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Giurisprudenza

 

Diritto dei Consumatori

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Tutela dei consumatori

 

 

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DIRITTO DEI CONSUMATORI - Vendita e garanzie dei beni di consumo - Tutela dei consumatori - Sostituzione del bene difettoso come unico rimedio - Bene difettoso già installato dal consumatore - Obbligo per il venditore di rimuovere il bene difettoso e di installare il bene sostitutivo - Art. 3, nn. 2 e 3, Direttiva 1999/44/CE. L’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 25 maggio 1999, 1999/44/CE, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo, deve essere interpretato nel senso che, quando un bene di consumo non conforme, che prima della comparsa del difetto sia stato installato in buona fede dal consumatore tenendo conto della sua natura e dell’uso previsto, sia reso conforme mediante sostituzione, il venditore è tenuto a procedere egli stesso alla rimozione di tale bene dal luogo in cui è stato installato e ad installarvi il bene sostitutivo, ovvero a sostenere le spese necessarie per tale rimozione e per l’installazione del bene sostitutivo. Tale obbligo del venditore sussiste a prescindere dal fatto che egli fosse tenuto o meno, in base al contratto di vendita, ad installare il bene di consumo inizialmente acquistato. (domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesgerichtshof (causa C-65/09) e dall’Amtsgericht Schorndorf (causa C-87/09) - Germania). Pres. Tizzano, Rel. Ilešic, Gebr. Weber GmbH c. Jürgen Wittmer. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 16/06/2011, Procedimenti riuniti da C-65/09 e C-87/09

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Vendita e garanzie dei beni di consumo - Diritto del consumatore al rimborso delle spese di rimozione del bene difettoso e di installazione del bene sostitutivo - Art. 3, n. 3, Dir. 1999/44/CE. L’art. 3, n. 3, della direttiva 1999/44 dev’essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che attribuisca al venditore il diritto di rifiutare la sostituzione di un bene non conforme, unico rimedio possibile, in quanto essa gli impone, in ragione dell’obbligo di procedere alla rimozione di tale bene dal luogo in cui è stato installato e di installarvi il bene sostitutivo, costi sproporzionati tenendo conto del valore che il bene avrebbe se fosse conforme e dell’entità del difetto di conformità. Detta disposizione non osta tuttavia a che il diritto del consumatore al rimborso delle spese di rimozione del bene difettoso e di installazione del bene sostitutivo sia in tal caso limitato al versamento, da parte del venditore, di un importo proporzionato. (domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesgerichtshof (causa C-65/09) e dall’Amtsgericht Schorndorf (causa C-87/09) - Germania). Pres. Tizzano, Rel. Ilešic, Gebr. Weber GmbH c. Jürgen Wittmer. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 16/06/2011, Procedimenti riuniti da C-65/09 e C-87/09

 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni di consumatori - Potere generalizzato di accesso ai documenti riferiti all’attività di un gestore di servizio pubblico - Inconfigurabilità - Art. 140 Codice dei consumatori - Estensione. La titolarità (o la rappresentatività) degli interessi diffusi non giustifica un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di tutti i documenti riferiti all’attività di un gestore del servizio ma solo degli atti, relativi a servizi rivolti ai consumatori, che incidono, in via diretta ed immediata, e non in via meramente ipotetica e riflessa, sui loro interessi. Né tale potere generalizzato di accesso può farsi discendere dall’art. 140 del Codice dei consumatori, approvato con D.L.vo 6 settembre 2005 n. 206, giacché detta norma, nel regolamentare le modalità di tutela degli interessi collettivi, non contempla un generale potere di accesso a fini ispettivi, ma esplicitamente limita la tutela degli interessi collettivi (per la quale sono legittimate ad agire le associazioni) ad ipotesi specifiche, ed in particolare all’inibitoria giudiziale degli atti e comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti (sub lett. a), all’adozione di “misure idonee” a correggere ed eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate (sub lett. b) ed alla pubblicazione del provvedimento su quotidiani nazionali o locali (sub lett. c). (Cons. Stato, VI Sez., 10 febbraio 2006 n. 555). Pres. Riggio, Est. Ferrari - Associazione C. e altro (avv.ti Renzi e Giuliano) c. AIFA ealtri (Avv. Stato) - TAR LAZIO, Roma, Sez. III quater - 7 aprile 2011, n. 3102

 

DIRITTO DEI CONSUMATORI E DEGLI UTENTI - Telefonia mobile - Carte telefoniche prepagate - Diritto al riconoscimento del credito residuo - Artt. 1 e 3 decreto Bersani. In tema di carte telefoniche prepagate, il combinato disposto dei commi 1 e 3 dell'art. 1 della legge n. 40 del 2007 (decreto Bersani) sancisce il diritto degli utenti al riconoscimento del "credito residuo" ed anche alla sua trasferibilità fra gli operatori in caso di portabilità del numero. Ne derina la legittimità della determinazione dell’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni di diffida agli operatori di telefonia mobile ad adempiere l’obbligo di riconoscimento agli utenti del credito residuo. Pres. Lodi, Est. D’Alessio - T. s.p.a. (avv.ti Lattanzi, Leone e Zaccheo) c. Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Avv. Stato) - (Conferma T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, Sezione III Ter, n. 1775 del 27 febbraio 2008) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. III - 5 aprile 2011, n. 2122
 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni di consumatori ed utenti inserite nell’elenco di cui all’ art. 137 del codice del consumo - Legittimazione ad agire in giudizio - Indicazioni statutarie - Onere di produzione dello statuto. La legittimazione riconosciuta dal codice del consumo alle associazioni di consumatori ed utenti inserite nell’elenco di cui all’art.137, in correlazione ai diritti di cui all’art.2 del codice medesimo, per quanto ampia, non può estendersi a qualsiasi attività di tipo pubblicistico che si rifletta economicamente sui cittadini, e va comunque indagata sulla base delle indicazioni statutarie, per cui, in presenza di eccezione di controparte, è onere dell’Associazione (o relativa articolazione territoriale) produrre copia dell'atto costitutivo ovvero dello statuto, al fine di comprovare sia la soggettività giuridica e quindi la capacità processuale del Presidente dell’articolazione regionale che ha sottoscritto il ricorso e conferito il relativo mandato, sia l'interesse specifico della ricorrente in funzione della posizione di rappresentatività degli utenti, aspetto che si può desumere solo dalla verifica dalle finalità statutarie. Pres. Ferlisi, Est. Boscarino - Unione Nazionale Consumatori Comitato Comunale di Messina (avv. Intilisano) c. Comune di Santa Domenica Vittoria (avv. Vecchio) - TAR SICILIA, Catania, Sez. III, 28 marzo 2011, n. 737

DIRITTO DEI CONSUMATORI - ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni di consumatori e utenti - Accesso ai documenti amministrativi - Deroga ai principi di cui all’art. 22 della L. n. 241/1990 - Inconfigurabilità.
Le associazioni esponenziali dei diritti ed interessi dei consumatori e utenti non hanno un diritto ad un controllo generalizzato sull’operato delle pubbliche amministrazioni, e ciò in quanto il loro particolare status non autorizza alcuna deroga ai principi in materia di accesso ai documenti amministrativi scolpiti negli artt. 22 ss. della legge n. 241 del 1990, segnatamente a quello che impedisce di configurare l’accesso come un’azione popolare; ne deriva che , anche quando esercitato da un ente esponenziale di interessi diffusi particolarmente qualificato in quanto iscritto nel registro di cui all’art. 137 del Codice del consumo, l’accesso non può prescindere dall’accertamento di un interesse differenziato e qualificato nonché connotato da attualità e concretezza (TAR Lazio, sez. II ter, n. 32099/2010). Pres. Ferlisi, Est. Boscarino - Unione Nazionale Consumatori Comitato Comunale di Messina (avv. Intilisano) c. Comune di Santa Domenica Vittoria (avv. Vecchio) - TAR SICILIA, Catania, Sez. III, 28 marzo 2011, n. 737
 

IRITTO DEGLI UTENTI E DEI CONSUMATORI - Pratica commerciale - Pubblicità ingannevole - Modifiche ex d.lgs. n. 146/2007 - Artt. 18 e 19 del Codice del Consumo - Ambito di applicazione soggettivo. Il Codice del Consumo, per come modificato alla stregua della sopravvenienza normativa di cui al d.lgs. n. 146/2007, ha abbandonato il precedente specifico riferimento alla sola pubblicità ingannevole e comparativa, per approdare ad una disciplina di portata più ampia, riferibile, sotto il profilo oggettivo, ad ogni azione, omissione, condotta, dichiarazione e comunicazione commerciale, “ivi compresa la pubblicità”, posta in essere da un professionista “prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa ad un prodotto” (artt. 18 e 19 del Codice), così notevolmente allargando il campo delle condotte sanzionabili. Quanto, all’ambito di applicazione soggettivo, le pratiche commerciali rilevanti ai fini della normativa in esame sono solo quelle poste in essere tra professionisti e consumatori: rimanendo, pertanto, escluse quelle condotte connesse ad un rapporto tra soli professionisti, cui, viceversa, fa precipuo riferimento il parallelo D.Lgs. n. 145/2007 sulla pubblicità ingannevole e comparativa. Pres. Giovannini, Est. Politi - T. s.p.a. (avv.ti Guarino, Mattarella e Starace) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato) - TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 14 marzo 2011, n. 2271

DIRITTO DEGLI UTENTI E DEI CONSUMATORI - Direttiva 2005/29/CE - Recepimento - D. Lgs. n. 146/2007 - Ruolo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Rafforzamento.
Il recepimento nell’ordinamento interno della direttiva comunitaria 2005/29/CE, ha indubbiamente rafforzato il ruolo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella tutela amministrativa del consumatore, rendendola ben più incisiva e ampia di quella prevista in precedenza e limitata alla repressione della pubblicità ingannevole e comparativa. Per tale ragione, il D.Lgs. 146/2007 ha, contestualmente, ampliato i poteri dell’Autorità, allineandoli a quelli tipici dell’azione amministrativa a tutela della concorrenza e rendendo altresì più severe le misure sanzionatorie. Pres. Giovannini, Est. Politi - T. s.p.a. (avv.ti Guarino, Mattarella e Starace) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato) - TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 14 marzo 2011, n. 2271

DIRITTO DEGLI UTENTI E DEI CONSUMATORI - Codice del Consumo - Nozione di professionista - Profili di responsabilità - Fattispecie: suonerie per telefonia cellulare.
Nell’ampia locuzione di “professionista”, introdotta nel Codice del Consumo per effetto delle modificazioni ad esso apportate dalle novelle legislative del 2007, rientrano le attività comunque svolte da un operatore commerciale nella realizzazione e/o diffusione di una pratica, laddove quest’ultimo consegua, per effetto di essa, un’utilità economica (nella specie, la messa a disposizione di spazi pubblicitari per la vendita di contenuti multimediali per telefonia cellulare- suonerie - alla stregua degli elementi di fatto, è stata ritenuta integrare la qualifica di “intermediazione”, per l’effetto imponendosi, alla luce dell’applicabile qualificazione alla stregua di “professionista”, l’operatività nei confronti della società titolare del sito web dei profili di responsabilità dal Codice del Consumo annessi alla predetta qualificazione). Pres. Giovannini, Est. Politi - T. s.p.a. (avv.ti Guarino, Mattarella e Starace) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato) - TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 14 marzo 2011, n. 2271

DIRITTO DEGLI UTENTI E DEI CONSUMATORI - Codice del consumo - Pratica commerciale - Obbligo di diligenza - Iniziative promo-pubblicitarie - Monitoraggio effettivo e preventivo.
Quand’anche non sia possibile ritenere che l’immanente obbligo di diligenza gravante su coloro che dalla pratica commerciale traggono comunque dei benefici, sia in termini economici che pubblicitari, determini sempre e comunque una loro responsabilità editoriale per pratica commerciale scorretta, deve ritenersi sussistere un’omissione rilevante ai fini della ascrizione di una responsabilità a titolo soggettivo allorquando l’operatore economico non dimostri di avere posto in essere un sistema di monitoraggio effettivo e preventivo sui contenuti delle iniziative promo-pubblicitarie realizzate e diffuse da soggetti terzi, anch’essi interessati alla pratica commerciale. (TAR Lazio, Roma, Sez,. I, 3 marzo 2010 n. 3289) La responsabilità al riguardo fondatamente imputabile non riveste carattere meramente “oggettivo”, o per fatto altrui, piuttosto atteggiandosi in relazione all’omissione dei dovuti controlli (e, quindi, per fatto proprio).Pres. Giovannini, Est. Politi - T. s.p.a. (avv.ti Guarino, Mattarella e Starace) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato) - TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 14 marzo 2011, n. 2271

 

DIRITTI DEI CONSUMATORI - Pubblicità ingannevole e comparativa - Condizioni di liceità della pubblicità comparativa - Comparazione di prezzi relativi ad una selezione di prodotti alimentari venduti da due catene di negozi concorrenti - Beni che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi - Pubblicità ingannevole - Confronto riguardante una caratteristica verificabile - Direttive 84/450/CEE e 97/55/CE. L’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, 84/450/CEE, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, quale modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 ottobre 1997, 97/55/CE, deve essere interpretato dichiarando che la mera circostanza che i prodotti alimentari si differenzino quanto alla loro commestibilità e quanto al piacere da essi procurato al consumatore, in funzione delle condizioni e del luogo della loro produzione, dei loro ingredienti e dell’identità del loro produttore, non è tale da escludere che il confronto di tali prodotti possa rispondere al requisito sancito dalla predetta disposizione, in base al quale essi devono soddisfare gli stessi bisogni o proporsi gli stessi obiettivi, vale a dire presentare tra loro un sufficiente grado di intercambiabilità. L’art. 3 bis, n. 1, lett. a), della direttiva 84/450, quale modificata dalla direttiva 97/55, deve essere interpretato nel senso che una pubblicità, può rivestire carattere ingannevole, segnatamente, se viene accertato, tenuto conto di tutte le circostanze rilevanti del caso di specie e, in particolare, delle indicazioni o omissioni che accompagnano tale pubblicità, che la decisione di acquisto di un numero significativo di consumatori, cui essa si rivolge, può essere presa nell’erronea convinzione che la selezione di prodotti compiuta dall’operatore pubblicitario sia rappresentativa del livello generale dei prezzi di quest’ultimo rispetto a quelli praticati dal suo concorrente e che, di conseguenza, tali consumatori realizzeranno risparmi di entità uguale a quella vantata da detta pubblicità effettuando regolarmente i propri acquisti di beni di consumo corrente presso l’operatore pubblicitario piuttosto che presso detto concorrente o, ancora, nell’erronea convinzione che tutti i prodotti dell’inserzionista siano meno cari di quelli del suo concorrente, o se viene accertato che, ai fini del confronto effettuato esclusivamente sotto il profilo dei prezzi, sono stati selezionati prodotti alimentari che presentano tuttavia differenze tali da condizionare sensibilmente la scelta del consumatore medio, senza che dette differenze emergano dalla pubblicità di cui trattasi. L’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva 84/450, quale modificata dalla direttiva 97/55, deve essere interpretato nel senso che la condizione di verificabilità, sancita dalla predetta disposizione, richiede, per quanto riguarda una pubblicità come quella in esame nella controversia principale, che mette a confronto i prezzi di due assortimenti di beni, che i beni di cui trattasi possano essere individuati con precisione in base alle informazioni contenute in detta pubblicità. Pres. Bonichot - Rel. Schiemann. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 18/11/2010, Sentenza C-159/09

 

DIRITTI DEI CONSUMATORI - Clausole abusive figuranti nei contratti stipulati con i consumatori - Criteri di valutazione - Carattere abusivo di una clausola attributiva di competenza giurisdizionale - Esame d’ufficio, da parte del giudice nazionale - Art. 23 dello Statuto della Corte - Direttiva 93/13/CEE. L’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea non osta a una disposizione di diritto nazionale ai sensi della quale il giudice che avvia un procedimento di rinvio pregiudiziale ne informa contemporaneamente, d’ufficio, il Ministro della giustizia dello Stato membro interessato. Inoltre, l’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che la competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea verte sull’interpretazione della nozione di «clausola abusiva», di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, e all’allegato della medesima, nonché sui criteri che il giudice nazionale può o deve applicare in sede di esame di una clausola contrattuale con riguardo alle disposizioni della direttiva, fermo restando che spetta al suddetto giudice pronunciarsi, in base ai criteri sopra citati, sulla qualificazione concreta di una clausola contrattuale particolare in funzione delle circostanze proprie del caso di specie. Il giudice nazionale deve adottare d’ufficio misure istruttorie al fine di accertare se una clausola attributiva di competenza giurisdizionale territoriale esclusiva contenuta nel contratto, che costituisce l’oggetto della controversia di cui è investito e che è stato concluso tra un professionista e un consumatore, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in caso affermativo, valutare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo di una siffatta clausola. Domanda di pronuncia pregiudiziale - Pres. Skouris - Rel. Silva de Lapuerta. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. Grande, 11/11/2010, Sentenza C-137/08

 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Contratto di parcheggio meccanizzato - Contratto atipico di parcheggio - Assimilabilità al contratto di deposito - Condizioni generali di contratto - Esclusione dell’obbligo di custodia - Irrilevanza. Il contratto atipico di parcheggio va assimilato a quello di deposito e non già a quello di mera locazione d’area. Invero, oggetto del contratto di parcheggio meccanizzato (ricorrente nell'ipotesi in cui sussiste la predisposizione di un'area di parcheggio di veicoli, alla quale si accede attraverso sistemi automatici e sono previsti sistemi automatici di pagamento della prestazione e prelievo del veicolo) è la messa a disposizione di uno spazio insieme alla custodia del veicolo, atteso che l'offerta della prestazione di parcheggio, cui segue l'accettazione attraverso l'immissione del veicolo nell'area, ingenera l'affidamento che in essa sia compresa la custodia, restando irrilevanti eventuali condizioni generali di contratto predisposte dall'impresa che gestisce il parcheggio, che escludano un obbligo di custodia, poiché - per il modo rapidissimo in cui il contratto si conclude - è legittimo ritenere che tale conoscenza sfugga all'utente( Cfr. Cassazione civile, sez. III, 26 febbraio 2004, n. 3863). G.d.P. Vingiani - B.P. (avv. Andria) c. S.M. s.p.a. (avv. Caramanno) - GIUDICE DI PACE DI SALERNO - 31 agosto 2010

DIRITTO DEI CONSUMATORI -Contratto atipico di parcheggio - Posteggio in luoghi aperti - Posteggiatore depositario - Obbligo di custodia - Danno o sottrazione - Obbligo di ristoro del danno - Perfezionamento del contratto - Momento - Individuazione.
Il posteggiatore-depositario, cui il veicolo è affidato, ha l'obbligo di custodirlo e restituirlo nello stato in cui gli è stato consegnato ed il susseguente obbligo, ove la cosa venga danneggiata o sottratta, al ristoro dei danni se non fornisca la prova dell'inevitabilità dell'evento nonostante l'uso della diligenza del buon padre di famiglia. Si tratta di obblighi operanti sia in caso di posteggio in garage o autorimesse, sia in caso di posteggio in luoghi aperti; la consegna e la contestuale ricezione delle chiavi del veicolo da parte del custode non costituiscono elementi essenziali ed imprescindibili ai fini del perfezionamento del contratto e del sorgere delle relative obbligazioni. Ciò che unicamente rileva è che la cosa sia ricevuta dal depositario nell'ambito della sua sfera di custodia e di controllo, con la contemporanea assunzione da parte del medesimo soggetto dell'obbligo di vigilare e di conservarla integra, onde restituirla al depositante su semplice richiesta o alla scadenza di un determinato termine. G.d.P. Vingiani - B.P. (avv. Andria) c. S.M. s.p.a. (avv. Caramanno) - GIUDICE DI PACE DI SALERNO - 31 agosto 2010


DIRITTO DEI CONSUMATORI - Contratto atipico di parcheggio - Obbligo di custodia da parte del depositario - Art. 1766 c.c. - Adozione di sistemi meccanizzati - Consegna del veicolo ad una persona fisica - Necessità ai fini della conclusione del contratto - Esclusione - Procedure di ingresso e uscita dei veicoli dal parcheggio.
In tema di obbligo di custodia da parte del depositario (art. 1766 c.c.), non è affatto necessario l'affidamento del veicolo ad una persona fisica, poiché la consegna può materialmente realizzarsi attraverso la sua immissione nell'area a ciò predisposta, previo perfezionamento del contratto mediante introduzione di monete nell'apposito meccanismo, ben potendo l'obbligo di custodia prescindere dalla presenza di persone addette specificatamente a ricevere quella consegna e ad effettuare la connessa sorveglianza e bastando all'uopo diverse ed equipollenti modalità, quali appunto l'adozione di sistemi completamente automatizzati per la procedura di ingresso e di uscita dei veicoli dal parcheggio. G.d.P. Vingiani - B.P. (avv. Andria) c. S.M. s.p.a. (avv. Caramanno) - GIUDICE DI PACE DI SALERNO - 31 agosto 2010

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Contratto atipico di parcheggio - Custodia - Responsabilità ex art. 2051 c.c. - Art. 2043 c.c. - Differenza.
La responsabilità ex art. 2051 c.c è notoriamente diversa da quella ex art. 2043 c.c, tra l’altro perché quest’ultima impone a chiunque un dovere generale di astensione dal compimento di atti che possano arrecare danni a terzi, mentre la prima obbliga una determinata categoria di soggetti - i custodi -, ad attivarsi perché dalla cosa custodita non derivino danni a terzi. Nell’ipotesi di cui all’art. 2051 c.c il dovere di agere è destinato ad esplicarsi non solo riguardo alle cose pericolose, ma anche a quelle che possono in presenza di altri fattori casuali divenire tali essendo imposto al custode di mantenere la cosa in condizioni tali da non nuocere a terzi. G.d.P. Vingiani - B.P. (avv. Andria) c. S.M. s.p.a. (avv. Caramanno) - GIUDICE DI PACE DI SALERNO - 31 agosto 2010
 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Carta di credito - Banca - Addebito - Prova dell’avvenuta sottoscrizione degli ordini di spesa - Falsificazione della carta di credito - Obbligo di custodia - Prova dell’identità della carta esibita all’esercente. In virtù del generale regolamento dei contratti bancari, in caso di prelievi o pagamenti in esercizi commerciali “il titolare si obbliga a pagare all’emittente tutti gli ordini da lui sottoscritti”. Ai fini della legittimità dell’addebito, la società deve quindi fornire la prova dell’avvenuta sottoscrizione da parte del titolare degli ordini di spesa. Infatti, se è pur vero che il titolare della carta di credito ha un preciso obbligo di custodia della stessa, tuttavia nell’ipotesi che il titolare di una carta di credito affermi la falsificazione della medesima ovvero della relativa nota di spesa, affinchè la banca possa legittimamente pretendere di addebitare al titolare la spesa compiuta, questa deve dare prova o dell’identità della carta esibita all’esercente convenzionato con la carta consegnata al cliente, oppure dell’impossibilità o della grave difficoltà dell’affermata falsificazione. GDP Tocci - GIUDICE DI PACE DI CORIGLIANO CALABRO - 6 luglio 2010, n. 538
 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Contratti stipulati con i consumatori - Clausole che definiscono l’oggetto principale del contratto - Controllo giurisdizionale del loro carattere abusivo - Esclusione - Disposizioni nazionali più severe per garantire un più elevato livello di protezione per il consumatore - Artt. 4, n. 2, e 8 Direttiva 93/13/CEE. Gli artt. 4, n. 2, e 8 della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, debbono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale, come quella in questione nella causa principale, che autorizza un controllo giurisdizionale del carattere abusivo delle clausole contrattuali vertenti sulla definizione dell’oggetto principale del contratto o sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, anche se tali clausole sono formulate in modo chiaro e comprensibile. Inoltre, gli artt. 2 CE, 3, n. 1, lett. g), CE e 4, n. 1, CE non ostano ad un’interpetazione degli artt. 4, n. 2, e 8 della direttiva secondo la quale gli Stati membri possono adottare una normativa nazionale che autorizza un controllo giurisdizionale del carattere abusivo delle clausole contrattuali vertenti sulla definizione dell’oggetto principale del contratto o sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, anche se tali clausole sono formulate in modo chiaro e comprensibile. domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunal Supremo (Spagna) nella causa Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid c. Asociación de Usuarios de Servicios Bancarios (Ausbanc). CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 03/06/2010, Sentenza C-484/08

 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Danno da vacanza rovinata - Disciplina - Artt. 82-100 d.lgs. n. 206/2005. Il cd. danno da vacanza rovinata trova la sua disciplina negli articoli da 82 a 100 del D.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo) e in particolare nell'art. 93 (mancato o inesatto adempimento). In forza di tali norme: a) grava sull'organizzatore l'onere della prova della non imputabilità a sé dell'impossibilità della prestazione; b) è all'organizzatore del viaggio che il cliente può e deve "comunque" rivolgersi per il risarcimento, anche nel caso in cui il danno sia stato in tutto o in parte patito ad opera del prestatore di servizi di cui l'organizzatore stesso si è avvalso; c) l'organizzatore può solo rivalersi nei confronti del prestatore di cui si è avvalso, per i danni che è stato costretto a risarcire al cliente e che si presume siano riferibili al "prestatore esterno" o terzo. G.d.P. Vingiani - P.M. (avv.ti Marida e Nicodemo) c. K. s.p.a. (avv.ti Russo, Assereto e Greco) - GIUDICE DI PACE DI SALERNO - 10 maggio 2010

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Danno da vacanza rovinata - Decadenza - Termini ordinari.
In ipotesi di doglianza di vacanza rovinata non si applica l'art. 98 del codice del consumo, e nessuna decadenza specifica diversa dalla prescrizione ordinaria è posta quando il soggetto che ha già adempiuto chiede il risarcimento per il danno derivatole dall'inadempimento della controparte, ex art. 1453 c.c. G.d.P. Vingiani - P.M. (avv.ti Marida e Nicodemo) c. K. s.p.a. (avv.ti Russo, Assereto e Greco) - GIUDICE DI PACE DI SALERNO - 10 maggio 2010
 

DIRITTI DEI CONSUMATORI - Contratti conclusi a distanza - Diritto di recesso - Addebito al consumatore delle spese di consegna dei beni - Tutela dei consumatori - Direttiva 97/7/CE. L’art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che consente al fornitore, nell’ambito di un contratto concluso a distanza, di addebitare le spese di consegna dei beni al consumatore qualora questi eserciti il suo diritto di recesso. Pres. J.-C. Bonichot - Toader rel. - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesgerichtshof (Germania). CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 15/04/2010, Sentenza C-511/08

 

DIRITTI DEI CONSUMATORI - Tutela dei consumatori - Contratti negoziati fuori dei locali commerciali - Ambito di applicazione della direttiva 85/577/CEE - Adesione ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società di persone - Recesso. La direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, si applica ad un contratto che ha ad oggetto l’adesione di un consumatore ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società di persone qualora lo scopo di una tale adesione non sia in via prioritaria quello di divenire membro della società, bensì si tratti di un modo per investire capitali. Inoltre, l’art. 5, n. 2, della direttiva 85/577 non osta ad una norma nazionale in forza della quale, in caso di revoca dell’adesione ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società di persone, prestata a seguito di una vendita a domicilio non richiesta, il consumatore può invocare nei confronti di tale società, sul saldo di liquidazione, un diritto calcolato in funzione del valore della sua partecipazione al momento del suo recesso da tale fondo e, pertanto, può ottenere eventualmente la restituzione di un importo inferiore al suo conferimento ovvero può essere tenuto a partecipare alle perdite del detto fondo. Pres. Tizzano (rel.) - domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesgerichtshof (Germania) c. Carsten von der Heyden. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 15/04/2010, Sentenza C-215/08

 

DIRITTI DEI CONSUMATORI - Marchi d’impresa - Internet - Motore di ricerca (Google) - Pubblicità a partire da parole chiave (“keyword advertising”) - Visualizzazione, da parole chiave corrispondenti a marchi di impresa, di link verso siti di concorrenti dei titolari di detti marchi ovvero verso siti sui quali sono offerti prodotti di imitazione - Servizio di posizionamento «AdWords» - Link pubblicitario e link sponsorizzati - Art. 5, n. 1, lett. a) Direttiva 89/104/CEE - Art. 9, n. 1, lett. a) Regolamento (CE) n. 40/94 - Responsabilità del gestore del motore di ricerca - Direttiva 2000/31/CE (“direttiva sul commercio elettronico”). In materia di marchi d’impresa, gli artt. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 e 9, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94 devono essere interpretati nel senso che il titolare di un marchio può vietare ad un inserzionista di fare pubblicità - a partire da una parola chiave identica a detto marchio, selezionata da tale inserzionista nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet senza il consenso dello stesso titolare - a prodotti o servizi identici a quelli per cui detto marchio è registrato, qualora la pubblicità di cui trattasi non consenta, o consenta soltanto difficilmente, all’utente medio di Internet di sapere se i prodotti o i servizi indicati nell’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente connessa a quest’ultimo o invece da un terzo. Tuttavia, il prestatore di un servizio di posizionamento su Internet che memorizza come parola chiave un segno identico a un marchio e organizza, a partire da quest’ultima, la visualizzazione di annunci non fa un uso di tale segno ai sensi dell’art. 5, n. 1 e 2, della direttiva 89/104 o dell’art. 9, n. 1, lett. a) e b), del regolamento n. 40/94. Pres. Skouris - Rel. Ilešic - Google Inc. ed alto c. Louis Vuitton Malletier SA ed altri. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. Grande, 23/03/2010, Sentenze C-236/08 a C-238/08

