AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 

 

Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


   Copyright © Ambiente Diritto.it

 

 Massime della sentenza

 

 

CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 22 dicembre 2004, (ud. 9 novembre 2004), Sentenza n. 48986

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 22 dicembre 2004, (ud. 9 novembre 2004), Sentenza n. 48986
Pres. Zumbo A.-  Est. Grillo C.-  Rel. Grillo C.- Imp. Cerasoli.- P.M. Passacantando G. (Conf.)
 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente 
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere
Dott. PETTI Ciro - Consigliere
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA
 

sul ricorso proposto da:
CERASOLI BENEDETTO, nato a S. Felice Circeo l'8/12/1936;
avverso l'ordinanza del 28/6/2004 pronunciata dal Tribunale del riesame di Latina.
- Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Carlo M. Grillo;
- sentite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. PASSACANTANDO G., con le quali chiede il rigetto del ricorso;
la Corte osserva:
 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
 

Il 10/5/2004 il G.I.P. presso il Tribunale di Latina disponeva il sequestro preventivo di un locale di mq. 270 circa, ipotizzando nei confronti del proprietario, Cerasoli Benedetto, i reati di cui agli artt. 44 D.L.vo n. 380/2001 e 55-1161 cod. navig., in quanto l'opera doveva ritenersi diversa da quella realizzata nel 2002 ed oggetto di concessione demaniale, e quindi necessitava di permesso di costruire e nuova concessione demaniale.


L'indagato chiedeva il riesame di tale provvedimento ed il Tribunale di Latina, con l'ordinanza indicata in premessa, rigettava l'istanza, ritenendo sussistente sia il fumus dei reati ipotizzati - perché il manufatto in questione, "di cospicue dimensioni e di notevole impatto ambientale" era stato abusivamente realizzato - sia il periculum in mora, essendo l'opera abusiva, idonea a ledere l'equilibrio urbanistico del territorio, ancora in corso e potendo perciò essere aggravate o protratte le conseguenze del reato. Rilevava infine il Tribunale che l'eventuale condono edilizio non poteva determinare la sospensione del procedimento cautelare, operando solo nella fase processuale.

 

Ricorre per Cassazione l'indagato, deducendo:

1) violazione dell'art. 606 lett. c) c.p.p. in relazione agli artt. 38 e 44 L. n. 47/1985, avendo egli presentato, in data 3/4/2004, e cioè prima dell'emissione del decreto di sequestro preventivo, istanza di condono edilizio ai sensi della L. n. 32 6/2003, per cui il procedimento penale avrebbe dovuto essere sospeso con conseguente "inibizione all'adozione di qualsivoglia misura... anche se di natura cautelare", giacché il menzionato art. 44 non differenzia, relativamente alla sospensione de qua, procedimenti cautelari e di merito ed il sequestro - come espressamente affermato dal G.I.P. - non è stato adottato in relazione alla violazione del codice della navigazione;

2) violazione dell'art. 606 lett. c) c.p.p. in relazione agli artt. 125, comma 3, 321 e 324 c.p.p., in quanto, in primis, il provvedimento impugnato estende l'esame circa la sussistenza delle esigenze cautelari anche in relazione alla ipotizzata contravvenzione al codice della navigazione, per la quale invece il G.I.P. ne aveva escluso la ravvisabilità, essendogli stata rilasciata concessione demaniale marittima (n. 45/2002) valida fino al 2007; in secondo luogo, il Tribunale non tiene conto di varie circostanze oggettive:
che il manufatto in questione esiste in loco quantomeno dal 3/1/2002, epoca del primo sopralluogo effettuato dalla polizia municipale, come risulta in atti, per cui difetta il carattere della concretezza ed attualità della misura; che l'occupazione dello stesso da parte sua (per esercitare attività turistica) è legittimata dalla menzionata concessione demaniale di cui è titolare; che l'opera è ultimata e completa in ogni sua parte; che per essa è stata presentata domanda di condono, per cui non può ravvisarsi alcuna concreta esigenza cautelare; 3) violazione dell'art. 606 lett. b) c.p.p. in relazione agli artt. 15 c.p., 54-1161 cod. nav., 44 D.P.R. n. 380/2001, nella parte in cui il Tribunale non ritiene ravvisabile il concorso apparente di norme, ex art. 15 c.p., tra il reato, istantaneo, di innovazioni non autorizzate su area demaniale marittima e quello di cui all'art. 44 sopra menzionato, pur essendo stati commessi mediante un' unica condotta consistente nel completare un preesistente manufatto su sito demaniale in concessione all'agente, e pur contenendo il primo il c.d. "elemento specializzante" rispetto al secondo, costituito dall'essere la costruzione de qua realizzata su area demaniale, per cui - essendo già coperto dal c.d. giudicato cautelare l'unico reato configurabile (quello previsto dagli artt. 56 1161 cod. nav.) - non sussistono le condizioni legittimanti la misura cautelare.


