteneva alla fine del 1800, ossia che la distinzione tra politica e amministrazione è un'affermazione “vaga e indeterminata”, poiché nessuno riesce a dire con precisione dove in realtà finisca la politica e dove cominci l'amministrazione, né “come, in quale modo, con quali mezzi si deve separare questa indeterminata politica dall'ugualmente indeterminata amministrazione46.



 

 

MASSIMA E SENTENZA INTEGRALE


PUBBLICO IMPIEGO – Dirigenza statale – Spoils system – Art. 19, comma 8 D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 – Cessazione automatica degli incarichi dirigenziali – Incarico di vertice assoluto – Motivazione della mancata conferma dell’incarico – Necessità – Esclusione. Non necessita di motivazione la mancata conferma di un incarico c.d. di vertice assoluto, ossia conferito in ragione di un particolare rapporto fiduciario corrente fra la ricorrente ed il titolare del potere di alta amministrazione esercitato con la nomina; incarico che, in piena coerenza con l’art. 19, c. 8 D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, decade automaticamente nel caso di cambiamento della compagine governativa. A detto tipo di incarichi non si applicano infatti le sentenze n. 103/2007 e 161/2008, le quali non riguardano “dirigenti ai quali siano stati conferiti incarichi apicali, vale a dire quelli di maggiore coesione con gli organi politici”. La motivazione del rappresentante dell'esecutivo servirebbe solo nel caso contrario, ossia se intendesse confermare il dirigente già insediato.


 

N. 09487/2009 REG.SEN.
N. 08773/2008 REG.RIC.
N. 08027/2008 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 8773 del 2008, proposto da:
Spitz Elisabetta, rappresentato e difeso dall'avv. Filippo Lubrano, con domicilio eletto presso Studio Legale Lubrano & Associati in Roma, via Flaminia, 79;


contro


Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia del Demanio, Conferenza Unificata Stato-Regioni-Citta'Ed Autonomie Locali;
nei confronti di
Prato Maurizio;

Sul ricorso numero di registro generale 8027 del 2008, proposto da:
Spitz Elisabetta, rappresentato e difeso dall'avv. Filippo Lubrano, con domicilio eletto presso Studio Legale Lubrano & Associati in Roma, via Flaminia, 79;


contro


Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Agenzia del Demanio;


per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 8773 del 2008:
DEL DECRETO CON IL QUALE IL DOTT. MAURIZIO PRATO E' STATO NOMINATO DIRETTORE DELL'AGENZIA DEL DEMANIO - 23 BIS.
quanto al ricorso n. 8027 del 2008:
MANCATA CONFERMA NELL'INCARICO DI DIRETTORE DELL'AGENZIA DEL DEMANIO.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;


Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2009 il dott. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

 

I. Con il ricorso n.8027-2008 l’Arch. Elisabetta Spitz impugna l’atto indicato in epigrafe esponendo quanto segue.
Con DPR 13.4.2000 e successivi decreti di conferma del 27.1.2004 e dell’1.12.2008, la ricorrente veniva nominata Direttore dell’Agenzia del Demanio. Con DPR 13.2.2007 l’incarico le veniva confermato per un ulteriore triennio.
Infine, con nota prot.R-30 del 5.6.2008 il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha comunicato al ricorrente - “… ai sensi e per gli effetti degli articoli 7 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n.241, 19. comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 e 2, comma 160, del decreto legge 2 ottobre 2006, n.261, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n.286” - il suo “intendimento di non procedere alla conferma dell’incarico di Direttore dell’Agenzia del demanio”; nonché l’avvio del procedimento per la nomina di un nuovo direttore.
Ritenendo illegittima tale determinazione, la ricorrente la ha impugnata e ne chiede l’annullamento per le conseguenti statuizioni.
Ritualmente costituitasi l’Amministrazione ha eccepito l’inammissibilità del ricorso (per difetto di giurisdizione) e comunque la sua infondatezza nel merito, chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
Con ricorso per motivi aggiunti ritualmente notificato la ricorrente ha poi cautelativamente impugnato l’atto di nomina, anche se dagli estremi ancora ignoti, del nuovo Direttore, il quale non si è costituito in giudizio.
Successivamente, avendone conosciuti gli estremi e lo specifico contenuto, la ricorrente ha proposto un autonomo ricorso avverso il predetto provvedimento di nomina.
Con ulteriori atti difensivi le parti costituite hanno insistito nelle rispettive richieste ed eccezioni.
La domanda cautelare è stata respinta.
II. Con ricorso 8773-2008 la ricorrente ha anche impugnato autonomamente il provvedimento di nomina del nuovo Direttore, e ne chiede l’annullamento lamentandone l’illegittimità derivata, per i medesimi motivi indicati nel precedente ricorso.
Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
Il controinteressato intimato non si è costituito in giudizio.
L’istanza di sospensione del provvedimento impugnato è stata respinta.
III. Infine, all’udienza del 10.6.2008, uditi i Difensori presenti in aula, le cause sono state poste in decisione.