DIRITTI DEI CONSUMATORI - Marchi d’impresa - Internet - Motore di ricerca (Google) - Pubblicità a partire da parole chiave (“keyword advertising”) - Servizio di posizionamento «AdWords» - Siti sui quali sono offerti prodotti di imitazione - Responsabilità del gestore del motore di ricerca - Esclusione - Presupposti - Art. 14, Direttiva 2000/31/CE (“direttiva sul commercio elettronico”).
L’art. 14 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico»), deve essere interpretato nel senso che la norma ivi contenuta si applica al prestatore di un servizio di posizionamento su Internet qualora detto prestatore non abbia svolto un ruolo attivo atto a conferirgli la conoscenza o il controllo dei dati memorizzati. Se non ha svolto un siffatto ruolo, detto prestatore non può essere ritenuto responsabile per i dati che egli ha memorizzato su richiesta di un inserzionista, salvo che, essendo venuto a conoscenza della natura illecita di tali dati o di attività di tale inserzionista, egli abbia omesso di prontamente rimuovere tali dati o disabilitare l’accesso agli stessi. Pres. Skouris - Rel. Ilešic - Google Inc. ed alto c. Louis Vuitton Malletier SA ed altri. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. Grande, 23/03/2010, Sentenze C-236/08 a C-238/08

 

DIRITTI DEI CONSUMATORI - Sigilli apposti al fine di impedire l'uso di un bene - Violazione di sigilli - Reato -Configurabilità - Fattispecie: Attività di somministrazione di alimenti e bevande senza la prescritta autorizzazione. Si configura il reato di violazione di sigilli, anche nel caso in cui la condotta tipica abbia riguardo a sigilli apposti esclusivamente per impedire l’uso illegittimo della cosa e non solo quando gli stessi siano stati apposti per assicurarne la conservazione o l’identità. Fattispecie: Attività di somministrazione di alimenti e bevande senza la prescritta autorizzazione. (Conferma Corte di Appello di Messina sentenza del 14/3/08) Pres. T. Gemelli, Rel. U. Giordano, Ric. D'Agostino. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Penali, 10/02/2010 (Ud. 26/11/2009), Sentenza n. 5385

 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Autostrade - Danni da animale selvatico - Responsabilità della società autostrade - Natura contrattuale - Fondamento - Pedaggio - Corrispettivo di una prestazione. La responsabilità della società autostrade (nella specie, per danni da animale selvatico) è di tipo contrattuale, perché al momento in cui il conducente si ferma al casello si conclude tra i due soggetti un rapporto obbligatorio in cui sul conducente grava l’obbligo di pagare il pedaggio, e sulla società autostrade l’obbligo di far fruire il servizio. Oltre a tale prestazione principale la società è tenuta ad una serie di obblighi secondari ed accessori, primo tra tutti quello di tenere in perfetta manutenzione il manto stradale, destinato ad essere percorso ad alta velocità in condizioni di sicurezza. Il pedaggio non ha natura di tassa, ma di prezzo pubblico quale corrispettivo di una prestazione: si è dunque in presenza di un contratto. G.d.P. Vingiani - P.I. c. A. s.p.a. - GIUDICE DI PACE DI SALERNO - ordinanza 2 febbraio 2010

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Parte contrattuale pubblica - Natura di professionista - Sussistenza.
La natura pubblica della parte contrattuale non esclude la sua natura di professionista ( Tribunale di Roma 04/02/02). G.d.P. Vingiani - P.I. c. A. s.p.a. - GIUDICE DI PACE DI SALERNO - ordinanza 2 febbraio 2010

 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Pratiche commerciali sleali - Gioco a premi all’acquisto di una merce o di un servizio - Partecipazione dei consumatori subordinata all’acquisto - Normativa nazionale - Interpretazione e limiti - Direttiva 2005/29/CE. La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 maggio 2005, 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, come quella di cui alla causa principale, che prevede un divieto in via di principio, a prescindere dalle circostanze della singola fattispecie, delle pratiche commerciali che subordinano la partecipazione dei consumatori ad un concorso o gioco a premi all’acquisto di una merce o di un servizio. Tizzano (Pres./rel.) - Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs eV c. Plus Warenhandelsgesellschaft mbH. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 14/01/2010, Sentenza C-304/08

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Pratica commerciale in collegamento diretto con la promozione la vendita o la fornitura di un prodotto ai consumatori - Pratiche commerciali sleali - Stati membri - Disciplina in materia - Limiti - Art. 4 Dir. 2005/29. La direttiva 2005/29 è caratterizzata da un ambito di applicazione per materia particolarmente ampio che si estende a qualsiasi pratica commerciale in collegamento diretto con la promozione, la vendita o la fornitura di un prodotto ai consumatori. In tal modo, sono escluse da detto ambito di applicazione soltanto le normative nazionali relative alle pratiche commerciali sleali che ledono «unicamente» gli interessi economici dei concorrenti o che sono connesse ad un’operazione tra professionisti. Inoltre, la direttiva 2005/29 realizza un’armonizzazione completa a livello comunitario delle norme relative alla pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori. Pertanto, come prevede espressamente l’art. 4 della medesima, gli Stati membri non possono adottare misure più restrittive di quelle definite dalla direttiva in parola, neppure al fine di assicurare un livello superiore di tutela dei consumatori. Tizzano (Pres./rel.) - Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs eV c. Plus Warenhandelsgesellschaft mbH. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 14/01/2010, Sentenza C-304/08

 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Istituti bancari - Correntisti - Prelievi fraudolenti - Cd. phishing - Adozione delle misure di sicurezza tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico - Obbilgo - Art. 31 d.lgs. n. 196/2003 - Art. 2050 c.c. - Fattispecie. In applicazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 196/2003 (il quale impone che i dati personali oggetto di trattamento siano custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta), al fine da evitare prelievi fraudolenti (cd. phishing), è necessaria l’adozione, da parte dell’Istituto di credito, di tutte le misure di sicurezza, tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico, non essendo sufficiente la non violazione di norme di legge. La diligenza richiesta deve infatti essere valutata con maggior rigore, atteso che la prestazione inerisce all’esercizio di un’attività professionale. Va, parimenti, ritenuta applicabile la previsione di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 196/2003, la quale statuisce che chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’articolo 2050 del codice civile. (Nella specie, il Tribunale ha condannato la spa Poste Italiane al risarcimento dei danni patiti dal correntista, sul presupposto che Il sistema di sicurezza adottato risultava inadeguato, particolarmente se raffrontato con quello adoperato da altri operatori). Giud. Spiaggia - … (avv. Palmigiano) c. Poste Italiane spa - TRIBUNALE DI PALERMO, Sezione III civile -12 gennaio 2010, n. 81

 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Tutela dei consumatori - Contratti negoziati fuori dei locali commerciali - Diritto di recesso - Obbligo d’informazione da parte del commerciante - Nullità del contratto d’ufficio - Misure appropriate - Art. 4 Direttiva 85/577/CEE. L’art. 4 della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali non osta a che un giudice nazionale dichiari d’ufficio la nullità di un contratto rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva a causa della circostanza che il consumatore non era stato informato del suo diritto di recesso, anche qualora detta nullità non sia mai stata fatta valere dal consumatore dinanzi ai giudici nazionali competenti. Pres./Rel. Tizzano - Martín c. EDP Editores SL. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 17/12/2009, Sentenza C-227/08

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Contratti negoziati fuori dei locali commerciali - Diritto di recesso - Tutela dei consumatori - Disciplina - Nullità del contratto rilevato d’ufficio - Artt. 5, n. 1 e 4, direttiva 85/577/CEE. Il termine minimo menzionato di sette giorni, ex art. 5, n. 1, della direttiva 85/577/CEE, va calcolato a partire dal momento in cui il consumatore ha ricevuto dal commerciante l’informazione in questione. Siffatta prescrizione, si spiega con la considerazione che, se il consumatore non ha conoscenza dell’esistenza di un diritto di recesso, si trova nell’impossibilità di esercitarlo (sentenza 13/12/2001, causa C-481/99, Heininger). In altre parole, il sistema di tutela configurato dalla direttiva presuppone non solamente che il consumatore, in quanto parte debole, disponga del diritto di rescindere il contratto, ma anche che abbia contezza dei propri diritti venendone espressamente informato per iscritto. Si deve pertanto considerare che, qualora il consumatore non fosse stato debitamente informato circa il suo diritto di recesso, il giudice nazionale adito può far valere d’ufficio la violazione delle disposizioni dell’art. 4 della direttiva. Pres./Rel. Tizzano - Martín c. EDP Editores SL. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 17/12/2009, Sentenza C-227/08

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Tutela del consumatore - Diritto di recesso - Obbligo d’informazione - Poteri dei giudici nazionali - Artt. 4 e 5, n. 1, Direttiva 85/577/CEE. In materia di tutela del consumatore, se l’art. 4, terzo comma, della direttiva attribuisce agli Stati membri la responsabilità di disciplinare gli effetti del mancato rispetto dell’obbligo d’informazione, i giudici nazionali investiti di una controversia fra singoli, devono, dal canto loro, interpretare, per quanto possibile, alla luce del testo e della finalità della direttiva, il complesso delle norme nazionali per giungere a una soluzione conforme all’obiettivo da essa perseguito (v. sentenza 25/10/2005, causa C-350/03, Schulte). Siffatta conclusione non esclude affatto che altre misure possano ugualmente assicurare il livello di tutela in parola, come, ad esempio, la riapertura dei termini applicabili in materia di recesso dal contratto, in modo da consentire al consumatore di esercitare il diritto attribuitogli dall’art. 5, n. 1, della direttiva. D’altro lato, il giudice nazionale adito potrebbe altresì dover tenere conto, in talune circostanze, della volontà del consumatore di non voler far valere la nullità del contratto in discussione (v., per analogia, sentenza 4/06/2009, causa C-243/08, Pannon GSM). Pres./Rel. Tizzano - Martín c. EDP Editores SL. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 17/12/2009, Sentenza C-227/08

 

DIRITTO DEI CONSUMATORE - Responsabilità per danno da prodotti difettosi - Errore relativo alla qualificazione come “produttore” - Procedimento giudiziario - Domanda di sostituzione del produttore al convenuto iniziale - Scadenza del termine di prescrizione - Artt. 3 e 11 Direttiva 85/374/CEE. L’art. 11 della direttiva del Consiglio 25 luglio 1985, 85/374/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che una normativa nazionale la quale autorizzi la sostituzione di una parte convenuta ad un’altra nel corso di un procedimento giudiziario sia applicata in modo tale da consentire che, dopo la scadenza del termine ivi fissato, un «produttore» ai sensi dell’art. 3 della direttiva sia citato come parte convenuta nel procedimento giudiziario promosso entro tale termine contro un’altra persona. Tuttavia, da una parte, tale art. 11 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che il giudice nazionale consideri, nel procedimento giudiziario avviato entro il termine ivi fissato nei confronti della società controllata al 100% dal «produttore», ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 85/374, che il produttore possa essere sostituito alla sua controllata ove detto giudice constati che l’immissione in circolazione del prodotto di cui trattasi è stata di fatto determinata da tale produttore. D’altra parte, l’art. 3, n. 3, della direttiva 85/374 deve essere interpretato nel senso che, qualora il soggetto danneggiato da un prodotto che si asserisce essere difettoso non abbia ragionevolmente potuto identificarne il produttore prima di esercitare i suoi diritti nei confronti del fornitore del medesimo, detto fornitore deve essere considerato «produttore», segnatamente ai fini dell’applicazione dell’art. 11 della detta direttiva, ove non abbia comunicato al danneggiato, diligentemente e di propria iniziativa, l’identità del produttore o del suo proprio fornitore, cosa che spetta al giudice nazionale accertare alla luce delle circostanze della fattispecie. Pres. Skouris - Rel. Lenaerts - Aventis Pasteur SA c. OB. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. Grande 2/12/2009, Sentenza C-358/08

 

DIRITTO DEI CONSUMATORE - Qualità del prodotto alimentare - Etichettatura atta ad indurre in errore - Compiti del giudice nazionale - Fattispecie: denominazione generica di “Salame Felino” - Reg.(CEE) n. 2081/92 - Reg. n. 2796/2000. Ai fini della valutazione dell’idoneità ad indurre in errore di un’indicazione che compare su un’etichetta, il giudice nazionale deve basarsi essenzialmente sull’aspettativa presunta, in riferimento a detta indicazione, di un consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto circa l’origine, la provenienza e la qualità del prodotto alimentare, essendo essenziale che il consumatore non sia indotto in errore e portato a considerare, erroneamente, che il prodotto abbia un’origine, una provenienza o una qualità diverse da quelle che ha realmente (v., in tal senso, sentenze 6/07/1995, causa C-470/93, Mars; nonché 13/01/2000, causa C-220/98, Estée Lauder). Pres. Lenaerts - Rel. Malenovský - Grandi Salumifici Italiani SpA c. Regione Emilia-Romagna. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 10/09/2009, Sentenza C-446/07
 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Tutela dei consumatori - Contratti a distanza - Esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore - Indennizzo per il godimento da corrispondere al venditore - C.d. indennità d’uso del bene - Competenza - Giudice nazionale - Art. 6, nn. 1, secondo periodo e 2, Dir. 97/7/CE. L’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, della direttiva (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, dev’essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale la quale preveda in modo generico che il venditore possa chiedere al consumatore un’indennità per l’uso di un bene acquistato tramite un contratto a distanza nel caso in cui quest’ultimo ha esercitato il suo diritto di recesso entro i termini. Tuttavia, questo stesso articolo non osta a che venga imposto al consumatore il pagamento di un’indennità per l’uso di tale bene nel caso in cui egli abbia fatto uso del detto bene in un modo incompatibile con i principi del diritto civile, quali la buona fede o l’arricchimento senza giusta causa, a condizione che non venga pregiudicato il fine della detta direttiva e, in particolare, l’efficacia e l’effettività del diritto di recesso, ciò che spetta al giudice nazionale determinare. L’indennità non è dovuta se il deterioramento è esclusivamente riconducibile all’esame della cosa. Pres. Jann (relatore) - Messner c. Krüger. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 03/ Settembre 2009, Sentenza C-489/07

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Tutela dei consumatori - Contratti a distanza - Diritto di recesso - Clausola minima - Funzione e ratio. Il diritto di recesso, entro un termine di almeno sette giorni lavorativi senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo, è finalizzato a tutelare il consumatore nella particolare situazione di una vendita a distanza, in cui egli «non ha in concreto la possibilità di visionare il bene o di prendere conoscenza della natura del servizio prima della conclusione del contratto». Si reputa pertanto che il diritto di recesso compensi lo svantaggio che risulta per il consumatore da un contratto a distanza, accordandogli un termine di riflessione appropriato durante il quale egli ha la possibilità di esaminare e testare il bene acquistato. Pres. Jann (relatore) - Messner c. Krüger. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 03/09/2009, Sentenza C-489/07

 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori - Effetti giuridici di una clausola abusiva - Vincolo per il consumatore - Esclusione - Impugnazione della clausola abusiva - Necessità - Esclusione - Direttiva 93/13/CEE. L’art. 6, n. 1, della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, dev’essere interpretato nel senso che una clausola contrattuale abusiva non vincola il consumatore e che non è necessario, in proposito, che egli abbia in precedenza impugnato utilmente siffatta clausola. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 4/06/2009, Sentenza C-243/08

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Contratti stipulati con i consumatori - Clausole abusive - Disapplicazione - Potere e obbligo del giudice nazionale di esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola- Criteri di valutazione - Direttiva 93/13/CEE. Il giudice nazionale deve esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine. Se esso considera abusiva una siffatta clausola, non la applica, tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga. Tale obbligo incombe al giudice nazionale anche in sede di verifica della propria competenza territoriale. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 4/06/2009, Sentenza C-243/08

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Contratto concluso tra un consumatore e un professionista - Clausole abusive - Giudice nazionale - Competenza - Art. 3, n. 1, Dir. 93/13. Spetta al giudice nazionale stabilire se una clausola contrattuale, come quella oggetto della controversia principale, risponda ai criteri richiesti per poter essere considerata abusiva ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 93/13. A tal fine, il giudice nazionale deve tener conto del fatto che può essere considerata abusiva una clausola contenuta in un contratto concluso tra un consumatore e un professionista, la quale sia stata introdotta senza essere stata oggetto di negoziato individuale e sia volta ad attribuire la competenza esclusiva al tribunale della circoscrizione in cui si trova la sede del professionista. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 4/06/2009, Sentenza C-243/08

 

DIRITTO DEI CONSUMATORI - Responsabilità per danno da prodotti difettosi - Ambito di applicazione - Danno cagionato ad una cosa destinata ad un uso professionale e utilizzata in tal senso - Regime nazionale che consente al danneggiato di richiedere il risarcimento per un tale danno fornendo solamente la prova del danno, del difetto e del nesso causale - Compatibilità - Direttiva 85/374/CEE. La direttiva del Consiglio 25 luglio 1985, 85/374/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi deve essere interpretata nel senso che essa non osta all’interpretazione di un diritto nazionale ovvero all’applicazione di una giurisprudenza interna consolidata secondo cui il danneggiato può chiedere il risarcimento del danno cagionato ad una cosa destinata ad un uso professionale e utilizzata in tal senso, qualora detto danneggiato fornisca solamente la prova del danno, del difetto del prodotto e del nesso causale tra il suddetto difetto e il danno. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 4/06/2009, Sentenza C-285/08

 

CONSUMATORI - Coordinamento fra imprese - Scambio di informazioni tra concorrenti - Art. 81, n. 1, CE - Nozione di “pratica concordata” - Nesso causale fra la concertazione e il comportamento sul mercato delle imprese - Domanda di pronuncia pregiudiziale. Una pratica concordata ha un oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE qualora, in ragione del suo tenore nonché delle sue finalità, e tenuto conto del contesto economico e giuridico nel quale si inserisce, sia concretamente idonea ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato comune. Non è necessario che la concorrenza sia effettivamente impedita, ristretta o falsata, né che sussista un nesso diretto fra tale pratica concordata e i prezzi al dettaglio. Lo scambio di informazioni tra concorrenti persegue uno scopo anticoncorrenziale qualora sia idoneo ad eliminare talune incertezze in relazione al comportamento previsto dagli operatori interessati. Pertanto, una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una collaborazione pratica fra le stesse ai rischi della concorrenza (v. sentenze 16 dicembre 1975, cause riunite da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, nonché 31 marzo 1993, cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione). CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 4/06/2009, Sentenza C-8/08

 

CONSUMATORI - Pratiche commerciali sleali delle imprese riguardo ai consumatori nel mercato interno - Mancata trasposizione entro il termine prescritto - Inadempimento di Stato (Spagna) - Direttiva 2005/29/CE. Non adottando, entro il termine prescritto, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessari per conformarsi alla direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese riguardo ai consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio ed il regolamento (CEE) N. ° 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (“direttiva sulle pratiche commerciali sleali„), il regno di Spagna è venuto meno agli obblighi che gli incombono ai sensi di questa direttiva. (Testo Uff.: En ne prenant pas, dans le délai prescrit, les dispositions législatives, réglementaires et administratives nécessaires pour se conformer à la directive 2005/29/CE du Parlement européen et du Conseil, du 11 mai 2005, relative aux pratiques commerciales déloyales des entreprises vis-à-vis des consommateurs dans le marché intérieur et modifiant la directive 84/450/CEE du Conseil et les directives 97/7/CE, 98/27/CE et 2002/65/CE du Parlement européen et du Conseil et le règlement (CE) n° 2006/2004 du Parlement européen et du Conseil («directive sur les pratiques commerciales déloyales»), le Royaume d’Espagne a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cette directive. Le Royaume d’Espagne est condamné aux dépens). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez.VIII, 23/04/2009, causa C-321/08

 

TUTELA DEI CONSUMATORI - LAVORO – Legislazione su prodotti alimentari per animali ed i prodotti alimentari - Insufficienza delle forze di lavoro destinate ai servizi nominati ai controlli veterinari - Inadempimento di Stato (Grecia) - Regolamento (CEE) N. ° 882/2004. Non avendo adottato tutte le misure necessarie per rimediare all'insufficienza delle forze di lavoro destinate ai servizi nominati ai controlli veterinari in Grecia, la repubblica ellenica ha mancato agli obblighi che gli incombono ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, sotto c), del regolamento (CEE) N. ° 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali effettuati per garantirsi della conformità con la legislazione sui prodotti per l'alimentazione degli animali ed i prodotti alimentari e con le disposizioni relative alla salute animale ed al benessere degli animali. (Testo Uff.: En n’ayant pas pris toutes les mesures nécessaires pour remédier à l’insuffisance des effectifs affectés aux services préposés aux contrôles vétérinaires en Grèce, la République hellénique a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de l’article 4, paragraphe 2, sous c), du règlement (CE) n° 882/2004 du Parlement européen et du Conseil, du 29 avril 2004, relatif aux contrôles officiels effectués pour s’assurer de la conformité avec la législation sur les aliments pour animaux et les denrées alimentaires et avec les dispositions relatives à la santé animale et au bien-être des animaux). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez.II, 23/04/2009, causa C 331/07

 

DIRITTO DEL CONSUMATORE - Sospensione della ADSL per un periodo di tempo - Riattivazione a seguito del ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c. - Risarcimento - Richiesta del “danno patrimoniale e non patrimoniale” - Riconoscimento. La sospensione della ADSL per un periodo di tempo (superiore al limite di riattivazione previsto dalle Condizioni generali di abbonamento) ed il suo ripristino soltanto a seguito del ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c. effettuato dall'attore, ha evidentemente portato l'attore stesso a dover affrontare una serie di spese (danno patrimoniale) e disagi (danno non patrimoniale), esplicitamente riconosciuti. G.d.P. Dott. Giuseppe Caforio, Avv. Longo unitamente al Dott. Lupetti. GIUDICE DI PACE DI PISA, Sez. VII - 26/03/2009 (Ud. 24/03/2009), n. 1182

DIRITTO DEL CONSUMATORE - Servizio telefonico - Sospensione prolungata del servizio - Riconoscimento del “danno patrimoniale e non patrimoniale” - Sussistenza - Fattispecie. E’ legittimo il risarcimento del danno esistenziale per i disagi provocati dalla prolungata sospensione del servizio telefonico (in specie ADSL) oltre al danno non patrimoniale. Nella specie, l’attore ha dimostrato per testi (testimonianza della figlia), ma si rileva anche per fatti concludenti, che la sua attività di docente universitario è stata pesantemente penalizzata dalla lunga indisponibilità di uno strumento di comunicazione essenziale come è oggi il collegamento internet. Danno esteso alla famiglia, in particolare la figlia, che utilizzava il collegamento per ragioni di studio. (Conf. al risarcimento del danno Trib. Genova sent. 2429/06, G. di P. Bologna sent. 1859/07 ed altri).G.d.P. Dott. Giuseppe Caforio, Avv. Longo unitamente al Dott. Lupetti. GIUDICE DI PACE DI PISA, Sez. VII - 26/03/2009 (Ud. 24/03/2009), n. 1182

 

CONSUMATORI - DIRITTO SANITARIO - ALIMENTI - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Vendita di prodotti alimentari invasi da parassiti - Reato di frode in commercio - Art. 515 c.p. - Art. 1510 c.c - Art. 5, lett. G L. n. 283/1962. In materia di tutela penale degli alimenti, il reato deve ritenersi consumato nel luogo di immissione al commercio della merce. Nella specie, la competenza in ordine al reato di cui alla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, lett. G si radica nel momento e nel luogo dove il prodotto venga posto in vendita al pubblico. Tale principio risulta del resto applicato anche in relazione al reato più generale di frode in commercio di cui all'art. 515 c.p., in quanto è stato ritenuto che tale reato si consuma non nel luogo in cui il venditore si libera della propria obbligazione ai sensi dell'art. 1510 c.c. con la consegna della merce al vettore o spedizioniere, ma in quello in cui avviene la materiale consegna della stesa merce all'acquirente. È infatti al momento suddetto che l'acquirente, ottenuta la disponibilità della cosa, viene a trovarsi nella possibilità di verificare la corrispondenza di essa a quella pattuita o dichiarata dal venditore (Cass. pen. sez. 1, 19/02/2003, sent. n. 8383). Fattispecie: grano tenero francese invaso da parassiti appartenenti alla classe dei coleotteri e, in particolare, alla specie "Rhizopherta Dominica" ed "Elaterio dei cereali". Pres. De Maio, Est. Marmo, Ric. Licciardi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/01/2009 (Ud. 23/10/2008), Sentenza n. 391

 

CONSUMATORI E UTENTI - Trenitalia - Ritardo - Inesatto adempimento contrattuale - Risarcimento dei danni non patrimoniali - E’ dovuto - Fattispecie. Il ritardo di un treno di sette ore e mezza, imputabile a disorganizzazioni e disservizi di Trenitalia spa, obbliga quest’ultima al risarcimento dei danni non patrimoniali (irrilevante che l’attore li etichetti come morali o esistenziali) provocati in conseguenza dell’inesatto adempimento del contratto ( cass. ss.uu. n. 26973/08) (nella specie, l’attore aveva lamentato un elevato grado di sofferenza legato all’attesa, in dipendenza di un infortunio occorsogli sul lavoro, che gli aveva cagionato difficoltà nel mantenimento della posizione seduta:il G.d.P., pronunciandosi secondo equità, ha per tale ragione ricondotto i pregiudizi subiti nell’alveo dell’offesa alla dignità umana, tutelata dall’art. 2 Cost.). G.d.P. Randazzo - Z.C. (avv. Zingale) c. Trenitalia spa (avv. Previti). GIUDICE DI PACE DI TORTORICI - 30 Dicembre 2008 (Ud. 24/12/2008), Sentenza n. 375

 

CONSUMATORI - Cd. contratti del consumatore - Regolamento di competenza - Foro del consumatore - Giudice competente - Derogabilità - Trattativa - Onere della prova - Requisiti della individualità, serietà ed effettività - Artt. 18, 20 cod. proc. civ. e 1341, c. 2° cod. civ. - D. Lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del consumo). Il foro del consumatore é esclusivo e speciale sicché la clausola che stabilisca come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o di domicilio elettivo del consumatore, anche se il foro indicato come competente coincida con uno dei fori legali di cui agli artt. 18 e 20 cod. proc. civ., é presuntivamente vessatoria e, pertanto, nulla (v. Cass., 28/6/2005, n. 13890, Cass., 23/2/2007, n. 4208). Inoltre, la disciplina di tutela del c.d. Codice del consumo, art. 33, comma 2 lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005, (come quella di cui ai previgenti artt. 1469 bis, e seguenti cod. civ.) può essere validamente derogata dalle parti soltanto con clausola oggetto di idonea trattativa - caratterizzata dai requisiti della individualità, (avere cioè riguardo alle clausole o agli elementi di clausola costituenti il contenuto dell'accordo, presi in considerazione singolarmente e nel significato che assumono nel complessivo tenore del contratto), serietà (essere svolta dalle parti mediante l'adozione di un comportamento obiettivamente idoneo a raggiungere il risultato cui e diretta) ed effettività (essere stata non solo storicamente ma anche in termini sostanziali effettuata, nel rispetto della autonomia privata delle parti, riguardata non solo nel senso di libertà di concludere contratto ma anche nel suo significato di libertà e concreta possibilità -anche- per il consumatore di determinare il contenuto del contratto) -, precisando che incombe sul professionista il relativo onere probatorio. In particolare, l'aggiunta a penna della clausola derogatoria del foro del consumatore, nell'ambito di un testo contrattuale dattiloscritto, o la mera approvazione per iscritto di una tale clausola sono inidonee ai fini della prova positiva della trattativa e che, inoltre, neppure il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto e la sottoscrizione indiscriminata di esse apposta sotto la relativa elencazione in base al numero d'ordine è idonea a determinare, ai sensi dell'art. 1341, secondo comma, cod. civ., l'efficacia della clausola vessatoria in parola, essendo a tal fine necessario che la stessa risulti chiaramente e autonomamente evidenziata dal predisponente e specificamente e autonomamente sottoscritta dall'aderente. Pres. P. Vittoria, Rel. L. A. Scarano, Ric. Galdi. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. III, 26/09/2008, Ordinanza n. 24262

 

CONSUMATORI - Azione collettiva a tutela dei consumatori - Associazione di professionisti - Contratti - Clausole Vessatorie. L’associazione di professionisti che abbia provveduto all’elaborazione ed alla diffusione di clausole contenute in condizioni generali riguardanti contratti bancari ed abbia espresso parere positivo sulla loro utilizzabilità, deve ritenersi titolare della legittimazione passiva anche in ordine alle azioni collettive a tutela dei consumatori promosse prima della modifica dell’art. 1469 sexies cod. civ., intervenuta ai sensi dell’art. 6 della legge n. 14 del 3 febbraio 2003, con la quale è stata espressamente estesa la legittimazione passiva alle associazioni che “raccomandano” l’utilizzo di clausole o condizioni generali di contratto. (Pres. V. Proto, Rel. G. Salme'). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 21/05/2008, Sentenza n. 13051
 

