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La nozione di equivalenza delle mansioni nel pubblico impiego. Fattispecie in materia di lavoro dei Vigili Urbani
 

Trib. Lecce 18/03/03

 

Di  Luigi Renna

 


Si segnala all'attenzione degli addetti ai lavori una interessante ordinanza del Tribunale di Lecce (il testo segue questa introduzione e l'esposizione analitica del caso) che ha esaminato in modo compiuto ed esauriente (anche dal punto di vista della ricostruzione storica della normativa di riferimento) una ipotesi di spostamento di un maresciallo dei vigili urbani, già addetto a compiti di Responsabilità del Corpo dei VVUU, prima, poi di coordinamento e direzione del Nucleo Operativo e dopo ancora di coordinamento dell'Ufficio Verbali a compiti di vigilanza del settore Edilizia, in compagnia di un vigile di grado inferiore.


Il Maresciallo nel suo ricorso al tribunale ha sostenuto di essere stato discriminato per motivi politici e sindacali; ma questo problema della discriminazione non ci interessa; quello che adesso interessa mettere in evidenza è che nel pubblico impiego, nonostante la dizione ampia e omnicomprensiva della fungibilità delle mansioni purchè ascritte ed ascrivibili alla stessa categoria di appartenenza, va sempre fatto un giudizio di equivalenza delle mansioni, secondo i principi in generali fissati dai Giudici della Legittimità, equivalenza intesa come rispetto della professionalità acquisita, come necessità che il datore sfrutti le cognizioni acquisite e le potenzialità di svolgere compiti sempre più qualificati.


Generalmente la p.a. strumentalmente è portata a utilizzare in modo indiscriminato questa nozione di fungibilità adottata dal legislatore della riforma; questo può portare, come sembra che sia avvenuto nel caso di specie, ad abusi.


La nozione di equivalenza delle mansioni "purchè ascritte ed ascrivibili" alla medesima categoria di appartenenza va letta avendo riguardo ai principi generali affermatisi in materia di ius variandi. Come dire, la professionalità non deve essere letta solo in funzione statica, ma anche in funzione dinamica, visto che, ci insegna la Corte di Cassazione, il lavoro non è merce, serve alla elevazione morale, professionale ed economica del lavoratore. Se il lavoro non è merce e se, senza esasperare il concetto di immanenza, si tratta della persona, bisogna rispettarla, il che significa che bisogna assecondare il percorso evolutivo professionale.


La peculiarità della ordinanza in rassegna, oltre che per il rigore della ricostruzione storica, si segnala anche perché affronta, per la prima volta a quanto consti, la delicata questione del diritto del maresciallo dei vigili urbani, ascritto alla categoria C) all'attribuzione della categoria D); per la verità tale questione sta sullo sfondo ed è oggetto di altro ricorso del maresciallo al Giudice del Lavoro.


Secondo lo schema consueto che il sottoscritto autore della presente introduzione adotta, la specificazione delle questioni di diritto e della fattispecie in fatto, necessaria per la comprensione della fattispecie, risulta dagli atti di causa.(Avv. Luigi Renna)

ESPOSIZIONE DEI FATTI

a) com'è noto, con le ultime consultazioni elettorali amministrative, il Comune di G. ha visto cambiato radicalmente il proprio quadro politico ed amministrativo; si è, infatti, insediata una maggioranza di centro destra che è succeduta alla 
precedente, di segno contrario;
b) la nuova amministrazione, nello scorcio dell'anno che si è appena chiuso, ha posto mano ad una profonda ristrutturazione dei servizi e degli uffici, in linea col patto stretto con i propri elettori e per riparare ai danni che avrebbe procurato, a suo dire, la passata amministrazione, come più volte ribadito dagli amministratori pubblici, anche mediante dichiarazioni rese alla stampa locale (ved. Alleg. in atti) ed anche con l'esplicita ammissione dello stesso Sindaco in più circostanze (per un esame dettagliato di queste circostanze si rinvia a quanto si dirà appresso in tema di fumus boni juris;
c) i momenti di questa ristrutturazione degli uffici e dei servizi, cui ha fatto seguito, come logica conseguenza, un'intensa mobilità interna del personale, al di fuori di ogni criterio obiettivo e predeterminato, si possono individuare mediante il riscontro della allegata produzione. Si tratta dei ricorsi promossi da alcuni dipendenti personalmente (omissis) e dal sindacato Funzione Pubblica CGIL, che sono stati accolti dal Tribunale di Lecce, il quale, in particolare con l'ordinanza della Dott.ssa Colluto, ha riscontrato l'esistenza di una volontà di demansionamento ed emarginazione degli impiegati considerati dagli attuali amministratori molto vicini agli esponenti della passata amministrazione;
d) in questo contesto generale si inserisce la vicenda personale del sig. C.G., anche lui ritenuto molto vicino all'avv. F. F., ex Sindaco del Comune di G., e come tale, perciò, da "punire";
e) in estrema sintesi va detto che il ricorrente C.G. al momento del cambio di amministrazione (01/06/2001) è Maresciallo di Polizia Municipale, inquadrato nella ex sesta qualifica funzionale, attuale Ctg. C, con il compito di Coordinatore del Nucleo Operativo. I nuovi amministratori smantellano il Nucleo Operativo e dispongono l'assegnazione dell'istante all'Ufficio Verbali, con il compito di coordinare tre unità lavorative, e precisamente un operatore di Polizia Municipale (sig. F. T.) e due impiegati civili. 
L'attività di oscuramento e demansionamento del C. si completa nel corso dello scorso mese di novembre; infatti con nota del 14/11/02 del Responsabile del Corpo di P.M. G. P. le funzioni di Resposanbile del Procedimento, con facoltà di firma autonoma, già in testa al Ten. B. C., vengono assegnate all'operatore di Polizia Municipale F. T. (in sottordine all'istante, come già precisato), "nell'attesa che il sottufficiale M.llo C. acquisisca tutta l'esperienza e la capacità gestionale che necessita per detti servizi" (come si legge testualmente nella predetta nota del 14/11/02).
Sta di fatto che l'istante non avrà modo di maturare .....alcuna esperienza dal momento che con la successiva nota 26/11/02 del medesimo Responsabile P. il ricorrente viene assegnato alla Vigilanza Ambientale ed Edilizia, insieme all'operatore G. D. S. ed al maresciallo A. B., al quale ultimo, in virtù della sua maggiore anzianità, viene affidato il compito di coordinamento;
f) se questo è il percorso a ritroso compiuto dall'istante in estrema sintesi, nel dettaglio è necessario tenere presente quanto segue:
f1) sino alla predetta data del 1/6/01 il Corpo dei Vigili Urbani del Comune di G. era diviso in due grandi aree, sotto la direzione di un unico Vicecomandante, comandante essendo, secondo l'ordinamento locale, un dirigente (nella specie, ed all'epoca, il rag. A. A.),


VIABILITA' con 16 agenti, coordinatore il Ten. B. C.

