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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010, Sentenza n. 37192



DIRITTO DELLE ACQUA - Acque reflue di lavorazione agrumaria - Mancanza di un impianto di depurazione idoneo - Controlli - Processo di preossidazione mediante esposizione all'aria aperta in invasi - Vasche prive di protezione e impermeabilizzazione - Fattispecie: scarico diretto sul suolo non autorizzato - D. L.vo n. 152/2006 - Art. 45 D.L.vo n. 152/1999 - Art. 674 c.p.. In materia d’inquinamento delle acque, il controllo deve essere effettuato non solo a valle (recapito dei reflui nel collettore), ma anche a monte, peraltro, il Decreto Legislativo n. 152 del 1999, articolo 45 stabilisce il principio che tutti gli scarichi debbono essere autorizzati e nel caso di specie lo scarico dei reflui sul suolo non risultava autorizzato, tuttavia, i reati si sono estinti per prescrizione. (annulla senza rinvio Corte di Appello di Catania, in data 20.10.2009) Pres. Onorato, Rel. Amoresano, Ric. T. M. A.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010, Sentenza n. 37192

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Atto di impugnazione - Giudicato sostanziale - Effetti - Sequenze procedimentali - Artt. 591, c. 1 e 606, c. 3.. L'intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perché contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (articolo 591, comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e articolo 606, comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d'ufficio. L'intrinseca incapacità dell'atto invalido di accedere davanti al giudice dell'impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale. (annulla senza rinvio Corte di Appello di Catania, in data 20.10.2009) Pres. Onorato, Rel. Amoresano, Ric. T. M. A.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010, Sentenza n. 37192

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Perizia - Eccezione di nullità - Cd. prova di resistenza - Cause di non punibilità - Immediata declaratoria - Vizi di motivazione relativi al mancato proscioglimento nel merito - Annullamento della sentenza in sede di legittimità - Esclusione - Obbligo di declaratoria della causa estintiva - Art. 129 c.p.p.. In ordine all'eccezione di nullità, che l'utilizzazione della perizia non travolgerebbe l'intera sentenza (dovendosi comunque procedere alla cd. prova di resistenza). In ogni caso è pacifico che "il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, sancito dall'articolo 129 c.p.p., impone che, nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullità processuale, anche se di carattere assoluto ed insanabile, di dare prevalenza alla prima" (cfr. Cass. sez. un. n. 17179 del 27.2.2002; Cass. sez. 5 n. 2664 del 9.6.2005). Pertanto, qualora il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dall'articolo 129 c.p.p., l'esistenza di una causa di non punibilità più favorevole all'imputato, deve prevalere l'esigenza della definizione del processo (Cass. sez. 4 n. 16466 del 6.3.2008). Ne deriva come corollario che, in presenza di una causa estintiva del reato, l'accertamento della evidenza della insussistenza del fatto o della mancata commissione dello stesso da parte dell'imputato o infine che il fatto non è previsto dalla legge come reato, deve avvenire sulla base degli atti "dai quali la Corte di Cassazione sia in grado di desumere le suddette evidenze" e cioè unicamente "dalle sentenza impugnata e - se trattasi di sentenza di appello - dalla sentenza di primo grado" (Cass. pen. sez. 6 n. 6593 del 2008). Infine, non è possibile disporre l'annullamento della sentenza per vizi di motivazione relativi al mancato proscioglimento nel merito. Invero "all'applicazione di causa estintiva del reato è sottinteso il giudizio relativo all'inesistenza di prova evidente circa la non ricorrenza delle condizioni per un proscioglimento nel merito. In tal caso, pertanto, la decisione è insindacabile in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione, posto che un eventuale annullamento con rinvio imporrebbe la prosecuzione del giudizio, resa impossibile dall'obbligo di declaratoria della causa estintiva (Cass. sez. 5 n. 13110 del 2008; Cass. sez. 4, 4.12.2002, Rocca; Cass. sez. 1, 22.10.1994, Boiani; Cass. sez. Un. n. 1653 del 21.10.1992 - Marino ed altri). (annulla senza rinvio Corte di Appello di Catania, in data 20.10.2009) Pres. Onorato, Rel. Amoresano, Ric. T. M. A.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010, Sentenza n. 37192
 


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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ONORATO Pierluigi                                         - Presidente
Dott. TERESI Alfredo                                               - Consigliere
Dott. FRANCO Amedeo                                           - Consigliere
Dott. AMOROSO Giovanni                                        - Consigliere
Dott. AMORESANO Silvio                                        - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

 
SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1) Ta. Ma. A. nato il xx/xx/xxxx;
- avverso la sentenza del 20.10.2009 della Corte di Appello di Catania;
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. Silvio Amoresano;
- sentite le conclusioni del P.G., dr. Alfredo Montagna, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio per prescrizione;
- sentito il difensore, avv. Liotta Salvatore che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.