CONSUMATORI - Associazioni rappresentative dei consumatori - Contratto ad esecuzione periodica o continuata o differita - Azione collettiva inibitoria a tutela dei consumatori - Inibitoria dell'uso di clausole vessatorie - Applicazione ai contratti - Art. 1469 sexies cod.civ.. L'inibitoria dell'uso delle clausole vessatorie produce effetti anche sui contratti già stipulati al momento della pronuncia giudiziale, sia perché l'eliminazione delle clausole vessatorie da tutti i contratti che le contengono è coerente con la finalità attribuita dal legislatore comunitario all'azione collettiva sia perché l'applicazione del divieto ai contratti ad esecuzione differita o con durata reiterabile, vigenti al momento dell'adozione dell'inibitoria (come quelli bancari), realizza la funzione preventiva propria di questo specifico strumento di tutela, escludendo la necessità di ricorrere all'azione individuale per espungere, in concreto, dai singoli regolamenti negoziali, le condizioni colpite dal provvedimento giudiziale. (Pres. V. Proto, Rel. G. Salme'). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 21/05/2008, Sentenza n. 13051
 

CONSUMATORI - Contratti bancari conclusi con i consumatori - Modificazione unilaterale di una o più condizioni del contratto da parte del professionista - Vessatorietà della clausola - L. n. 248/2006 - D. lgs n. 206/2005 - Art. 118 del T.U. bancario. la clausola, contenuta nelle condizioni generali di contratto, che riconosce unilateralmente al professionista la facoltà di modificare le disposizioni economiche del rapporto contrattuale, anche in mancanza di un giustificato motivo, così come richiesto, in via generale, dall'art. 1469 bis, comma 5, n. 11, attualmente riprodotto nell'art. 33, comma 2, lettera m) del d. lgs n. 205 del 2005 è vessatoria, non potendosi qualificare tale previsione negoziale come meramente riproduttiva dell'art. 118 del d. lgs n. 385 del 1993, nella formulazione anteriore alla modifica introdotta con l'art. 10 del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito nella legge n. 248 del 4 agosto 2006, sia perché l'esclusione della vessatorietà delle clausole riproduttive delle disposizioni di legge, prevista nell'art. 1469 ter, comma 3, riprodotta nell'art. 34, comma 3, del d. lgs n. 206 del 6 settembre 2005, trova applicazione solo quando ne venga trasposto il nucleo precettivo e non, invece, quando il predisponente si avvalga autonomamente di una facoltà prevista dalla norma, isolandola dal contesto normativo in cui si colloca, sia perché l'art. 118 del T.U. bancario ha una portata applicativa non limitata ai contratti con i consumatori. (Pres. V. Proto, Rel. G. Salme'). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 21/05/2008, Sentenza n. 13051
 

CONSUMATORI - Contratti bancari conclusi con i consumatori - Servizio bancario delle cassette di sicurezza - Clausola limitativa della responsabilità risarcitoria della banca - Vessatorietà - Art. 1229, c. 1, cod civ. - Art. 1469 bis, c. 1, cod civ. - Art. 1469 quinquies, c. 2, n. 2, c.c.. La clausola relativa al servizio di cassette di sicurezza che limita la responsabilità contrattuale del professionista, in caso di danneggiamento o distruzione delle cose custodite, ai soli danni comprovati ed obiettivi, con esclusione del valore d'affezione, assumendo come limite quantitativo del risarcimento il valore dichiarato dal cliente ed il conseguente massimale assicurativo ha natura vessatoria. Inoltre ha natura vessatoria, la clausola che riconosce alla banca il diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata corrispondenza tra il valore dichiarato dal cliente e il valore effettivo, per essere, entrambe, oltre che lesive del divieto di limitazione della responsabilità contrattuale in caso di dolo o colpa grave, contenuto nell'art. 1229, comma 1, cod civ., anche produttive di un significativo ed ingiustificato squilibrio tra le parti, ex art. 1469 bis, comma 1, cod civ., o, in caso di clausola formante oggetto di trattativa, ex art. 1469 quinquies, comma 2, n. 2, cod. civ., in quanto dirette a limitare il diritto del consumatore ad agire, in caso d'inadempimento del professionista, anche per colpa lieve. (Pres. V. Proto, Rel. G. Salme'). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 21/05/2008, Sentenza n. 13051

 

CONSUMATORI - Trasporto aereo - Ritardata consegna dei bagagli - Responsabilità del vettore - Risarcibilità del danno patrimoniale - Sussistenza - Risarcimento del danno esistenziale - Esclusione - Giurisprudenza - Art. 942 Cod. nav. - Art. 2059 c.c.. Anche nel trasporto aereo, ai sensi dell’art. 942 cod. nav., si configura la responsabilità del vettore in caso di ritardata consegna dei bagagli, con il relativo obbligo al risarcimento dei danni patrimoniali, (Cass. 27/10/2004, n.20787), mentre non può essere accolta la domanda al risarcimento dei danni non patrimoniali e da vacanza rovinata (c.d. danno esistenziale), negandosi la configurabilità, sulla base del fatto che costituirebbe un’astratta categoria di danno che vìola la tipicità dell’art. 2059 c.c., (conf. Cass. 20/04/2007 nn. 9510 e 9514; Cass. 09/11/2006n. 23918; Cass. 19/05/2006 n. 11761; Cass. 15/07/2005 n.15022; contra Cass. 6/02/2007 n.2546; Cass. Sez. Un., 24/03/2006, n. 6572; Cass. 12/06/2006 n. 13546; G.d.P. Mestre 22/11/2004 e G.d.P. Bari 7/11/2003; C.Giust. CE sez. VI, 12/03/2002 n. ). M.e O. c. Alitalia S.p.A. - Giud. Vitale. GIUDICE DI PACE DI PALERMO, 22/04/2008

 

CONSUMATORI - Tutela dei consumatori - Contratti negoziati fuori dei locali commerciali - Direttiva 85/577/CEE - Artt. 4, primo comma, e 5, n. 1 - Contratto di mutuo a lungo termine - Diritto di recesso - Dir. 85/577/CEE. La direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, dev'essere interpretata nel senso che il legislatore nazionale può prevedere che il diritto di recesso introdotto all’art. 5, n. 1, di detta direttiva può essere esercitato entro un mese dal pieno adempimento, ad opera delle parti contraenti, degli obblighi derivanti da un contratto di mutuo a lungo termine, qualora il consumatore abbia ricevuto un’informazione errata sulle modalità di esercizio di detto diritto. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. I, 10 Aprile 2008, Causa C-412/06

 

CONSUMATORI - Circolazione di prodotti d’imitazione ingannevoli e pericolosi per la salute - Configurabilità del reato (art. 5 D. Lgs. n. 73/1992) - Limiti - Fattispecie. Il reato di cui all’art. 5 del Decreto Legislativo del 25/01/1992 n. 73, è un reato di pericolo concreto, posto a tutela dei consumatori più deboli (in particolare anziani, bambini, portatori di handicap, analfabeti...) ed è diretto a scongiurare il pericolo di incidente derivanti dalla circolazione di prodotti d’imitazione ingannevoli e pericolosi per la salute dei consumatori stessi. Tuttavia, detto reato non è configurabile quando la condotta riveste in concreto un carattere non offensivo. Fattispecie, di commercializzazione di prodotti in materiale plastico poliuretano o gomma riproducenti generi di prodotti alimentari (ad. es. frutta, pane, verdure…), ciascuno con una etichetta in quattro lingue che avvertiva della non commestibilità e che il prodotto non era destinato ad essere venduto a singoli consumatori, bensì destinati a grossisti per l’utilizzazione in composizioni e ceste di arredo decorativo, composte in modo tale che i singoli “frutti” non potevano essere staccati ed utilizzati nemmeno accidentalmente. Pres. Carfagna - Rel. Mannocci - Giud. Rizzardi - Imp. M.. TRIBUNALE DI MILANO Sez. XI del riesame, 3/03/2008

 

CONSUMATORI - Associazioni dei consumatori - Legittimazione diretta ed autonoma - Azione inibitoria collettiva - C.d. leading cases (o azioni pilota) - Clausole vessatorie o inique - Azione inibitoria - Singoli consumatori - Tutela preventiva di carattere generale - Esclusione - Artt. 140 e 37 cod. cons.. Sono legittimate ad agire a tutela dei diritti e degli interessi collettivi dei consumatori, oltre alla c.d. azione inibitoria di clausole vessatorie, le associazioni dei consumatori iscritte nell’elenco del Ministero dello Sviluppo Economico (art. 140 cod. cons.), che inoltre possono richiedere adozioni di misure atipiche idonee a eliminare e correggere gli effetti dannosi delle violazioni accertate. E’ precluso, invece, ai sensi dell’art. 37 cod. cons., l’accesso ad una tutela preventiva di carattere generale ai singoli consumatori in quanto demandata in via esclusiva alle Camere di Commercio ed alle Associazioni dei consumatori ed utenti o dei professionisti quali esponenti degli interessi collettivi degli stessi associati. Giud. Di Pisa - Adiconsum c. Banca di Palermo s.p.a.. TRIBUNALE DI PALERMO, Ordinanza del 20/02/2008

 

CONSUMATORI - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Sindacato del giudice amministrativo - Rivalutazioni tecniche compiute dall’Autorità - Potere del G.A.. Il sindacato del giudice amministrativo è pieno e si estende sino al controllo dell'analisi (economica o di altro tipo) compiuta dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, potendo sia rivalutare le scelte tecniche compiute da questa, sia applicare la corretta interpretazione dei concetti giuridici indeterminati alla fattispecie concreta in esame (Cons. Stato VI, n. 926/2004, Buoni pasto Consip). Pres. Ruoppolo - Est. Bellomo - TAMOIL ITALIA S.p.A. (avv.ti Villata e Degli Esposti) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Gen. Stato) ed altri. (conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma nn. 1741-1745-1748-1750 del 27 febbraio 2007). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 08/02/2008 (Ud. 20/11/2007), Sentenza n. 424

CONSUMATORI - Scambio di informazioni - Illecito antitrust - Configurabilità - Fattispecie: Carburante per aerei jet fuel - Omogeneità dei prezzi - Scambi di informazioni. La possibilità di acquisire aliunde le informazioni scambiate non comporta di per sé la liceità dello scambio. Tuttavia non si deve dimenticare che lo scambio di informazioni è stato ritenuto integrare in alcuni casi un illecito antitrust in sé (Cons. Stato, VI, n. 2199/02, Rc Auto). Nel caso di specie, le informazioni scambiate riguardavano dati previsionali, certamente sensibili, quali le informazioni sulle quantità di carburante che una società petrolifera prevede di erogare in un determinato scalo in un determinato periodo di tempo, confrontate con quanto erogato nell’anno precedente o dati altrettanto sensibili quali la conoscenza della tariffa applicata a ciascun utilizzatore, che comporta la conoscenza di uno degli elementi di costo cui devono far fronte i concorrenti nello stabilire le proprie politiche commerciali. Le imprese si scambiavano anche dati utili al monitoraggio delle condotte dei concorrenti: dati su erogati e sui clienti e sugli aggiudicatari delle gare. Riguardo a queste ultime informazioni, va rilevato che si trattavano di dati non pubblici, essendo l’aggiudicazione delle commesse comunicate alle sole società interessate e, pur potendo successivamente essere conosciuto tale elemento, è evidente che la tempestiva conoscenza consentiva il controllo sulla stabilità delle quote e l’eventuale adozione di immediate reazioni ritorsive in caso di inadempimenti. In definitiva, non si poteva sostenere che la circolazione dei dati sui clienti condivisi non era illecita, in quanto tali dati non avevano l’attitudine a rivelare la posizione sul mercato e le strategie dei concorrenti. Pres. Ruoppolo - Est. Bellomo - TAMOIL ITALIA S.p.A. (avv.ti Villata e Degli Esposti) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Gen. Stato) ed altri. (conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma nn. 1741-1745-1748-1750 del 27 febbraio 2007). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 08/02/2008 (Ud. 20/11/2007), Sentenza n. 424

CONSUMATORI - Intesa anticoncorrenziale vietate - Oggetto anticoncorrenziale - Jet fuel - Scambi di informazioni. L’intesa anticoncorrenziale può essere sanzionata anche indipendentemente dai suoi effetti. L’art. 2 della legge n. 287/90, dopo aver precisato che si considerano intese gli accordi e/o le pratiche concordate, statuisce che sono vietate le intese tra le imprese che abbiano per oggetto o per l’effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante. La norma è chiara nel richiedere la sola presenza dell’oggetto anticoncorrenziale, e non anche necessariamente dell’effetto (cfr., Corte Giust. CE, C - 219/95, Ferriere Nord, 17-7-97, par. 30 e ss.; Cons. Stato, VI, n. 2199/2002 e n. 652/2001). Nel caso in esame l’Autorità ha dimostrato anche l’esistenza di effetti anticoncorrenziali, riguardanti la stabilità delle quote di mercato e il prezzo del jet fuel, al fine di rafforzare la prova dell’intesa. Pres. Ruoppolo - Est. Bellomo - TAMOIL ITALIA S.p.A. (avv.ti Villata e Degli Esposti) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Gen. Stato) ed altri. (conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma nn. 1741-1745-1748-1750 del 27 febbraio 2007). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 08/02/2008 (Ud. 20/11/2007), Sentenza n. 424

CONSUMATORI - Scambio di informazioni tra imprese - Identità delle condizioni di offerta - Carattere illecito del parallelismo - Inversione dell’onere della prova - Fattispecie. In presenza di uno scambio di informazioni tra imprese, il parallelismo di comportamenti economici si colora di illiceità, spettando alle imprese dimostrare che il parallelismo non sia il frutto di comportamenti anticoncorrenziali, agevolati dalla conoscenza reciproca di informazioni rilevanti e sensibili (Cons. Stato, VI, n. 652/01, CD musicali; n. 1699/01, Tim - Omnitel). Se, dunque, la semplice identità delle condizioni di offerta da parte degli imprenditori possa costituire da sola indizio idoneo a suffragare l’esistenza di un accordo o di una pratica concordata (salvo il caso eccezionale nel quale l’anomalia dell’appiattimento non sia spiegabile altrimenti che come frutto di un’intesa illecita sul versante concorrenziale), quando esistono elementi di riscontro, quali lo scambio di informazioni, si presume il carattere illecito del parallelismo, con una sostanziale inversione dell’onere della prova, gravante in tal caso sulle imprese al fine di spiegare la razionalità economica delle condotte parallele in una prospettiva di autonome iniziative imprenditoriali; ciò che si presume è le imprese tengano conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti per determinare il proprio comportamento sul mercato, spettando alle stesse imprese l’onere della prova contraria (Corte Giust, CE, C- 49/92, Anic, 8.7.99, par.121). Nella specie, l’illecito contestato non è costituito dal solo scambio di informazioni quale pratica anticoncorrenziale in sé, ma da una più complessa intesa, che ha avuto ad oggetto e per effetto la ripartizione del mercato della fornitura di
jet fuel e l’impedimento all’ingresso di nuovi operatori, nonché un intenso e continuato scambio di informazioni idonee al raggiungimento di tali obiettivi. Di fatto, le imprese coinvolte sono di dimensioni tali da disporre certamente delle conoscenze giuridiche e economiche necessarie per conoscere il carattere illecito della loro condotta e le conseguenze che ne derivano dal punto di vista del diritto della concorrenza. Pres. Ruoppolo - Est. Bellomo - TAMOIL ITALIA S.p.A. (avv.ti Villata e Degli Esposti) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Gen. Stato) ed altri. (conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma nn. 1741-1745-1748-1750 del 27 febbraio 2007). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 08/02/2008 (Ud. 20/11/2007), Sentenza n. 424

CONSUMATORI - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Diffida - Atto dovuto - Funzione - Effetti - Comportamenti anticoncorrenziali. Il contenuto della diffida, costituisce atto dovuto da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, è vincolato al dettato normativo, che lo ancora all’eliminazione delle infrazioni (art. 15 della legge n. 287/90) o alla cessazione delle stesse (art. 5 del Reg. CE n. 1/03). Ma tale contenuto non ha solo il fine di eliminare i comportamenti oggetto dell’intesa, che come fatti storici non potrebbero essere cancellati, ma anche quella di rimuovere, ove possibile, le conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa e di intimare alle imprese di astenersi dal porre in essere analoghi comportamenti per il futuro (Cons. Stato, VI, n. 926/2004). La diffida ha quindi, anche, lo scopo di intimare alle imprese di astenersi dagli accertati comportamenti anticoncorrenziali per il futuro. Pres. Ruoppolo - Est. Bellomo - TAMOIL ITALIA S.p.A. (avv.ti Villata e Degli Esposti) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Gen. Stato) ed altri. (conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma nn. 1741-1745-1748-1750 del 27 febbraio 2007). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 08/02/2008 (Ud. 20/11/2007), Sentenza n. 424

 

CONSUMATORI - SALUTE - Alimenti - Mozzarelle con latte proveniente da animali affetti da brucellosi - Sequestro limitato ai capi di bestiame ed al materiale strettamente necessario all'allevamento - Legittimità - Fattispecie. Ritenuto sussistente il fumus dei delitti di cui agli artt. 416, 444, 445 e 500 c.p., è legittimo il provvedimento di sequestro limitatamente ai capi di bestiame ed al materiale strettamente necessario all'allevamento con ordine di dissequestro e restituzione agli aventi diritto dei residui beni aziendali. Fattispecie: commercializzazione del latte degli animali infetti con conseguente potenzialità di diffusione del batterio della B.R.C, veicolato nel latte "trasformato in mozzarella ed inserito in circuiti di ampia distribuzione commerciale, ovvero contenuta nella stessa carne degli animali infetti, impiegata per l’'alimentazione umana". Pres. Onorato - Rel. Nuzzo - P.m. Montagna - Ric. S.. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 17 gennaio 2008 (ud. 27/11/ 2007), Sentenza n. 2465

 

CONSUMATORI - Credito al consumo - Diritto del consumatore di procedere contro il creditore nell’ipotesi di mancata esecuzione o di esecuzione non conforme del contratto relativo ai beni o ai servizi finanziati dal credito - Presupposti - Menzione del bene o del servizio finanziato nell’offerta di credito - Apertura di credito con possibilità di far uso del credito concesso in momenti differenti - Possibilità, per il giudice nazionale, di rilevare d’ufficio il diritto del consumatore di procedere contro il creditore - Direttiva 87/102/CEE - Dir. 98/7/CE. Gli artt. 11 e 14 della direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/102/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 febbraio 1998, 98/7/CE, devono essere interpretati nel senso che ostano a che il diritto del consumatore di procedere contro il creditore, previsto dall’art. 11, n. 2, della direttiva medesima, come modificata, sia subordinato alla condizione che la previa offerta di credito rechi menzione del bene o della prestazione di servizi finanziati. Inoltre, la direttiva 87/102/ CEE, come modificata dalla direttiva 98/7/CE, dev’essere interpretata nel senso che consente al giudice nazionale di applicare d’ufficio le disposizioni che traspongono nel diritto interno il suo art. 11, n. 2. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE C.E., Sez. I, 04/10/2007, Procedimento C‑429/05

 

CONSUMATORE - Occupazione abusiva di immobile IACP - Esigenza di reperire un alloggio - Stato di necessità - Configurabilità - Presupposti. Ai fini della sussistenza dell'esimente dello stato di necessità previsto dall'art. 54 c.p., rientrano nel concetto di danno grave alla persona non solo la lesione della vita o dell'integrità fisica, ma anche quelle situazioni che attentano alla sfera dei diritti fondamentali della persona, secondo la previsione contenuta nell'art. 2 della Costituzione…, fra i quali deve essere ricompreso il diritto all’abitazione, in quanto l’esigenza di un alloggio rientra fra i bisogni primari della persona'. Nel caso di specie, era stata omessa dai giudici di merito qualsiasi indagine al fine di verificare sia le obiettive condizioni economiche dell’imputata, l’esigenza di tutela del figlio minore, la minaccia dell’integrità fisica degli stessi, sia gli ulteriori requisiti (necessità ed inevitabilità) per ritenere la sussistenza dell’esimente in parola. Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza dei giudici di merito che avevano escluso la configurabilità dell’esimente di cui all’art. 54 c.p. in relazione all’occupazione abusiva di un immobile IACP. Presidente F. Morelli, Relatore P. Zappa. CORTE DI CASSAZIONE Sez. II Penale, 26/09/2007 (Ud.27/06/2007), Sentenza n. 35580

 

CONSUMATORI - Tagli di carne congelata e disossata di una parte del quarto anteriore di animali della specie bovina - Tariffa doganale comune - Nomenclatura combinata - Classificazione tariffaria - Sottovoce 0202 30 50. L’allegato I del regolamento (CEE) del Consiglio 23 luglio 1987, n. 2658, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune, come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 12 ottobre 1999, n. 2204, deve essere interpretato nel senso che i pezzi di carne, congelata e disossata, provenienti dal quarto anteriore del manzo rientrano nella sottovoce 0202 30 50 della nomenclatura combinata. L’allegato I del regolamento n. 2658/87, come modificato dal regolamento n. 2204/1999, deve essere interpretato nel senso che, per essere classificati nella sottovoce 0202 30 50, i pezzi di carne, congelata e disossata, del quarto anteriore del manzo non devono soddisfare altre condizioni, in particolare quella di dover provenire dallo stesso animale. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 13/09/2007, causa C-400/06

 

CONSUMATORI - Tributi - Procedimento di riscossione - Avviso di mora - Presupposti - Notifica dell’atto impositivo - Necessità - Cartella di pagamento - Omissione della notifica - Effetti. Nel vigore della disciplina del procedimento di riscossione mediante ruoli anteriore al d.lgs. n. 46 del 1999, le Sezioni Unite hanno stabilito che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa. Nella predetta sequenza, l’omissione della notificazione di un atto presupposto - la cartella di pagamento - costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale - l’avviso di mora - notificato e tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta o di impugnare, per tale semplice vizio, l’atto consequenziale notificatogli - rimanendo esposto all’eventuale successiva azione dell’amministrazione, esercitabile soltanto se siano ancora aperti i termini per l’emanazione e la notificazione dell’atto presupposto - o di impugnare cumulativamente anche quest’ultimo (non notificato) per contestare radicalmente la pretesa tributaria: con la conseguenza che spetta al giudice di merito interpretare la domanda proposta dal contribuente al fine di verificare se egli abbia inteso far valere la nullità dell’atto consequenziale in base all’una o all’altra opzione. Inoltre, le Sezioni Unite hanno anche precisato che l’impugnazione avverso l’avviso di mora emesso dal concessionario alla riscossione, deducendo la omessa notifica della cartella di pagamento, può essere promossa dal contribuente indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore (allo scopo di renderlo partecipe della responsabilità della gestione del processo); di conseguenza è ammissibile il ricorso per cassazione promosso dal contribuente nei solo confronti della Amministrazione finanziaria, ancorché il concessionario fosse parte nel giudizio di merito. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. Un. Civ. del 25/07/2007, Sentenza n. 16412

 

CONSUMATORI - Contratti viaggi vacanze “tutto compreso” - C.d. “pacchetto turistico o package” (previsto dal d.lgs. n. 111/1995 ed ora trasfuso negli artt. 82 ss. d.lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del Consumo) - Causa concreta - Finalità turistica o scopo di piacere - Irrealizzabilità per sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione - Risoluzione - Art. 1174 c.c.. Nel contratto di viaggio vacanza “tutto compreso” (c.d. “pacchetto turistico” o package), caratterizzato dalla prefissata combinazione di almeno due degli elementi costituiti dal trasporto, dall’alloggio e da servizi turistici agli stessi non accessori (itinerario, visite, escursioni con accompagnatori e guide turistiche, ecc.) costituenti parte significativa di tale contratto, con durata superiore alle 24 ore ovvero estendentesi per un periodo di tempo comportante almeno una notte, la "finalità turistica" (o "scopo di piacere") non costituisce un irrilevante motivo ma si sostanzia nell’interesse che lo stesso è funzionalmente volto a soddisfare, connotandone la causa concreta. Ne consegue che la irrealizzabilità di tale finalità per sopravvenuto evento non imputabile alle parti determina, stante il venir meno dell’elemento funzionale dell’obbligazione costituito dall’interesse creditorio (art. 1174 c.c.), l’estinzione del contratto per sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione, con esonero delle parti dalle rispettive obbligazioni. Presidente F. Trifone, Relatore L. A. Scarano. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 24/07/2007 (Ud. 22/03/2007), Sentenza n. 16315
 

CONSUMATORI - Contratto di viaggio vacanza “tutto compreso” c.d. “pacchetto turistico” o package (previsto dal d.lgs. n. 111/1995 ed ora trasfuso negli artt. 82 ss. d.lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del Consumo) - Natura e funzione - Distinzione dai contratti di: organizzazione, intermediazione e viaggio - Elemento di qualificazione - Impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del creditore - Effetti - Fattispecie - L. n. 1084/1977. Nel delineare i caratteri e la funzione del contratto di viaggio vacanza “tutto compreso” (c.d. “pacchetto turistico” o package), distinguendolo dal contratto di organizzazione (artt. 5 ss.) o di intermediazione (art. 17 ss.) di viaggio (CCV) di cui alla Convenzione di Bruxelles del 1970 (resa esecutiva con L. 27 dicembre 1977, n. 1084), e nel porre in rilievo che la causa concreta assume rilievo, oltre che come elemento di qualificazione, anche relativamente alla sorte del contratto, quale criterio di relativo adeguamento. Pertanto, l’impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del creditore, pur se normativamente non specificamente prevista, è da considerarsi causa di estinzione dell’obbligazione, autonoma e distinta dalla sopravvenuta totale (art. 1463 c.c.) o parziale (art. 1464 c.c.) impossibilità di esecuzione della medesima. In specie, l'epidemia di dengue emorragico costituisce infatti evento determinante non già il deterioramento o la riduzione della prestazione (v. Cass., 17/7/1987, n. 6299) bensì il venir meno del normale standard di sicurezza sanitaria del luogo di esecuzione della prestazione turistica. Fattispecie: scioglimento del contratto di package avente ad oggetto un viaggio vacanza di due settimane per due persone a Cuba, essendo ivi in atto un’epidemia di dengue emorragico, sicchè i turisti, in accordo con l’agenzia di viaggi, avevano optato per diversa destinazione, nonché di rigetto della domanda di pagamento dell’indennità per il recesso formulata dal tour operator. Presidente F. Trifone, Relatore L. A. Scarano. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 24/07/2007 (Ud. 22/03/2007), Sentenza n. 16315
 

CONSUMATORI - Totale impossibilità sopravvenuta della prestazione - Impedimento assoluto ed oggettivo, a carattere definitivo - Natura - Effetti - Estinzione dell'obbligazione e risoluzione del contratto - C.d. sinallagma funzionale - Impossibilità parziale - Natura - Effetti - Riduzione della controprestazione o al diritto al recesso - Sopravvenuta impossibilità della esecuzione della prestazione. La totale impossibilità sopravvenuta della prestazione (art. 1463 c.c.), che consiste in un impedimento assoluto ed oggettivo, a carattere definitivo, della prestazione (v. Cass., 16/2/2006, n. 3440; Cass., 22/10/1982, n. 5496; Cass., 6/2/1979, n. 794; Cass., 27/6/1978, n. 3166; Cass., 8/10/1973, n. 2532; Cass., 14/10/1970, n. 2018; Cass., 29/10/1962, n. 3076), integra infatti un fenomeno di automatica estinzione dell'obbligazione e risoluzione del contratto che ne costituisce la fonte ai sensi degli artt. 1463 e 1256, 1° co., c.c. (v. Cass., 28/1/1995, n. 1037; Cass., 9/11/1994, n. 9304; Cass., 24/4/1982, n. 548; Cass., 14/10/1970, n. 2018), in ragione del venir meno della relazione di interdipendenza funzionale in cui la medesima si trova con la prestazione della controparte c.d. sinallagma funzionale), a tale stregua conseguendo la irrealizzabilità della causa concreta del con tratto (cfr. Cass., 24/4/1982, n. 2548; Casa., 15/12/1975, n. 4140; Cass., 26/3/1971, n. 882; Cass., 14/4/1959, n. 1092; Cass., 26/3/1954, n. 894). L'impossibilità parziale (art. 1464 c.c.) consiste invece nel deterioramento della cosa dovuta, o più generalmente nella riduzione materiale della prestazione (cfr. Cass., 10/4/1995, n. 4119) che dà luogo ad una corrispondente riduzione della controprestazione o al diritto al recesso per la parte che non abbia un apprezzabile interesse al mantenimento del contratto, laddove la prestazione residua venga a risultare incompatibile con la causa concreta del contratto (cfr. Cass., 15/12/1975, n. 4140). Diversamente da tale ipotesi, l'impossibilità di utilizzazione della prestazione non viene in realtà a sostanziarsi in un impedimento precludente l'attuazione dell'obbligazione, non presupponendone di per sé l'obiettiva ineseguibilità da parte del debitore. Pur essendo la prestazione in astratto ancora eseguibile (cfr. Cass., 27/9/1999, n. 10690), il venir meno della possibilità che essa realizzi lo scopo dalle parti perseguito con la stipulazione del contratto (nel caso, lo «scopo di piacere» in cui si sostanzia la «finalità turistica»), essa implica il venir meno dell'interesse creditorio, quale vicenda che attiene esclusivamente alla sfera del creditore. Nelle ipotesi in cui la prestazione diviene impossibile l'obbligazione si estingue per il concorso delle due cause estintive, l'impossibilità sopravvenuta della utilizzabilità della prestazione estingue invero il rapporto obbligatorio per il venir dell'interesse creditorio, e di conseguenza il contratto che dell'obbligazione costituisce la fonte per irrealizzabilità della relativa causa concreta. La sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione deve dunque distinguersi dalla sopravvenuta impossibilità della esecuzione della prestazione (v. peraltro ancora Cass., 2/5/2006, n. 10138) di cui agli artt. 1463 e 1464 c.c. (v. Cass., 16/2/2006, n. 3440; Cass., 28/1/1995, n. 1037). Sicché, va pertanto affermato che l'impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del creditore, pur se normativamente non specificamente prevista, costituisce -analogamente all'impossibilità di esecuzione della prestazione- (autonoma) causa di estinzione dell'obbligazione (v.. Cass., 9/11/1994, n. 9304). Presidente F. Trifone, Relatore L. A. Scarano. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 24/07/2007 (Ud. 22/03/2007), Sentenza n. 16315