All'odierna udienza camerale, il P.G. conclude come sopra riportato. Il ricorso è infondato.


Per la valutazione del caso di specie non può prescindersi da una premessa in fatto, che giustifica la tesi difensiva: nel gennaio 2002 il Cerasoli veniva denunciato per occupazione abusiva di area demaniale marittima, avendo realizzato il manufatto oggetto del presente procedimento, che quindi veniva colpito da sequestro preventivo (14/5/2002); successivamente (7/8/2002), preso atto del rilascio al Cerasoli della concessione demaniale marittima, la misura veniva revocata dal P.M.; due anni dopo (10/5/2004) veniva di nuovo sequestrata la costruzione de qua con riferimento, però, oltre che alla medesima contravvenzione prevista dal codice della navigazione, anche al reato di cui all'art. 44 D.P.R. n. 380/2001 (abuso edilizio).

 

In ordine a questo, si da per scontato che il ricorrente abbia presentato domanda di condono ai sensi dell'ultima normativa di sanatoria.

 

Ciò premesso in fatto, rileva il Collegio - innanzi tutto - l'infondatezza della prima censura, relativa alla mancata sospensione del presente procedimento cautelare a seguito della presentazione di domanda di condono, condividendosi l'orientamento giurisprudenziale formatosi in vigenza della L. n. 47/1985, secondo cui la sospensione del procedimento penale prevista dall'art. 22 della detta legge, così come quella del processo stabilita dal successivo art. 38, riguarda solo la fase del giudizio, ma non quella delle indagini preliminari ne' quella delle misure cautelari reali, conformemente alla natura di queste fasi, che sono destinate rispettivamente a raccogliere mezzi di prova, che potrebbero nel frattempo disperdersi, e ad impedire che il reato sia portato a conseguenze ulteriori. È stato anche osservato che la presentazione dell'istanza di condono ed il pagamento dell'oblazione non sono ostativi all'emissione del decreto di sequestro degli immobili abusivi e non comportano l'obbligo di restituzione di quelli già sequestrati: essi determinano infatti la sospensione del procedimento principale, ma non di quelli incidentali (in tal senso: Cass. Sez. 3^, 18 febbraio 1997, n. 668, Pajer; 4 dicembre 1995, n. 4262, Cascarino).


Infondata è anche la seconda doglianza, in tutte le sue articolazioni.


Deve ricordarsi preliminarmente che, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del Tribunale del riesame e di questa Corte, non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito, dovendosi limitare alla verifica della compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria dell'antigiuridicità penale del fatto (SS.UU., 7 novembre 1992, Midolini), ne' sono estensibili alle misure cautelari reali le condizioni generali per l'applicabilità di quelle personali, indicate nell'art. 273 c.p.p., per cui è preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla gravità di essi ed alla colpevolezza dell'indagato (SS.UU., 23 aprile 1993, Gifuni).


Con la doglianza in esame sostanzialmente si sostiene, in primis, la carenza del fumus della contravvenzione prevista dal codice della navigazione in quanto sarebbe coperta dal c.d. "giudicato cautelare", costituito dal provvedimento 7/8/2002 del P.M., con cui si disponeva il dissequestro dell'immobile in questione in considerazione dell'avvenuto rilascio al Cerasoli (in data 24/4/2002) della concessione demaniale marittima. Il provvedimento impugnato, però, esclude espressamente la formazione del menzionato giudicato cautelare, presentandosi l'opera sequestrata nel 2004 secondo i giudici di merito - come "nuova e diversa" rispetto a quella sequestrata e poi restituita due anni prima, per cui avrebbe richiesto nuova concessione demaniale. Inoltre, per la particolare consistenza delle innovazioni, determinanti anche notevoli aumenti di cubatura, certamente occorreva il permesso di costruire, in carenza del quale è pacifica l'astratta ipotizzabilità anche del reato previsto dall'art. 44 D.P.R. n. 380/2001.