NUCLEO OPERATIVO con 6 addetti, coordinatore l'istante

f2) dopo questa data, nell'ambito della più generale ristrutturazione dei servizi e degli uffici, anche finalizzata alla mobilità interna di cui in premessa, il Corpo dei Vigili Urgani viene collocato nell'area DUE, e questa in due UNITA' OPERATIVE
U.O. N. 14 POLIZIA COMUNALE 
U.O. N. 15 POLIZIA AMMINISTRATIVA
a capo di ciascuno vi era un V. COMANDANTE sotto gli ordini di un DIRIGENTE (Segretario Generale)

f3) il Nucleo Operativo viene soppresso;

f4) per un breve periodo l'istante viene addetto al servizio Viabilità;

f5) dal febbraio 2002 al settembre 2002 l'istante è in malattia;

f6) il 14/11/02 il C. viene addetto all'Ufficio verbali e poi il 26/11 al servizio Vigilanza Ambientale ed Edilizia, agli ordini del suo collega Mar. B.;

f7) alla data del 1/6/01 l'istante è inquadrato come Impiegato di Categoria C, livello economico C2, ex Sesta Qualifica Funzionale;

f8) il curriculum del C. è il seguente

CURRICULUM PROFESSIONALE
- Assunto il 16.5.1976 con la qualifica di Vigile Urbano ;

- Collaborazione con il Sanitario del Servizio Igiene Pubblica del Comune di G. nella stagione estiva 86:

- 1.6.87 Affidamento incarico Ispettore D'lgiene, con delib. dell'U.S.L. LE/13 n. 686 del 28.5.87;

- Assegnazione di compiti nell'assistenza del personale sanitario dell'U.S.L. con delib. n.305 del 31.12.87;

- 27.10.95 Coordinatore di attività di Polizia Comunale in sostituzione del Comandante F.F. T. A., assente per fruizione di congedo ordinario e recupero vari;

- 28.09. al 21.10.96 affidamento di funzioni di coordinamento di attività di polizia locale ( nota prot. n. 25046 del 28.09.96);

- 16.04.97 all'8.5.97 " affidamento funzioni di coordinamento di attività di Polizia Locale ( nota prot.n. 8704 del 14.4.97);

- Responsabile Ufficio di Polizia Urbana in assenza o impedimento del V. Comandante (ordinanza sindacale n.31 del 19.3.98);

- Attribuzione mansioni superiori per mesi otto (determinazioni dirigenziali n.ri 86 ,110 e 16 del 20.7.98, 30.9.98 e 4.2.99);

- 1.6.99 concorso interno per 1'attribuzione della qualifica di Maresciallo;

- Coordinatore della P.M e Consulenza di collaborazione professionale per la gestione delle attività e pratiche di competenza del settore commercio presso il Comune di A. dal 25.10.99 al 24.3.2000 (delib. G.M. n. 236 del 20.10.99);

- Responsabile del Nucleo Operativo dal 99 all'1.6.2001;


Partecipazione a:

- Corso Regionale previsto dalla Legge n. 65/87, art.6;

- Corso di Lingua Tedesca;

- Incontro di Studio sul Nuovo Codice della Strada;

- Corso di aggiornamento sui temi: Primo soccorso al paziente traumatizzato della strada, Commercio e Polizia Amministrativa e Codice della Strada;

- Seminario di Studi- Convegno " L'Attività di Vigilanza Igienico Sanitaria del CPP";

- Incontro di Studio sul tema : Norme di materia di commercio su aree pubbliche;


TITOLI
- Diploma di Maturità D'Arte Applicata;


NOTE DI MERITO
- Nota dell' 1.5.88 rilasciata dal Responsabile del Servizio Igiene Pubblica, Dr. E. F.. con la quale di attesta che il sottoscritto ha svolto le mansioni proprie presso il Servizio Igiene Pubblica, con capacità e zelo, in tutti gli interventi istituzionali di vigilanza ed ispettivi di controllo;

- nota dell'Assessore Alessandro MAGNI. prot. n. 18405 del 22.7.98 di "ringraziamento per la splendida collaborazione prestata a questa Amministrazione per 1'organizzazione della Viabilità durante il concerto della Cantante Irene GRANDI";

- nota prot. n. 8653 del 9.4.98 del Sindaco Avv. F. F. per il lavoro eccellente svolto nella giornata 8.4.98 con la collaborazione dei Carabinieri;

- nota prot. n. 22504 del 30.9.98 con la quale il Sindaco Avv. F. F. " porge un encomio per il lavoro svolto durante la stagione estiva 98, piena di numerose manifestazioni importanti e per tutte le attività portate a buon fine, nonostante le oggettive difficoltà di organico e di mezzi";

- nota del 7.9.2000 del Presidente F. C.' di ringraziamento per la collaborazione e il lavoro eccellente svolto durante la 29^ edizione del Premio Barocco.

SUL FUMUS BONI JURIS
La condotta posta in essere dal Comune di G. è illegittima e gravemente lesiva della dignità umana e professionale dell'istante. Quanto innanzi risulterà evidente se si tiene presente quanto segue:
1) DEMANSIONAMENTO E DEQUALIFICAZIONE
L'aver ricostruito le tappe del percorso professionale del sig. C. consente di individuare oltre ogni ragionevole dubbio la illegittimità del comportamento aziendale.
Enucleando i momenti più significativi della carriera dell'istante, dall'insieme delle cose dette nella narrativa in fatto e soprattutto nel curriculum, si ha il seguente quadro:
27.10.95 Coordinatore del Corpo di Polizia Comunale 

28.09.96 - 21.10.96 Coordinatore del Corpo di Polizia Comunale

16.04.97 - 8.5.97 Coordinatore del Corpo di Polizia Comunale

19.3.98 Responsabile Ufficio di Polizia Urbana

20.7.98 
30.9.98 Attribuzione mansioni superiori per 8 mesi 
4.2.99 

1.6.99 superamento concorso interno per la attribuzione della qualifica di Maresciallo


25.10.99 - 24.3.00 Coordinatore della P.M e Consulenza di collaborazione professionale per la gestione delle attività e pratiche di competenza del settore commercio presso il Comune di A.

dal 99 all'1.6.2001 Responsabile del Nucleo Operativo 

In buona sostanza l'istante, a decorrere dalla fine del 1995 e sino al momento in cui non si insedia la nuova maggioranza, ha sempre svolto un ruolo di spicco nel Corpo dei Vigili Urbani del Comune di G. e del Comune limitrofo di A.; addirittura per lungo tempo ne è stato il Responsabile Unico.