 

CONSUMATORI - Arbitrato rituale o irrituale - Interpretazione del compromesso - In dubbio pro arbitrato rituale. Costituendo l’arbitrato irrituale un istituto atipico, derogatorio dell’istituto tipico regolato dalla legge e sfornito delle garanzie previste dal legislatore, deve ritenersi che, in mancanza di una volontà derogatoria chiaramente desumibile dal compromesso o dalla clausola compromissoria, il riferimento delle parti alla soluzione di determinate controversie mediante arbitrato normalmente costituisce espressione della volontà di fare riferimento all’arbitrato rituale, ossia all’istituto tipico regolato dal codice di procedura civile. CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 02/07/2007, Sentenza n. 14972

 

CONSUMATORI - Titoli di credito - Incasso di assegni non trasferibili a persone diverse dai beneficiari dei titoli - Responsabilità della banca negoziatrice - Natura - Termine di prescrizione (Ordinaria decennale). Ha natura contrattuale la responsabilità della banca negoziatrice di assegni bancari (o circolari), la quale abbia pagato detti assegni in violazione delle specifiche regole poste dal primo comma dell’art. 43 legge assegni. Tale responsabilità tutela tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno: prima di tutti il prenditore, ma eventualmente anche colui che ha apposto sul titolo la clausola di non trasferibilità, o colui che abbia visto in tal modo indebitamente utilizzata la provvista costituita presso la banca trattaria (o emittente), nonché, se del caso, questa stessa banca. Di qui la conseguenza che a tale azione di responsabilità si applica la prescrizione ordinaria decennale, e non quella quinquennale, propria della responsabilità extracontrattuale. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. Un. Civ. del 26/06/2007, Sentenza n. 14712

 

CONSUMATORI - Titoli di credito - Buoni postali - Condizioni riportate sui titoli - Prevalenza sulle prescrizioni ministeriali. La discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e le indicazioni riportate sui buoni postali offerti in sottoscrizione ai richiedenti deve essere risolta dando la prevalenza alle seconde. L’accordo negoziale ha ad oggetto il contenuto enunciato dai buoni, anche quando in precedenza, con decreto ministeriale, siano state modificate le relative condizioni. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. Un. Civ. del 15/06/2007 Sentenza n. 13979

 

CONSUMATORI - Oggetto del contratto - Attività professionale dell’acquirente - Contratto di fornitura di banche dati giuridiche - Foro del consumatore - Esclusione - Artt. 1469 bis e segg. c.c.. Non si applica la disciplina più favorevole al consumatore di cui agli artt. 1469 bis e segg. c.c. al contratto di fornitura di banche dati giuridiche, concluso da un consulente legale con il gestore delle banche dati, in quanto l’oggetto del contratto è inerente all'attività professionale dell’acquirente. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 05/06/2007, Sentenza n. 13083

 

CONSUMATORI - Società erogatrice di energia elettrica - Danni subiti dagli utenti a causa degli sbalzi di corrente - Responsabilità civile - Responsabilita' da attivita' pericolosa. La società erogatrice di energia elettrica risponde a titolo di responsabilità per attività pericolosa dei danni subiti dagli utenti a causa degli sbalzi di corrente. Presidente R. Preden, Relatore C. Filadoro. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. III, del 15 Maggio 2007 (C.C. 2/04/2007), Sentenza n. 11193

 

CONSUMATORI - Contratti - Simulazione - Compravendita - Prova testimoniale per dimostrare la pattuizione di un prezzo superiore a quello dichiarato nell’atto - Inammissibilità. In tema di simulazione relativa parziale inerente ad una compravendita immobiliare, non è ammissibile inter partes la prova testimoniale in ordine all’ammontare del prezzo. Presidente V. Carbone, Relatore R. M. Triola. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 26/03/2007, Sentenza n. 7246
 

CONSUMATORI - PRIVACY - Attività giornalistica - Pubblicazione di notizie e immagini senza il consenso dell’interessato - Limiti. La pubblicazione di notizie ed immagini senza il consenso della persona cui la notizia si riferisce o cui appartenga l’immagine pubblicata, è legittima nell’esercizio dell’attività giornalistica, laddove si confermi alle regole dettate dal codice di deontologia professionale (artt. 1-8) che specificano e puntualizzano il contenuto ed i limiti del diritto di cronaca. I diritti alla riservatezza, alla reputazione e alla privacy possono venire sacrificati nel bilanciamento con il diritto all’informazione garantito costituzionalmente ed anche a livello europeo dalla direttiva n. 95/46, a condizione che si rispettino le regole dell’interesse pubblico alla notizia, della veridicità e della continenza. G.U. Camerata Scovazzo - L.C.S. (avv. Palmigiano) c. Giornale di Sicilia editoriale poligrafica s.p.a. (avv. Algozzini) - TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. I civile - sentenza 21 febbraio 2007 (ud. 9.2.2007) (segnalata dall'avv. Alessandro Palmigiano)
 

CONSUMATORI - PRIVACY - L. 675/96, art. 18 - Colpa ex art. 2050 c.c. - Attività giornalistica - Onere delle prova. La presunzione di colpa prevista dall’art. 2050 c.c. per gli esercenti attività pericolose, richiamata dall’art. 18 della L. 675/96, comporta che il giornalista, in presenza di un’azione per danni da illegittimo trattamento di dati personali, deve fornire la prova di avere fatto di tutto per evitare il danno. G.U. Scovazzo - L.C.S. (avv. Palmigiano) c. Giornale di Sicilia editoriale poligrafica s.p.a. (avv. Algozzini) - TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. I civile - sentenza 21 febbraio 2007 (ud. 9.2.2007) (segnalata dall'avv. Alessandro Palmigiano)

 

CONSUMATORI - Associazioni di consumatori - Codice del consumo - Servizi di somministrazione di energia elettrica e gas - Accesso alla documentazione - Istanza di acceso con finalità ispettive - Inammissibilità. Pur dovendosi riconoscere la legittimazione di un associazione di consumatori (art. 137 Codice del Consumo) all’accesso alla documentazione in materia che investe la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di somministrazione di energia elettrica e gas, detenuta da gestori di pubblici servizi, tuttavia non sono ammissibili istanze che mirano a finalità tipicamente ispettive, in quanto la disciplina sull’accesso tutela l’interesse alla conoscenza e non l’interesse ad effettuare un controllo sull’impresa o sull’amministrazione allo scopo di verificare eventuali (e non ancora definite) forme di lesione all’interesse dei consumatori (Cons. Stato Sez. IV 6/10/01 n. 5291; 10/2/06 n. 555; ecc.); la disciplina sull’accesso non può essere uno strumento utilizzabile per consentire all’associazione di consumatori di sostituirsi agli organi deputati dall’ordinamento ad effettuare i controlli sui servizi stessi (nella specie, la richiesta di accesso avanzata dal Codacons aveva ad oggetto la documentazione relativa al sistema di fatturazione utilizzato dai gestori dei servizi di somministrazione di energia elettrica). Pres. Corsaro, Est. Santoleri - Codacons (avv. Rienzi) c. A. s.p.a. (avv.ti Satta e Lattanti), E. s.p.a. (avv. Nanni), E, s.p.a. (avv. Gonnelli) - T.A.R. LAZIO, Roma, sez. III ter - 1 febbraio 2007, n. 724

 

CONSUMATORI - SALUTE - Alimenti - Mero trasportatore - Obbligo di conservazione  L. n. 283/1962. L'obbligo di osservare la disciplina prevista dalla legge n. 283/1962 incombe anche al mero trasportatore, atteso che l'onere di assicurare le condizioni di conservazione degli alimenti, al fine di tutela della salute pubblica, sussiste in tutte le fasi di distribuzione degli alimenti. Pres. Postiglione, Est. Fiale, Ric. Merlo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28 gennaio 2007 (Ud. 19/10/2006), Sentenza n. 2897

 

CONSUMATORI - SALUTE - Alimenti - Trasportatore  Obblighi - Condizioni di conservazione degli alimenti  Destinatari - Prescrizioni igienico - sanitarie. L'obbligo di osservare la disciplina prevista dalla legge n. 283/1962 incombe anche al mero trasportatore, atteso che l'onere di assicurare la condizioni di conservazione degli alimenti, al fine di tutela della salute pubblica, sussiste in tutte la fasi di distribuzione degli stessi. Pertanto, destinatari delle disposizioni dell'art. 5 della legge n. 283/1962, sono tutti coloro che concorrono alla immissione sul mercato di prodotti destinati al consumo e non conformi alle prescrizioni igienico - sanitarie. Pres. Postiglione, Est. Fiale, Ric. Merlo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28 gennaio 2007 (Ud. 19/10/2006), Sentenza n. 2897
 

CONSUMATORI - SALUTE - Alimenti - Concetto di "destinazione per la vendita" - L. n. 283/1962. Il concetto di "destinazione per la vendita", enunciato dall'art. 5 della legge 30.4.1962, n. 283, in tema di frodi di alimentari, non consiste soltanto nel possesso di prodotti destinati immediatamente alla vendita, bensì anche nel possesso di prodotti da vendersi successivamente e cioè, in definitiva, in una relazione di fatto, tra il soggetto ed il prodotto, caratterizzato semplicemente dal fine della vendita stessa, senza che sia necessario che la merce si trovi in luoghi destinati ai consumatori [ vedi Cass. : sez. III, 1.4.2003, n. 15185; Sez. III, 22.6.1996, n. 6266; Sez. VI, 4.6.1993, n. 5661; Sez VI, 14.12.1993, n. 11395]. Pres. Postiglione, Est. Fiale, Ric. Merlo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28 gennaio 2007 (Ud. 19/10/2006), Sentenza n. 2897
 

CONSUMATORI - SALUTE - Alimenti - Cattivo stato di conservazione  Configurabilità del reato - Prescrizioni normative - Danno per la salute del consumatore. Nella previsione di cui all'art. 5, lett. b), della legge n. 283/1962, non è necessario che il cattivo stato di conservazione si riferisca alle caratteristiche intrinseche delle sostanze alimentari, ma è sufficiente che esso concerna le modalità estrinseche con cui si realizza, le quali devono uniformarsi alle prescrizioni normative, se sussistenti, ovvero, in caso contrario, a regole di comune esperienza. (Cass. Sez. Un. 19.12.2001, sentenza n. 40, ric. Butti). Sicché, una volta accertata l'inosservanza di accorgimenti igienico - sanitari riferiti alle modalità di conservazione (alla stregua di norme giuridiche di carattere tecnico ma anche di precetti generalmente condivisi dalla collettività), la fattispecie penale si configura senza che sia necessario un previo accertamento sulla commestibilità del prodotto o il verificarsi di un danno per la salute del consumatore ( vedi pure Cass., Sez. III, 27.1.2004, n. 2649, Gargelli). Pres. Postiglione, Est. Fiale, Ric. Merlo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28 gennaio 2007 (Ud. 19/10/2006), Sentenza n. 2897

 

Consumatori - Diritto d'autore - Tutela - Differenza tra "fine di lucro" e "fine di profitto". In materia di diritti d’autore, prima della modifica degli artt. 171 bis e 171 ter da parte della l. n. 248 del 2000, in mancanza del fine di lucro, non costituiva reato la duplicazione, su supporto informatico, di opere anche tutelate dal diritto d'autore e messe a disposizione su un server, dal quale potevano essere scaricate da utenti abilitati. R.E. e altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 09/01/2007, Sentenza n. 149

 

Consumatori - Distribuzione dei carburanti - Ampliamento del numero dei produttori - Concorrenza - Legittimità. La concorrenza nel settore della distribuzione dei carburanti è regolata da apposite norme e che non possono di certo ritenersi illeciti i comportamenti dei privati conformi al dettato normativo, la censura non considera che il valore giuridico che tutela la concorrenza va nella direzione dell’ampliamento del numero dei produttori e non in quella della sua restrizione. Pres. Santoro - Est. Fera - Total Italia s.p.a. (già TOTAL FINA s.p.a.) (avv.ti Lovelli e Cavasola) c. Comune di Marsciano (avv. Ferretti) ed altro (conferma TAR dell'Umbria 3 ottobre 2005, n. 454). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 08/01/2007 (C.C. 23/06/2006), Sentenza n. 13

 

Consumatori - Fondazioni bancarie - Esenzione dalla ritenuta sui dividendi - Configurabilità come aiuto di stato - Limiti. In tema di agevolazioni tributarie, la gestione di partecipazioni di controllo sull’impresa bancaria (o su impresa di cui è titolare un’impresa facente parte di una holding), ovvero l’acquisizione e gestione di partecipazioni di altre imprese, da parte delle fondazioni bancarie attraverso una propria struttura organizzata, nella vigenza del regime di cui alla legge 30 luglio 1990, n. 218, e al d.lgs. 20 novembre 1990, n. 356, è idonea a far ritenere tali soggetti come imprese, ai fini dell’applicazione del diritto comunitario della concorrenza, salva la dimostrazione, il cui onere incombe al soggetto che invoca l’agevolazione, che tale attività, considerati i fini statutari, gli eventuali accordi parasociali aventi ad oggetto l’esercizio del diritto di voto o danti luogo ad un’influenza dominante, anche congiunta, sulla gestione della banca conferitaria o di altre imprese, e anche il complesso delle attività effettivamente espletate nel periodo d’imposta, abbia un ruolo non prevalente o strumentale rispetto alla provvista di risorse destinate all’esercizio di attività sociali, di beneficenza o culturali; in ogni caso, ai fini del riconoscimento dell’esenzione dalla ritenuta sui dividendi da partecipazioni azionarie, di cui all’art. 10-bis della legge 29 dicembre 1962, n. 1745, introdotto dall’art. 6 del d.l. 21 febbraio 1967, n. 22 (convertito in legge 21 aprile 1967, n. 209), occorre la dimostrazione che tali attività abbiano costituito le uniche espletate dall’ente. Pertanto, il giudice di merito, all’esito del predetto esame, ove ritenga che la misura costituisca un aiuto di Stato e la Repubblica Italiana non abbia seguito la procedura di cui all’art. 88, comma 3°, del Trattato CE, ritenuta l’illegalità della misura di aiuto, deve disapplicare le norme nazionali e dichiarare non spettante l’agevolazione. Presidente V. Carbone, Relatore E. Altieri. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 29/12/2006, Sentenza n. 27619

 

CONSUMATORI - Esercizio di concorso a premi che riproduce il concorso a premi “ gratta e vinci” - Reato di cui all’art. 4, c.1, L. n. 401/1989 - Sussistenza. Per l’attività di esercizio di concorso a premi che riproduce il meccanismo del “ gratta e vinci” è necessario richiedere l’autorizzazione dell’amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ai sensi dell’art. 4, comma 1 legge 13 dicembre 1989 n. 401, non essendo sufficiente la comunicazione al Ministero delle attività produttive previsto dall’art. 10 del D.P.R. 26 ottobre 2001 n. 430, riservata a quei concorsi a premi aventi solo scopo promozionale di prodotti o servizi, la partecipazione ai quali deve essere di carattere gratuito. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 21/12/2006 (UD.28/09/2006), Sentenza n. 42098

 

CONSUMATORI - Alberghi - Divieto di procacciamento di clienti in area aeroportuale. Gli esercenti di alberghi ed i loro incaricati possono recarsi a ricevere i clienti precedentemente prenotati all’aeroporto, ma non possono aggirarsi nè tanto meno sostare nell'area regolamentata degli arrivi per procacciare clienti da indirizzare al proprio albergo. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, del 07/12/2006, Sentenza n. 26183
 

Consumatori - Concorrenza - Accordo di distribuzione di autoveicoli - Esenzione per categorie - Regolamento (CE) n. 1475/95 - Art. 5, n. 3 - Recesso da parte del fornitore - Riorganizzazione della rete di distribuzione - Entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1400/2002 - Art. 4, n. 1 - Restrizioni fondamentali - Conseguenze. L’entrata in vigore del regolamento (CE) della Commissione, 31 luglio 2002, n. 1400, relativo all’applicazione dell’art. 81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico, non rendeva, di per sé, necessaria la riorganizzazione della rete di distribuzione di un fornitore ai sensi dell’art. 5, n. 3, primo comma, primo trattino, del regolamento (CE) della Commissione, 28 giugno 1995, n. 1475 relativo all’applicazione dell’art. [81], paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il relativo servizio di assistenza alla clientela. Tuttavia, tale entrata in vigore ha potuto, in funzione dell’organizzazione specifica della rete di distribuzione di ciascun fornitore, rendere necessari cambiamenti di una rilevanza tale da costituire una vera e propria riorganizzazione della detta rete ai sensi di tale disposizione. Spetta ai giudici nazionali e agli organismi arbitrali valutare se tale sia il caso in funzione dell’insieme degli elementi concreti della controversia di cui sono investiti. L’art. 4 del regolamento n. 1400/2002 deve essere interpretato nel senso che, dopo la scadenza del periodo transitorio previsto all’art. 10 di tale regolamento, l’esenzione per categoria in esso prevista era inapplicabile ai contratti conformi alle condizioni di esenzione per categoria di cui al regolamento n. 1475/75 che avevano ad oggetto almeno una delle restrizioni fondamentali menzionate al detto art. 4, cosicché tutte le clausole contrattuali limitative della concorrenza contenute in tali contratti potevano essere vietate dall’art. 81, n. 1, CE, qualora non fossero soddisfatte le condizioni per un’esenzione in forza dell’art. 81, n. 3, CE. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 30 novembre 2006, procedimenti riuniti C-376/05 e C-377/05

 

Consumatore - Etichettatura dei prodotti alimentari - Consumatore finale - Portata degli obblighi derivanti dagli artt. 2, 3 e 12 Direttiva 2000/13/CE - Indicazione obbligatoria, per talune bevande alcoliche, del titolo alcolometrico volumico - Bevanda alcolica prodotta in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede il distributore − “Amaro alle erbe” - Titolo alcolometrico volumico effettivo inferiore a quello indicato sull'etichetta - Superamento del margine di tolleranza - Sanzione amministrativa pecuniaria − Responsabilità del distributore. Gli artt. 2, 3 e 12 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 marzo 2000, 2000/13/CE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa di uno Stato membro, come quella controversa nella causa principale, che prevede la possibilità per un operatore, stabilito in tale Stato membro, che distribuisce una bevanda alcolica destinata ad essere consegnata come tale, ai sensi dell'art. 1 di detta direttiva, e prodotta da un operatore stabilito in un altro Stato membro, di essere considerato responsabile di una violazione di detta normativa, constatata da una pubblica autorità, derivante dall'inesattezza del titolo alcolometrico volumico indicato dal produttore sull'etichetta di detto prodotto, e di subire conseguentemente una sanzione amministrativa pecuniaria, mentre esso si limita, nella sua qualità di semplice distributore, a commercializzare tale prodotto così come a lui consegnato da detto produttore. Lidl Italia Srl c. Comune di Arcole (VR). CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 23 novembre 2006, procedimento C-315/05 (vedi: sentenza per esteso)

 

Consumatore - Unione doganale - Computer portatili con software di sistema - Valore doganale (C-306/04). Deve essere calcolato il valore doganale in caso di importazione di computer sui quali siano stati installati dal venditore sistemi operativi, messi gratuitamente a disposizione del venditore da parte dell'acquirente. Pertanto, si deve aggiungere al valore di transazione dei computer il valore del software, qualora il suo valore non sia stato incluso nel prezzo effettivamente pagato o da pagare per i computer. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE del 16/11/2006, Sentenza C-306/04

 

Consumatori - Reati societari - Infedeltà patrimoniale dell’amministratore ex art. 2634 c.c.- Querela - Legittimazione - Singolo socio - Sussistenza - D. Lgs. n. 61/2002. In tema di legittimazione alla proposizione della querela per il reato di infedeltà patrimoniale dell’amministratore prevista dal vigente testo dell’ art. 2634 c.c., introdotto dal d. lgs. n. 61 del 2002, la Cassazione ha rilevato che, poichè tale fattispecie è posta a tutela del patrimonio sociale, ne consegue che parte lesa è non solo la società nel suo complesso ma anche - e disgiuntamente- il singolo socio. In motivazione si è osservato che siffatta conclusione è corroborata dal rilievo che quando il socio è anche "unico", egli è chiamato, dall’art. 2362 c.c., a rispondere illimitatamente delle obbligazioni in caso di insolvenza della società, sicchè la tutela apprestata dalla norma, non sollecitabile dall’amministratore in conflitto di interessi, non può non considerarsi concepita in via immediata a anche a favore della posizione del socio. Presidente D. Nardi, Relatore G. Marasca. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sezione V, 9 novembre 2006 (Ud. 16/06/2006), Sentenza n. 37033
 

Consumatori - Risarcimento del danno - Liquidazione equitativa del danno patrimoniale - Prova del pregiudizio - Necessità. Il danno patrimoniale connesso ad una lesione di un diritto assoluto va provato nella sua esistenza, dovendosi eventualmente fare ricorso alla valutazione equitativa del pregiudizio solo dopo la dimostrazione della sua esistenza. TRIBUNALE Bari, Sentenza 10/10/2006

 

Consumatori - Salute - Carni avicole - Ordinanza ministeriale che impone un sistema di etichettatura - Legittimità - Principio comunitario “di precauzione”. In forza del Trattato CEE, all’art. 174, par. 2, come riformulato dal Trattato di Maastricht del 1992, che afferma il c.d. “principio di precauzione” (il quale, sia pure espresso nella sedes materiae della tutela dell’ambiente, è stato interpretato estensivamente dalla giurisprudenza e dalla Commissione delle Comunità Europee come incidente “sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante” - v. Comunicazione 02.02.2000 della Commissione CEE), deve ritenersi avere fondamento nell’ordinamento anche costituzionale, la forza cogente di un’ordinanza che impone un sistema di etichettatura e informazione riguardante le carni avicole, al fine di controllarne la provenienza e la sanità, anche a mezzo di misure cautelari quali la sospensione dell’attività. Pres. Petruzzelli, Est. Di Nunzio - G. s.a.s. (avv. Arizzi) c. Ministero della Salute (Avv. Stato) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 5 ottobre 2006, n. 4259 (vedi: sentenza per esteso)

 

Consumatori - Contratti di credito al consumo o di finanziamento - Foro esclusivo - Deroga - Procedura - Contratto tra professionista e consumatore - Clausole vessatorie. In materia di tutela del consumatore, è applicabile la regola del foro territoriale esclusivo in favore della parte debole del contratto anche ai contratti di finanziamento stipulati da un cliente/consumatore. E' dunque territorialmente incompetente il giudice del luogo diverso da quello di residenza del consumatore, in mancanza di una trattativa individuale sulla regole di competenza. TRIBUNALE VENEZIA, Sentenza 27/09/2006

 

Consumatori - Furto commesso sul bagaglio dei viaggiatori - Aggravante - Stazione o scalo - Nozione. Ricorre la circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 6) c.p. se la condotta di furto è commessa sul bagaglio di un viaggiatore che si trova allocato all’interno di un luogo delimitato seppure interno alla stazione, come è il locale di un’agenzia di autonoleggio delle autovetture, dal momento che il termine “stazione”, o scalo aeroportuale, esprime un concetto che si estende, da genus ad speciem, a tutte le installazioni ed aree, locali di transito o di sosta, uffici e attrezzature adibite a servizi ausiliari e quant’altro esistente ricollegabile al viaggio delle persone che colà si recano con i propri bagagli. Presidente F. Morelli, Relatore A. Conzatti. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. II, 25/09/2006 (UD.15/02/2006), Sentenza n. 31557

 

Consumatore - Emittente radiofonica o televisiva - Diffusioni di messaggi pubblicitari - Autorizzazione di p.s. ai fini dell’apertura di agenzie di affari - Necessita’ - Condizioni - Sanzioni amministrative. Il titolare di un’emittente radiofonica o televisiva è tenuto a munirsi della licenza di pubblica sicurezza, richiesta dal testo unico per l’apertura di agenzie di affari. L’obbligo scatta non quando il titolare dell’emittente si limiti a diffondere messaggi pubblicitari su richiesta di soggetti che all’emittente direttamente si rivolgono, ma unicamente quando si presti a fungere da intermediario tra l’offerente del bene o del servizio ed i singoli ascoltatori o spettatori interessati: il che avviene, oltre che nel caso delle aste televisive - oggi espressamente vietate dall’art. 18, quinto comma, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 -, anche in quello in cui agli ascoltatori o presentatori venga proposto di prendere direttamente contatto con gli uffici dell’emittente al fine di concludere contratti di acquisto dei beni o servizi reclamizzati. Presidente G. Cappuccio, Relatore V. Napoleoni. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. I, 28/08/2006 Sentenza n. 18619

 

Consumatori - Contratti - Leasing finanziario - Natura - Causa - Domanda di adempimento o di risoluzione da parte dell’utilizzatore - Ammissibilità - Limiti. Il leasing finanziario realizza non già un rapporto trilaterale o plurilaterale, bensì un collegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto di fornitura, quest’ultimo venendo dalla società di leasing concluso allo scopo -noto al fornitore- di soddisfare l’interesse del futuro utilizzatore ad acquisire la disponibilità della cosa, con specifica ed autonoma rilevanza di tale causa rispetto a quella -parziale- dei singoli contratti, dei quali connota la reciproca interdipendenza ( sì che le vicende dell’uno si ripercuotono sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia ), a tale stregua segnandone la distinzione con il negozio “complesso” e con il negozio “misto”. E poiché con la conclusione del contratto di fornitura viene a realizzarsi, nei confronti del terzo contraente, la medesima scissione di posizioni che si ha per i contratti conclusi dal mandatario senza rappresentanza, ai sensi dell’art. 1705, 2° co. c.c., deve riconoscersi la legittimazione dell’utilizzatore a far valere la pretesa all'adempimento o alla risoluzione del contratto, oltre che al risarcimento del danno sofferto (soluzione, questa, sostanzialmente coincidente con quella risultante dalla disciplina dettata in tema di leasing finanziario dalla L. 14 luglio 1993, n. 259, di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Ottawa del 28 maggio 1988 sul leasing internazionale, che, pur se nel caso non applicabile, costituisce utile termine di raffronto, agli effetti della regolamentazione del leasing internazionale e nell'ambito soggettivo di relativa applicazione). Quanto invece alla possibilità per l’utilizzatore di chiedere direttamente la risoluzione del contratto di vendita tra il fornitore e la società di leasing, la questione, in assenza di disciplina normativa di riferimento, va risolta caso per caso, con accertamento spettante al giudice del merito, in ragione della sussistenza o meno nel contratto di leasing di una specifica previsione con la quale le parti trasferiscono all’utilizzatore la posizione sostanziale originariamente propria della società di leasing acquirente. Presidente P. Vittoria, Relatore L. A. Scarano. CORTE DI CASSAZIONE Sezione III Civile, 27/07/2006, Sentenza n. 17145

 

Consumatori - Carte di credito - Obbligazioni - Responsabilità per inadempimento. Premesso che la carta di credito non è un titolo di credito ma soltanto un documento di legittimazione, l’esercente risponde nei confronti dell’emittente della carta in relazione ai pagamenti effettuati dal titolare della carta stessa secondo il criterio della diligenza del buon padre di famiglia, fissato dall’art. 1176 c.c., mentre non si applicano né l’art. 1189 c.c. ( pagamento al creditore apparente), né l’art. 1992 ( adempimento relativo alla presentazione del titolo di credito). Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva ritenuto sussistere la responsabilità dell’esercente per la mancata identificazione dei soggetti utilizzatori di alcune carte di credito, argomentando solo sul breve lasso temporale di alcuni pagamenti e sul loro importo medio, senza una valutazione selettiva delle singole operazioni, alcune delle quali non contestate dai titolari delle carte. Presidente G. Fiduccia, Relatore A. Talevi. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 14/07/2006, Sentenza n. 16102