DIRITTO


1. In considerazione della connessione soggettiva ed oggettiva dei ricorsi in esame, se ne dispone la riunione perché vengano discussi e decisi congiuntamente.
2. L’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’Avvocatura Generale e ritenuta fondata in sede cautelare, va disattesa..
Ritiene, infatti, il Collegio - alla luce di una più approfondita ponderazione ed aderendo alla giurisprudenza formatasi sul punto (Cass.. SSUU, 11.2.2003 n.2065; CS, V^, 7.2.2006 n.490; CS, V^, 16.10.2007 n.5388; TAR Lazio, II^, 30.5.2008 n.5417) - che la determinazione di non procedere alla conferma dell’incarico per cui è causa, concreti comunque una forma di esercizio di potere pubblico atta a connotare il comportamento dell’Amministrazione come condotta, seppur ampiamente discrezionale, comunque provvedimentale.
Dal che non può che trarsi la conclusione secondo cui - indipendentemente dalla questione del corretto esercizio del potere (attinente al c.d. “merito” della controversia) - la giurisdizione appartiene al Giudice Amministrativo.
3. Nel merito i ricorsi riuniti non meritano accoglimento.
Con unico mezzo di gravame, riprodotto nel secondo ricorso a supporto della censura di illegittimità derivata del provvedimento sopravvenuto con esso impugnato, la ricorrente lamenta violazione dell’art.19, comma 8, del D.Lgs. 30.3.2001 n.165 e degli artt. 7 e seguenti della L. 7.8.1990 n.241, deducendo:
- che secondo l’orientamento manifestato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n.103 del 23.3.2007 e n.161 del 20.5.2008, avallato dalla giurisprudenza, la mancata conferma dell’incarico dirigenziale va comunque motivata (anche nel caso di c.d. “spoil system”);
- e che pertanto la condotta dell’Amministrazione, che si è limitata a comunicare l’intenzione di non confermare l’incarico senza esternare le ragioni di tale determinazione, si appalesa illegittima e contraria al principio del giusto procedimento.
La doglianza non può essere condivisa.
L’art.19, comma 8, del D.Lgs. n.165 del 2001 stabilisce che “gli incarichi di funzione dirigenziale … (… omissis … ) …, cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo”.
La Difesa della ricorrente sostiene che non ostante il tenore letterale della norma in questione, l’Amministrazione abbia comunque l’obbligo di motivare la determinazione di non confermare il dirigente precedentemente in carica; e richiama, a sostegno della sua tesi, le sentenze n.103/2007 e n.161/2008 della Corte Costituzionale.
Senonchè le predette sentenze non si riferiscono affatto a fattispecie concernenti incarichi di vertice assoluto, o conferiti in attuazione al regime del c.d. “spoil system”.
Assai significativo appare quanto precisato al riguardo dagli stessi Giudici costituzionali, i quali (in un passo della sentenza n.103/2007) affermano:
- che “deve … essere ribadito, ai fini della delimitazione dell’ambito applicativo della normativa impugnata, che la questione proposta non riguarda la posizione dei dirigenti ai quali siano stati conferiti incarichi apicali, vale a dire quelli di maggiore coesione con gli organi politici (…)”;
- che “le modalità di cessazione di questi ultimi incarichi sono, infatti, contenute nel comma 8 dell’art.19 del D.Lgs, n.165 del 2001, che … (…) … con previsione a regime, stabilisce, tra l’altro, che i suddetti incarichi «cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo»”.
E’ pertanto evidente - vista l’espressa statuizione della Corte Costituzionale - che la giurisprudenza costituzionale invocata dalla ricorrente non può essere utilizzata per la soluzione del caso dedotto in giudizio, che concerne un c.d. incarico di vertice assoluto, conferito proprio in ragione di un particolare rapporto fiduciario corrente fra la ricorrente ed il titolare del potere di alta amministrazione esercitato con la nomina; incarico che - in piena coerenza con la ratio della norma sul quale fonda - decade automaticamente nel caso di cambiamento della compagine governativa.
D’altro canto, già la semplice lettura della norma - secondo il significato proprio delle parole in essa predicate - non lascia margini di dubbio: essa stabilisce la automatica decadenza dei dirigenti apicali (ivi indicati), “decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo”.
E poiché “in claris non fit interpretatio”, non si vede la ragione per la quale a fronte di un effetto che si determina automaticamente ex lege - e cioè per volontà dello stesso Legislatore - al verificarsi di una determinata circostanza (operante come una sorta di condizione risolutiva), dovrebbe sussistere a carico dell’Amministrazione anche un obbligo di motivazione che giustifichi ulteriormente - come se non fosse sufficiente l’intrinseca imperatività del comando normativo - la produzione dell’effetto in questione.
Mentre appare fin troppo evidente:
- che il realizzarsi della circostanza immediatamente rescindente esime anche dall’obbligo di adottare uno specifico provvedimento rescissorio;
- e che pertanto qualsiasi provvedimento adottato in esecuzione della norma in questione non possa che avere efficacia puramente ricognitiva e dichiarativa (e mai costitutiva).
Da quanto fin qui rilevato deriva che ciò che andrebbe motivata, casomai, è la determinazione di confermare (e cioè di “rinominare”) il dirigente automaticamente decaduto, ma non certo quella di non impedire il prodursi di un effetto - quello, appunto, “caducante” - derivante direttamente dalla legge.
La conclusione alla quale si è pervenuti non muta neanche ove la norma in questione venga interpretata secondo ratio.
Se, infatti, il Legislatore ha inteso introdurre il principio secondo cui la sussistenza di un particolare rapporto fiduciario tra vertici governativi e vertici burocratici costituisce in sé e per sé - s’intende: nei limiti della proporzione numerica determinata - un valore da salvaguardare (e dunque un valore intrinsecamente degno di tutela), non si vede la ragione per la quale esso debba essere compresso dall’Amministrazione oltre i confini stabiliti dalla stessa legge; né la ragione per la quale alla motivazione del Legislatore, di per sé assorbente (e sufficientemente giustificativa del principio), debbano essere aggiunte o sostituite le motivazioni dell’Amministrazione.
Né potrebbe sostenersi che le ragioni della sussistenza o della cessazione del rapporto fiduciario devono essere esternate affinché possano essere eventualmente sottoposte al vaglio critico della giurisdizione: i presupposti su cui riposa la fiducia (e dunque il rapporto fiduciario) possono essere costituiti, infatti, da intuizioni metagiuridiche, da affinità morali e/o intellettuali o comunque da sentimenti o sensazioni che non poggiano affatto sulla (e che non possono essere spiegati in termini di) pura logica.
Non si vede quindi quale particolare procedimento dovesse essere attivato per l’applicazione della norma in esame.
Pertanto, in mancanza di ulteriori censure sul procedimento posto in essere dall’Amministrazione, il ricorso n. 8027 va respinto. Da ciò consegue la reiezione anche del secondo ricorso, tutto incentrato sull’illegittimità derivata.
2. In considerazione delle superiori osservazioni, i ricorsi in esame vanno riuniti e respinti entrambi.
Si ravvisano giuste ragioni per compensare le spese fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II^, riunisce i ricorsi in epigrafe e li respinge entrambi.
Compensa le spese fra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2009 con l'intervento dei Magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Carlo Modica de Mohac, Consigliere, Estensore
Stefano Toschei, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/10/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