OSSERVA


1) Con sentenza in data 11.6.2008 il Tribunale di Caltagirone, in composizione monocratica, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, condannava Ta. Ma. A. alla pena di mesi otto e giorni quindici di arresto per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 137, commi 1 e 11 (così riqualificati i reati contestati ai capi a e b) e per il reato di cui all'articolo 674 c.p. (capo c), unificati sotto il vincolo della continuazione; pena interamente condonata.

La Corte di Appello di Catania, in data 20.10.2009, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato in ordine al reato di cui al capo c) per intervenuta oblazione, rideterminando la pena per i rimanenti reati in mesi sei di arresto e confermando nel resto.

Rinviando e richiamando per relationem la motivazione della sentenza di primo grado, riteneva la Corte territoriale che risultava accertato, in modo certo, che la ditta Or. , di cui l'imputato ero amministratore unico, producesse reflui con elevatissimo carico organico e che, in mancanza di un impianto di depurazione idoneo rispetto ai livelli di produzione, fossero stati realizzati cinque invasi (cd. laghetti), dove confluivano i reflui della lavorazione agrumaria per consentire, attraverso la esposizione all'aria aperta (processo di preossidazione), l'abbattimento delle cariche organiche, per poi essere immessi gradualmente nell'impianto di depurazione.

I reflui, stagnando nelle vasche determinavano processi fermentativi ed odori nauseabondi. Le vasche, realizzate direttamente nel terreno, erano prive di guaina protettiva e di qualsiasi impermeabilizzazione, sicché lo scarico dei reflui avveniva direttamente sul suolo. Secondo la Corte, quindi, irrilevante era l'autorizzazione ad immettere i reflui nella condotta fognaria del consorzio AS. (peraltro tale autorizzazione era subordinata al mantenimento dei valori entro gli standards stabiliti ed a tal fine erano state costruite le vasche).

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa il controllo andava effettuato non solo a valle (recapito dei reflui nel collettore dell' AS. ), ma anche a monte.

Il Decreto Legislativo n. 152 del 1999, articolo 45 stabilisce il principio che tutti gli scarichi debbono essere autorizzati e nel caso di specie lo scarico dei reflui sul suolo non risultava autorizzato. Rigettava poi la Corte l'eccezione di prescrizione dei reati di cui ai capi a) e b), in quanto soltanto nell'(Omissis) era terminata l'opera di smantellamento degli invasi e quindi solo in tale data era cessata la permanenza. Permanenza che secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, non cessa neanche per effetto del sequestro del sito finalizzato alla eliminazione del danno. Tenuto conto delle sospensioni e pur applicando la disciplina previgente più favorevole, la prescrizione sarebbe maturata non prima del (Omissis).

2) Ricorre per cassazione Ta. Ma. A. , a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la violazione degli articoli 178 c.p.p., lettera c), articoli 180, 229 e 526 c.p.p., essendo stata utilizzata la perizia dichiarata nulla dal Tribunale. La Corte pur richiamando la motivazione della sentenza di primo grado, finisce per confutarla dal momento che utilizza l'atto dichiarato nullo. Alla perizia si fa, infatti, riferimento in relazione alla ritenuta mancata impermeabilizzazione del terreno.

Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge in relazione al Decreto Legislativo n. 159 del 1999, articolo 46, articolo 59, comma 1 e articolo 8 (oggi Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 125 e articolo 137, comma 1 e articolo 11) e la omessa motivazione.

Tra i sistemi di depurazione rientrano anche i cd. lagunaggi (articolo 2 dell'allegato 5 del Decreto). E nell'ipotesi di impianti di depurazione naturali, i prelievi vanno effettuati non al momento in cui il refluo entra nell'invaso di lagunaggio, ma all'uscita dell'impianto di depurazione.

L'autorizzazione rilasciata ex articolo 46 (e non articolo 45) comprende e copre non solo lo scarico finale, ma anche il sistema a monte. La Corte omette di motivare sul punto.