 

Consumatori e utenti - Clausole vessatorie - Art. 34, c. 3 d.lgs. n. 206/2005 - Clausole riproduttive di regolamenti amministrativi - Divieto di accertamento della vessatorietà - Insussistenza. A mente dell'art. 34 co 3 d. Lgs. n. 206/2005 il divieto di accertamento della vessatorietà delle clausole riguarda esplicitamente solo le clausole riproduttive di legge ordinaria e non anche quelle regolamentari. Giudice Lollo - Movimento Cittadinanza Onlus c. Acqualatina s.p.a. - TRIBUNALE DI LATINA, Sez. I civile - Ordinanza 13 luglio 2006 (vedi: ordinanza per esteso)

 

Consumatori e utenti - Atto provvedimento amministrativo - Impugnazione - Art. 4 L. n. 2248/1865 - Modalità di attuazione dell’atto amministrativo - Singoli contratti conclusi dall’utente - Giurisdizione del G.O. - Sussistenza. In forza dell’art. 4 della legge n. 2248/1865, sussiste la giurisdizione del G.O. anche nell’ipotesi di atto-provvedimento amministrativo, ove non sia rimessa al giudice principaliter la delibazione dell’atto impugnato, ma le sue modalità di attuazione, id est i singoli contratti conclusi con gli utenti, incidenti sui loro diritti soggettivi, con eventuale disapplicazione incidentale delle clausole ritenute illegittime dell’atto amministrativo presupposto. Giudice Lollo - Movimento Cittadinanza Onlus c. Acqualatina s.p.a. - TRIBUNALE DI LATINA, Sez. I civile - Ordinanza 13 luglio 2006 (vedi: ordinanza per esteso)

 

Consumatori e utenti - D.Lgs. 206/2005 - Clausole vessatorie e/o abusive - Inibitoria ex artt. 37 e 140 - Giusti motivi di urgenza - Significato - Fumus boni iuris - Ricorrenza - Necessità. Ai fini dell'inibitoria di cui agli artt. 37 e 140 D.lgs. 206/2005, azione di carattere preventivo e collettivo, legislatore richiede, con formula del tutto innovativa, la sussistenza di "giusti motivi di urgenza", con il precipuo intento di svincolare la tutela cautelare in questione dal più rigido presupposto del "pregiudizio imminente e irreparabile" di cui all'art. 700 c.p.c.. Tuttavia tale scelta legislativa impone pur sempre all'interprete una valutazione, necessariamente sommaria, sul "fumus boni iuris" - "id est" sulla vessatorietà e/o abusività delle clausole impugnate, così procedendo anche ad una valutazione della sussistenza del "periculum in mora", ovverosia di una situazione tale da giustificare l'anticipazione degli effetti di una decisione che altrimenti potrebbe essere adottata solo in esito al giudizio di merito. Giudice Lollo - Movimento Cittadinanza Onlus c. Acqualatina s.p.a. - TRIBUNALE DI LATINA, Sez. I civile - Ordinanza 13 luglio 2006 (vedi: ordinanza per esteso)

 

Consumatori e utenti - Acqua - Gestore del servizio idrico integrato - Mancata informazione degli utenti sulla vigenza di nuove condizioni contrattuali - Violazione dell’art. 33 c. 2, lett. m) ed o) del D.Lgs. n. 206/2005 - Vessatorietà - Oggettivo squilibrio di posizioni giuridiche in danno e/o a carico del consumatore - Buona o mala fede del “professionista” - Irrilevanza. La mancata informazione degli utenti sulla vigenza del nuovo contratto e delle nuove condizioni contrattuali da parte del gestore del servizio idrico integrato, in dispregio degli obblighi previsti dal regolamento di gestione del servizio, configura violazione dell’articolo dell'art. 33 co 2, lett. m) ed o) D. Lgs. n. 206/2005, - che espressamente vietano la modifica unilaterale di clausole o delle condizioni contrattuali (somministrazione, nel caso di specie, della fornitura di acqua); il medesimo comportamento assume ulteriore rilievo anche in termini di vessatorietà e/o abusività sotto il profilo di un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto - squilibrio che prescinde dalla buona o mala fede del professionista, valutandosi l’abusività delle clausole in sé considerate da un punto di vista meramente oggettivo caratterizzato dallo squilibrio di posizioni giuridiche in danno e/o a carico del consumatore, non necessariamente economiche e, se tali, solo in conseguenza di uno squilibrio giuridico tra vincoli obbligatori rispettivamente assunti dalle parti contrattuali. Giudice Lollo - Movimento Cittadinanza Onlus c. Acqualatina s.p.a. - TRIBUNALE DI LATINA, Sez. I civile - Ordinanza 13 luglio 2006 (vedi: ordinanza per esteso)

 

Consumatori e utenti - Acqua - Essenzialità del bene - Gestore del servizio idrico integrato - Contratto di somministrazione - Clausola che prevede la sospensione della fornitura per il caso di mancato pagamento di 2 fatture - Vessatorietà - Fondamento. La clausola che prevede in favore del gestore del servizio idrico integrato la possibilità di sospendere la fornitura qualora "non risultino pagate n. 2 fatture", prescindendo dai motivi di tale mancato pagamento e che prevede, prescindendo da ogni motivo in caso di sospensione della fornitura, l'addebito a carico del cliente delle spese di sospensione, di riattivazione, gli eventuali interessi di mora ... nonchè una penale pari a lire 200.000....", considerata peraltro l'essenzialità del bene oggetto del contratto, appare vessatoria in quanto consente al Gestore di risolvere il contratto e comunque di sospendere la fornitura di acqua anche in caso di inadempimenti dell'utente privi dei necessari requisiti di gravità, addossandogli inoltre i rischi derivanti da inadempimenti non imputabili ed impedendogli l'esperimento delle azioni risarcitorie, così violando l'art. 33 n. 1 e n. 2 lett. a) e b) cod. consumo. Giudice Lollo - Movimento Cittadinanza Onlus c. Acqualatina s.p.a. - TRIBUNALE DI LATINA, Sez. I civile - Ordinanza 13 luglio 2006 (vedi: ordinanza per esteso)

 

Consumatori e utenti - Acqua - Gestore del servizio idrico integrato - Contratto di somministrazione - Clausola che prevede la possibilità di formulare prescrizioni discrezionali prima della posa in esercizio degli impianti interni nonchè la possibilità di sospensione della somministrazione con esonero di ogni responsabilità - Vessatorietà - Fondamento. La clausola che prevede che il gestore del servizio idrico integrato possa riservarsi di "... formulare eventuali ulteriori prescrizioni che riterrà necessarie prima che siano posti in esercizio gli impianti interni", rimettendo tale possibilità alla esclusiva discrezionalità dello stesso e che prevede la possibilità di "... sospensione della somministrazione...."in caso di adeguamento degli impianti senza predeterminare però i tempi massimi della sospensione, con esonero di ogni responsabilità ed addossando poi il relativo onere "...a cura e spese del cliente...", appare vessatoria, ex art. 33 n. 1 e n. 2 lett. a) e b), cod. consumo, per l'ampia formula utilizzata per esonerare il Gestore da sue responsabilità, escludendo la possibilità per il consumatore di agire per il risarcimento del danno anche per riduzioni o sospensioni della fornitura direttamente imputabili alla resistente e non giustificate da cosa fortuito, forza maggiore o latri motivi espressamente previsti dal contratto. Giudice Lollo - Movimento Cittadinanza Onlus c. Acqualatina s.p.a. - TRIBUNALE DI LATINA, Sez. I civile - Ordinanza 13 luglio 2006 (vedi: ordinanza per esteso)

 

Consumatori e utenti - Acqua - Servizio idrico integrato - Modifiche apportate al piano tariffario - Giurisdizione - G.O. - Difetto. La cognizione giurisdizionale delle modifiche apportate al piano tariffario del servizio idrico integrato non può essere demandata al G.O., neanche con riguardo alle variazioni della tariffa che impattano sul contratto con gli utenti: dette modifiche conseguono infatti ad atti dell’Autorità d’ambito, imposte in via provvedimentale e non negoziale, insuscettibili di scrutinio ai sensi della normativa sul consumatore e appartenenti alla giurisdizione del G.A.. Giudice Lollo - Movimento Cittadinanza Onlus c. Acqualatina s.p.a. - TRIBUNALE DI LATINA, Sez. I civile - Ordinanza 13 luglio 2006 (vedi: ordinanza per esteso)

 

Consumatori - Tutela dei diritti - Azione revocatoria - Ambito oggettivo. In tema di azione revocatoria ordinaria, tra gli atti non soggetti a revoca a norma del terzo comma dell’art. 2901 c.c. in quanto compiuti in adempimento di un’obbligazione (quali i contratti conclusi in esecuzione di un contratto preliminare di vendita) non rientrano gli atti di vendita di immobili locati ad uso non abitativo, per i quali venga esercitato il diritto di prelazione del conduttore, perché in questo caso il locatore solo se decide di vendere è obbligato a vendere al conduttore che si avvalga del diritto di prelazione di cui all’art. 38 della legge n. 392 del 1978. Ne consegue che nel concorso delle condizioni previste dall’art. 2901 c.c., detta vendita è revocabile ad istanza del creditore del locatore che abbia alienato l’immobile. Presidente V. Duva, Relatore B. Durante. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 04/07/2006, Sentenza n. 15265

 

Consumatori - Giurisdizione civile - Trasporto aereo internazionale - Controversie relative - Criteri di individuazione del giudice legittimato alla loro trattazione - Convenzione di Varsavia del 12/10/1929. In materia di giurisdizione sulle controversie relative al trasporto aereo internazionale, l'art. 28 della Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929 (ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 19 marzo 1932, n. 8541), come integrata dal protocollo dell'Aja del 28 settembre 1955 (ratificato con la legge 31 dicembre 1982, n. 1832), stabilisce che l'azione di responsabilità può essere promossa, a scelta dell'attore, nel territorio di una delle altre parti contraenti, sia davanti al tribunale del domicilio del vettore, sia dinanzi a quello della sede principale della sua attività, sia davanti al tribunale del luogo di destinazione o, infine, adendo il giudice competente nel luogo ove il vettore possiede uno stabilimento a cura del quale il contratto è stato concluso. Quest'ultimo criterio di collegamento, implica che il vettore, sia pure avvalendosi dell'opera di soggetti estranei ad esso, quale può essere un agente di viaggi, abbia concluso il contratto di trasporto, purché l'attività di tale agente faccia capo allo stabilimento e non ad altra sede del vettore o addirittura ad altri soggetti. (Nella specie, relativa ad un'azione risarcitoria instaurata nei confronti della compagnia "Air New Zealand Limited" per il danno conseguente al ritardo in partenza di un volo da Napoli a Papeete i cui biglietti erano stati acquistati presso un'agenzia di viaggi di Salerno, la S.C., esclusa pacificamente l'applicabilità dei criteri di collegamento costituiti dal domicilio del vettore - sito in Nuova Zelanda - e dal luogo di destinazione - coincidente con la Polinesia -, ha ritenuto difettante, ai fini dell'affermazione della giurisdizione del giudice italiano, anche il residuo criterio riconducibile al luogo di fissazione di uno stabilimento da parte del vettore, sul presupposto che, nel caso specifico, sarebbe stato necessario che gli attori - essendo la relativa circostanza contestata - avessero provato che l'agenzia di viaggi, venditrice dei biglietti, aveva agito sulla base di un contratto stipulato con la rappresentanza italiana della suddetta compagnia aerea). CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 14/06/2006, Sentenza n. 13689

 

Consumatori - Foro del consumatore - Eccezione di incompetenza territoriale - Termine - Processo civile - Art. 38, 1° c., c.p.c.. L’eccezione di incompetenza territoriale relativa al mancato rispetto della norma che stabilisce la competenza esclusiva e inderogabile del foro del consumatore può essere tempestivamente sollevata, ex art. 38, primo comma, cod.proc.civ., entro la prima udienza di trattazione. Presidente e Relatore F. Sabatini. CORTE DI CASSAZIONE Sezione III Civile, 13/06/2006, Ordinanza n. 13642

 

Consumatore - Diritto d’autore, marchi e brevetti - Reato previsto dall'art. 127 d.lgs. n. 30/2005 - Somiglianza con il prodotto originale idonea a generare confusione - Rilevanza - Esclusione. La Corte ha chiarito la portata della nuova fattispecie penale prevista dall'art. 127 D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, che punisce chiunque che, al di fuori dalle ipotesi previste dagli artt. 473, 474 e 517 c.p., fabbrica, vende, espone, adopera industrialmente ovvero introduce nello Stato oggetti in violazione di un titolo di proprietà industriale. Secondo la Corte, pur trattandosi di un’ipotesi sussidiaria rispetto a quelle codicistiche, il relativo accertamento è legato a parametri diversi, atteso che con essa si è inteso tutelare espressamente il patrimonio privato e non la fede pubblica ed il mercato. Pertanto, poiché non si è in presenza di “un'ipotesi minore di imitazione del marchio o di confondibilità degli acquirenti circa l'origine o la qualità di una merce”, non rileva, ai fini della sua configurabilità, la mera somiglianza del prodotto contraffatto con quello originale, idonea a generare confusione (fattispecie relativa a sequestro di articoli di pelletteria importati dall'estero, motivato dalla loro somiglianza con i prodotti originali recanti il marchio "Louis Vuitton", idonea a generare confusione). Presidente A. Colonnese, Relatore M. Rotella. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sezione V, 07/06/2006 (UD.26/04/2006), Sentenza n. 19512

 

Consumatori - Tutela dei dati personali - Competenza - Prevalenza su foro del consumatore - Illegittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. Il foro del luogo di residenza del titolare del trattamento stabilito dall'art. 152, comma 2, d.lgs. n. 196 del 2003 in tema di tutela giudiziale dalle violazioni della normativa in materia di protezione dei dati personali ha carattere esclusivo, con la conseguenza che esso attrae la relativa domanda di risarcimento dei danni e prevale anche sul foro del consumatore indicato all'art. 1469-bis, terzo comma n. 19, c.c., attesa la diversità di ragione che presiede le due discipline, da ravvisarsi per quest'ultima nella differente forza contrattuale delle parti e per la prima viceversa nella particolare natura e potenziale lesività dell'attività di trattamento d'informazioni concernenti soggetti identificati o identificabili, indipendentemente dalla posizione delle parti e dai loro "rapporti di forza". Trattandosi di scelta volta a privilegiare l'esigenza di vicinanza del giudice al luogo di trattamento e diffusione dei dati, dal legislatore operata facendo non irragionevole esercizio della sua discrezionalità, è al riguardo pertanto manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale per asserita violazione dell’art. 24 Cost.. Presidente G. Fiduccia, Relatore G. Federico. CORTE DI CASSAZIONE Sezione III Civile, 31/05/2006, Ordinanza n. 12980

 

Consumatori - Contratti bancari - Conto corrente - Chiusura del conto - Estratto conto finale - Approvazione tacita - Decadenza - Operatività anche nei confronti della banca. Nel rapporto di conto corrente bancario il termine di decadenza di sei mesi per l’impugnazione dell’estratto conto trasmesso al cliente, fissato dall’art. 1832 secondo comma c.c. opera anche per la banca, con la conseguenza che, decorso inutilmente detto termine, la banca decade dal diritto di far valere crediti che non risultano nell’estratto conto approvato. Pres. A. Giuliano, Rel. M. Finocchiaro. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III Civile, 24/05/2006, Sentenza n. 12372

 

Consumatore - Trasporti - Cabotaggio marittimo - Cabotaggio con le isole - Nozione di "viaggio che segue o precede" il viaggio di cabotaggio - Regolamento n. 3577/92 - (C-456/04). La nozione di «viaggio che segue o precede» il viaggio di cabotaggio, di cui all'art. 3, n. 3, del regolamento (CEE) del Consiglio 7 dicembre 1992, n. 3577, concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo), comprende, in linea di principio, ogni viaggio in provenienza da o diretto verso un altro Stato, a prescindere dalla presenza di un carico a bordo. Tuttavia, non possono essere ammessi viaggi senza carico a bordo effettuati abusivamente allo scopo di aggirare le norme previste dal regolamento n. 3577/92. L'accertamento dell'esistenza di una pratica abusiva richiede, da un lato, che il viaggio internazionale in zavorra, nonostante l'applicazione formale delle condizioni di cui all'art. 3, n. 3, del detto regolamento, abbia come risultato che l'armatore fruisca, per tutte le questioni relative all'equipaggio, dell'applicazione delle norme dello Stato di bandiera in spregio dell'obiettivo dell'art. 3, n. 2, del medesimo regolamento, il quale consiste nel consentire l'applicazione delle norme dello Stato ospitante a tutte le questioni relative all'equipaggio nel caso del cabotaggio insulare. D'altro lato, deve altresì risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo essenziale di tale viaggio internazionale in zavorra è quello di evitare l'applicazione dell'art. 3, n. 2, del regolamento n. 3577/92, a vantaggio di quella del n. 3 del medesimo articolo. Agip Petroli SpA contro Capitaneria di porto di Siracusa. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE, 06/04/2006, procedimento C-456/04

 

Consumatori - Vendita - Somministrazione di beni a carattere periodico - Prezzo - Determinazione - Artt. 1474 e 1561 c.c.. Se il contratto ha per oggetto cose che il venditore vende abitualmente o la somministrazione di beni a carattere periodico ai sensi -rispettivamente- degli articoli 1474 e 1561 c.c., la mancata determinazione espressa del prezzo non ne importa la nullità, giacché si presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore, che se si tratta di cose aventi un prezzo di borsa o di mercato si desume -salvo patto contrario- dai listini o dalle mercuriali del luogo in cui deve essere eseguita la consegna o da quelli della piazza più vicina, per la compravendita; dai listini o dalle mercuriali del luogo in cui devono essere eseguite le prestazioni, per la somministrazione. In applicazione del suindicato principio la S.C. ha escluso la nullità del contratto avente ad oggetto merce il cui prezzo è stato dal giudice di merito determinato mediante c.t.u., avuto riguardo ai prezzi ricavabili dalle fatture facenti espresso riferimento agli articoli messi in vendita. Presidente A. Giuliano, Relatore L. F. Di Nanni. CORTE DI CASSAZIONE Sezione III Civile, 08/05/2006, Sentenza n. 10503
 

Consumatori - Obbligazioni del locatore - Obbligo di ottenere il certificato di abitabilità dell’immobile - Risoluzione del contratto - Risarcimento del danno. Rientra nelle obbligazioni del locatore anche quella di procurare al conduttore il certificato di abitabilità dell’immobile - salvo patto contrario -, sia che l’immobile sia destinato ad uso di abitazione, sia che sia adibito ad utilizzo commerciale o anche ad uso di deposito. Qualora tale certificato non sia ottenibile, si ha una situazione di grave inadempimento del locatore, a fronte della quale il conduttore può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno. Presidente G. Nicastro, Relatore L.A. Scarano. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. III, dell'11 aprile 2006, Sentenza n. 8409

 

Consumatori - Salute - Sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione - Lesione del c.d. "ordine alimentare" - Fattispecie: alterazione organolettica del gusto e del colore del vino. In materia di alimenti, la contravvenzione prevista dalla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, lett. b, che vieta l'impiego nella produzione, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, non è reato di pericolo presunto, ma di danno, in quanto persegue il fine di benessere, consistente nell'assicurare una protezione immediata all'interesse del consumatore a che il prodotto giunga al consumo con le cure igieniche imposte dalla sua natura (Cass. S.U. 9 gennaio 2002 n. 443). In altri termini, l'interesse protetto dalla norma e leso dal comportamento punito va individuato nel rispetto di quello che è stato definito "ordine alimentare", ovvero quello del consumatore a che la sostanza alimentare giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte dalla sua natura (Cass. sez. 3^, 2 settembre 2004 n. 35828). Ciò premesso sull'argomento, va rilevato che la sentenza impugnata, dopo aver rilevato l'alterazione organolettica del gusto e del colore del vino sequestrato e quindi la lesione del c.d. "ordine alimentare", con l'avvio di un processo degenerativo della bevanda, ne ha attribuito la causa al cattivo stato di conservazione del prodotto, ipotizzato come probabile dato causale anche dal perito chimico esaminato in giudizio e confermato dal fatto, emerso in giudizio, che il prodotto aveva subito nel passato una movimentazione anomala, in occasione di lavori di ristrutturazione che avevano interessato il supermercato. Pres. Grassi A. Est. Ianniello A. Rel. Ianniello A. Imp. Mastromartino. P.M. Passacantando G. (Conf.), (Rigetta, Trib. Salerno, 13 Maggio 2004). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 04/04/2006 (Ud. 22/02/2006), Sentenza n. 11909 (vedi: sentenza per esteso)

 

Consumatori - Competenza in materia di contratti conclusi dai consumatori - Promessa di vincita - Pubblicità ingannevole - Decisione giurisdizionale che statuisce sulla competenza - Efficacia di giudicato - Riapertura in sede d’appello - Certezza del diritto - Primato del diritto comunitario - Art. 10 CE - Competenza giurisdizionale in materia civile - Regolamento (CE) n. 44/2001 - Interpretazione dell’art. 15. Il diritto comunitario non impone ad un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne allo scopo di riesaminare ed annullare una decisione giurisdizionale passata in giudicato qualora risulti che questa viola il diritto comunitario. Kapferer. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, Prima Sezione 16 marzo 2006, procedimento C-234/04

 

Consumatori - Posizione dominante di un’impresa su un dato mercato - Natura. Per posizione dominante di un’impresa su un dato mercato, s’intende la possibilità da un lato di tenere comportamenti indipendenti, svincolati da quelli degli altri operatori concorrenti, senza con ciò subire pregiudizi, e dall’altro di ostacolare una concorrenza effettiva. Pres. Schinaia, Est. De Nictolis - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato) c. T. s.p.a. (avv.ti d’Amelio, Guarino, Libonati, Tesauro, Toffoletto), riunito ad altri - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 10 marzo 2006 (C.C. 10 febbraio 2006), sentenza n. 1271 (vedi: sentenza per esteso)

 

Consumatori - Telecom Italia - Posizione dominante - Giudizio di non replicabilità da parte dei concorrenti dell’offerta. I parametri in base ai quali va espresso il giudizio di non replicabilità da parte dei concorrenti dell’offerta fatta agli utenti finali da parte dell’operatore dominante nel settore delle telecomunicazioni (Telecom Italia), contenuti nella delibera 152/2002 dell’AGCom, sono stati scelti nell’ambito di una pluralità di parametri economici, con una valutazione di carattere opinabile, che rientra nella scelta amministrativa discrezionale, sicché essi, purché non siano viziati da travisamento o illogicità, non possono essere sostituiti con diversi parametri proposti dalla parte. Pres. Schinaia, Est. De Nictolis - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato) c. T. s.p.a. (avv.ti d’Amelio, Guarino, Libonati, Tesauro, Toffoletto), riunito ad altri - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 10 marzo 2006 (C.C. 10 febbraio 2006), sentenza n. 1271 (vedi: sentenza per esteso)

 

Consumatori - Clausole di scontistica fidelizzante - Ingresso di concorrenti sul mercato (abuso di impedimento). Le clausole di scontistica fidelizzante, di esclusiva, di penalizzazione in caso di mancato raggiungimento di determinate soglie di consumo, di adeguamento a migliori condizioni fatte da altri operatori, se offerte da un imprenditore in posizione dominante sul mercato, con il preciso obiettivo di conservazione e recupero di quote di mercato, sono abusive in quanto volte ad ostacolare l’ingresso di concorrenti sul mercato (abuso di impedimento), anche ove, in ipotesi, non siano svantaggiose per i clienti. Pres. Schinaia, Est. De Nictolis - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato) c. T. s.p.a. (avv.ti d’Amelio, Guarino, Libonati, Tesauro, Toffoletto), riunito ad altri - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 10 marzo 2006 (C.C. 10 febbraio 2006), sentenza n. 1271 (vedi: sentenza per esteso)

 

Consumatori - Operatore in posizione dominante (Telecom Italia) - Clausole contrattuali - AGCM - Sanzione - Elemento soggettivo dell’abuso. Le clausole contrattuali autorizzate dall’Autorità nazionale di regolamentazione nel settore delle telecomunicazioni nei confronti dell’operatore in posizione dominante (Telecom Italia) non possono essere dichiarate anticoncorrenziali da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato se non previa adeguata valutazione della portata e dell’ambito dell’autorizzazione; in ogni caso, l’intervenuta autorizzazione incide sull’elemento soggettivo dell’abuso, e ne fa escludere la gravità, sicché può essere comminata la sanzione della diffida e non la sanzione pecuniaria. Pres. Schinaia, Est. De Nictolis - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato) c. T. s.p.a. (avv.ti d’Amelio, Guarino, Libonati, Tesauro, Toffoletto), riunito ad altri - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 10 marzo 2006 (C.C. 10 febbraio 2006), sentenza n. 1271 (vedi: sentenza per esteso)

 

Consumatori - Abuso di posizione dominante - Condotte abusive - Comprovato intento anticoncorrenziale perseguito nei confronti dei concorrenti - Pluralità di procedimenti sanzionatori. Correttamente l’abuso di posizione dominante viene considerato <<molto grave>> avuto riguardo alla <<responsabilità particolare>> che grava sull’operatore dominante, alla sistematicità e reiterazione delle condotte abusive, alla consapevole sottrazione al controllo dell’Autorità di regolamentazione, al comprovato intento anticoncorrenziale perseguito nei confronti dei concorrenti, al raggiungimento dello scopo, alla recidiva e alla cessazione delle condotte solo a seguito di una pluralità di procedimenti sanzionatori. Pres. Schinaia, Est. De Nictolis - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato) c. T. s.p.a. (avv.ti d’Amelio, Guarino, Libonati, Tesauro, Toffoletto), riunito ad altri - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 10 marzo 2006 (C.C. 10 febbraio 2006), sentenza n. 1271 (vedi: sentenza per esteso)

 

Consumatori - Procedure e varie - Illeciti amministrativi anticoncorrenziali - Cumulo giuridico delle sanzioni - Violazioni in materia previdenziale e assistenziale. In materia di illeciti amministrativi anticoncorrenziali, ancorché annessi dal vincolo della continuazione (identità del disegno illecito), non è applicabile il cumulo giuridico delle sanzioni, consentito dall’art. 8, co. 2, l. n. 689/1981 solo nel caso di violazioni in materia previdenziale e assistenziale. Pres. Schinaia, Est. De Nictolis - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato) c. T. s.p.a. (avv.ti d’Amelio, Guarino, Libonati, Tesauro, Toffoletto), riunito ad altri - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 10 marzo 2006 (C.C. 10 febbraio 2006), sentenza n. 1271 (vedi: sentenza per esteso)

 

Consumatori - Tariffe relative a servizi pubblici - Impugnazione - Legittimazione del Codacons. Non si può in astratto negare la legittimazione del Codacons ad impugnare provvedimenti che fissano tariffe relative a servizi pubblici (argomenta da C. Stato, VI, n. 3166/2003; C. Stato, VI, n. 4098/2002; C. Stato, VI, n. 565/2002, e, a contrario, da C. Stato, VI, n. 3876/2003), fermo restando che essendo i provvedimenti tariffari atti generali, il Codacons può spontaneamente intervenire nel relativo procedimento, ma non ha titolo ad avere avviso di avvio del medesimo (C. Stato, VI, n. 565/2002). Pres. Schinaia - Est. De Nictolis - CODACONS (avv. Rienzi) c. Ministero della giustizia (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma T.A.R. per il Lazio - Roma, sez. I, 3 settembre 2004, n. 8325). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 10/02/2006 (c.c. 22/11/2005), Sentenza n. 555 (vedi: sentenza per esteso)

 

Tutela dei consumatori - Diritto di accesso ai documenti - Legittimazione di un’associazione di tutela dei consumatori - Codacons - Gestori di servizi pubblici - L. n. 241/1990. Alle associazioni a tutela dei consumatori, quale è il Codacons, l’ordinamento non riconosce un diritto di accesso diverso da quello attribuito in generale dalla l. n. 241/1990 (ex plurimis, v. C. Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283). Tuttavia, non può disconoscersi, in astratto, la legittimazione di un’associazione di tutela dei consumatori ad esercitare il diritto di accesso ai documenti dell'amministrazione o di gestori di servizi pubblici in relazione ad interessi che pervengono ai consumatori e utenti di pubblici servizi, come ha già avuto occasione di ritenere la giurisprudenza (cfr. sul punto, tra le tante, C. Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283; C. Stato, sez. IV, 26-11-1993, n. 1036 e C. Stato, sez. VI, 27-03-1992, n. 193). Pres. Schinaia - Est. De Nictolis - CODACONS (avv. Rienzi) c. Ministero della giustizia (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma T.A.R. per il Lazio - Roma, sez. I, 3 settembre 2004, n. 8325). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 10/02/2006 (c.c. 22/11/2005), Sentenza n. 555 (vedi: sentenza per esteso)

 