 

 

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1 Cfr. G. Gardini, L’imparzialità amministrativa tra indirizzo e gestione. Organizzazione e ruolo della dirigenza pubblica nell’amministrazione contemporanea, Milano, 2003, 20.
2 Cfr. Forlenza – Terracciano - Volpe, La riforma del pubblico impiego, II Ed., Milano, 1999.
3 A tal proposito, per un quadro generale della materia si vedano, ex multis, S. Cassese (a cura di), Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 2006, pagine 148 e seguenti; F. G. Scoca (a cura di), Diritto Amministrativo, Torino, 2008, pagine 600 e seguenti; F. Saitta, Organizzazione e dirigenza dei pubblici uffici, in LPA n. 5/2008, 737; E. Gragnoli, Lo spoil system e l'imparzialità del dipendente degli enti locali, in LPA, n. 1/2007, 25; M. Pallini, Sulle tristi sorti del principio di distinzione tra politica e amministrazione nella disciplina della dirigenza pubblica, in La Dirigenza, Milano, 2009, pagine 111 e seguenti; D. Mezzacapo, Il conferimento degli incarichi tra autonomia privata e discrezionalità amministrativa, in La Dirigenza, Milano, 2009, pagine 177 e seguenti; P. Monda, La giurisprudenza in tema di dirigenza pubblica, in La Dirigenza, Milano, 2009, pagine 357 e seguenti. In ciascuno degli ultimi tre articoli citati si rinviene anche una ricca bibliografia. Si veda anche A. Massera, Il difficile rapporto tra politica e amministrazione: la Corte costituzionale alla ricerca di un punto di equilibrio, in GDA, n. 12/2007, 1307. Sulla differenza sostanziale tra dirigenti pubblici e dirigenti privati in ogni fase del rapporto di lavoro si veda, ex multis, N. Moshi, Tutele del dirigente pubblico in caso di licenziamento illegittimo, in www.impiegopubblico.net/moshi.htm, in cui si commenta la sentenza della Corte di Cassazione n. 2233 del 1° Febbraio 2007. Detta sentenza è commentata anche da C. Carnovale, L'inapplicabilità dell'art. 18 St. lav. alla dirigenza pubblica, in www.amministrazioneincammino.luiss.it/site/it-IT/Rubriche/Lavoro_Pubblico/Note_e_Commenti/Documento/carnovale_inammisibilita_art_18_statuto_lavoratori.html
4 Cfr. Marina D’Orsogna, Programmazione strategica e attività decisionale nella Pubblica Amministrazione, Torino, 2001. Si veda a tal proposito anche il contributo di A. Police nel volume F. G. Scoca (a cura di), Diritto Amministrativo, Torino, 2008, pagine 600 e seguenti.
5 La Corte Costituzionale ha affermato che la distinzione tra politica e amministrazione è strumentale alla realizzazione del principio di imparzialità, quindi di un principio costituzionale (sentenze n. 103/2007 e 104/2007; ordinanza n. 11/2002).
6 Cfr. Patroni Griffi, Dimensione costituzionale e modelli legislativi della dirigenza pubblica, Napoli, 2002.
7 La locuzione “spoils system” ha origine nei paesi anglosassoni e indica la facoltà riconosciuta alla parte politica vincitrice nella competizione elettorale di collocare persone di fiducia nei posti chiave dell’apparato burocratico . Sullo spoil system nel Regno Unito si veda A. Sancino, Spoils system all'inglese, in www.lavoce.info/articoli/pagina1001339.html, il quale sottolinea che “l'efficacia dello spoils system dipende innanzitutto dall'etica dei politici e della cultura amministrativa dominante”. All’inizio degli anni ’90, l’espressione è entrata nel nostro linguaggio politico, contemporaneamente con l’affermarsi dei sistemi elettorali maggioritari. Si è anche coniata l'espressione “spoils system all'italiana” per poter effettivamente cogliere gli aspetti tipizzanti del fenomeno italianizzato: cfr. A. Zammarano, Rapporto fiduciario e nomine pubbliche tra discrezionalità amministrativa e scelta politica, in Foro Amm. TAR, 2008, 13. Il termine “spoils system” proviene dall’espressione “to the victors belong the spoils”: al vincitore le spoglie: sul punto Sabino Cassese, Dirigenti pubblici, il posto mobile non diventi precario, in Il Sole 24 Ore, 22 Giugno 2002. Nello stesso articolo, l’Autore sottolinea come il sistema introdotto in Italia “comporta la conservazione del rapporto di lavoro e solo la perdita dell’incarico. Dunque, il meccanismo italiano non è un sistema delle spoglie; esso rende precario e, quindi, debole il dirigente rispetto al potere politico. Ne deriva uno stato di dipendenza del dirigente dal potere politico”. Infatti, prosegue l’Autore, “il dirigente che voglia essere rinnovato non oserà mettersi contro il ministro e, anzi, cercherà di entrare nelle sue grazie”. Dello stesso autore, un altro articolo, Se la fedeltà prevale sull’efficienza, in Il Sole 24 Ore, 11 Ottobre 2002: “i dipendenti pubblici sapranno che, d’ora in poi, a essi non si chiede efficienza, ma fedeltà, perché debbono avere la fiducia del vertice politico”. Stefano Sepe, Un advisor per vigilare sullo spoils system, in Il Messaggero, 6 Novembre 2005, ha sottolineato come “Rispetto al sistema precedente i responsabili politici hanno certamente mano più libera rispetto al passato. Valutato nel suo insieme, lo spoils system “all’italiana” ha dato cattiva prova, poiché la sostanziale precarizzazione dell’alta dirigenza ha finito per produrre fenomeni di acquiescenza (se non di aperto vassallaggio) nei confronti dei vertici politici”. Egli pensa quindi che un modo per risolvere la questione possa essere l’istituzione di un organismo che verifichi la sussistenza dei presupposti qualitativi di un candidato prescelto dal politico. Raffaello Sestini, Quale riforma della pubblica amministrazione, fra interesse pubblico e principi sanciti dall’articolo 97 della Costituzione (intervento al convegno “Riforma della dirigenza, pubblica amministrazione e diritti dei