Sulla possibilità per il Tribunale del riesame, contestata dal ricorrente, di ampliare le ipotesi di reato ravvisate nel provvedimento genetico, si ricorda che è pacificamente ammesso in giurisprudenza il potere del Tribunale di procedere ad una diversa qualificazione giuridica del fatto sottoposto alla sua cognizione (anche attribuendogli, se del caso, diverso nomen iuris), come di confermare il provvedimento ablativo anche per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione redatta dall'organo procedente, del quale ha - in sostanza - lo stesso potere di cognizione.

 

Il Tribunale ha anche affrontato poi, nel gravato provvedimento, la questione - oggetto della terza censura - del rapporto intercorrente tra le due indicate contravvenzioni, ritenendo - sulla base di argomentazioni giuridiche che il Collegio condivide e quindi richiama - insussistente il prospettato concorso apparente di norme ed invece possibile il concorso formale di reati, considerata la diversa obiettività giuridica degli interessi tutelati e la differenza tra le condotte illecite ipotizzate dalle due figure criminose.

 

Infine, per quanto concerne la sussistenza delle esigenze cautelari, ritiene questa Corte che il provvedimento impugnato sia adeguatamente e correttamente motivato, con riferimento al notevole impatto ambientale della nuova opera, alla mancata ultimazione della stessa ed al pericolo concreto ed attuale (lesione dell'equilibrio urbanistico del territorio) che comporterebbe la cessazione del vincolo cautelare sul bene.
 

P.Q.M.
 

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2004
 

M A S S I M E

Sentenza per esteso

 

 
Urbanistica e edilizia -  Condono edilizio - Demanio marittimo - Notevole impatto ambientale della nuova opera - Lesione dell'equilibrio urbanistico del territorio - Sequestro - Sospensione del procedimento - Riferibilità ad ogni tipo di fase - Esclusione - Applicabilità alla sola fase del giudizio - Fondamento - Fattispecie:  Condono edilizio in area di demanio marittimo. La sospensione del procedimento penale prevista a seguito della presentazione della domanda di condono edilizio riguarda soltanto la fase del giudizio e non anche quella delle indagini preliminari, destinata a raccogliere mezzi di prova che potrebbero nelle more disperdersi, né quella delle misure cautelari, destinata ad impedire che il reato sia portato a conseguenze ulteriori. Sicché, la presentazione dell'istanza di condono ed il pagamento dell'oblazione non sono ostativi all'emissione del decreto di sequestro degli immobili abusivi e non comportano l'obbligo di restituzione di quelli già sequestrati: essi determinano infatti la sospensione del procedimento principale, ma non di quelli incidentali (in tal senso: Cass. Sez. 3^, 18 febbraio 1997, n. 668, Pajer; 4 dicembre 1995, n. 4262, Cascarino). Pres. Zumbo A.-  Est. Grillo C.-  Rel. Grillo C.- Imp. Cerasoli.- P.M. Passacantando G. (Conf.). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 22 dicembre 2004, (ud.  9 novembre 2004), Sentenza n. 48986

 

Procedure e varie -  Diversa qualificazione giuridica del fatto sottoposto alla sua cognizione - Potere del Tribunale - Sussiste. E' pacificamente ammesso in giurisprudenza il potere del Tribunale di procedere ad una diversa qualificazione giuridica del fatto sottoposto alla sua cognizione (anche attribuendogli, se del caso, diverso nomen iuris), come di confermare il provvedimento ablativo anche per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione redatta dall'organo procedente, del quale ha - in sostanza - lo stesso potere di cognizione. Pres. Zumbo A.-  Est. Grillo C.-  Rel. Grillo C.- Imp. Cerasoli.- P.M. Passacantando G. (Conf.). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 22 dicembre 2004, (ud.  9 novembre 2004), Sentenza n. 48986

Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale:  Giurisprudenza