Con il terzo motivo denuncia la violazione degli articoli 5 e 47 c.p. nonché la omessa e contraddittoria motivazione. Se la Corte avesse preso in considerazione la documentazione, parte integrante dell'autorizzazione, avrebbe accertato che si era in presenza di specifiche indicazioni dell'Autorità competente e quindi di un errore scusabile.

Con il quarto motivo denuncia la violazione dell'articolo 157 c.p. e articolo 420 ter c.p.p. e l'omessa motivazione. Secondo la Corte territoriale la cessazione della permanenza si è verificata con gli interventi di bonifica. A parte il fatto che l'arresto giurisprudenziale citato si riferisce al trattamento dei rifiuti, la Corte territoriale fa riferimento ad un dato inutilizzabile, in quanto contenuto nella perizia dichiarata nulla. In ogni caso la cessazione della permanenza si e' verificata al momento del rilascio del provvedimento di autorizzazione definitiva e quindi il (Omissis) o al momento del sequestro preventivo (non essendo stata accertata successivamente alcuna condotta di scarico).

Assume, infine, che non può tenersi conto della sospensione del giudizio di appello in data 30.6.2009 (risultando il rinvio finalizzato ad una trattazione unitaria del processo).

3) Rileva il Collegio che, non essendo manifestamente infondato il quarto motivo del ricorso, va dichiarata la prescrizione.

La forza propulsiva dell'atto di impugnazione consente, invero, di rilevare, a norma dell'articolo 129 c.p.p., eventuali cause di non punibilità maturate successivamente alla emissione della sentenza impugnata.

Questa Corte si e' pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo sent. n. 23428/2005 - Bracale).

Operando una sintesi delle precedenti decisioni (cfr. sez. un. 30.6.1999, Piepoli; sez. un. 22.11.2000, De Luca), tale sentenza ha enunciato il condivisibile principio che l'intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perché contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (articolo 591, comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e articolo 606, comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d'ufficio. L'intrinseca incapacità dell'atto invalido di accedere davanti al giudice dell'impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale".

3.1) Nell'imputazione contestata, in relazione al tempus commissi delicti, si fa riferimento a reati accertati "dal (Omissis)". Si e' in presenza quindi di una contestazione "chiusa" ed il termine finale (genericamente indicato) è da intendersi nel senso più favorevole all'imputato e perciò al (Omissis).

La Corte territoriale ha ritenuto che la permanenza fosse cessata soltanto nell'(Omissis), essendo soltanto in tale data terminata l'opera di smantellamento degli invasi.

A parte ogni questione in ordine alla cessazione della permanenza a seguito del sequestro, la Corte di merito, da un lato trascura e travalica la contestazione e, dall'altro, ancora il suo assunto alle risultanze della perizia, che però era stata dichiarata nulla dal GIP.

Afferma testualmente a tale ultimo proposito: "soltanto nell'(Omissis) terminava l'opera di smantellamento degli invasi aerati, come si evince dalla relazione di perizia disposta con l'incidente probatorio, depositata presso l'ufficio GIP in data 01/03/2006 (par. 5.4 - quesito n. 4)" (pag. 10 sent.).

Palesemente quindi utilizza la perizia, che era stata dichiarata nulla in primo grado (pag. 5 sentenza GIP). L'accertamento della data di cessazione della permanenza, quindi, oltre che in contrasto con la contestazione, è, per di più, fondato su un dato inutilizzabile.

Anche in relazione al calcolo dei periodi sospensione la Corte territoriale, oltre a tener conto dei rinvii delle udienze dovuti ad astensione dalle udienze o a legittimo impedimento del difensore per complessivi mesi sei e giorni otto, prende in considerazione anche il rinvio dal 30.6.2009 fino al 20.10.2009 (per mesi tre e giorni venti) a seguito di richiesta di oblazione in ordine al reato di cui al capo c). Ma l'esigenza di trattazione unitaria del procedimento e' valutazione che compete al giudice (che avrebbe potuto disporre lo stralcio in relazione al reato oblabile).

Il termine massimo di prescrizione di anni quattro e mesi sei, cui va aggiunto il periodo di sospensione di mesi sei e giorni otto, e', pertanto, maturato in data 9 gennaio 2010 (pur partendo dalla data di cessazione della permanenza indicata in contestazione, da intendersi come si e' visto "(Omissis)", e non dal sequestro eseguito in data (Omissis)).