cittadini”del CRS di venerdì 27 febbraio 2004, Roma, ex-hotel Bologna), in www.clubdirigentipa.it, segnala la sentenza del TAR Lazio, Roma, Sez. II-ter, n. 3276 del 2003 (di cui anche infra in nota 8), “secondo cui dovrebbe essere evitato lo stesso nome di "spoils system", mutuato dagli ordinamenti anglosassoni, che designa un istituto particolare dell'ordinamento nord-americano, connesso all’alternanza di governo piena e ad una concreta e diffusa mobilità del lavoro, che non ha corrispondenza nel nostro ordinamento, che si manifesta estraneo alla nostra consuetudine giuridica e la cui applicazione in ogni caso troverebbe ostacolo nei principi costituzionali che reggono l'organizzazione della pubblica amministrazione. Secondo la predetta sentenza, infatti, gli articoli 97 e 98 della Costituzione assegnano alla pubblica amministrazione un ruolo fondamentale per la democrazia, riconoscendole attribuiti che concorrono a esprimere l'essenza dello Stato di diritto: professionalità (agli uffici pubblici, e non solo a quelli iniziali, si accede in base al merito, con procedure selettive, non per scelta libera e immotivata), esclusività (i pubblici dipendenti sono all'esclusivo servizio della Nazione), produttività nel pubblico interesse (perseguire interessi privati costituisce reato), imparzialità, legalità e indipendenza”. In argomento si veda anche F. Di Caro, Lo spoils system alla luce dei principi formulati dalla Corte Costituzionale, in www.aransicilia.it/evidenza/20090211.pdf.
8 Vi è poi la previsione di cui all'art. 6 della legge n. 145/2002: anch'essa disciplina un'ulteriore ipotesi di spoils system, la quale fa però riferimento alle nomine degli organi di vertice e dei componenti dei consigli di amministrazione o degli organi equiparati degli enti pubblici, delle società controllate o partecipate dallo Stato, delle agenzie o di altri organismi comunque denominati, conferite dal Governo o dai Ministri. In occasione di una pronuncia su detta norma, il Tribunale Amministrativo di Roma ha avuto modo di affermare, nella sentenza del 17 Ottobre 2006, n. 10435 (in www.giustizia-amministrativa.it), che “la ratio della L. n. 145 del 2002 è di consentire la conferma, la revoca, la modifica o il rinnovo degli incarichi, per i quali è venuto meno il rapporto fiduciario con l’organo politico, anche volendo intendere tale rapporto come di fiducia tecnica. E’ stato puntualmente chiarito ... che detta legge mira infatti ad impedire, per quanto possibile, che il nuovo Governo si trovi ad operare in un rapporto istituzionale non sereno con l'apparato burocratico e che nella realizzazione del suo programma politico in conformità agli impegni presi con gli elettori incontri difficoltà e ostacoli frapposti dall'azione contraria di funzionari «infedelmente» fedeli alla parte politica che a suo tempo li espressero. La legge mira, dunque, a tenere a freno le situazioni di contrasto che potrebbero emergere dal cambio di Governo proprio al fine di assicurare l'efficienza della Pubblica amministrazione, nonché di garantire una gestione amministrativa in piena assonanza con le regole costituzionali del buon andamento. La continuità della Pubblica amministrazione risulterebbe infatti indebolita se gli organi di vertice conducessero una azione contraria al Governo. Oggetto della valutazione è, pertanto, l'idoneità tecnica del dirigente a fornire leale e fattiva collaborazione al perseguimento degli obiettivi del potere esecutivo. Nella sostanza la L. n. 145 del 2002 attribuisce al nuovo Governo un potere di verifica della fedeltà del funzionario e della sua capacità di godere di piena fiducia”; detta sentenza riprende quanto affermato da TAR Lazio, Roma, Sez. II-ter, n. 3276 del 2003 (cit. alla nota 7) in www.giustizia-amministrativa.it. In argomento si veda anche G. Gruner, L'impossibile rivincita del merito sulla fiducia e le garanzie del procedimento nei rapporti tra politica e amministrazione, in Foro Amm. CdS, 2007, 280.
9 L’articolo prosegue poi occupandosi degli incarichi di funzione dirigenziale di livello non generale (per i quali invece non è prevista la cessazione automatica ma anzi l’automatica conferma dell’incarico ove nessun provvedimento sia adottato) e ribadendo come, con l’entrata in vigore delle modifiche apportate all’art. 19, i dirigenti che non abbiano avuto riattribuito l’incarico in precedenza svolto debbano ottenerne uno equivalente dal punto di vista della retribuzione e, ove ciò non sia possibile, un incarico di studio di durata non superiore ad un anno. Si veda l’ordinanza del Tribunale di Roma, 21 febbraio 2003 , in http://db.formez.it/contenzioso.nsf/46f5030cfe709641c1256b50003d626e/86fa0d6a294862a0c1256d340045c607/massima/M2/trmord21_2_03_mastroberard.rtf?OpenElement, secondo cui in materia di cessazione dagli incarichi dirigenziali ex art. 3, comma 7, della l. n. 145 del 2002, il provvedimento con il quale l’amministrazione attribuisce al dirigente un incarico di studio dev’essere congruamente motivato e dev’essere preceduto da tutte le garanzie di partecipazione e comunicazione, in ossequio ai principi di legalità e trasparenza dell’azione amministrativa e soprattutto al principio costituzionale di imparzialità, che ispira l’obbligo di motivare adeguatamente la scelta di non attribuire al dirigente cessato dall’incarico un incarico di funzione dirigenziale equivalente.
10 In Rassegna di giurisprudenza, di Bruno Valensise, in www.astrid-online.it/Riforma-de1/La-riforma/Studi--ric/VALENSISE-Spoil-system-2.pdf. Sul punto, ved. anche A. Blasco, Spoil system: lo stato della giurisprudenza, in LPA, 2003, 6.