Tutela dei consumatori - P.A. - Diritto di accesso ai documenti - Tutela di “situazioni giuridicamente rilevanti” - Ass. di tutela dei consumatori. Anche alle associazioni di tutela dei consumatori si applica l’art. 22, l. n. 241/1990, che consente l’accesso non come forma di azione popolare, bensì a tutela di “situazioni giuridicamente rilevanti”, e dunque anche per dette associazioni occorre verificare la sussistenza di un interesse concreto e attuale all’accesso (C. Stato, sez. IV, 6-10-2001, n. 5291, resa sulla domanda di accesso esercitata dal Condacons in relazione agli atti inerenti lo svolgimento della lotteria Italia 1999, collegata alla trasmissione televisiva «Carramba che fortuna».). Pres. Schinaia - Est. De Nictolis - CODACONS (avv. Rienzi) c. Ministero della giustizia (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma T.A.R. per il Lazio - Roma, sez. I, 3 settembre 2004, n. 8325). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 10/02/2006 (c.c. 22/11/2005), Sentenza n. 555 (vedi: sentenza per esteso)

 

Consumatore - Salute - Utilizzo di latte in polvere nella produzione di prodotti caseari - Alimenti - Utilizzo di latte in polvere anziché di latte naturale - Mescolamento con sostanze di qualità inferiore - Pericolo presunto - Art. 5 L. 283/62. L’utilizzo di latte in polvere, anziché di latte naturale, nella produzione di prodotti caseari in un caseificio integra la violazione dell’art. 5 lettera A) Legge 283-1962 in quanto la fattispecie criminosa è integrata in via alternativa dalla privazione anche parziale degli elementi nutritivi ordinari di un alimento o dal mescolamento con sostanze di qualità inferiore. Pertanto, il reato di cui all'art. 5 lett. b 1. 283/62 può essere integrato anche da condizioni igieniche estrinseche relative all'ambiente in cui l'alimento è custodito, trattandosi di contravvenzione di pericolo presunto (Cass. Sez. III, 5 aprile 1996, n. 978, n. 204288). Pres. Vitalone Est. Postiglione Imp. Alvisini. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del 2 febbraio 2006 (ud. 16 dicembre 2005), Sentenza n. 4311 (vedi: sentenza per esteso)

Consumatori - Encefalopatia spongiforme bovina - Divieto di esportazione - Qualità sana, leale e mercantile - Dichiarazione di esportazione - Restituzioni all'esportazione - Condizione di concessione - Carne bovina - Regolamento (CEE) n. 3665/87 - Domanda nazionale di pagamento - Sanzione. L'art. 13 del regolamento della Commissione 27 novembre 1987, n. 3665, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all'esportazione per i prodotti agricoli, come modificato con il regolamento (CE) della Commissione 2 dicembre 1994, n. 2945, va interpretato nel senso che osta a che una carne bovina oggetto di un divieto all'esportazione previsto dal diritto comunitario a partire da un certo Stato membro verso gli altri Stati membri e gli Stati terzi possa essere considerata di "qualità sana, leale e mercantile" e che esige ai fini della concessione delle restituzioni che l'esportatore dimostri che il prodotto esportato non provenga da uno Stato membro a partire dal quale sono vietate le esportazioni, qualora l'amministrazione nazionale disponga di indizi secondo i quali il prodotto è soggetto ad un divieto all'esportazione. Fleisch-Winter CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, Sentenza della Corte (Prima Sezione) 10 febbraio 2006, (1° dicembre 2005), nel procedimento C-309/04

 

Consumatori - Prodotto di "qualità sana, leale e mercantile" - Elemento di prova ai fini della valutazione della situazione dell'esportatore. L'assicurazione fornita in una domanda nazionale di pagamento che un prodotto è di "qualità sana, leale e mercantile", ai sensi dell'art. 13, prima frase, del regolamento n. 3665/87, non rientra tra le informazioni rilasciate conformemente al combinato disposto di cui agli artt. 11, n. 1, secondo comma, e 3 del regolamento n. 3665/87. Può, tuttavia, essere considerata dal giudice nazionale un elemento di prova ai fini della valutazione della situazione dell'esportatore. Fleisch-Winter CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, Sentenza della Corte (Prima Sezione) 10 febbraio 2006, (1° dicembre 2005), nel procedimento C-309/04

 

Consumatori - Vendita di prodotti con segni mendaci - Tutela del “made in italy” - Fattispecie. Integra il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 cod. pen.) la commercializzazione di beni del settore dell’ abbigliamento con la dicitura “Italy”, che pur essendo prodotti da una ditta italiana su disegno e tessuto italiani, siano stati confezionati all’estero da maestranze italiane, in quanto in questo particolare settore l’Italia gode di un prestigio internazionale, fondato anche sulla particolare specializzazione delle maestranze impiegate, e pertanto il sottacere tale dato fattuale o il fornire fallaci indicazioni ha l’intento di conferire al prodotto una maggiore affidabilità promuovendone l’acquisto (per ulteriori informazioni si leggano materia le decisioni Sez. III 19 aprile 2005 n. 34103, e Sez. III 17 febbraio 2005 n. 13712). Presidente E. Lupo, Relatore F. Mancini. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 20/01/2006 (Ud. 09/11/2005), Sentenza n. 2648

 

Consumatori - Manifesti destinati a pubblicizzare una mostra d'arte contemporanea - Delitti contro la moralità pubblica e il buon costume - Reato di pubblicazioni e spettacoli osceni. I manifesti riproducenti una fotografia chiamata ''Butterly 2004', che ritraeva una bambina in tenera età, nuda, di profilo, con una farfalla sulla spalla, opera di un’artista olandese, destinati a pubblicizzare una mostra d'arte contemporanea, non potevano considerasi offensivi del comune senso del pudore, in quanto non venivano mostrate parti fisiche rilevanti sotto il profilo della libido o della riservatezza sessuale. In particolare, la Corte ha precisato che, poiché la nozione di osceno fa riferimento al sentimento di una comunità storicamente determinata, non poteva avere rilievo la sensibilità eterodossa di alcuni individui, spesso caratterizzati da una psicologia non equilibrata o addirittura patologica. Né poteva modificare l'offensività dell’immagine il diverso contesto in cui la stessa veniva ad inserirsi - ovvero la diffusione in forma di manifesto rispetto all’esposizione in una mostra - in quanto non si trattava di comportamenti o figure intrinsecamente ambivalenti (come ad es. il bacio scambiato tra parenti rispetto a quello tra due amanti, o la foto di un corpo completamente nudo inserita in un libro di anatomia invece che in una rivista pornografica), bensì di immagine assolutamente rispettosa del comune senso del pudore in ogni possibile contesto. Presidente C. Vitalone, Relatore P. Onorato. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 20 gennaio 2006 (Ud. 13/10/2005), Sentenza n. 2635

 

Consumatore - Pista da sci - Attivita' pericolosa - Gestore - Responsabilita' civile - Comportamento imprudente dello sciatore. In relazione alla responsabilità da infortuni occorsi sulle pista da sci, si esclude la responsabilità (da attività pericolosa) del gestore ritenendo nella specie che il comportamento imprudente dello sciatore danneggiato, che nell’area destinata alla sosta e al transito degli sciatori irrompa a velocità particolarmente elevata ed inadeguata allo stato dei luoghi, configuri gli estremi del caso fortuito. Presidente G. Fiduccia, Relatore F. Sabatini. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Terza Civile, del 18 gennaio 2006, Sentenza n. 832

 

Consumatori - Clausole abusive - Art. 234 CE - Direttiva 93/13/CEE - Incompetenza della Corte. Per i fatti anteriori all'adesione di uno Stato all'Unione europea, la Corte di giustizia non è competente a risolvere la prima e la seconda questione. Fattispecie: normativa nazionale resa conforme alla direttiva dopo la conclusione da parte di uno Stato terzo di un accordo di associazione con le Comunità europee prima dell'adesione del detto Stato all'Unione europea. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, (Grande Sezione) 10 gennaio 2006 nella causa C-302/04

 

Consumatori - Direttiva 85/374/CEE - Responsabilità per danno da prodotti difettosi - Nozione di “messa in circolazione” del prodotto - Fornitura del produttore ad una società interamente controllata. L’art. 11 della direttiva del Consiglio 25 luglio 1985, 85/374/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, deve essere interpretato nel senso che un prodotto è messo in circolazione allorché è uscito dal processo di fabbricazione messo in atto dal produttore ed è entrato nel processo di commercializzazione in cui si trova nello stato offerto al pubblico per essere utilizzato o consumato. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, Prima sezione - 9 febbraio 2006, causa C-127/04 (vedi: sentenza per esteso)

 

Consumatori - Prodotti difettosi - Responsabilità illimitata del fornitore - Presupposti - Colpa di chi ha prodotto il bene - Dir. 85/374/CEE. La direttiva del Consiglio 25 luglio 1985, 85/374/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, dev’essere interpretata nel senso: 1) che essa osta ad una regola nazionale secondo la quale il fornitore risponde, al di là dei casi tassativamente elencati all’art. 3, n. 3, della direttiva, della responsabilità indipendente dalla colpa che la direttiva istituisce e imputa al produttore; 2) che essa non osta ad una regola nazionale secondo la quale il fornitore è tenuto a rispondere illimitatamente della responsabilità per colpa del produttore. Pres. Skouris - Rel. Jann - Skov Æg contro Bilka Lavprisvarehus A/S e altri. Corte Giustizia CE, 10/01/2006, procedimento n. C-402/03

 

Consumatori - Acquisto di supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali - Reato di ricettazione e incauto acquisto - Differenza - Disciplina applicabile. Secondo il novellato contenuto nel d. lgs. 9 aprile 2003, n. 68, è possibile il verificarsi del concorso tra il reato di ricettazione e quello di cui all'art.171 ter della legge 22 aprile 1941 n. 633, e successive modificazioni, quando l'agente, oltre ad acquistare supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, li detenga a fine di commercializzazione; configurandosi l'illecito meramente amministrativo previsto dall’art. 174 ter legge n. 633 del 1941 soltanto quando l’acquisto o la ricezione siano destinati a uso esclusivamente personale. Sicchè, il contesto normativo così ricostruito non muta con l’entrata in vigore della legge 14 maggio 2005, n. 80, perché l’incauto acquisto di cose provenienti da taluno dei reati previsti dalla legge n. 633 del 1941 e s.m. può integrare gli estremi della contravvenzione prevista dall’art. 712 c.p.; mentre solo l’incauto acquisto di cose di provenienza altrimenti illecita, vale a dire di cose non provenienti da reato, può integrare gli estremi dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 1 comma 7 del citato decreto legge. CORTE DI CASSAZIONE Penale SS.UU., 23/12/2005 (UD. 20/12/2005), Sentenza n. 47164

 

Consumatori - Illecito amministrativo di emissione di assegno senza provvista - Sanzioni amministrative - Fatto scusabile. Viola il dovere di diligenza media, con conseguente impossibilità di invocare il fatto scusabile, l’emittente di un assegno privo di copertura che - anziché attenersi al dovere di conformare l’andamento del conto al fine di assicurare che in ogni momento vi sia disponibilità del denaro necessario al pagamento dell’assegno nei termini per la presentazione di esso all’incasso - si limiti a fare affidamento sullo svolgimento di un conto passivo con adempimenti reiterati, da parte della banca, di ordini di pagamento di esso correntista, anche in assenza di provvista e nell’ambito dei limiti di rischio dalla stessa banca precedentemente valutati. Presidente U. Vitrone, Relatore A. Giusti. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 24 novembre 2005, Sentenza n. 24842

 

Tutela del consumatore - Vendita immobiliare a domicilio - Direttiva 85/577/CEE - Applicabilità - Esclusione. L’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, non si applica ai contratti di compravendita immobiliari, ancorché essi siano mera parte integrante di un investimento finanziario il cui finanziamento sia garantito mediante mutuo e le cui trattative pre-contrattuali, tanto in relazione al contratto di vendita dell’immobile quanto al contratto di mutuo diretto esclusivamente al finanziamento, vengano svolte nel contesto di un’operazione di vendita a domicilio. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE Sentenza del 25 ottobre 2005, procedimento C-229/04

 

Tutela del consumatore - Contratto di mutuo - Diritto di recesso - Investimenti finanziari acquisto dell’immobile - Annullamento del contratto - Rischi inerenti agli investimenti - Banca - Dir. 85/577/CEE. La direttiva 85/577 non osta a che norme nazionali prevedano, quale unica conseguenza del recesso dal contratto di mutuo, l’annullamento del contratto stesso, anche ove si tratti di investimenti finanziari in cui il mutuo non sarebbe stato concesso senza l’acquisto dell’immobile. Tuttavia, se il consumatore non è stato informato del suo diritto di recesso dal contratto di mutuo, spetta alla banca sopportare i rischi inerenti agli investimenti di cui trattasi. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE Sentenza del 25 ottobre 2005, procedimento C-229/04

 

Consumatori - Titoli di credito - Assegno circolare non trasferibile - Pagamento della banca in violazione di legge - Responsabilità - Natura. La responsabilità nei confronti del beneficiario di un assegno circolare non trasferibile in cui incorre la banca girataria per l’incasso qualora, violando l’obbligo di diligente accertamento dell’identità e della legittimazione del presentatore del titolo, paghi l’assegno a persona diversa dal predetto (artt. 43 e 86 del r.d. n. 1736 del 1933), non ha natura extracontrattuale, in quanto non consegue dalla violazione di una norma di condotta, né contrattuale, poiché non sussiste tra dette parti alcun rapporto negoziale, dato che la banca è estranea sia alla convenzione di assegno sia al rapporto di emissione del medesimo, bensì costituisce violazione di un’obbligazione ex lege, riconducibile, in base all'art. 1173 cod. civ., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità dell'ordinamento giuridico, siccome derivante dalla violazione dell’obbligo posto a suo carico dall’art. 43 r.d. cit., di pagare l’assegno esclusivamente all’intestatario, titolare del diritto di agire per il risarcimento del danno eventualmente subito, con la conseguenza che siffatto diritto e’ soggetto alla prescrizione ordinaria decennale. Presidente A. Criscuolo, Relatore S. Del Core. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 6 ottobre 2005, Sentenza n. 19512

 

Consumatori - Foro del consumatore per i contratti a distanza - Contratti aventi ad oggetto i servizi finanziari - Competenza territoriale inderogabile - Esclusione - Limiti. In tema di contratti a distanza, la competenza territoriale inderogabile del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore (prevista dall’art. 14 del d.lgs. 22 maggio 1999, n.185) non si estende ai contratti relativi ai servizi finanziari, tra i quali non rientra però qualsiasi servizio che possa avere attinenza con il settore finanziario, con la conseguenza che non può ritenersi escluso dal campo di applicazione dell’art. 14 un contratto che, come nella specie, abbia ad oggetto la prestazione di un servizio informativo sull’andamento dei mercati finanziari e su possibili strategie d’investimento. Presidente L.F. Di Nanni, Relatore G. Manzo. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. III, 3 ottobre 2005, Sentenza n. 19304

 

Consumatori - “Made in italy” su prodotto non fabbricato in Italia - Vendita con segni mendaci - Sussistenza - Condizioni - Artt. 517 c.p. e 4, c. 49, L. n. 350/2003 - Artt. 23 e 24 Reg. CEE n. 2913/1992 - Fattispecie: prodotti semilavorati per l’assemblaggio secondo un modello predefinito. Integra il reato previsto dagli artt. 517 cod. pen. e 4, comma 49, L. 24 dicembre 2003 n. 350 la messa in vendita con la dicitura “made in Italy” di un prodotto che non può considerarsi di origine italiana ai sensi dell’art. 4, comma 61, legge citata, che considera tale marchio posto a tutela di merci integralmente prodotte sul territorio italiano o assimilate ai sensi della normativa europea in materia di origine. Secondo gli artt. 23 e 24 Regolamento CEE n. 2913 del 12 ottobre 1992, il marchio “made in Italy” può essere utilizzato quando il prodotto è interamente fabbricato in Italia o in Italia sia avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo, o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione. (Fattispecie nella quale era stato messo in commercio con la dicitura “made in Italy” un prodotto fabbricato all’estero per conto di un produttore italiano che aveva inviato prodotti semilavorati per l’assemblaggio secondo un modello predefinito). Presidente A. Zumbo, Relatore A. Franco. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23 settembre 2005 (ud. 19 aprile 2005), Sentenza n. 34103

 

Consumatori - Apertura di agenzia di viaggi senza autorizzazione - Sanzioni amministrative - Responsabilità. In relazione all'illecito amministrativo di apertura di un'agenzia di viaggi in mancanza della prescritta autorizzazione, della violazione risponde l'imprenditore che, nella disciplina delle agenzie di viaggi, si identifica con il titolare dell'agenzia stessa, e quindi, nel caso in cui l'attività imprenditoriale sia esercitata in forma societaria, il legale rappresentante della società, ferma la responsabilità solidale della società. In ogni caso, di detta violazione non può mai essere ritenuto responsabile il dipendente o il collaboratore dell'agenzia, trattandosi di illecito che, inerendo alle condizioni di svolgimento di una attività imprenditoriale, deve essere qualificato come "proprio", nel senso, appunto, che non può essere commesso altro che da un soggetto identificabile per le sue qualità personali, e, quindi, altro che dal titolare dell'agenzia stessa. Pres. G. Losavio, Rel. S. Petitti. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 25 agosto 2005, Sentenza n. 17288

 

Consumatori - Sistema radioteleviso pubblico e privato - Divieto di trasmissioni pornografiche - Divieto assoluto - Buon costume. La legge che disciplina il sistema radiotelevisivo pubblico e privato (legge 6 agosto 1990, n. 223) configura (con l’art. 15, decimo comma) la violazione del divieto di trasmissione di programmi contenenti scene pornografiche come un illecito amministrativo di pericolo presunto o astratto, giacché, secondo la previsione legislativa, alla realizzazione della condotta vietata si accompagna, tipicamente o generalmente, la messa in pericolo del bene protetto, il buon costume, che il legislatore, ponendo il divieto assoluto di trasmissione di programmi aventi quel contenuto, ha inteso incondizionatamente tutelare. Ne consegue che la trasmissione contenente scene pornografiche non cessa di essere illecita per il solo fatto che essa vanga mandata in onda al di fuori della fascia oraria protetta o anche nel cuore della notte. Nel caso di specie, l'illecito contestato si riferiva alla trasmissione - in un contesto di pubblicizzazione di linee telefoniche "hot line" a mezzo di "spots" pubblicitari ciclici in ore notturne - di immagini raffiguranti particolari rapporti intimi lascivi tra donne. La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di merito, che aveva rigettato l'opposizione all'ordinanza-ingiunzione. Pres. G. Losavio, Rel. S. Petitti. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 25 agosto 2005, Sentenza n. 17284

 

Consumatori - Contratti bancari - Forma - Contratto di apertura di credito - Contratto di conto corrente stipulato per iscritto - Legge sulla trasparenza bancaria - Testo unico bancario. In materia di disciplina della forma dei contratti bancari, la legge sulla trasparenza bancaria (art. 3, comma terzo, della legge n. 154 del 1992) e il testo unico bancario (art. 117, comma secondo), nella parte in cui dispongono che il CICR può prevedere che particolari contratti, per motivate ragioni tecniche, possono essere stipulati in forma diversa da quella scritta, attribuiscono a detto Comitato interministeriale il potere - da questo conferito alla Banca d'Italia con delibera del 4 marzo 2003 - di emanare disposizioni che integrano la legge e, nei limiti dalla stessa consentiti, possono derogarvi e che, perciò, costituiscono norme di rango secondario, la cui legittimità non è esclusa dalla mancata indicazione delle motivate ragioni tecniche della deroga, dovendo l’onere della motivazione ritenersi adempiuto mediante l'individuazione del tipo di contratto e la precisazione che esso deve riferirsi ad operazioni e servizi già individuati in contratti stipulati per iscritto. Sulla base di questo principio, sono legittime le disposizioni contenute nella delibera del CICR del 4.3.2003 - e, anteriormente, nel decreto emanato il 24.4.1992, in via d'urgenza, dal Ministro del tesoro - nonché nelle istruzioni di vigilanza della Banca d'Italia, ed ha affermato che, in base alle medesime, va escluso che il contratto di apertura di credito, qualora risulti già previsto e disciplinato da un contratto di conto corrente stipulato per iscritto, debba essere, a sua volta, stipulato per iscritto, a pena di nullità. Pres. U. R. Panebianco, Rel. L. Panzani. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 9 luglio 2005, Sentenza n. 14470

 

Consumatore - Pubblicità ingannevole - Autorità garante della concorrenza e del mercato - Mancata comunicazione di pareri - Effetti. Nel procedimento in materia di pubblicità ingannevole, non costituisce violazione del contraddittorio la mancata comunicazione di pareri (nella specie, del Ministero della Salute e della Autorità per la garanzia nelle comunicazioni ) in quanto, ai sensi dell’art. 9 del d.P.R. n. 627/1996, devono essere “comunicati alle parti del procedimento” soltanto “i risultati delle perizie, delle analisi economiche e consultazioni di esperti essenzialmente per non avere fatto conoscere alla società i pareri acquisiti“. CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31 maggio 2005, n. 2852

 

OGM - Regolamento (CE) n. 1139/98 - Art. 2, n. 2, lett. b) - Obbligo supplementare in materia di etichettatura di prodotti alimentari - Obbligo di indicare la presenza di materiale derivato da taluni organismi geneticamente modificati (OGM) - Semi di soia e granturco geneticamente modificati - Esenzione dall'obbligo in caso di presenza accidentale, che non superi una determinata soglia di tolleranza - Prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione particolare - Lattanti e bambini nella prima infanzia - Applicabilità dell'esenzione - Principio di precauzione. L'art. 2, n. 2, lett. b), del regolamento (CE) del Consiglio 26 maggio 1998, n. 1139, concernente l'obbligo di indicare nell'etichettatura di alcuni prodotti alimentari derivati da organismi geneticamente modificati caratteristiche diverse da quelle di cui alla direttiva 79/112/CEE, quale modificato mediante il regolamento (CE) della Commissione 10 gennaio 2000, n. 49, deve essere interpretato nel senso che l'esenzione che esso prevede dall'obbligo, stabilito dall'art. 2, nn. 1 e 3, del medesimo regolamento, di un'indicazione, nell'etichetta di prodotti alimentari, della presenza di materiale derivato da taluni OGM, nel caso in cui tale presenza derivi da una contaminazione accidentale e non superi un livello de minimis dell'1 %, si applica parimenti ai prodotti alimentari destinati all'alimentazione particolare dei lattanti e dei bambini nella prima infanzia. Pres. e Rel. Timmermans, Ministero della Salute c. Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degliutenti e dei consumatori (Codacons), Federconsumatori - CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE sez. II - 26 maggio 2005, causa C-132/03

 

Consumatori - Vacanza rovinata - Risarcimento del danno - Tour operator - Rivalsa nei confronti dell’organizzatore del pacchetto e dei servizi - Responsabilità - Commisurazione - Criterio - Artt. 19 e 14 del D.L.vo n. 1995/111. La previsione di cui all’art. 19 del D.L.vo n. 111 del 1995 (reclamo entro 10 giorni) si riferisce solo al consumatore finale e non opera nel caso in cui il tour operator chiamato in giudizio per risarcimento del danno, per vacanza rovinata, agisce in rivalsa nei confronti dell’organizzatore del pacchetto e dei servizi. Pertanto, in base al dettato contenuto nell’art. 14 D.Lgs. n.111/1995, la responsabilità del venditore e dell’organizzatore non è solidale ma commisurata in ragione del rispettivo grado di concorso nell’inadempimento. Giud. Criscuolo - R.M.R. ed altri c. Renboga Tours s.r.l. ed altri. TRIBUNALE NAPOLI, 17 Maggio 2005

 

Consumatori - Vendita - Vizi occulti - Denunzia - Termine di decadenza - Manifestazione del vizio - Art. 1495 c.c. - Determinazione - Momento. Il termine di decadenza di cui all'art. 1495 cod. civ. per la denunzia dei vizi della cosa venduta, pur dovendo essere riferito alla semplice manifestazione del vizio e non già all'individuazione della sua causa, decorre solo dal momento in cui il compratore abbia acquisito la certezza oggettiva dell'esistenza del vizio, con la conseguenza che ove la scoperta avvenga per gradi ed in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sull'entità del vizio stesso, occorre fare riferimento al momento in cui si sia completata la relativa scoperta. Presidente V. Calapietra, Relatore M. Oddo CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 6 maggio 2005, Sentenza n. 9515

 

Associazioni - Associazioni di consumatori - Ricorso proposto in primo grado da altri soggetto colegittimati - Inammissibilità - Art. 83 D.P.R. 570/1960 e art. 146 D. Lgs. 41/2004 - Ius singolare non suscettibile di applicazione analogica. E’ inammissibile l’appello di un associazione di consumatori che, non avendo proposto un ricorso di legittimità pur essendovi legittimata, omissio medio impugni la sentenza che abbia deciso il ricorso proposto da un soggetto colegittimato; costituiscono infatti ius singulare, non suscettibile di applicazione analogica, l’art. 83/12 del testo unico approvato per i giudizi elettorali col d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, e l’art. 146, comma 11, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato col decreto legislativo n. 41 del 2004, che hanno ampliato la legittimazione ad appellare le sentenze di primo grado, ammettendovi anche chi - pur essendovi legittimato - non abbia proposto il ricorso originario. Pres. Schinaia, Est. Maruotti - Fallimento E.M. s.r.l. (Avv.ti Vannicelli e Benuccio) c. Consorzio tra i lottisti Volturno Marina Vecla (Avv. Montaldo) e s.r.l. M. (Avv.ti Cassiano, Garofalo e Mosillo) riunito ad altri - (Dichiara inammissibili e/o improcedibili i ricorsi) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 24 settembre 2004, n. 6253 (vedi: sentenza per esteso)

 

Consumatori - Tour operator - Risarcimento dei danni subiti nel corso di un viaggio - Competenza territoriale - Individuazione - Criterio - Fattispecie. Trasporto turistico. Il risarcimento dei danni subiti nel corso di un viaggio organizzato da un tour operator deve essere promosso innanzi al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo. Fattispecie: danni subiti da un sinistro causato dall’utilizzo di un mezzo di trasporto inidoneo. TRIBUNALE DI MONZA Sez. Desio, 27 agosto 2004

 

Tutela consumatore - Nozione di consumatore - Contratti negoziati fuori dai locali commerciali - D.lgs. n. 50/1992. Ai fini della tutela dettata, per i contratti negoziati fuori dai locali commerciali, dal d.lgs. 15 gennaio 1992, n. 50, non è consumatore la persona che, in vista di intraprendere un’attività imprenditoriale, cioè per uno scopo professionale, acquista gli strumenti indispensabili per l’esercizio di tale attività. Presidente G. Fiduccia - Relatore I. Purcaro. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sezione III, 10 agosto 2004, Sentenza n. 15475

 

Tutela consumatore - Piste da sci - Contratto atipico di "skipass" - Incidente dovuto alla cattiva manutenzione di una pista - Risarcimento dei danni - Sussiste. Lo sciatore che ha concluso un contratto atipico di "skipass", che gli dà diritto di utilizzare tutte le piste di un comprensorio sciistico, in caso di incidente dovuto alla cattiva manutenzione di una pista può chiedere il risarcimento dei danni solo al proprietario della singola pista, e non ai proprietari di tutte le piste facenti parte del comprensorio. Presidente G. Fiduccia - Relatore R. Perconte Licatese. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sezione III, 19 luglio 2004, Sentenza n. 13334

 

Consumatori - Falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento - Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni e falsi - Prodotti seriali riproducenti personaggio di fantasia protetto da registrazione - Configurabilità del reato - Sussistenza. (C.P. art. 474). La condotta consistente nella produzione e messa in commercio di prodotti seriali riproducenti, ancorché in modo imperfetto e senza indicazione della sua denominazione, un personaggio di fantasia protetto da registrazione rientra nella previsione di reato di cui all'art. 474 c.c.. (In specie, trattavasi di giocattoli gonfiabili riproducenti il pulcino "Calimero"). (contra v. Cass. Sez. III, 26/04/2001). Pres. Ietti - Rel. Marini - P.M. Mura (Concl. Conf.) . Romagnoli. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. V, 16 giugno 2004 (Ud. 25/05/2004), n. 27032
 

Consumatori - Attività organizzata in Italia di accettazione, raccolta, prenotazione e trasmissione, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere - Rilevanza penale - Sussiste - Normativa comunitaria. Se, a seguito della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 6 novembre 2003 in causa Gambelli, l'art. 4 comma bis della legge 13 dicembre 1989 n. 401, modif. dall'art. 37, comma 5 l. 23 dicembre 2000 n. 388, che, in riferimento all'art. 88 T.u.l.p.s., sost. dall'art. 37 comma 4 l. n. 388 del 2000, sanziona penalmente l'attività organizzata in Italia di accettazione, raccolta, prenotazione e trasmissione, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere, da chiunque accettate in Italia o all'estero, in assenza di concessione, autorizzazione o licenza, non deve essere disapplicato dal giudice italiano, in quanto in contrasto con la normativa comunitaria sul diritto di stabilimento e di libera circolazione dei servizi all'interno del territorio dell'Unione Europea. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite, Udienza del 26 aprile 2004, (R.G. 28164/03) (R.G. 28170/03) (R.G. 31132/03)
 