Non si ritiene di dover spendere molte parole per mettere in evidenza come il ruolo di Responsabile Unico di un Corpo dei Vigili Urbani di circa venti unità, o quello di Coordinamento del Nucleo Operativo (con il compito di disimpegnare tutti i compiti di polizia municipale, ad esclusione della viabilità, e precisamente quei compiti che risultano dagli allegati prospetti riepilogativi dell'attività svolta) implichino in sè (e contribuiscano ad accrescere, a seguito del loro svolgimento) il possesso di una professionalità superiore a quella dei propri colleghi di pari grado.

 

Occorre tenere presente che l'aver irrigidito in poche categorie le multiformi mansioni che possono essere svolte dal moderno e nuovo impiegato pubblico privatizzato non vale a sfumare i contorni e gli attributi specifici della singola persona, a rendere evanescente non solo quello che il singolo ha imparato a fare ma anche come il singolo sa fare (per destreggiarsi davanti alle novità).


L'equivalenza delle mansioni ascritte o ascrivibili (per usare le stesse espressioni usate dal legislatore) alla medesima categoria va letta in funzione statica, se vista dalla prospettiva della pubblica amministrazione (fungibilità dell'impiego del personale, rigido contenimento della progressione di carriera dentro i vincoli formali, e così via), ma va letta in funzione dinamica se vista dalla prospettiva del singolo impiegato; questi è e rimane innanzi tutto una persona, punto di convergenza di innumerevoli tratti ed attributi. L'impiegato pubblico riformato ha gli stessi diritti (e naturalmente gli stessi doveri) del lavoratore subordinato privato tout court a seguito dello sganciamento da ogni principio di autorità, dal rapporto gerarchico e dalla immedesimazione organica.

 

Questo implica di necessità che il principio della equivalenza delle mansioni affermato dal legislatore della riforma deve confrontarsi con le acquisizioni più moderne della dottrina e della giurisprudenza in questa materia più in generale; la riscoperta e/o la valorizzazione del lavoratore subordinato come persona, oltre che come fattore impiegato nella produzione, hanno consentito di arricchire di nuovi attributi la persona (si vuol far riferimento alle nuove frontiere in tema di danno biologico ed esistenziale, tanto per fare un esempio) e ritenere che il principio della equivalenza delle mansioni vada correttamente inteso come necessità che il lavoratore sia impiegato in mansioni che gli consentano di esplicare la propria personalità (id est la propria professionalità) al massimo grado delle sue potenzialità. 


Un datore di lavoro accorto e responsabile non può, e neanche deve, essere indifferente al vantaggio che torna a sè dalla applicazione di questa teoria; quando si fa un investimento e si valorizza il proprio personale si ha a disposizione professionalità, competenza, stimoli e motivazioni che si risolvono in un risparmio.

 

Nel caso di specie non ci troviamo di fronte ad un datore accorto, responsabile, imparziale, ma di fronte ad un datore che pur di mortificare ed umiliare un "quadro", ritenuto non allineato alle proprie idee, per spirito di rappresaglia nei confronti di una professionalità, rea di essersi "formata" sotto la vigenza di altra compagine amministrativa, non esita ad esporsi alle gravi conseguenze che possono derivare da un contenzioso come questo che ci occupa, dilapidando risorse pubbliche per soddisfare intendimenti e bisogni non razionali, non oggettivi.


Il datore di lavoro pubblico ha doveri maggiori di un qualsiasi datore privato, in ragione della peculiarità del "prodotto finale" (soddisfacimento di fini pubblici) che si ottiene con l'organizzazione dei beni e servizi "aziendali"; la individuazione del limite della correttezza e della buona fede (cioè della congruità causale dell'atto rispetto al fine) è molto più semplice: e nel presente caso questo limite è stato abbondantemente superato.


Il disegno discriminatorio è unitario; basti por mente a qualche particolare di non secondaria importanza:
a) come si insedia la nuova maggioranza viene smantellato il Nucleo Operativo; di conseguenza il C. viene privato delle funzioni di coordinamento ed assegnato ai servizi della viabilità;
b) a questo servizio rimane sino al 14/11/02, dopo un lungo intervallo di malattia (per intervento chirurgico), dal febbraio al settembre '02;
c) con nota del 29/11/01, prot. N. 8538, il sig. C.G. viene assegnato all'Ufficio verbali, con funzioni di coordinamento del personale addetto;
d) con la nota 14 novembre 2002, prot. N.8138, si scrive testualmente:

"A seguito della dislocazione dell'Ufficio Verbali presso la sede di Via Alfieri si rende necessario sollevare dall'incarico e dalla firma di Responsabile del procedimento il Ten. C. e nominare a tale incombenza altro personale dipendente, con acquisite capacità operative nel ramo.
Per tale motivo, preso atto dell'acquisita capacità professionale fatta propria dall'Opereatore di P.M. T. F. e nell'attesa (sic!) che il sottufficiale M.llo C. acquisica tutta l'esperienza e la capacità gestionale che necessita per detti servizi,....nomino  il sunnominato operatore di P.M. T. F.,Responsabile....."-.
Qualche breve osservazione:
I - all'ufficio verbali sono assegnati:
1 sottufficiale, Mar. C.G. con compiti di coordinamento;
1 operatore, F. T.
2 impiegati comunali civili.
La responsabilità del procedimento è di pertinenza del Ten. B. C.
II - Si ravvisa la necessità di sottrarre al Ten. C. tale responsabilità e la si assegna, contro ogni logica ed in spregio a ogni principio di meritocrazia, ad un operatore senza alcuna esperienza, a fronte della esistenza nello stesso ufficio di un "quadro" graduato (il C. ha vinto un concorso per Maresciallo), per molto tempo unico responsabile del corpo dei vigili urbani di G., da circa sette anni in ogni caso sempre con compiti di coordinamento, del quale si nega ogni capacità professionale. 
Lasciamo al sig. Giudicante ogni valutazione;
e) con la nota 26/11/02, prot. N.8440, invece, dopo che al C. è stata sottratta la funzione di coordinamento dell'ufficio verbali, viene trasferito alla Sezione Edilizia e Ambiente; il coordinamento di questa attività viene assegnata al Mar. A. B., in ragione della sua maggiore anzianità di servizio.
Anche in questo caso non può che rilevarsi la incongruità della decisione di impedire ad ogni costo al Mar. C. l'esplicazione dell'attività lavorativa coerentemente con le sue acquisite e riconosciute capacità di direzione e 
coordinamento.
In definitiva si è voluto impedire al Mar. C. di avere quella "visibilità" che si è conquistata in anni di duro lavoro.
Il quadro poi è completo se si considera ancora quanto segue:
in virtù delle vigenti disposizioni di legge ed in virtù dell'art. 29 del ccnl 14/9/00 (cosidette code contrattuali) (ved. il testo più avanti) il ricorrente ha diritto ad essere inquadrato nella categoria superiore D ed il Comune resistente sta opponendo un netto rifiuto ad adeguare la propria condotta al dispositivo della legge e del contratto, tanto che l'istante si vede costretto ad affrontare un altro giudizio per conseguire il risultato che gli spetta;

premessa la seguente normativa
CCNL 31 marzo 1999
Art. 7. Norma di inquadramento del personale in servizio nel nuovo sistema di classificazione. -...
5. A seguito della riclassificazione del personale dell'area di vigilanza di cui al comma 4, gli enti adottano tutte Ie misure atte a dare adeguata valorizzazione alle posizioni di coordinamento e controllo collocate nella ex 6" qualifica funzionale della medesima area a seguito di procedure concorsuali.

CCNL 1 APRILE 1999
Art. 24 Norma di rinvio. -...
2. Le parti si impegnano altresì a negoziare,, a partire dal mese successive alla data di stipulazione del presente CCNL ed entro il 30 aprile 1999, la regolamentazione dei seguenti istituti:
e) le problematiche del personale dell'area di vigilanza addetto a compiti di responsabilità di servizio e di coordinamento e controllo collocato nella ex VI qualifica funzionale anteriormente alla vigenza del D.P.R. n. 268 del 1987 ovvero anche successivamente, a seguito di procedure concorsuali per il conferimento delle specifiche funzioni gerarchiche, fermo restando quanta previsto nell'art. 7, comma 5, del CCNL del 31 mar-7.0 1999;

CCNL 14 settembre 2000 (code contrattuali).
Art. 29. Disposizioni speciali per il personale dell'area di vigilanza con particolari responsabilità. - 1. In attuazione dell'art. 24, comma B, lett. E) del CCNL dell'1.4.1999, e in sede di prima applicazione dell'art. 4 del CCNL del 31.3.1999, Ie parti convengono di assumere le iniziative necessarie per realizzare il passaggio alla categoria D, posizione economica D 1, del personale dell'area di vigilanza dell'ex 6° q.f., nelle seguenti ipotesi:
9. personale al quale, con atti formali da parte dell'amministrazione d'appartenenza, siano state attribuite funzioni di responsabile del servizio complessivo dell'intera area di vigilanza;
b) personale addetto all'esercizio di effettivi compiti di coordinamento e controllo di operatori di pari qualifica o di quella inferiore, già collocato, a seguito di procedure concorsuali, nella ex sesta qualifica funzionale su posti istituiti che prevedessero 1'esercizio di tali funzioni anteriormente all'entrata in vigore del D.P.R. n. 268/1987;

c) personale addetto all'esercizio di effettivi compiti di coordinamento e controllo di altri operatori di pari qualifica o di quella inferiore, già collocato nella ex sesta qualifica funzionale, a seguito di procedure concorsuali, su posti, istituiti, successivamente al D.P.R. n. 268/1987 che prevedessero formalmente l'esercizio delle predette funzioni, non in applicazione dell'art. 21, comma 6, D.P.R. n. 268/1987 stesso, i cui titolari sono esclusi dall'applicazione delle disposizioni del presente articolo.
2. La disciplina di cui al comma 1 trova applicazione solo negli enti la cui dotazione organica complessiva già preveda anche in altre aree, diverse da quella di vigilanza, posti inquadrati in categoria D.
3. In applicazione del disposto del comma 1, lettere a) e b), nell'ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, gli enti istituiscono in dotazione organica i corrispondenti posti di categoria D, provvedendo alla copertura finanziaria, anche ai sensi dell'art. 15, comma 5, del CCNL dell'1.4.1999.
4. In applicazione del disposto del comma 1, lett. C), nel rispetto delle previsioni della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, gli enti prevedono in dotazione organica il numero di posti di specialisti di vigilanza, di categoria D, necessari, una volta effettuata la preventiva verifica circa lo svolgimento d'effettive funzioni di coordinamento e controllo di altri operatori di pari qualifica o di quella inferiore, il cui numero sarà da definirsi in sede di concertazione, sulla base della realtà organizzativa di ciascun ente, in conseguenza della verifica effettuata. La copertura finanziaria relativa, potrà avvenire anche ai sensi dell'art. 15, comma 5, CCNL dell'1.4.1999.
5. Il passaggio alla categoria D del personale individuato ai sensi del comma 1, lett. A) e b) avviene, previa verifica selettiva dei requisiti richiesti, di cui ai punti a) e b) entro il termine di due mesi dalla data di sottoscrizione del presente CCNL.
6. Il passaggio alla categoria D del personale individuato ai sensi del comma 1, lett. C), avviene sulla base di selezioni mediante valutazioni di titoli culturali, professionali e di servizio; gli enti individuano i criteri per lo svolgimento delle procedure selettive, attivando le procedure di concertazione previste dall'art. 8 del CCNL dell'1.4.1999.
7. A seguito del passaggio nella categoria D, al personale di cui al comma 1, lett. A)  viene conseguentemente attribuito il profilo specifico, già previsto o da istituire, di "responsabile dei servizi di polizia municipale e locale", con contenuti coerenti con la  declaratoria della stessa categoria D. Al personale di cui alle lett. B) e c) viene  conseguentemente attribuito indicativamente il profilo di "specialista di vigilanza", con contenuti e mansioni, assorbenti anche le funzioni di base dell'area di vigilanza, indicate nel mansionario allegato sub A al presente contratto, continuando cioè a svolgere anche le funzioni attualmente assegnate.
8. Negli enti la cui dotazione organica complessiva non preveda posti di categoria D, al fine di valorizzare le posizioni di cui al comma 1, ove non sia stata istituita una posizione organizzativa in base alla disciplina prevista dall'art. 11 del CCNL del 31.3.1999, la contrattazione integrativa decentrata remunera le relative responsabilità utilizzando le risorse con un compenso, riassorbibile a seguito di eventuali passaggi di categoria, non superiore alla differenza tra il trattamento economico di categoria in godimento, comprensivo della eventuale posizione economica fruita all'interno della progressione economica orizzontale, ed il trattamento abellare iniziale della categoria superiore, provvedendo alla copertura dei relativi oneri con le risorse previste dall'art. 15 del CCNL dell'1.4.1999, anche attivando le iniziative correlate alla disciplina del comma 5 dello stesso articolo. Tale trattamento cessa di essere corrisposto a seguito dell'inquadramento del personale di categoria D e le relative risorse rientrano nella disponibilità di cui all'art. 15 CCNL dell'1.4.1999. 
9. La disciplina del presente articolo ha carattere di specialità e di eccezionalità, ivi compreso il nuovo profilo professionale, e può essere applicata soltanto nei limiti e con riferimento al personale indicato nel comma 1.