11 In http://db.formez.it/contenzioso.nsf/46f5030cfe709641c1256b50003d626e/9bb21a4bb7070090c1256cda00739f52/$FILE/trmord_3_2_2003_girasole.rtf.
12 Da segnalare quanto riportato da L. Puzelli, in Spoil system in tema di dirigenza nel pubblico impiego, in Lavoro e previdenza oggi, 2005, n. 2, secondo cui invece il Tribunale di Roma, Sezione seconda lavoro, con una serie di sentenze depositate il 18 giugno 2003, ha affermato che lo spoils system è “legittimo e non danneggia i Dirigenti estromessi”.
13 In www.giurcost.org..
14 In www.clubdirigentipa.it.
15 Ai sensi dell'art. 21 del D. Lgs. n. 165/2001.
16 Ci sono stati in seguito altri incidenti di costituzionalità: da segnalare l’ordinanza del Tribunale di Roma, Sezione IV Lavoro, 4 novembre 2005, in www.clubdirigentipa.it/il_dirigente_pubblico/giurisprudenza_e_pareri.asp , che ritiene necessario un atto formale di revoca con l'osservanza di un formale procedimento e così afferma: “Come hanno già avuto modo di evidenziare altri giudici di questo Tribunale, si rileva innanzitutto una violazione dell'art. 97 e 98 Cost.. (…) L'art. 3 comma 7 1.n.145 del 2002, consentendo alla p.a. delle scelte per le quali non è previsto 1'obbligo di motivazione, almeno quanto alla mancata riattribuzione dell'incarico dirigenziale, apre di fatto la possibilità per 1'amministrazione di revocare gli incarichi in modo affatto arbitrario, all'ipotizzabile fine di redistribuirli a dirigenti ritenuti più affidabili dal punto di vista della consonanza politica. Questi ultimi, infatti, tenderanno ad essere ulteriormente soggetti "ad una condizione di istituzionale debolezza". (...) La soluzione perseguita con la l. n. 145 del 2002 finisce per evidenziare un improprio utilizzo dello strumento legislativo per conseguire effetti propri di un atto amministrativo (appunto la revoca dell'incarico dirigenziale) con la conseguenza di privare il lavoratore di ogni tutela ed in violazione degli artt. 70 e 97 commi 1 e 2 Cost.". Anche il Tribunale di Roma, sez. IV lav., con l’ordinanza 18 gennaio 2006 ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale, in www.clubdirigentipa.it.; da segnalare anche la rimessione degli atti per rilevanza e non manifesta infondatezza da parte del Tribunale di Roma il 10 Marzo 2006, in www.clubdirigentipa.it.
17 La Corte Costituzionale è anche intervenuta in materia di spoils system nella dirigenza regionale con le sentenze n. 233/2006 e 104/2007. Nella sentenza n. 233/2006 si afferma la legittimità dello spoils system in caso di incarichi dirigenziali di livello generale, conferiti direttamente dal vertice politico e, dunque, ad esso contigui; il criterio è quello della natura dell’autorità che ha il potere di conferire l’incarico, intendendosi per apicali gli incarichi dirigenziali conferiti dall’organo politico. La sentenza n. 104/2007 sembra sostituire a detto criterio quello del rapporto istituzionale diretto e immediato fra l’organo politico e i direttori generali; la legittimità dello spoils system dipende dalla effettiva contiguità organizzativa tra organo politico e dirigente. Inoltre, la Corte ricava un altro parametro di legittimità dello spoils system dal principio di efficienza dell’amministrazione, che è uno dei significati del principio del buon andamento: esso impone la necessità di “garantire la regolarità e la continuità dell’azione amministrativa e, in particolare, dei pubblici servizi, anche al mutare degli assetti politici”. Afferma S. De Gotzen: “il principio di buon andamento, quindi, è fondamento sia della “fiduciarietà” che implica lo spoil system di parte della dirigenza apicale, per garantire la coesione con gli organi politici nell’attuazione e, normalmente, nell’elaborazione dell’indirizzo politico; sia delle regole che vengono a bilanciare tale sistema e richiedono la continuità dell’azione amministrativa e verifiche periodiche sull’attività di gestione dei dirigenti”: cfr. S. De Gotzen, Il bilanciamento tra spoil system e principio di distinzione tra politica e amministrazione nella dirigenza regionale, in Le Regioni, 5/2007 e in www.giurcost.it. F. Merloni esprime qualche perplessità circa il criterio scelto dalla Corte Costituzionale, ossia il livello organizzativo degli incarichi e non già i compiti svolti dai dirigenti, anche se ritiene giusta la direzione della riduzione dell’area della fiduciarietà: cfr. F. Merloni, Lo spoils system è inapplicabile alla dirigenza professionale: dalla Corte nuovi passi nella giusta direzione, in Le Regioni, 5/2007 e in www.giurcost.it. Per un commento alla sentenza n. 104/2007 si veda anche F. Jorio, Lo spoil system viene nuovamente ridisegnato dal giudice delle leggi con le sentenze nn. 103 e 104 del 2007: stabilizzazione della dirigenza e giusto procedimento, in www.federalismi.it, n. 8/2007; l’Autore condivide la necessità – espressa dalla Corte – di procedere alla valutazione del dirigente pubblico attraverso un iter procedimentale, a prescindere dal ricambio governativo. Si veda anche G. Gruner, Considerazioni intorno agli istituti di spoils system previsti dall’art. 19 comma 8 d. lgs. n. 165 del 2001 e dall’art. 6 comma 1 della l. n. 145 del 2002 alla luce della recente giurisprudenza costituzionale, in Foro Amm. TAR 2007, 1844; A. Galimberti, Spoils system, ma controllato, in www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Norme%20e%20Tributi/2008/05/spoils-system-controllato.shtml?uuid=8140ce70-2721-11dd-9a87-00000e25108c&type=Libero.