3.2) Quanto agli altri motivi di ricorso va rilevato, in ordine all'eccezione di nullità, che l'utilizzazione della perizia non travolgerebbe l'intera sentenza (dovendosi comunque procedere alla cd. prova di resistenza). In ogni caso è pacifico che "il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, sancito dall'articolo 129 c.p.p., impone che, nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullità processuale, anche se di carattere assoluto ed insanabile, di dare prevalenza alla prima" (cfr. Cass. sez. un. n. 17179 del 27.2.2002; Cass. sez. 5 n. 2664 del 9.6.2005).

3.3) Quanto ai denunciati vizi di motivazione in relazione all'affermata penale responsabilità dell'imputato va ricordato che "In presenza di una (già avvenuta) causa di improcedibilità per intervenuta prescrizione del reato è precluso alla Corte di cassazione un riesame del fatto finalizzato ad una eventuale annullamento della decisione per vizi attinenti alla sua motivazione. Il sindacato di legittimità circa la prospettata mancata applicazione dell'articolo 129 c.p.p., comma 2 deve essere, invece circoscritto all'accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire ad un pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule ivi prescritte: la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell'insussistenza del fatto o dell'estraneità ad esso dell'imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini ed ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo cui l'operatività della causa estintiva, determinando il congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può essere ritardata. Pertanto, qualora il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dall'articolo 129 c.p.p., l'esistenza di una causa di non punibilità più favorevole all'imputato, come sopra si è apprezzato, deve prevalere l'esigenza della definizione del processo (cfr. Cass. sez. 5, 22.6.2005, Borda; Cass. sez. 4 n. 16466 del 6.3.2008).

Ne deriva come corollario che, in presenza di una causa estintiva del reato, l'accertamento della evidenza della insussistenza del fatto o della mancata commissione dello stesso da parte dell'imputato o infine che il fatto non è previsto dalla legge come reato, deve avvenire, come precisato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, sulla base degli atti "dai quali la Corte di Cassazione sia in grado di desumere le suddette evidenze" e cioè unicamente "dalle sentenza impugnata e - se trattasi di sentenza di appello - dalla sentenza di primo grado" (cfr. Cass. pen. sez. 6 n. 6593 del 2008).

Ne discende ulteriormente che non è possibile disporre l'annullamento della sentenza per vizi di motivazione relativi al mancato proscioglimento nel merito. Invero "all'applicazione di causa estintiva del reato è sottinteso il giudizio relativo all'inesistenza di prova evidente circa la non ricorrenza delle condizioni per un proscioglimento nel merito. In tal caso, pertanto, la decisione è insindacabile in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione, posto che un eventuale annullamento con rinvio imporrebbe la prosecuzione del giudizio, resa impossibile dall'obbligo di declaratoria della causa estintiva (cfr. Cass. sez. 5 n. 13110 del 2008; Cass. sez. 4, 4.12.2002, Rocca; Cass. sez. 1, 22.10.1994, Boiani; Cass. sez. Un. n. 1653 del 21.10.1992 - Marino ed altri).

Il giudizio di appello o di cassazione, in presenza di una causa estintiva del reato, è quindi un "giudizio pieno", ma l'accertamento delle condizioni per un proscioglimento nel merito va fatto sulla base degli atti.

I denunciati vizi di motivazione, quindi, non hanno incidenza in ordine ai reati di cui ai capi a) e b), come riqualificati dai giudici di merito, che vanno dichiarati prescritti.

La evidenza della prova della insussistenza di detti reati non emerge, poi, certamente dagli atti, avendo la Corte territoriale evidenziato, da un lato, che le vasche, realizzate nel terreno erano prive di guaina ed impermeabilizzazione e che i reflui contenenti carichi di sostanze inquinanti si infiltravano nel suolo (tale accertamento era stato compiuto già dal GIP sulla base non della perizia, dichiarata nulla, ma delle risultanze delle indagini dei responsabili della AUSL - pag. 6 sent. GIP) e, dall'altro, che tale tipo di scarico e non solo quello finale "deve essere soggetto ad autorizzazione ed al controllo dei reflui come vero e proprio scarico sul suolo" (pag. 7 sent. app.).


P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i residui reati estinti per prescrizione.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA 25 Ott. 2010



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