SPECIALISTA DI VIGILANZA DELLA POLIZIA MUNICIPALE E LOCALE
(profilo professionale indicativo)
Possiede buone conoscenze plurispecialistiche ed un grado d'esperienza pluriennale, con frequente necessità d'aggiornamento, svolge attività con contenuto tecnico, gestionale, con responsabilità di risultati relativi a diversi processi produttivi/amministrativi, attività che possono essere caratterizzate da elevata complessità dei problemi da affrontare basata su modelli teorici non immediatamente utilizzabili ed ampiezza delle soluzioni possibili, comportanti relazioni organizzative interne di natura negoziale, gestite anche tra unita organizzative diverse da quella d'appartenenza, relazioni esterne (con altre istituzioni) di tipo diretto, anche con rappresentanza istituzionale e relazioni con gli utenti di natura diretta, e negoziale.
Coordina dipendenti della categoria inferiore nella programmazione gestionale delle attività, curando la disciplina e l'impiego tecnico/operativo del personale e fornendo istruzioni nelle aree operative di competenza, s'occupa dell'istruttoria formale delle pratiche e provvedimenti specifici di un certo livello di complessità, elabora dati e programmi nelle materie di competenza.
Svolge inoltre attività di vigilanza nei settori di competenza della Polizia Municipale e locale, utilizzando anche strumenti complessi e segnalando ai competenti uffici eventuali situazioni rilevanti, può compiere tutti gli atti previsti dalle funzioni ricoperte ed anche quelle di base dell'area di vigilanza; 
conduce tutti i mezzi in dotazione, come gli altri appartenenti alla Polizia Municipale e locale.
premesso quanto innanzi
Risulta evidente come l'amministrazione Comunale di G. sia stia ponendo in controtendenza rispetto alla evoluzione normativa e contrattuale al solo ed unico scopo di mortificare ed umiliare l'istante

Il legislatore e le parti contraenti, per quanto riguarda gli addetti alla Polizia Municipale, hanno fatto una scelta di fondo, volta da un lato al passaggio di tutti gli operatori nella Categoria C dall'altro al passaggio alla Categoria D di tutti quegli operatori che abbiano svolto in passato effettivi compiti di coordinamento.

E' certo che l'istante abbia svolto compiti di coordinamento, non solo, ma come si è visto, è stato per molto tempo responsabile unico dell'Ufficio di Polizia Municipale del Comune di G..


Stabilirà il competente Magistrato se al C. spetti o meno la Categoria C, sulla base del possesso (per noi in questo momento pacifico) dei requisiti voluti dalle parti; quello che qui importa mettere nella giusta evidenza che un soggetto altamente qualificato, che ha svolto nel passato compiti di direzione unica del Corpo e che sino al 4/6/01 era responsabile del Nucleo Operativo (ufficio importante per la molteplicità, importanza e delicatezza dei compiti svolti - ved. prospetti allegati), sia stato via via isolato ed oscurato sino a relegarlo a compiti meramente esecutivi, di solito assegnati alle reclute che devono imparare il mestiere.


2) VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 4 L.604/66 E 15 L.300/70 e successive modificazioni
L'istante è stato discriminato a causa della sua appartenenza al sindacato F.P. CGIL ed a causa della sua affiliazione politica; un grave demansionamento è stato posto in essere condizionato dallo status personale dell'istante, rinvenibile in una delle situazioni previste dalla normativa di cui si è denunciata la violazione, direttamente ricollegabili a precetti imperativi costituzionalmente garantiti.