Consumatore - Salute - Produzione, commercio e consumo - Prodotti alimentari - Reato previsto dall'art. 5 lett. b) della legge n. 283 del 1962 - Detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione - Natura - Reato di danno o di pericolo - Contrasto di giurisprudenza. In tema di disciplina degli alimenti, il reato di cui all'art. 5, lett. b), della legge 30 aprile 1962 n. 283, detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, attesa la natura di reato di pericolo presunto, non esige per la sua configurabilità un previo accertamento sulla commestibilità dell'alimento, nè il verificarsi di un danno per la salute del consumatore. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III - 27.1.2004, Sent. n. 2649

 

Consumatori - Salute - Alimenti e bevande - Vendita di carne contaminate da salmonella - Reato di cui all’art. 5 lett. d) L. 283/1962 - Configurabilità - art. 5 lett. c) L. 283/1962. Rientra nella previsione di cui all’art. 5 lett. d) n. 283 del 1962 la vendita di carni contaminate da salmonella - per il quale «è vietato… vendere… o comunque distribuire per il consumo di sostanze alimentari… insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive…» - e non in quella di cui alla lett. c) della stessa norma che vieta la vendita di sostanze alimentari con cariche macrobiotiche superiori «ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o ordinanze ministeriali», in quanto la previsione di cui all’art. 5 lett. d) rappresenta una norma di chiusura con la quale il legislatore ricomprende le sostanze «comunque» nocive, non inquadrabili nelle ipotesi specifiche contemplate nella stessa lettera nonché in quelle precedenti, nell’ambito di operatività dell’art. 5 succitato. Ne consegue che l’eventuale osservanza dei limiti di cui all’art. 5 lett. c) ed a maggior ragione l’omessa previsione degli stessi non equivale ad un giudizio di assoluta innocuità del prodotto alimentare che, invece può rivelarsi «comunque» nocivo nella previsione di cui all’art. 5 lett. d) n. 283 del 1962. Pres. Svignano - Est. Novarese - Imp. Scotenna - P.M. Iacoviello (concl. Conf.) CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 7 aprile 2003, (UD. 12/02/2003). Sentenza n. 15998

Consumatori - Salute - Alimenti e bevande - Prelievo e analisi di campioni - Violazione delle norme relative a dette operazioni - Utilizzabilità nel giudizio penale - Criteri - Fattispecie in tema di alimenti con cariche microbiche superiori ai limiti prestabiliti - L. 283/1962, art. 5. Le norme che disciplinano il prelievo e le analisi dei campioni (fatta eccezione per l’obbligo di notifica dell’interessato), pur non integrando la fattispecie penale (nella specie il superamento dei limiti coliformi), non possono essere ignorate dal giudice ove in concreto la loro violazione abbia determinato una situazione abnorme che incida sulla rappresentatività dei lavori riscontrati. (In applicazione di tale principi la Corte ha escluso che nel caso in esame l’esecuzione delle analisi oltre il termine ordinario di 24 ore potesse comportare la loro inutilizzabilità in giudizio, in considerazione della non avvenuta scadenza del prodotto confezionato e della sua conservazione alla temperatura dovuta. Pres. Toriello - Est. Postiglione - Imp. De Santis - P.M. Favalli (concl. Conf.). CORTE DI CASSAZIONE penale, Sez. III, 7 aprile 2003,(UD. 12/02/2003). Sentenza n. 18317

 

Consumatori - Salute - Campionamento di alimenti o bevande e relative analisi - Avviso alle persone interessate dell’inizio delle operazioni - Presupposti - Assistenza di un consulente tecnico - Fattispecie: pane. Nel campionamento di alimenti o bevande e relative analisi, è necessario l’avviso alle persone interessate dell’inizio delle operazioni, eccezione fatta nel caso in cui l’analisi riguardi campioni prelevati da sostanze alimentari deteriorabili, in questi casi, infatti, non è necessario alcun avviso. In tutti gli altri casi, gli interessati hanno la possibilità di chiedere la revisione delle analisi e partecipare al nuovo esame delle sostanze, anche attraverso l’assistenza di un consulente tecnico. (Fattispecie: omesso avviso delle analisi su un campione di pane, in quanto lo stesso non è oggettivamente deteriorabile in uno spazio di tempo ragionevolmente breve, così come confermato dalla esclusione della stessa dall’elenco delle sostanze alimentari deteriorabili di cui al D.M. 16.12.1993). Conforme: Cass. Sez. III, 20 marzo 1997, n. 208455; Cass. Sez. III, 13.11.1997 n. 209723. Pres. Toriello - Est. Grillo - P.M. Albano Imp. Busacca. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, (Ud. 19/03/2003) - Dep. 15/05/2003, sentenza n. 21286

 

Consumatori - Alimenti e bevande - Salute -  Analisi dei campioni - Comunicazione del risultato delle analisi - Termine di cui all’art. 42 l.n. 580/1967 - Natura - Termine ordinatorio - Inosservanza - Improcedibilità dell’azione penale - Esclusione. Per la comunicazione all’interessato del risultato della prima analisi, l’inosservanza del termine prescritto dall’art. 42 l. 4 luglio 1967, n. 580, sebbene definito perentorio dalla legge stessa, ha natura di termine ordinatorio, pertanto, l’inosservanza non determina la improcedibilità dell’azione penale, ma esclusivamente lo spostamento del termine stabilito per la istanza di revisione. (Nello stesso senso: Cass. Sez. III, 14 luglio 1998, Sinito; Sez. VI, 1 luglio 1977, Colombo, ivi, n. 136752; Cass. Sez. VI, 21 gennaio 1975, Bacchini; Cass. Sez. VI, 28 febbraio 1972, De Luca,) Pres. Vitalone - Rel. Franco - P.M. Geraci (concl. diff.) - Scollo (225289). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III - Ud. 31 gennaio 2003 (dep. 20 maggio 2003), n. 22035

 

Diniego di autorizzazione alla produzione in Italia e commercializzazione all’estero di miscele di olio di oliva e di olio di semi - pericolo per il consumatore - tutela della salute e del consumatore - la disciplina comunitaria e i principi costituzionali. La disparità di trattamento tra imprese nazionali e imprese comunitarie, seppure è irrilevante per il diritto comunitario, non lo è per il diritto costituzionale italiano (Corte Cost., n.443 del 30.12.1997). La disposizione interna è stata quindi dichiarata incostituzionale, tenuto conto che deroghe al principio di libera circolazione dei beni possono essere giustificate, ai sensi dell’art.30 del Trattato U.E. sulla base di specificati motivi di interesse pubblico, tra i quali assumono preminente rilievo, in materia di circolazione di prodotti alimentari, la tutela della salute umana e, nell'interpretazione della giurisprudenza comunitaria, la tutela dei consumatori. (Tra tali esigenze, tuttavia, non rientra anche quella di protezione di tradizioni alimentari, su cui si fondava la norma sulla produzione della pasta). La ratio del divieto non si fonda su esigenze di tutela delle tradizioni alimentari, ma è basata proprio su uno di quei motivi di interesse pubblico (tutela della salute e del consumatore), che possono giustificare un intervento più rigoroso dei singoli stati membri. (Nella specie, dietro il parere espresso dal Ministero delle politiche agricole e richiamato nell’impugnata nota del Ministero delle finanze, Div. XI, n.4397 del 3.9.97, è stato espresso il diniego di autorizzazione alla produzione e commercializzazione all’estero di miscele di olio di oliva e di olio di semi, inoltre, si è sottolineato come l'impossibilità di procedere a controlli diretti sulla composizione delle miscele di oli costituisce un pericolo per il consumatore solo in parte evitabile con un’appropriata etichettatura, che comunque lascia irrisolto il problema di non poter verificare eventuali condotte non corrette delle imprese). Consiglio di Stato, Sez. VI - 31 gennaio 2003 - Sentenza n. 482 (vedi: sentenza per esteso)

 

La contestazione dell'importo della bolletta telefonica da parte dell’utente - la bolletta è un atto unilaterale di natura meramente contabile - qualificazione del rapporto di utenza sia un servizio pubblico essenziale - adempimento e di prestazione secondo buona fede - posizione soggettivamente protetta - l'obbligo del gestore. La contestazione dell'importo della bolletta telefonica da parte dell’utente comporta per il gestore l’obbligo di dimostrare il corretto funzionamento del contatore centrale e la corrispondenza tra il dato fornito dal contatore e quello trascritto nella fattura, producendo la documentazione del traffico telefonico; in mancanza, l'utente ha prova libera della contestazione, e tale prova può essere sia testimoniale sia a carattere presuntivo. La bolletta è un atto unilaterale di natura meramente contabile (Cassazione 847/86) e la stessa Corte costituzionale (nelle sentenze 546/94 e 1104/98) ha posto in rilievo come il rapporto di utenza sia un servizio pubblico essenziale, ma soggetto al regime contrattuale di diritto comune, ed alle relative regole di adempimento e di prestazione secondo buona fede. Regime che, per effetto dello ius superveniens (la legge di derivazione europea 281/98, peraltro non retroattiva e non applicabile al caso di specie) pone l'utente persona fisica (come nella specie) in una posizione soggettivamente protetta nei confronti dell'ente pubblico che offre un servizio a titolo oneroso. Se dunque le norme regolamentari (in particolare l'art. 12 del d.m. 484/88) prevedono l'obbligo del gestore di effettuare gli addebiti di traffico sulla base delle indicazioni del contatore centrale, tale obbligo non può risolversi in un privilegio probatorio, basato sulla non contestabilità del dato recato in bolletta. Corte di cassazione, Sezione III civile, Sentenza 2 dicembre 2002, n. 17041.

 

Azione giudiziaria di associazione di consumatori volta ad impedire l'uso di clausole vessatorie da parte di un commerciante - Convenzione di Bruxelles - le regole riguardanti la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale - interpretazione. Le regole di competenza previste nella Convenzione di Bruxelles del 27.09.1968 vanno interpretate nel senso che un'azione giudiziaria preventiva intentata da un'associazione di tutela dei consumatori allo scopo di far inibire l'uso, da parte di un commerciante, di clausole ritenute abusive in contratti conclusi con privati, e' un'azione in materia di delitti o quasi-delitti, ai sensi dell'art. 5, punto 3, della cennata Convenzione(disposizione che pertanto si applica, a prescindere dall'effettivo verificarsi del danno, anche alle azioni le quali, come nella fattispecie,mirano ad impedire un delitto imminente). Corte di Giustizia CEE - Sezione VI Sentenza del 01/10/2002

 

L’abuso di posizione dominante - condotta illecita - la restrizione della concorrenza - il mero intento di escludere il concorrente dal mercato - comportamenti ‘escludenti’ - giurisdizioni comunitarie - fattispecie illecita. Per la consolidata giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia, 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione, p. 91; 3 luglio 1991, Akzo/Commissione, p. 69), l’abuso di posizione dominante si verifica quando sul piano obiettivo vi è una condotta illecita, non rilevando l’intento (e la relativa prova) di ledere il concorrente (anche perché non è necessario che l’impresa abbia avuto coscienza di violare un divieto, essendo sufficiente che essa non abbia potuto ignorare che il comportamento avesse per oggetto la restrizione della concorrenza: Corte di giustizia, 8 novembre 1983, AIZ). Mentre il mero intento di escludere il concorrente dal mercato è di per sé irrilevante, se è attuato con legittimi comportamenti e strategie economiche, la condotta ‘escludente’ e obiettivamente illecita può essere di per sé qualificata come abuso di posizione dominante. Dalla posizione dominante discende una speciale responsabilità’, per cui l’impresa che la detiene non può ridurre o eliminare il grado di concorrenza ancora esistente sul mercato, con comportamenti ‘escludenti’. Ciò è stato affermato anche dalle giurisdizioni comunitarie, in base alle disposizioni del Trattato, le quali: - vietano le condotte che fanno sorgere il rischio che una impresa dominante riduca il grado di concorrenza ancora esistente sul mercato (Corte di giustizia, 16 marzo 2000, Compagnie Maritime Belge, p. 112; 21 febbraio 1973, Europemballage, p. 26) o siano funzionali alla realizzazione di un piano di aggressione e di estromissione dal mercato di un concorrente (Corte di giustizia, 20 giugno 2001, Michelin, p. 210; 16 marzo 2000, Comagnie Maritime Belge, p. 86; 3 luglio 1991, Akzo/Commissione, p. 148), poiché la normativa sulla tutela della concorrenza mira anche ad evitare che la strategia escludente comporti l’effettiva eliminazione del concorrente; - consentono gli atti di tutela degli interessi commerciali dell’impresa dominante, ma non anche un “comportamento che abbia lo scopo di rafforzare la posizione dominante e di farne abuso” (Tribunale di primo grado, 7 ottobre 1999. Irish Sugar Plc/Commissione, p. 112), anche se “il risultato atteso non si realizzi” (Tribunale di primo grado, 8 ottobre 1996, Cewal/Commissione, p. 149). Anche per la consolidata giurisprudenza di questa Sezione, la fattispecie illecita - come nel caso di intese restrittive - si caratterizza per la potenziale lesività e non per la concreta realizzazione della riduzione del grado di concorrenza ancora esistente, con la conseguenza che non è necessario l’accertamento di tale riduzione (cfr. Sez. VI, 24 aprile 2002, n. 2199; Sez. VI, n. 1305 del 2002; Sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1191). Consiglio Stato, sez. VI, 19 luglio 2002, n. 4001.

 

Disciplina della concorrenza - imprese operanti nel settore della radiodiffusione e dell'editoria - diritti esclusivi in ordine all'erogazione di un servizio - norme a tutela della concorrenza - a tutela del pluralismo - operazione di concentrazione. L'art. 8 della L. 10 ottobre 1990 n. 287, la cui portata ed interpretazione va stabilita in armonia con le norme ed i principi del Trattato dell'U.E. in materia di disciplina della concorrenza, va inteso nel senso che la concessione per legge od in base alla legge ad un'impresa di diritti esclusivi in ordine all'erogazione di un servizio non esenta quest'ultima, per ciò soltanto, dall'osservanza delle disposizioni in materia di concorrenza che non siano oggettivamente incompatibili con il raggiungimento delle finalità della concessione; e, pertanto, devono ritenersi sottratti al rispetto delle norme a tutela della concorrenza soltanto quei comportamenti che siano indispensabili per il raggiungimento delle finalità della concessione. Le imprese operanti nel settore della radiodiffusione e dell'editoria sono soggette sia alle norme contenute nella L. n. 249 del 1997, dirette a tutelare il pluralismo del sistema delle comunicazioni radio-televisive mediante limitazioni alla titolarità delle reti ed alla raccolta delle risorse finanziarie, alla cui osservanza è preposta l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, sia alla disciplina generale a tutela della concorrenza contenuta nella L. n. 287 del 1990. In forza dell'art. 5, co. 1°, lett. b, della L. n. 287 del 1990 si è in presenza di una concentrazione restrittiva della libertà di concorrenza non soltanto quando una o più imprese procedono alla fusione od alla costituzione di un'impresa comune o all'acquisizione di un'altra impresa, ma anche allorché una o più imprese acquisiscono direttamente od indirettamente il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese; e, pertanto, si è di fronte ad un'operazione di concentrazione quando una o più imprese acquisiscono, direttamente od indirettamente, sia tramite acquisto di partecipazioni del capitale o di elementi del patrimonio, sia tramite il contratto o qualsiasi altro mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese. L'effetto diretto di un'operazione di concentrazione consiste nella possibilità, nell'immediato, di riduzione o di cessazione di un'impresa attiva sul mercato con conseguente modificazione significativa di quest'ultimo; e, pertanto, è necessario, per accertare la presenza o meno di un'operazione di concentrazione, stabilire e valutare se gli elementi oggetto di cessione siano in qualche modo sostituibili ovvero se non lo siano e sottintendano, perciò, una riduzione della presenza sul mercato dell'impresa cedente Consiglio di Stato Sezione VI, 24 maggio 2002 n. 2869

 

Provvedimenti dell’Autorità antitrust - sindacabili solo per vizi di legittimità e non di merito - natura atipica dei provvedimenti - fasi del controllo svolto dall’Autorità antitrust - l’ammissibilità dei c.d. vizi sintomatici estrinseci all’atto - sindacato del giudice amministrativo. La Sezione ha già in precedenza ritenuto che i provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato sono sindacabili in giudizio, per vizi di legittimità, e non di merito. Purché si rimanga nell’ambito dei vizi di legittimità, il sindacato giudiziale non incontra limiti, potendo essere esercitato, oltre che in relazione ai vizi di incompetenza e violazione di legge, anche in relazione a quello di eccesso di potere in tutte le sue forme. Allorché, peraltro, viene dedotto, avverso i provvedimenti dell’Autorità, il vizio di eccesso di potere, il giudice, nell’ambito del suo sindacato, circoscritto alla sola legittimità dell’atto, e non esteso al merito delle scelte amministrative, può solo verificare se il provvedimento impugnato appaia logico, congruo, ragionevole, correttamente motivato e istruito, ma non può anche sostituire proprie valutazioni di merito a quelle effettuate dall’Autorità, e a questa riservate. (v. Cons. Stato, VI, n. 1348/200, Italcementi; n. 1671/2001 Caldaie; n. 4118/2001, Vigilanza privata). I provvedimenti dell’Autorità antitrust hanno natura atipica e sono articolati in più parti, che corrispondono alle fasi del controllo svolto dall’Autorità:

a) una prima fase di accertamento dei fatti;

b) una seconda di “contestualizzazione” della norma posta a tutela della concorrenza, che facendo riferimento a “concetti giuridici indeterminati” (quali il mercato rilevante, l’abuso di posizione dominante, le intese restrittive della concorrenza) necessita di una esatta individuazione degli elementi costitutivi dell’illecito contestato (le norme in materia di concorrenza non sono di “stretta interpretazione”, ma colpiscono il dato sostanziale costituito dai comportamenti collusivi tra le imprese, non previamente identificabili, che abbiano oggetto o effetto anticoncorrenziale (v. sul punto Cons. Stato, VI, n. 1189/2001, Rischi Comune Milano);

c) una terza fase in cui i fatti accertati vengono confrontati con il parametro come sopra “contestualizzato”;

d) un ultima fase di applicazione delle sanzioni, previste dalla disciplina vigente.

E’ errata la tesi sostenuta da alcune appellanti, secondo cui il controllo di legittimità precluderebbe al giudice amministrativo la verifica della verità del fatto posto a fondamento dei provvedimenti dell’Autorità. A seguito del progressivo spostamento dell’oggetto del giudizio amministrativo dall’atto al rapporto controverso (pretesa fatta valere, secondo alcuni) deve ormai ritenersi superato quell’orientamento che negava al giudice amministrativo l’accesso diretto al fatto, salvo che gli elementi di fatto risultassero esclusi o sussistenti in base alle risultanze procedimentali. Del resto, anche nei giudizi di legittimità, l’ammissibilità dei c.d. vizi sintomatici estrinseci all’atto ha condotto a ritenere che il giudice amministrativo abbia il potere di conoscere le questioni di fatto la cui risoluzione è necessaria per verificare l’esistenza dei vizi dell’atto impugnato. L’introduzione nel processo amministrativo dello strumento della C.T.U., dapprima per la sola giurisdizione esclusiva (art. 35, comma 3, D. Lgs. n. 80/98) e poi anche in quella di legittimità (art. 44 del T.U. n. 1054/1924, come novellato dall’art. 1 della legge n. 205/2000), ha fatto cadere anche quelle limitazioni di carattere processuale che venivano invocate a fondamento della limitazione del sindacato del giudice amministrativo. L’estensione delle materie di giurisdizione esclusiva (per quel che qui interessa, vedi l’art. 33, comma 1, della legge n. 287/90) ha confermato il potere del G.A. di pieno accesso al fatto, idoneo nel contempo alla tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi. In definitiva, i fatti posti a fondamento dei provvedimenti dell’Autorità antitrust possono senza dubbio essere pienamente verificati dal giudice amministrativo sotto il profilo della verità degli stessi; ciò presuppone la valutazione degli elementi di prova raccolti dall’Autorità e delle prove a difesa offerte dalle imprese senza che l’accesso al fatto del giudice possa subire alcuna limitazione. Per quanto concerne le fasi sopra indicate sub b) e c), consistenti nell’individuazione del parametro normativo e nel raffronto con i fatti accertati, si osserva che l’Autorità esercita, almeno in parte, un’attività discrezionale di carattere tecnico e non amministrativo (una discrezionalità di tipo amministrativo è ipotizzabile, al più, per i provvedimenti di dispensa o di deroga di cui agli artt. 4 e 25 della legge n. 287/90). Le valutazioni tecniche dell’Autorità non si fondano su regole scientifiche, esatte e non opinabili, ma sono il frutto di scienze inesatte ed opinabili (in prevalenza, di carattere economico) con cui vengono definiti i sopra descritti “concetti giuridici indeterminati”. In questi casi la tutela giurisdizionale, per essere effettiva, non può limitarsi ad un sindacato meramente estrinseco, ma deve consentire al giudice un controllo intrinseco, avvalendosi eventualmente anche di regole e conoscenze tecniche appartenenti alla medesima scienza specialistica applicata dall’amministrazione. L’estensione del sindacato del G.A. sulla discrezionalità tecnica della P.a., e, in particolare, sulle valutazioni tecniche opinabili è stata affermata dalla nota decisione di questo Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 699 del 9-4-99. La questione è stata recentemente approfondita dalla stessa IV Sezione, che ha distinto tra “un controllo di tipo “forte”, che si traduce in un potere sostitutivo del giudice, il quale si spinge fino a sovrapporre la propria valutazione tecnica opinabile a quella dell’amministrazione”… ed un “controllo di tipo “debole” ..(in cui).. le cognizioni tecniche acquisite (eventualmente) grazie al consulente vengono utilizzate solo allo scopo di effettuare un controllo di ragionevolezza e coerenza tecnica della decisione amministrativa.” (Cons. Stato, IV, n. 5287 del 6-10-2001). Nella decisione viene sottolineato come la distinzione tra il carattere di opinabilità dei giudizi tecnici (attratti nella cognizione del giudice) e i profili della opportunità (sottratti al sindacato) non è così netta in presenza di valutazioni complesse dell’amministrazione e dell’applicazione dei c.d. “concetti giuridici indeterminati” e che in tali ipotesi deve escludersi il sindacato giurisdizionale di tipo forte (sostitutivo) ed ammettersi solo il sopra descritto controllo di tipo debole. Ritenendo del tutto condivisibili i sopra enunciati principi ed applicandoli alla materia in esame, si deve ritenere che il sindacato del giudice amministrativo sull’attività discrezionale di natura tecnica, esercitata dall’Autorità antitrust, sia un sindacato di tipo debole, che non consente un potere sostitutivo del giudice tale da sovrapporre la propria valutazione tecnica opinabile o il proprio modello logico di attuazione del “concetto indeterminato” all’operato dell’Autorità. L’indice dell’assenza del potere sostitutivo deve ricercarsi soprattutto nelle esigenze di efficienza e buon andamento dell’amministrazione, di cui all’art. 97 Costituzione, e nella rilevanza della materia della tutela della concorrenza, affidata dal legislatore ad una Autorità amministrativa, caratterizzata da una particolare composizione e qualificazione tecnica, oltre che da un elevato grado di autonomia e indipendenza. Detti principi possono ora essere tradotti in concrete regole, che devono guidare il giudice amministrativo nel sindacato giurisdizionale sui provvedimenti dell’Autorità antitrust. Il giudice deve verificare direttamente i fatti posti a fondamento di tali provvedimenti ed esercita un sindacato di legittimità sull’individuazione del parametro normativo da parte dell’Autorità e sul raffronto con i fatti accertati. In tale ultimo ambito il G.A. può censurare le valutazioni tecniche, compreso il giudizio tecnico finale, che, attraverso un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza tecnica, appaiono inattendibili. La descritta natura del sindacato del giudice amministrativo appare, peraltro, corrispondente all’orientamento della Corte di Giustizia CE, secondo la quale il sindacato del giudice comunitario, esercitato sulle valutazioni economiche complesse fatte dalla Commissione, si limita alla verifica dell'osservanza delle norme di procedura e di motivazione, nonché dell'esattezza materiale dei fatti, dell'insussistenza d'errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere, restando salva ogni verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 85, n. 1; si tratta quindi di un sindacato di legittimità, che non preclude né l’accertamento pieno del fatto né il controllo sull’attendibilità delle valutazioni tecniche, del tipo di quello descritto in precedenza (v., segnatamente, sentenze 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia, punto 34, e 17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e 156/84, BAT e Reynolds, punto 62; 28 maggio 1998, C-7/95, John Deere, punto 34). Il giudice amministrativo non può, quindi, sostituire le proprie valutazioni a quelle dell’Autorità; esemplificando, il giudice non può sostituire l’individuazione del mercato rilevante operata dall’Autorità, ma può verificarne la correttezza secondo quanto detto in precedenza; parimenti il giudice non può sostituire la specificazione del parametro normativo violato a quella dell’Autorità, né può modificare l’impostazione dell’indagine, e quindi del provvedimento, ma solo verificarne la legittimità; basti pensare alla scelta (legittima) operata nel presente provvedimento dall’Autorità di non indagare gli effetti concreti della pratica contestata, limitandosi all’accertamento dell’oggetto anticoncorrenziale e degli effetti potenziali. L’impostazione generale seguita dall’Autorità nello svolgere una determinata indagine e nelle conseguenti valutazioni ad essa rimesse non può quindi essere modificata dal giudice, cui spetta solo il compito di verificarne la legittimità, anche sotto il profilo delle regole tecniche applicate. Nell’esercizio di detto sindacato è ammissibile in astratto l’utilizzo della C.T.U. (richiesta da alcune parti anche nel presente giudizio di appello e di cui si lamenta il mancato utilizzo da parte del Tar), ma tramite tale mezzo probatorio può essere delegato al consulente l’accertamento sotto il profilo tecnico di un ben individuato presupposto del fatto o comunque gli potrà essere chiesto un ausilio finalizzato ad ampliare la conoscenza del giudice con apporti tecnico - specialistici (ben delimitati nel quesito) appartenenti a campi del sapere caratterizzati da obiettiva difficoltà (cfr. sempre, Cons. Stato, IV, n. 5287/2001). Non appare invece ammissibile far “ripercorrere” dal C.T.U. le complesse valutazioni rimesse in prima battuta all’amministrazione e sottoposte poi, con gli anzidetti limiti, al sindacato giurisdizionale (è anche significativo il fatto che la Corte di Giustizia abbia ritenuto ammissibile la C.T.U. nell’ambito dei giudizi in materia di concorrenza, ma abbia poi utilizzato lo strumento con estrema cautela; per un caso di utilizzo, vedi Corte Giust, CE, , C - 89/85, 31-3-93. Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso)

 

Natura del sindacato del giudice amministrativo sulle sanzioni pecuniarie irrogate dall’Autorità antitrust - le sanzioni di carattere ripristinatorio (diffida) - elemento della gravità dell’infrazione - principio di legalità - giurisdizione piena al giudice amministrativo E’ diversa la natura del sindacato del giudice amministrativo sulle sanzioni pecuniarie irrogate dall’Autorità. Mentre le sanzioni di carattere ripristinatorio (diffida) conseguono necessariamente all’accertamento dell’infrazione, le sanzioni pecuniarie vengono applicate dall’Autorità in presenza dell’elemento della gravità dell’infrazione (art. 15, comma 1, della legge n. 287/90), oltre che nelle ipotesi di inottemperanza alla diffida (art. 15, comma 2) e di omissione o rifiuto di fornire informazioni richieste o di esibire documenti o produzione o esibizione di documenti falsi (art. 14, comma 5). Nella prima ipotesi (che qui interessa) la tutela giurisdizionale deve essere riconosciuta in maniera piena, tenuto conto della vigenza, in materia di sanzioni pecuniarie, del principio di legalità, che tutela il diritto del privato a non subire imposizioni patrimoniali al di fuori dei casi previsti dalla legge (art. 23 Cost.). Considerata la necessità di un sindacato ampio sull’irrogazione della sanzione pecuniaria, il rinvio di cui all’art. 31 della legge n. 287/90 alle disposizioni, “in quanto applicabili”, contenute nel capo, I, sezioni I e II della legge n. 689/1981, limitato alle sole sanzioni amministrative pecuniarie, deve essere interpretato, anche alla luce del successivo art. 33 che prevede la giurisdizione esclusiva del G.A., come esteso anche al tipo di cognizione prevista dall’art. 23 delle legge n. 689/81, che consente al giudice (in questo caso, quello amministrativo) di annullare in tutto o in parte (l’ordinanza) o di modificarla anche limitatamente all’entità della sanzione dovuta (la contraria tesi sostenuta da Cass., sez. unite, n. 52/1994 era riferita all’assenza dei poteri di cui al citato art. 23 in capo al Pretore, spettando la giurisdizione al giudice amministrativo, senza individuazione specifica dei poteri di cognizione di quest’ultimo). E’ in questo caso consentito al giudice amministrativo un controllo più penetrante, che si spinge fino alla sostituzione della sanzione irrogata dall’Autorità e si fonda ovviamente sulla base dei parametri normativi di riferimento (art. 11 della legge n. 689/81 ed art. 15 della legge n. 287/90). Tale interpretazione appare conforme anche ai precedenti della Sezione, in cui per le sanzioni pecuniarie dell’Autorità antitrust è stata affermata la sussistenza di una giurisdizione piena del giudice, che ha il potere di modificare la misura della pena, e anche di ridurla, in ipotesi di riscontro di una illegittimità o una inopportunità dell’operato dell’autorità amministrativa, operato che, pertanto, è sindacabile da parte del giudice amministrativo in caso di violazione di legge, illogicità, travisamento dei fatti, ed anche iniquità (Cons. Stato, VI, n. 1671/2001, Caldaie, punto. 12.3.1).Anche in questo caso il riconoscimento di tale tipo di sindacato giurisdizionale è coerente con i principi affermati in materia dalla giurisprudenza comunitaria, che ha sempre ritenuto la sussistenza di una competenza di merito del giudice, che consenta anche la modifica delle sanzioni irrogate dalla Commissione (v. Trib. Ce, 11-3-99, T-141/94, Thyssen Stahl AG, par. 646 e 674 e Corte Giust. CE, 16-11-2000, C-291/98,, Sarriò - Cartoncino, par. 70-71). Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso)