18 G. Corso e G. Fares commentano la sentenza n. 103/2007, sottolineando come uno dei veri profili di interesse della pronuncia sia la strada indicata per ricondurre nell’alveo della legalità costituzionale lo spoil system nazionale, ossia far precedere la cessazione dell’incarico da una previa fase valutativa: cfr. G. Corso - G. Fares, Quale spoils system dopo la sentenza 103 della Corte Costituzionale? , in www.giurcost.org e www.giustamm.it. Sul punto si vedano anche F. Jorio, Lo spoil system viene nuovamente ridisegnato dal giudice delle leggi con le sentenze nn. 103 e 104 del 2007: stabilizzazione della dirigenza e giusto procedimento, in www.federalismi.it, n. 8/2007; C. D'Orta, Cinque proposte per una reale funzionalità, in LPA, n. 2/2007, pagine 442 e seguenti; M. Pallini, Sulle tristi sorti del principio di distinzione tra politica e amministrazione nella disciplina della dirigenza pubblica, in La Dirigenza, Milano, 2009, pagine 111 e seguenti; G. Gruner, Considerazioni intorno agli istituti di spoils system previsti dall’art. 19 comma 8 d. lgs. n. 165 del 2001 e dall’art. 6 comma 1 della l. n. 145 del 2002 alla luce della recente giurisprudenza costituzionale, in Foro Amm. TAR 2007, 1844; C. Chiappinelli, Spoils system, procedure di bilancio e disegno amministrativo: la sentenza n. 103 del 2007 della Consulta ed i problemi ancora aperti, in Foro Amm. CdS, 2007, 1355. Per quanto concerne le conseguenze della pronuncia n. 103/2007 della Corte Costituzionale, si veda C. Mari, Il risarcimento del danno da spoils system, in GDA, n. 4/2008, 419, in cui viene commentata la sentenza del Tribunale di Roma, sezione lavoro, del 19 Luglio 2007. In essa si approfondisce il passaggio dalla dirigenza come status alla dirigenza “funzionale”, ossia ad una dirigenza intesa come “mezzo specifico di esercizio della funzione amministrativa”, dunque l’attività dirigenziale è volta al perseguimento degli interessi generali della collettività. Il Tribunale di Roma dichiara il diritto dei dirigenti ricorrenti all’assegnazione di un incarico equivalente e riconosce loro il diritto al risarcimento del danno (per violazione dei diritti ad una retribuzione equivalente, alla reputazione personale, all’immagine e all’opportunità di carriera).
19 Per commenti alla sentenza si vedano M. Ferretti, I limiti dello spoils system nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in LPA, n. 2/2008, 369; O. Forlenza, La cessazione ex lege del rapporto di lavoro non dà continuità all'azione amministrativa, in Guida al dir., n. 25/2008, 101; G. Ronconi, Lo spoil system visto dalla Corte Costituzionale: il rapporto tra politica e amministrazione, in www.filodiritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=1127. Detta sentenza ha tratto origine dall'ordinanza di rimessione del 9 Luglio 2007 del Tribunale di Roma. Un'altra ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale per il vaglio dell'art. 2, commi 159, 160 e 161 è stata quella del TAR Lazio, Roma, Sezione III-bis del 1° Gennaio 2007, n. 1143, in www.giustizia-amministrativa.it e Foro Amm. TAR, 2007, 3149.
20 Si vedano sul punto: F. Cortese, Spoils system e illegittima rimozione di dirigenti pubblici: la Corte costituzionale afferma l'inderogabilità della reintegrazione nel posto di lavoro, in Le Regioni, 1/2009; M. Magri, L'incostituzionalità dello spoils system e la reintegrazione del dirigente, in GDA, 5/2009; O. Forlenza, Una forma onerosa di spoils system che aggrava l'originario pregiudizio, in Guida al dir., n. 44/2008, 97. Detta sentenza è stata applicata dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, 16 Febbraio 2009, n. 3677, in www.altalex.com, ed ha tratto origine dall'ordinanza del Consiglio di Stato del 16 Ottobre 2007, n. 5388, commentata in D. Bolognino, Nuove ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale: alcune riflessioni sulle “estensioni” legislative dello spoils system e sulla valutazione del personale con incarico dirigenziale, in LPA, n. 1/2008, 58.
21 Il testo del comma 8 è il seguente: “Gli incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3 cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo” (come sostituito dall'art. 3, L. 15.07.2002, n. 145). L’articolo è stato poi modificato dal comma 159 dell’art. 2, D. L. 3 Ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione: “Gli incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3, al comma 5-bis, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’articolo 23, e al comma 6 cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo”. Da ultimo la norma è stata modificata dall’art. 40 del D. Lgs. 27 Ottobre 2009, n. 150, che ha ripristinato il comma nella versione introdotta dalla legge n. 145/2002, in attuazione della legge 4 Marzo 2009, n. 15, che ha delegato il Governo, tra l'altro, a procedere alla modifica della disciplina della dirigenza pubblica. Tra i principi e i criteri direttivi fissati vi è “ridefinire i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali, adeguando la relativa disciplina ai princìpi di trasparenza e pubblicità ed ai princìpi desumibili anche dalla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori, escludendo la conferma dell’incarico dirigenziale ricoperto in caso di mancato raggiungimento dei risultati valutati sulla base dei criteri e degli obiettivi indicati al momento del conferimento dell’incarico, secondo i sistemi di valutazione adottati dall’amministrazione...” (art. 6, c. 2, lettera h). Il fine è quello di “rafforzare il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza, nel rispetto della giurisprudenza costituzionale in materia, regolando il rapporto tra organi di vertice e dirigenti titolari di incarichi apicali in modo da garantire la piena e coerente attuazione dell’indirizzo politico degli organi di governo in ambito amministrativo” (art. 6, c. 1). Si veda il testo della legge in Guida al dir., n. 13/2009, pagina 14, con commento di M. Clarich, La “cura Brunetta” punta su formazione e premi ma il giudizio è rinviato ai decreti legislativi, pagina 38.