Del resto il carattere discriminatorio della condotta complessiva del Comune di G., all'interno della quale si inscrive la condotta per cui è questa causa, è stato esplicitamente ammesso dallo stesso sindaco e precisamente:
in occasione di un colloquio con omissis (che sollevava seri dubbi sulla correttezza e legittimità dell'azione amministrativa ed anzi ne metteva in luce la natura profondamente antisindacale e discriminatoria), il Sindaco replicava affermando che prima di tutto veniva la politica poi la gestione; che quindi dovevano essere adottati prima i provvedimenti che lasciassero il segno che le cose erano cambiate, nel senso che era cambiata maggioranza e dovevano effettuarsi gli spostamenti conseguenti al mutato quadro politico. In fondo è questo il senso generale dell'intervista rilasciata dal Sindaco al Quotidiano di Lecce, allegato in atti;
in occasione di un colloquio tra il Geom. omissis, iscritto pure alla F.P.CGIL ed il Sindaco, nel corso del quale il P. si lamentava del trattamento ricevuto e correttamente anticipava che non intendeva subire supinamente il trasferimento ed il demansionamento, il Sindaco replicava che adesso bisognava che mettesse i suoi uomini nel posto occupato prima dagli uomini di F. (Sindaco uscente, della coalizione di centro sinistra);
nel caso della Dott.ssa omissis (anch'essa iscritta alla FP CGIL); non appena in possesso della circolare del 22 gennaio 02 del Direttore Generale concernente le modalità da seguire nell'attuazione del nuovo assetto organizzativo, la signora R. indirizzava al Sindaco una nota nella quale esprimeva, civilmente ma con convinzione, furti dubbi sulla bontà del nuovo assetto; a conforto della serietà e pregnanza delle lamentele, soprattutto rivolte a mettere in evidenza i riflessi che la nuova organizzazione aveva sulla sua posizione professionale, si estrapolano i seguenti passi:
<<E' l'ultimo atto di tutta una serie di provvedimenti organizzativi che mi ha lasciato e mi lascia perplessa per quanto riguarda gli uffici ed i servizi che mi riguardano, non volendo entrare nel merito di settori che non mi competono. Motivi di correttezza relazionale e rapporti di dignità professionale mi spingono ad esprimere alcune considerazioni, che non posso mio malgrado sottacere e che riguardano seri dubbi sull'efficienza e sul "miglioramento" degli uffici a me preposti sia sulla mia dignità professionale che sento calpestata. L'unità operativa di cui mi viene affidata la responsabilità "Affari istituzionali e Generali" comprende, come si legge nella descrizione contenuta nella relazione del Direttore Generale le seguenti attività: supporto agli organi politici - Giunta - Consiglio - Gruppi Consiliari - Commissioni Consiliari - Protocollo - Servizi Messi - Portineria - Centralino e servizio pulizia degli uffici. La maggior parte di tali attività non comportano attività direzionali rientrando nelle mansioni della categorie C, B e A.>>
..........
<<Non si è assolutamente tenuto conto delle conoscenze e specializzazioni professionali che ho acquisito in 23 anni di servizio, quasi tutti nell'Ufficio Segreteria, occupandomi oltre che dei servizi istituzionali anche degli altri settori del dipartimento tra l'altro per molti anni privo di Ufficio Legale, curando in particolar modo l'aspetto giuridico - amministrativo del personale e delle relazioni sindacali, avvalendomi del personale assegnato in Segreteria (in particolare del sig. Rocco Oliveti che ha curato le pratiche delle ferie, congedi ordinari e straordinari, equo indennizzo, relazioni sindacali, infortuni sul lavoro ecc.>>
........
<<....Ad ulteriore conferma della delegittimazione della mia professionalità si aggiunge la mia allocazione programmata nel locale destinato a tutta la Segreteria. Mi si priva di un ufficio singolo e mi si colloca con altri impiegati e, cosa peggiore, insieme all'Ufficio Protocollo, con il via vai del pubblico che comporta, segno evidente che non si rispetta né la qualità del lavoro intellettuale che mi compete, né la dignità professionale che verrà pregiudicata dall'immagine poco decorosa di un declassamento in uno spazio che, condiviso da più persone, non facilita certo l'attività di studio.
E' mio dovere segnalare la mia perplessità sulla funzionalità dell'accorpamento nelle due stanze destinate all'ufficio segreteria. L'ufficio Protocollo è aperto al pubblico in un'ampia fascia di orari, l'Ufficio Segreteria svolge prevalentemente attività interna. Il segreto d'ufficio che nella segreteria è particolarmente rilevante e a cui giustamente viene richiamato il personale responsabile della circolare del Direttore Generale, come potrà essere mantenuto con il continuo flusso di pubblico del protocollo che inevitabilmente disturberà l'ufficio adiacente?E' questa la soluzione al problema della "dislocazione degli uffici disorganica con distribuzione degli stessi in sedi inadatte strutturalmente anche se bene attrezzati, ma poco funzionali, razionali e diseconomici" che il Direttore Generale giustamente rileva nell'analisi della realtà organizzativa?>>
A questa accorata e motivata lettera il Sindaco risponde con propria nota del 12/2/02, il cui esordio è il seguente:
<<HO LETTO LE SUE ARGOMENTAZIONI ED ANCHE PARECCHIE LAMENTELE NELLA SUA LETTERA PERVENUTAMI ASSIEME AD ALTRE CHE, A PARTE QUALCHE VARIANTE, CONTENGONO ELEMENTI COMUNI RICONDUCIBILI ESSENZIALMENTE ALL'INSOFFERENZA DEI CONFRONTI DI CAMBIAMENTI CHE ERANO E SONO NECESSARI E CHE MAL SI ADATTANO A CHI HA RICOPERTO POSIZIONI CHE HANNO CONDIVISO E FAVORITO, CON COMPONENTI A VOLTE DISCUTIBILI, AZIONI E STRATEGIA NON CONDIVISIBILI E CHE STANNO VINCOLANDO FORTEMENTE QUESTA AMMINISTRAZIONE COMUNALE>>.
La chiave di lettura è di agevole comprensione: gli spostamenti sono necessari perché bisogna punire quegli impiegati troppo legati alla vecchia amministrazione, di cui hanno favorito l'azione amministrativa, a volte con componenti discutibili (secondo l'altrui opinione, infondata ed inconcepibile)
3) VIOLAZIONE ART. 7 L. 241/90
L'amministrazione prima di procedere allo spostamento del dipendente doveva dare comunicazione previa dell'inizio del procedimento.

Pubblico Impiego - ius variandi - maresciallo vv.uu. coordinatore - adibizione a compiti di mera vigilanza - illegittimità - mansioni nuove ascritte a medesima cat. - irrilevanza - equivalenza mansioni - definiz. (parte seconda))


4) RISARCIMENTO DANNI
L'istante C., in conseguenza della situazione stressante che ha dovuto subire  per l'ingiusto comportamento del proprio datore di lavoro, che lo sta umiliando con l'isolamento, senza affidargli alcuna mansione, se non elementari e sporadici compiti certamente non equivalenti alla professionalità di assunzione e/o acquisita, ha visto depauperata e compromessa la propria professionalità ed ha subito un grave attacco all'insieme delle sue posizioni giuridiche soggettive, sia come cittadino, sia come lavoratore.