 

Politica di concorrenza comunitaria - principi dell’ordinamento comunitario - competenze sull’applicazione del diritto della concorrenza - riserve CE - elementi oggettivi di fatto o di diritto - flussi commerciali fra Stati membri. L'implicazione degli Stati membri nella politica di concorrenza comunitaria dà modo di adottare le decisioni a un livello quanto più vicino possibile ai cittadini; solo se, a causa delle sue dimensioni o dei suoi effetti l'azione prevista può essere realizzata meglio a livello comunitario, spetta alla Commissione intervenire. Diversamente, l'intervento compete all'autorità garante della concorrenza dello Stato membro interessato. La giurisprudenza di questa Sezione ha già sottolineato che l’interpretazione delle norme in materia di concorrenza in senso conforme ed omogeneo ai principi dell’ordinamento comunitario, tra cui rientrano anche le sentenze della Corte di Giustizia, è imposta sia dall’art. 1, comma 4, della legge n. 287/90 (“L'interpretazione delle norme contenute nel presente titolo è effettuata in base ai principi dell'ordinamento delle Comunità europee in materia di disciplina della concorrenza”), sia dal citato art. 54, comma 5, della legge n. 52/96 (Cons. Stato, VI, n. 1189/2001, Rischi Comune Milano). In sostanza, dopo aver applicato per lungo tempo e fornito le linee interpretative per l’applicazione decentrata del diritto della concorrenza, la Commissione CE ritiene che debbano oggi essere le autorità nazionali ad applicarlo, riservandosi comunque di intervenire in ordine a quelle fattispecie di maggiore rilevanza per l’ordinamento comunitario. Questa Sezione ha già precisato che per mercato rilevante si intende quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono fra loro in rapporto di concorrenza e che il giudice amministrativo deve verificare che l’operato dell’Autorità, nell’individuare il mercato rilevante, non sia affetto da vizi logici o di ragionevolezza, da difetto di istruttoria o di motivazione (cfr., Cons. Stato, VI, n. 1348/2000, Italcementi; n. 652/2001, Vendomusica). Questa Sezione ha già in passato ritenuto la dimensione nazionale del mercato assicurativo, sebbene in relazione a fattispecie diversa (rischi comune di Milano), evidenziando la sussistenza di differenze tra i vari mercati assicurativi nazionali relative ai canali di distribuzione, alle preferenze dei consumatori ed alla diversa regolamentazione (Cons. Stato, VI, n. 1189/2001, cit., in cui veniva anche richiamata Comm. CE, IV/M.543, Zurigo / Banco di Napoli, 22-2-95). Del resto, anche recentemente la Commissione ha confermato la dimensione nazionale del mercato geografico delle assicurazioni nel settore danni (v. Comm. Ce, Dec. 12-1-2000, Caso n. IV/M.1712, Generali - Ina). Nel caso di specie, sia la pratica dello scambio di informazioni che quella relativa all’abbinamento delle polizze erano limitate al territorio italiano ed anche gli effetti (potenziali) contestati dall’Autorità avevano tale limitazione. Il fatto che la pratica contestata riguardasse l’87 % del mercato italiano e fosse economicamente rilevante non costituisce di per sé elemento idoneo per dimostrare il pregiudizio per il commercio con gli Stati membri, in quanto l’elemento della quota di mercato, interessata dall’intesa, non è decisivo ai fini sopraindicati ed è infatti stato valutato in maniera diversa dalla stessa Corte di Giustizia a seconda delle singole fattispecie. Ciò che rileva, per giurisprudenza costante, è che un accordo o pratica concordata tra imprese, per poter pregiudicare il commercio fra Stati membri, deve consentire di prevedere con sufficiente grado di probabilità, in base ad un insieme di elementi oggettivi di fatto o di diritto, che esso sia atto ad incidere direttamente o indirettamente, effettivamente o potenzialmente, sui flussi commerciali fra Stati membri, in modo da poter nuocere alla realizzazione degli obiettivi di un mercato unico fra Stati (v. Corte Giust. CE 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia, punto 22). Dunque, il pregiudizio per gli scambi intracomunitari deriva in generale dalla combinazione di diversi fattori (tra cui anche quello della quota di mercato coinvolta) che, considerati isolatamente, non sono necessariamente determinanti (v. Corte Giust. CE, 15 dicembre 1994, causa C-250/92, DLG, punto 54 e Corte Giust. CE, 21-1-99, C 215/96, Bagnasco, p. 47). Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso

 

Competenza dei giudici nazionali e regolamenti CE.  Se i giudici (e le autorità) nazionali non sono competenti ad applicare l'articolo 85, paragrafo 3, possono tuttavia applicare le decisioni e i regolamenti adottati dalla Commissione in virtù di tale disposizione. La Corte di giustizia ha infatti confermato più volte che le disposizioni dei regolamenti sono direttamente applicabili (Corte Giust. CE, Delimitis contro Henninger Bräu, causa C-234/89). Aggiunge la Commissione che le intese che rientrano nel campo d'applicazione di un regolamento di esenzione per categoria sono esentate dal divieto dell'articolo 85, paragrafo 1 senza che occorra al riguardo una decisione individuale o una lettera amministrativa della Commissione. Peraltro, proprio nella Relazione al parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento del regolamento della Commissione n. 3932/92 (di cui si discute), la Commissione CE ha sottolineato come il regolamento, al pari di ogni altro regolamento di esenzione, contribuisce alla già descritta applicazione decentrata del diritto comunitario della concorrenza e che sia i tribunali nazionali che le autorità degli Stati membri sono competenti a verificare direttamente se un’intesa soddisfi, o meno, le condizioni di applicazione del regolamento e possa quindi beneficiare di un’esenzione. Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso)

 

Violazione dei diritti della difesa - prerogative della difesa - contenuto del verbale - censura relativa alla brevità del tempo impiegato per deliberare. L'eventuale violazione dei diritti della difesa e i suoi effetti vanno esaminati in relazione alla rilevanza del vizio procedimentale dedotto nell’ambito di un complesso procedimento antitrust (v. Cons. Stato, VI, n. 652/2001, cit., in cui è richiamata la c.d. giurisprudenza comunitaria “carbonato di sodio”: Trib. CE, T - 30/91, 29-6-95, Solvay e Trib. CE, T - 36/91, 29-6-95, I.C.I.). Con riguardo all’asserita omessa considerazione di alcune memorie presentate dalle imprese, si condivide il pacifico orientamento della giurisprudenza comunitaria, secondo cui nell'ambito di un procedimento antitrust le prerogative della difesa non richiedono che la Commissione ribatta a tutti i motivi delle imprese interessate, essendo invece sufficiente che sotto il profilo sostanziale venga adeguatamente motivata la tesi accolta in contrapposizione alle posizioni delle parti (cfr., Trib. Ce, 11-3-99, T 141-94, Thyssen Stahl AG). Il verbale non deve contenere l’integrale verbalizzazione della discussione, né tanto meno deve essere indicata l’introduzione di modifiche al testo predisposto dal relatore, in quanto ciò che rileva è solo la approvazione del testo definitivo del provvedimento, dal quale emerge l’iter logico seguito (Cons. Stato, VI, n. 1189/2001, cit.). E’ infondata anche la censura relativa alla brevità del tempo impiegato per deliberare, in quanto le appellanti non tengono conto del fatto che i singoli componenti dell’Autorità ben conoscevano gli atti del procedimento, avendoli già esaminati più volte ed è quindi presumibile che si siano limitati alla discussione finale ed alla votazione sul provvedimento da adottare (v. sul punto Cons. Stato, VI, n. 652/2001, cit.). Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso)

 

Commissione CE limite dei propri poteri istruttori. La giurisprudenza comunitaria ha chiarito che l’unico limite che la Commissione incontra nell’esercizio dei propri poteri istruttori è costituito dal divieto di imporre ad un'impresa l'obbligo di fornire risposte attraverso le quali questa sarebbe indotta ad ammettere l'esistenza della trasgressione, che deve invece essere provata dalla Commissione. Di conseguenza, nell'ambito di una richiesta di informazioni, la Commissione può obbligare un'impresa a fornirle tutte le informazioni necessarie per quanto attiene ai fatti di cui quest'ultima sia a conoscenza ed a comunicarle, se del caso, i relativi documenti di cui sia in possesso, anche se possono servire ad accertare che l'impresa stessa o un'altra impresa hanno tenuto un comportamento anticoncorrenziale. La Corte di Giustizia conclude affermando che, con riferimento ad infrazioni di natura economica, segnatamente in materia di concorrenza, non si possa riconoscere ad un'impresa il diritto di non testimoniare contro se stessa, né sulla base di un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri né in forza del richiamo ai diritti garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali o dal patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, negando quindi il principio invocato con il descritto motivo di ricorso (Corte Giust. CE, 18-10-89, C 374-87, Orkem) Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso)

 

Conoscenza del fascicolo - principio della parità delle armi. E’ quindi non pertinente il richiamo al “principio della parità delle armi”, che sarebbe stato violato nel procedimento in esame (v. appello Mediolanum), in quanto detto principio presuppone che in una causa di concorrenza l'impresa interessata abbia una conoscenza del fascicolo relativo al procedimento pari a quella di cui dispone la Commissione e non si estende ad atti diversi da quelli presenti nel fascicolo di indagine o comunque acquisiti in quella determinata indagine (il principio di parità delle armi è stato affermato da Trib. CE, T - 30/91, 29-6-95, Solvay e Trib. CE, T - 36/91, 29-6-95, I.C.I. e da Cons. Stato, VI, n. 652/2001, cit.). Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso)

 

I provvedimenti dell’Autorità antitrust - esistenza di errori o di valutazioni opinabili. I provvedimenti dell’Autorità antitrust sono dei provvedimenti amministrativi “atipici”, in quanto si discostano, come evidenziato in precedenza, dallo schema classico di provvedimento amministrativo. Sono caratterizzati da un ampia ricostruzione del quadro normativo ed economico di riferimento, dalla puntuale indicazione delle contestazioni mosse e delle tesi delle parti coinvolte e si concludono con le valutazioni giuridiche dell’Autorità. E’ evidente che in presenza di un provvedimento di tale complessità l’esistenza di errori o di valutazioni opinabili non corrette non è di per sé sufficiente a determinare l’annullamento del provvedimento, ma deve essere valutata alla luce dell’incidenza sulle determinazioni assunte. Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso)

 

Antitrust prestazione supplementare - tie-in all’inverso. La mancata indicazione della disposizione sembra significare che l’Autorità abbia preso atto che la garanzia per incendio e furto non sia una “prestazione supplementare”, ma una prestazione semplicemente connessa con la garanzia RCA in relazione al bene cui entrambe le polizze si riferiscono (l’autoveicolo). L’Autorità ha in realtà contestato una sorta di “tie-in all’inverso”, in cui l’offerta della polizza RCA (obbligatoria) non viene sfruttata per abbinare una garanzia facoltativa (fattispecie oggi vietata dall’art. 4, comma 3, della legge n. 57/2001), ma avviene il contrario: il prodotto connesso e facoltativo (polizza incendio e furto) viene offerto solo insieme alla polizza obbligatoria. Il motivo proposto da Sai è infondato, in quanto in astratto, l’accertato “tie-in all’inverso” può costituire una violazione dell’art. 2 della legge n. 287/90, poichè le elencazioni della disposizione sono meramente esemplificative e non tipizzano le ipotesi di intese anticoncorrenziali, in relazione alle quali rileva unicamente il dato sostanziale dell’accertamento di comportamenti collusivi tra le imprese (cfr. sul punto, Cons. Stato, n. 1189/2001, secondo cui, come già detto, le norme poste a tutela della concorrenza non sono “di stretta interpretazione”, come invece in precedenza ritenuto da Cons. Stato, VI, n. 1792/96). Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso)

 

Antitrust - scambio di informazioni realizzato tramite l’associazione professionale - alterazione della concorrenza tra gli operatori economici - limiti agli scambi di informazioni. Il primo caso in cui gli organi di giustizia comunitari hanno affrontato la questione è stato quello relativo alla scambio di informazioni realizzato tramite l’associazione professionale dei costruttori o importatori di trattori agricoli operanti nel Regno Unito, in cui è stato affermato che in un mercato oligopolistico fortemente concentrato, un accordo che preveda un sistema di scambio di informazioni tra le imprese di questo mercato riduce o annulla il grado di incertezza relativo al funzionamento del mercato e può alterare la concorrenza tra gli operatori economici in presenza di determinate caratteristiche delle informazioni scambiate: natura sensibile delle stesse, comunicazione ravvicinata e sistematica e divulgazione limitata ai partecipanti allo scambio (Trib. Ce, 27-10-94, T-35/92, John Deere Ltd; decisione confermata da Corte Giust. CE, 28-5-98, C-7/95; Trib. Ce, 27-10-94, T-34/92, Fiatagri UK Ltd, relativa allo stesso caso ed analoga alla precedente; v. anche Trib. Ce, 14-5-98, T-354/94, Stora, par. 107). Nelle stesse decisioni viene affermato anche che uno scambio di informazioni della natura sopra descritta altera sensibilmente la concorrenza tra gli operatori economici, avendo effetto di rivelare periodicamente, a tutti i concorrenti, le posizioni sul mercato e le strategie dei vari concorrenti e di ridurre o di annullare del tutto il grado di incertezza sul funzionamento del mercato che, in assenza di tale scambio di informazioni, sarebbe esistito. Gli scambi di informazioni devono essere quindi limitati alla rilevazione ed alla divulgazione in forma aggregata di statistiche in modo tale da impedire la possibilità di un loro impiego che consenta i partecipanti di coordinare il loro comportamento commerciale (v. Dec. Commissione CE,, 13-7-94, Cartoncino, par. 166, confermata sul punto da Trib. 14-5-98, T-334/94, Sarriò e da Corte Giust. Ce, 16-11-2000, C-291/98). L’orientamento della Commissione CE sul punto era già noto alle imprese fin dal 1977, quando la Commissione aveva ravvisato, in linea di principio, lo scopo o l’effetto di limitare la concorrenza nelle ipotesi di scambio organizzato di dati relativi alle singole imprese, come la reciproca comunicazione delle quantità vendute, dei prezzi e delle condizioni praticate, sottolineando la differenza tra uno scambio di informazioni statistiche (consentito) ed uno scambio vietato, in cui i dati consentono l’individuazione dei singoli operatori (v. VII Relazione sulla politica della concorrenza della Commissione del 1977). Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso)

 

Verifica di sussistenza di una infrazione antitrust. La giurisprudenza comunitaria ha affermato che qualora una intesa non soddisfi tutte le condizioni prescritte da un regolamento di esenzione e non sia stata concessa (o chiesta) l’esenzione individuale le parti possono comunque dimostrare che l ' accordo di cui trattasi non è per altri motivi incompatibile col divieto di cui all ' art . 85 , n . 1 (Corte Giust. CE, 18-12-1986, C-19/86, VAG France, par. 13). In effetti, per verificare la sussistenza di una infrazione antitrust è necessario accertare che le intese abbiano per oggetto o per effetto l’impedimento, la restrizione o il falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato rilevante. L’inapplicabilità di un regolamento di esenzione costituisce certamente un indice rilevante a tal fine, ma deve comunque essere verificata la violazione del divieto previsto dalle disposizioni sulle intese restrittive della libertà di concorrenza. Come correttamente rilevato dal Tar (v. pag. 96 dell’appellata sentenza), l’Autorità, benché ha affermato l’automatismo tra inapplicabilità del regolamento e illiceità dello scambio di informazioni, ha poi comunque proceduto in concreto alla verifica della anticoncorrenzialità dello specifico scambio di informazioni riscontrato (v. par. 234, ultima parte e paragrafi successivi dell’impugnato provvedimento). Pertanto, anche ritenendo che dall’inapplicabilità del regolamento di esenzione non derivi automaticamente l’illiceità della condotta contestata, la verifica della legittimità dell’impugnato provvedimento deve essere svolta in concreto con l’esame dei motivi con cui le appellanti contestano la natura sensibile dei dati scambiati e sostengono comunque la liceità dello scambio. Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso)

 

Antitrust e modifica dei prezzi - divieto di concertazione - scambio di informazioni - anticoncorrenzialità. La giurisprudenza ha chiarito che ogni operatore economico deve determinare autonomamente la propria condotta e che ciò non esclude il diritto a reagire in maniera intelligente al comportamento, constatato o atteso, dei concorrenti; è però vietato ogni contatto, diretto o indiretto, tra gli operatori che abbia per oggetto o per effetto di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente o di mettere al corrente tale concorrente sul comportamento che l’impresa stessa ha deciso di porre in atto (cfr., cit. Dec. Comm. CECA, par.33; cit. Corte Giust., Anic, par.117; Corte Giust., C- 40/73, Suiker Unie, par.173-175). Ciascun concorrente è libero di modificare i prezzi tenendo conto del comportamento altrui, ma è vietata ogni forma di collaborazione per stabilire linea d’azione o eliminare incertezze sul reciproco comportamento (Corte Giust. CE, C 57/69 del 14.7.72, Acna). Condotte quali lo scambio di informazioni sensibili finiscono infatti per sostituire all’alea della concorrenza il vantaggio della concertazione, così erodendo i benefici che in favore dei consumatori derivano dal normale uso della leva concorrenziale, ossia dalla fisiologica tensione di ogni impresa concorrente a ritagliarsi fette di mercato proponendo condizioni, sotto il profilo economico o sul versante dei caratteri dei prodotti e dei servizi, più appetibili per il fruitore, anche in un‘ottica di prevenzione e contrasto di non conosciute iniziative degli altri operatori economici. Lo scambio di dati, che come si vedrà nel paragrafo successivo sono “sensibili”, ha consentito ai partecipanti allo scambio di informazioni un continuo monitoraggio del comportamento dei concorrenti, riguardante non solo le tariffe (i premi commerciali) ma soprattutto le strutture delle stesse. La giurisprudenza comunitaria ha sottolineato che l’acquisibilità autonoma di informazioni non priva del carattere di illiceità un sistema organizzato di scambio, tenuto conto che nel primo caso le informazioni avrebbero un carattere tardivo, limitato e privo della periodicità che caratterizza le informazioni fornite dal sistema organizzato (Trib. CE, John Deere cit. par. 105). Anche di recente la stessa giurisprudenza ha ribadito che l’organizzazione di uno scambio di informazioni consente ai partecipanti di venire a conoscenza di tali informazioni in un modo più semplice, rapido e diretto che mediante il mercato, creando per di più un clima di mutua sicurezza relativamente alle future politiche commerciali dei concorrenti, incompatibile con i principi della concorrenza (Trib. CE, 12-7-2001, T-202/98, British Sugar, par. 60). Si rileva che l’anticoncorrenzialità della partecipazione ad uno scambio di informazioni non deriva solamente da un reciproco scambio di dati sensibili, ma anche dalla sola percezione di informazioni (sensibili) relative al comportamento dei concorrenti sul mercato (V. Trib. CE, British Sugar cit. par. 58). La Corte di Giustizia CE ha affermato che, il solo fatto di scambiare con concorrenti informazioni riconducibili a segreti aziendali basta a manifestare l'esistenza di uno spirito anticoncorrenziale, anche ammettendo un comportamento sul mercato indipendente dal contenuto delle informazioni scambiate (v. Corte Giust., 8-7-99, C-99/92, Huls). E’ bene ricordare che deve ritenersi principio giurisprudenziale ormai consolidato quello secondo cui le pratiche concordate sono possibili pur in assenza di effetti anticoncorrenziali, in quanto la pratica presuppone un comportamento dipendente dalla concertazione, ma non implica necessariamente che tale comportamento abbia l’effetto di impedire o falsare la concorrenza (cfr., Corte Giust. CE, C - 235/92, Montecatini, 8-7-99; C- 49/92, Anic, 8-7-99). Tale interpretazione è avvalorata dal dato testuale dell’art. 2 della legge n. 287/90, che, come già detto, sanziona le intese, che abbiano “per oggetto o per effetto” la distorsione della concorrenza. Deve quindi essere esclusa la tesi secondo cui per la pratica concordata deve necessariamente essere presente e provato anche l’effetto anticoncorrenziale (v. Cons. Stato, VI, n. 652/2001, n. 1189/2001 e n. 1699/2001). Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso)

 

Trattato sulla concorrenza infrazione alle norme. del Secondo una giurisprudenza costante, perché un'infrazione alle norme del Trattato sulla concorrenza si possa considerare intenzionale, non è necessario che l'impresa sia stata conscia di trasgredire tali norme, ma è sufficiente che essa non potesse ignorare che il suo comportamento aveva come scopo la restrizione della concorrenza (Corte Giust. CE, 8 novembre 1983, cause riunite da 96/82 a 102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ, punto 45; Trib. Ce, 6 aprile 1995, causa T-141/89, Trefileurope, punto 176, e 14 maggio 1998, causa T-310/94, Gruber + Weber, punto 259; 12-7-2001, British Sugar cit. punto 127). Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. del 23 aprile 2002, n. 2199. (vedi: sentenza per esteso)

 

Acqua potabile - inquinamento - assenza del requisito della potabilità - inadempimento contrattuale - la riduzione del 50% del canone. Il cloruro superiore alla norma è pericoloso per la salute, essendo responsabile dell’ipertensione arteriosa e può determinare anche intossicazioni (Sent. n. 218/98 del 10.06.1998 - Giudice di Pace di Reggio Calabria). Non avendo l’acqua pertanto il requisito della potabilità vi è un inadempimento contrattuale sanzionato dal D.P.R. n. 236 del 24/05/19888 che da’ attuazione alla Direttiva C.E.E. n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell’art. 15 della Legge n. 183 del 16.04.1987. In detto decreto sono indicati i requisiti di potabilità dell’acqua. Detto provvedimento è applicabile in quanto non derogato dal D.L. n. 66/89. Da ciò discende l’applicabilità al caso di specie dell’art. 13 del provvedimento C.I.P. n. 26/75 che prevede la riduzione del 50% del canone. Giudice di Pace Coordinatore di Reggio Calabria sentenza del 27.11.2000 (vedi: sentenza per esteso)

 

Acqua potabile - inquinamento - contratto di somministrazione di acqua potabile - normativa applicabile - riduzione del 50% del canone - legittimità - contratto di natura privatistica - contenuto di sodio superiore alla concentrazione massima ammessa - pericolo per la salute. l canone per la fornitura dell’acqua potabile Nel caso di specie tra l’attrice ed il convenuto Comune di Reggio Calabria, intercorre un contratto di somministrazione di acqua potabile, con prestazione continuativa, art. 1559 C.C., posto in essere con adesione ad un contratto con moduli prestampati predisposti da una parte contraente (artt. 1341-1342 C.C.), a cui il soggetto è obbligato a sottostare per potere avere la fornitura del servizio. A detto contratto si applicano anche gli artt. 1560-1562-1563 C.C.. Intercorre, quindi, tra le parti, un contratto di natura privata, con prestazioni corrispettive (art. 1553 C.C.): alla somministrazione dell’acqua potabile da parte del Comune corrisponde il pagamento del dovuto da parte dell’utente. Il canone per la fornitura dell’acqua potabile, quindi, rappresenta il corrispettivo di un servizio commerciale reso dal Comune in regime di privativa ed i canoni e le tariffe sono determinate nella misura da coprire i relativi costi di gestione del sevizio. Stabilito che trattasi di un contratto di natura privatistica, devesi valutare se il Comune di Reggio Calabria ha correttamente eseguito la sua prestazione, talché possa richiedere la controprestazione all’attrice e cioè il pagamento del canone per la fornitura dell’acqua potabile. All’art. 2 del T.U. del Regolamento per la concessione dell’acqua potabile è detto: “L’acqua è principalmente concessa per uso potabile e di igiene”. (Nella specie: Il Sindaco, con ordinanza del 31.03.1990 vietò l’uso per scopi potabili limitatamente ad alcune zone della città. L’immobile ove risiede l’attrice è esterno all’area di non potabilità dichiarata con l’ordinanza anzidetta per cui è necessaria la prova attinente alla non potabilità dell’acqua nei periodi di cui all’atto di citazione. A tal fine, con ordinanza in udienza del 10/11/1997 veniva ammessa C.T.U., richiesta da parte attrice, al fine di verificare la potabilità o meno dell’acqua in relazione ai parametri C.I.P.E. di cui al D.P.R. 236 del 24/05/1988 relativamente all’acqua fornita dal Comune di Reggio Calabria nella zona ove esiste il fabbricato di parte attrice. Dalla C.T.U. (pag. 12) è emerso che “nel campione di acqua prelevato nella cucina dell’abitazione della Sig.ra T. è stato rilevato un contenuto di sodio di 300 mg, di gran lunga superiore alla concentrazione massima ammessa (CMA) di 175 mg/L come dai parametri CEE di cui al D.P.R. n. 236 del 24/05/1988”. Lo stesso C.T.U. dr. B. afferma infine che “l’elevata introduzione di sodio con l’alimentazione, come verificasi nel caso di assunzione di acqua per uso alimentare ad alto contenuto in sodio, interviene nella patogenesi dell’ipertensione. […] l’impiego per uso alimentare dell’acqua attualmente erogata nell’appartamento abitato dalla Sig.ra T. può causare nel o negli utilizzatori l’insorgenza di uno stato ipertensivo oppure aggravarne uno eventualmente preesistente”. Le conclusioni a cui è pervenuto il C.T.U. sono condivise da questo Decidente, perché lo stesso, attraverso scrupolosa ed attenta analisi, ha risposto in maniera esauriente ai quesiti postigli). Il cloruro superiore alla norma è pericoloso per la salute, essendo responsabile dell’ipertensione arteriosa e può determinare anche intossicazioni (Sent. n. 218/98 del 10.06.1998 - Giudice di Pace di Reggio Calabria). Non avendo l’acqua pertanto il requisito della potabilità vi è un inadempimento contrattuale sanzionato dal D.P.R. n. 236 del 24/05/19888 che da’ attuazione alla Direttiva C.E.E. n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell’art. 15 della Legge n. 183 del 16.04.1987. In detto decreto sono indicati i requisiti di potabilità dell’acqua. Da ciò discende l’applicabilità al caso di specie dell’art. 13 del provvedimento C.I.P. n. 26/75 che prevede la riduzione del 50% del canone. Detto provvedimento è applicabile in quanto non derogato dal D.L. n. 66/89. Detto corrispettivo va determinato equitativamente da questo Decidente nella misura pari al 50% del canone convenuto. (Cfr. Sent. n. 1/1997 G.d.P. di Reggio Calabria). Giudice di Pace Coordinatore di Reggio Calabria sentenza del 27.11.2000 (vedi: sentenza per esteso)

Mancanza di una causa aquirendi - la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto - ripetizione di indebito oggettivo.
Qualora venga acclarata la mancanza di una causa acquirendi, tanto nel caso di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto, quanto in quello di qualsiasi altra causa che faccia venire meno il vincolo originariamente esistente l’azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo [...] o di parte di esso. Cass. Civ. Sez. II Sent. del 13.04.1995, n. 4268. Giudice di Pace Coordinatore di Reggio Calabria sentenza del 27.11.2000 (vedi: sentenza per esteso)

 

Tutela dei consumatori - Inibitoria a proseguire ogni attività lesiva degli interessi dei consumatori. Va disposta, in accoglimento dell'istanza proposta ai sensi degli art. 669 bis ss. c.p.c. e dell'art. 3 l. n. 281 del 1998, - ricorrendo giusti motivi di urgenza - l'inibitoria in via cautelare alla prosecuzione delle attività svolte da un'associazione e da una società, le quali avevano realizzato una struttura piramidale, per mezzo della stipulazione di contratti con cui, a fronte del versamento di una quota di adesione, si offriva in termini generici la possibilità di fruire di servizi turistici a prezzi scontati e a condizioni vantaggiose e si prometteva l'attribuzione di provvigioni agli aderenti che avessero reclutato altri soggetti da inserire nella rete di vendita. (nella specie, gli associati versavano una quota decennale di adesione dell'importo di l. 7.200.000, che sarebbe stata compensata da una serie di agevolazioni e dai guadagni ricavabili dall'attività di procacciamento di analoghi contratti). Tribunale Torino, 3 ottobre 2000.