22 Così si esprime la sentenza n. 103/2007 della Corte Costituzionale.
23 Cfr. S. Cassese Il rapporto tra politica e amministrazione e la disciplina della dirigenza, in Associazione Italiana Professori di Diritto Amministrativo, Annuario 2003, Milano, 2004.
24 Ma questa previsione, come si è visto, è stata dichiarata incostituzionale.
25 Cfr, S. Cassese Il rapporto tra politica e amministrazione e la disciplina della dirigenza, in Associazione Italiana Professori di Diritto Amministrativo, Annuario 2003, Milano, 2004; Sabino Cassese riporta poi alcune cifre relative all’applicazione della legge n. 145/2002: “a seguito della riforma, 115 dirigenti generali, su un totale di 445, non sono stati confermati. Il venticinque per cento circa della dirigenza italiana è stato destituito dal proprio incarico.”
26 Invece per Gianluca Gardini, L’imparzialità amministrativa tra indirizzo e gestione, Milano, 2003, imparzialità non è sinonimo di neutralità politica, e quindi non c’è conflitto tra imparzialità e investitura fiduciaria; imparzialità è sinonimo di democraticità: occorre che l’azione della pubblica amministrazione risponda all’interesse generale. “Il punto essenziale sta nell’individuare il limite tra il legame fisiologico e quello patologico che unisce la politica all’amministrazione” e “fino a quando questo metodo di selezione interessa la sola fascia apicale della dirigenza – ossia coloro che, occupando le posizioni più elevate nella gerarchia burocratica e operando a stretto contatto con i vertici politici, sono responsabili direttamente della trasmissione degli indirizzi politico-amministrativi agli organi di gestione – il collegamento tra i vari livelli decisionali potrà considerarsi corrispondente al canone di imparzialità”.
27 Cfr. S. Cassese, Il dirigente pubblico non si giudica dalla fedeltà politica, Il Sole 24 Ore, 16 febbraio 2003, in www.clubdirigentipa.it/public/sole24ore_16_feb_03.rtf
28 Cfr. F. Carinci, Regola maggioritaria, alternanza e bulimia riformatrice, in LPA, 2002, 843; M. G. Garofalo, La dirigenza pubblica rivisitata, in LPA, 2002, 887.
29 Cfr. G. D’Alessio e B. Valensise, Incarichi di funzione dirigenziale, in Carinci F. e Zoppoli L. (a cura di), Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, Torino, 2004, 1064.
30 Cfr. S. Cassese, Il nuovo regime dei dirigenti pubblici italiani: una modificazione costituzionale, in GDA, 2002, 1341.
31 Cfr. P. Sciortino, Spoils system “una tantum”: i rapporti tra politica ed amministrazione secondo la Consulta, in Il Lavoro nella Giurisprudenza, n. 8/2007.
32 C. Salvi e M. Villone, Il costo della democrazia, Milano, 2005.
33 Cfr. G. Gardini, L’imparzialità amministrativa tra indirizzo e gestione. Organizzazione e ruolo della dirigenza pubblica nell’amministrazione contemporanea, Milano, 2003, 20.
34 Cfr. P. Cerbo, Ragioni e problemi dello “spoil system”, 20 Novembre 2002, in www.lavoce.info.
35 Cfr. Patroni Griffi, Dimensione costituzionale e modelli legislativi della dirigenza pubblica, Napoli, 2002. G. Gruner è favorevole all’esistenza di un rapporto di “coesione” tra i titolari degli organi politici e i titolari degli organi dirigenziali di vertice delle amministrazioni dello stato al fine della realizzazione del principio di buon andamento: cfr. G. Gruner, Considerazioni intorno agli istituti di spoils system previsti dall’art. 19 comma 8 d. lgs. n. 165 del 2001 e dall’art. 6 comma 1 della l. n. 145 del 2002 alla luce della recente giurisprudenza costituzionale, in Foro Amm. TAR 2007, 1844. L’Autore in detto articolo evidenzia che una tale ipotesi di spoils system non sembra porsi in conflitto con i principi costituzionali: né con il buon andamento, né con l’imparzialità, né con quello per cui i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione; specifica comunque che “coesione” non significa “clientelismo, lottizzazione o partitocrazia”, bensì essa potrebbe definirsi come una “fiducia tecnico-politica”, infine, auspica che anche per tali figure dirigenziali abbiano le stesse “garanzie procedimentali” di cui tratta la sentenza n. 103/2007 della Corte Costituzionale, ritenendo migliore la disciplina previgente alla legge 145/2002. Cfr. anche G. Gruner, L'impossibile rivincita del merito sulla fiducia e le garanzie del procedimento nei rapporti tra politica e amministrazione, in Foro Amm. CdS, 2007, 280. Anche secondo D. Mezzacapo era migliore la disciplina precedente, che contemplava la necessità di un provvedimento espresso per la rimozione: D. Mezzacapo, Il conferimento degli incarichi tra autonomia privata e discrezionalità amministrativa, in La Dirigenza, Milano, 2009.
36 Cons. Stato, sez. IV, 6 Aprile 1993, n. 393, in Foro Amm. CdS, 1993, 667 e Cons. St., 1993, I, 486.
37 M. Lanotte, Il licenziamento del dirigente pubblico, Torino, 2003.
38 Cfr. nota 32.
39 Cfr. V. Talamo, Lo spoils system all’italiana fra legge Bassanini e legge Frattini, in Associazione Italiana Professori di Diritto Amministrativo, Annuario 2003, Milano, 2004.