RISARCIMENTO DANNO PATRIMONIALE
Come è noto l'art. 2103 cod. civ. afferma il diritto del lavoratore all'effettivo svolgimento della propria prestazione anche perché il lavoro costituisce non solo un mezzo di sostentamento e di guadagno, ma altresì un mezzo di estrinsecazione della personalità del lavoratore ai sensi degli artt. 2, 4 e 35 della Costituzione.( Cassazione Sezione Lavoro n. 7967 del 1 giugno 2002, Pres. Sciarelli, Rel. De Matteis ) 


La lesione di tale interesse della persona, che assurge a diritto soggettivo con la stipulazione del contratto di lavoro prevedente una determinata prestazione - ha affermato la Corte - costituisce un inadempimento contrattuale da parte del datore di lavoro e determina, oltre all'obbligo di corrispondere le retribuzioni dovute, l'obbligo del risarcimento del danno da dequalificazione professionale. Tale principio di diritto - ha osservato la Corte - trova sicuro fondamento giuridico in molteplici valutazioni: il carattere del rapporto di lavoro subordinato, che non è puramente di scambio, ai sensi degli artt. 1174 e 1321 cod. civ., coinvolgendo la persona del lavoratore; e che costituisce altresì un contratto di organizzazione (art. 2094 cod. civ.), sicché la disciplina degli aspetti patrimoniali e la collaborazione nell'impresa devono necessariamente coniugarsi con i precetti costituzionali di tutela della persona dell'uomo che lavora; il principio di esecuzione di buona fede del contratto di assunzione (art. 1375 cod. civ.); infine l'attuale evoluzione del mercato del lavoro, che, enfatizzando la formazione continua come essenziale caratteristica dell'attuale momento storico-economico, valorizza la funzione della prestazione lavorativa in tal senso; ne consegue che, non solo una riduzione qualitativa, ma anche quantitativa delle mansioni, in una misura significativa, il cui apprezzamento è rimesso al giudice del merito, può comportare dequalificazione. 


L'art. 2103 c.c. nella sua originaria stesura subordinava l'interesse dei lavoratori a quello dell'impresa in quanto, come è stato precisato in dottrina, in caso di conflitto tra le esigenze dell'impresa e le esigenze di difesa del patrimonio professionale dei lavoratori le prime prevalevano sulle seconde sia pure "nei limiti fissati dalle regole (non scritte) della normalità tecnico-organizzativa".


A seguito dell'entrata in vigore dello statuto dei lavoratori, con l'art. 13 di detta legge si è radicalmente modificata tale situazione perché la ratio dell'art. 2103 c.c. va ora identificata - in linea con la legge 20 maggio 1970, n. 300 diretta a garantire la libertà e dignità dei lavoratori, nei luoghi di lavoro - nell'esigenza di apprestare una più efficace e pregnante tutela del patrimonio professionale del lavoratore. Coerente con lo spirito informatore del vigente art. 2103 c.c. è, pertanto, l'affermazione che detta norma sia tesa a far salvo il diritto del lavoratore all'utilizzazione, al perfezionamento ed all'accrescimento del proprio corredo di nozioni di esperienza e di perizia acquisita nella fase pregressa del rapporto ((cfr. in tali sensi, tra le altre: Cass., 4 ottobre 1995, n. 10405, in Foro it. 1995, I, 3133) ed ad impedire conseguentemente che le nuove mansioni determinino una perdita delle potenzialità professionali acquisite o affinate sino a quel momento, o che per altro verso comportino una sotto utilizzazione del patrimonio professionale del lavoratore, avendosi riguardo non solo alla natura intrinseca delle attività esplicate dal lavoratore, ma anche al grado di autonomia e discrezionalità nel loro esercizio, nonché alla posizione del dipendente nel contesto dell'organizzazione aziendale del lavoro (cfr. Cass., 14 luglio 1993, n. 7789, in Not. giurisp. lav. 1993, 808).

 

In siffatta ottica, una violazione della lettera e della ratio dell'art. 2103 c.c. può quindi ipotizzarsi, in considerazione degli interessi sostanziali tutelati dal legislatore, anche allorquando si sia in presenza di una modifica solo quantitativa (ma non è proprio il caso di specie) delle mansioni assegnate al lavoratore, che si traduca in una riduzione dei compiti lavorativi del dipendente.


Detta modifica, oltre ad una diminuzione retributiva, può infatti determinare in concreto - in ragione dell'inattività o della ridotta attività oltre che dell'entità del ridimensionamento dell'area operativa del lavoratore, della specifica natura delle residuali prestazioni e delle sue concrete modalità di svolgimento - un progressivo deperimento del bagaglio culturale del dipendente e una perdita di quelle conoscenze e esperienze richieste dal tipo di lavoro svolto, che finiscono per tradursi, in ultima analisi, in un graduale appannamento della propria professionalità ed in una sua più difficile futura utilizzazione.


In tale ottica è stato, appunto, affermato dai Giudici della Suprema Corte, in casi consimili a quello de quo agitur, che ci si trova in ipotesi di plateale abbassamento del livello professionale dell'attività svolta.( cfr. in tali sensi Cass., 11 gennaio 1995, n. 276, in Not. giurisp. lav. 1995, 732)


Il disposto dell'art. 2103 c.c. finisce, affermano sempre i Giudici della legittimità, per essere violato non solo allorquando il dipendente sia assegnato a mansioni inferiori ma anche quando il medesimo (ancorché senza conseguenze sulla retribuzione) sia lasciato in condizioni di forzata inattività e senza assegnazione di compiti rapportati alla propria capacità professionale acquisita, come è il caso di specie, costituendo il lavoro non solo un mezzo di guadagno ma anche un mezzo di estrinsecazione della personalità del soggetto ((cfr. sul punto: Cass., 4 ottobre 1995, n. 10405, cit., cui adde Cass., 13 agosto 1991, n. 8835, in Not. giurisp. lav. 1991, 740, che ha osservato come l'accertamento relativo alla sussistenza o meno di circostanze giustificativi della condotta del datore di lavoro - che rileva indipendentemente da una specifica volontà di declassare o svilire il lavoratore e che, comunque, non è giustificabile neppure per le comprovate esigenze organizzative e tecniche - si risolve in una valutazione di fatto che spetta al giudice del merito).


Da tutto quanto retro esposto è certo ed incontrovertibile il demansionamento; è conseguentemente certo il diritto del sig. C. di vedersi risarcire i danni patrimoniali subiti per effetto di tale condotta illegittima del proprio datore di lavoro. Nella determinazione dell'ammontare di tali danni si procederà in corso di causa, facendo ricorso, occorrendo, anche ad una ctu e/o al criterio dell'equità.