40 L’Autore poi sottolinea come manchino delle condizioni perché questo sistema possa funzionare: in primo luogo, l’accesso alla dirigenza dall’esterno avrebbe dovuto essere limitato a pochissimi incarichi, cosa che non è avvenuta. In questo modo, “si nega il principio per cui il dirigente da preporre all’ufficio deve essere selezionato, a monte, sulla base del possesso di determinati requisiti di professionalità. In secondo luogo, il sistema avrebbe potuto funzionare se fosse stato realmente istituito un sistema di valutazione della performance dirigenziale, perché un sistema di valutazione, al di là di ogni altra considerazione, costituisce un freno obiettivo all’esercizio dell’arbitrio da parte del potere politico, se non altro perché funge come strumento di controllo sociale. In terzo luogo, occorreva rispettare il principio per cui se un dirigente ha ben operato non può essere rimosso, perché in queste ipotesi una rimozione è sempre arbitraria”. Sul punto, si veda anche Valentina Milani, Il regime degli incarichi dirigenziali al vaglio della Corte Costituzionale, in GDA, 2005, 4, secondo cui “Appare incongruo interpretare il rapporto tra organo di indirizzo e titolare della funzione dirigenziale in termini di investitura fiduciaria tout court, quale scelta arbitraria improntata a mero gradimento politico. Tale rapporto deve correttamente assumere i contenuti della lealtà professionale del dirigente nella gestione e nella attuazione degli indirizzi impartiti dal ministro. Solo in questo significato, è plausibile parlare di fiducia”.
41 Cfr. C. Di Andrea, Lo spoils system: noterelle sulla disciplina della dirigenza pubblica in Italia e spunti comparatistici, in Istituto per la Documentazione e gli Studi legislativi, Rassegna parlamentare. N. 3. Luglio – Settembre 2003, Milano: secondo l'Autrice, quella tra imparzialità e fiduciarietà è una tensione ineliminabile, perciò occorre un rafforzamento della dirigenza pubblica. Anche la Corte Costituzionale, sent. n. 193/2002, ha affermato l’esigenza di rafforzamento di posizione dell’alta burocrazia rispetto al potere politico. Sul punto, cfr. Valentina Milani, Il regime degli incarichi dirigenziali al vaglio della Corte Costituzionale, in GDA, 2005, 4.
42 Si veda L. Bordogna, Per una maggiore autonomia dell'alta dirigenza pubblica: una proposta, in www.pietroichino.it/wp-content/uploads/2009/07/bordogna.pdf. L'Autore riporta alcuni degli epiteti usati per qualificare l'alta dirigenza: “Giano bifronte”, “figura bicefala”, “soggetto composito”, etc.
43 Cfr. F. Merloni, Distinzione tra politica e amministrazione e spoils system, in www.unipg.it/~scipol/tutor/uploads/merloni.doc, che rileva che “i due fenomeni (distinzione tra politica e amministrazione da un lato e spoils system dall'altro, n.d.r.) possono avere delle interferenze evidenti” e che “il principio della distinzione tra politica e amministrazione non gode di ottima salute, ma non è morto... Su di esso si aggira, però, ricorrente, lo spettro dello spoils system, la cui applicazione generalizzata sicuramente ridurrebbe il mantenimento della distinzione di competenze a mero simulacro, anzi ad un vero e proprio inganno, con gli organi politici in grado di condizionare fortemente il comportamento della dirigenza, senza assumere la responsabilità amministrativa degli atti, che continua a ricadere esclusivamente sui dirigenti (...) Lo spoils system, ormai è chiaro, pregiudica la distinzione tra indirizzo e gestione se è generalizzato, se cioè invade aree che le devono essere sottratte e se sottopone la dirigenza professionale a condizionamenti e pressioni indebite”. Dello stesso autore, si veda Verso una maggiore delimitazione dello spoils system?, in www.amministrazioneincammino.luiss.it, in cui afferma che “il principio della distinzione (...) appare ad oggi rispettato nella forma (...), ma costantemente aggirato nella sostanza (...) dalla stessa configurazione giuridica dei rapporti tra politica e amministrazione. Al centro di questi rapporti è indubbiamente l’incarico dirigenziale e in particolare la sua durata, la possibilità di revocarlo anticipatamente o di farlo decadere automaticamente in occasione del mutamento della compagine di governo. Una impropria regolazione di questi istituti può produrre una sostanziale subordinazione della dirigenza, con la sua conseguente disponibilità ad accogliere pressioni che la legge ha esplicitamente escluso. (...) Se lo spoils system si applica ad una ristretta area fiduciaria il principio di distinzione può ritenersi rispettato anche nella sostanza, perché la dirigenza fiduciaria è attratta nell’orbita degli organi di indirizzo (collabora con essi per la formazione degli atti di loro competenza), mentre la dirigenza professionale, sottratta allo spoils system, può operare in modo indipendente e imparziale”. Analogamente, si veda quanto affermato in "Gestione delle risorse umane: strumenti ed orientamenti". Numero 5: la privatizzazione del lavoro pubblico 1993-2003, 2004, in http://db.formez.it/FontiNor.nsf/2d268502b6c0b16dc1256d05002a24d4/550c37e50f3109b9c1256f97005867b3?OpenDocument: “Il regime di spoil system (...) espone continuamente il dirigente al ricatto implicito della riconferma, che si presenta un formidabile strumento di conformizzazione indotta se non addirittura lo spinge alla ricerca di strumenti di consenso alternativi, integrativi e di supporto, come il favore del sindacato”.
44 Cfr. B. Dente, In un diverso Stato, Bologna, 1995, 31.
45 Cfr. G. D'Auria, La tormentata riforma della dirigenza pubblica, in LPA, 2001, 1: il principio della distinzione tra politica e amministrazione “è, in astratto, chiarissimo. Lo è meno nella sua pratica attuazione, dove non è facile tracciare linee nette tra “politica” e “amministrazione”. Si tratta sempre, quindi, di confini mobili”.
46 E. Presutti, Lo Stato parlamentare ed i suoi impiegati amministrativi, Napoli, 1899, 19.

 

 


Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 10/12/2009

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