Per fornire un utile parametro al Tribunale per la determinazione di tali danni si esibiscono i prospetti paga relativi all'ultimo periodo lavorativo dell'istante, atteso che tutti i giudici di merito che se ne sono occupati hanno tenuto conto del parametro dello stipendio mensile. (Sembra opportuno richiamare al riguardo il principio espresso dai Giudici di Legittimità, secondo i quali <<Il demansionamento professionale di un lavoratore non solo viola lo specifico divieto di cui all'art. 2103 cod. civ., ma da luogo ad una pluralità di pregiudizi solo in parte incidenti sulla potenzialità economica del dipendente, e costituisce anche lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della propria personalità nel luogo di lavoro, con la conseguenza che al pregiudizio correlato a tale lesione, che incide sulla vita professionale e di relazione dell'interessato, va riconosciuta un'indubbia dimensione patrimoniale, che lo rende suscettibile di risarcimento e di valutazione anche equitativa, pure nell'ipotesi in cui venga a mancare la dimostrazione di un effettivo pregiudizio patrimoniale, secondo quanto previsto dall'art. 1226 cod. civ.>> (Cass-. 23 ottobre 2001, n. 13033 Cass. nn. 11727/1999; 8577/99; 14443/2000).


RISARCIMENTO DANNO BIOLOGICO E/O ESISTENZIALE
Per il danno da vessazioni morali, trasferimento illegittimo e demansionamento con inattività attualizzanti la fattispecie del mobbing, e conseguente pregiudizio all'integrità dello stato di salute, la tripartizione danno biologico - danno patrimoniale - danno morale oramai appare riduttiva per l'interprete in quanto lascia troppi spazi privi di adeguata tutela. Sul punto è oramai acquisito, seppure recentemente, il concetto di danno esistenziale, o danno alla vita di relazione, che si realizza ogni qual volta il lavoratore viene aggredito nella sfera della dignità senza che tale aggressione offra sbocchi per altra qualificazione risarcitoria. Non a caso il mobbing è stato definito violenza morale e non a caso il danno esistenziale appare particolarmente congeniale a tale situazione, e alla presente situazione.


Ora il sig. C. ha subito un grave attentato alla propria salute ed alla propria vita di relazione, che ha generato un danno c.d. biologico ed un danno esistenziale dei quali ella oggi intende essere risarcito (Come noto la Corte Cost. (con le sentenze n. 356 e 485 del 1991) ha ribadito e precisato che il principio costituzionale della integrale e non limitabile tutela risarcitoria del diritto alla salute riguarda prioritariamente e indefettibilmente il danno biologico in sé considerato, che sussiste a prescindere dalla eventuale perdita o riduzione di reddito e che va riferito alla integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica sé stessa e la propria vita; non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva e ad ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità, e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana.) 

Da tutto quanto dedotto innanzi in punto di fatto e di diritto, è evidente il nesso di causalità tra l'alterazione dello stato psico-fisico e la condotta del datore di lavoro; la lesione del diritto alla salute ed alla vita di relazione, costituendo "l'essenza antigiuridica dell'intero fatto illecito" (C..Costit. n.184/1986) è presunta.

 

Poiché il danno biologico e quello esistenziali sono indipendenti dal ruolo che i requisiti ed attributi biologici della persona sono in grado di svolgere sulle capacità di reddito, essendo invece collegato alla sfera di incidenza non patrimoniale di essi, la determinazione del danno alla salute e di quello esistenziale è essenzialmente equitativa e deve avvenire mediante individuazione del "valore umano" perduto, fatta attraverso la personalizzazione, quantitativa e qualitativa, di parametri, in linea di principio, uniformi per la generalità delle persone fisiche, indipendentemente dalle ripercussioni che essa può comportare sulla capacità di guadagno del soggetto (V. per tutte Cass.24/6/1997 n.5635)


RISARCIMENTO DEI DANNI MORALI
Si pone adesso (in ipotesi come quella de qua, di demansionamento) il problema se il giudice del lavoro possa liquidare, in aggiunta al danno biologico eventualmente riscontrato ed equitativamente determinato ex art. 1226 c.c., anche il "danno morale" (costituito dalle sofferenze psichiche e dai patemi d'animo sofferti, di solito, transitoriamente in conseguenza degli indebiti trattamenti ricevuti), danno che, com'è noto, presuppone (allo stato dell'attuale legislazione) per la sua risarcibilità il riscontro e la ricorrenza di un reato (secondo l'art. 2059 c.c. e 185 c.p.). 


In altri termini si pone il quesito se sussista in capo al giudice del lavoro adito un'autonoma competenza nell'accertamento del reato - ai soli fini del risarcimento del danno morale - ovvero se allo stesso (ed indirettamente al lavoratore) sia preclusa la facoltà di tale accertamento, da riconoscere esclusivamente di pertinenza del giudice penale e, pertanto, essere conseguente ad un'azione del lavoratore in sede penale o al rinvio d'ufficio da parte del giudice civile al giudice penale, con correlativa sospensione del giudizio civile. 


Va subito detto che una risposta negativa al quesito sopra formulato era d'obbligo nell'assetto normativo strutturato dal vecchio codice di procedura civile e penale, mentre una risposta positiva s'impone nell'attuale nuovo assetto, cioè a dire dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale (d.p.r. 22.9.1988, n. 447) e delle ed innovazioni al codice di procedura civile. 

 

A tali nuovi eventi normativi si deve, infatti, l'abbandono del principio di unità della giurisdizione (con prevalenza del giudicato penale sul civile e pregiudizialità dell'azione penale rispetto alla civile) per la scelta, a favore del diritto di difesa anche a costo di pervenire a giudicati contrastanti, del principio dell'autonomia (o separazione) dei giudizi. 


Va comunque detto, per verità storica, che già prima della riforma dei codici di procedura (civile e penale) - che ha sancito il venir meno del principio di pregiudizialità e di preminenza dell'azione penale sulla civile - si sosteneva che "per applicare la disciplina del risarcimento del danno da reato, ex art. 2947, 3° comma, c.c., non é necessario che sia stato iniziato un procedimento penale, ma è sufficiente che il caso sia considerato astrattamente come reato" spettando in tal caso "al giudice civile di accertare 'incidenter tantum" che nella specie sia configurabile un reato" In particolare Corte cost. n.102/1981 (seguita da Corte Cost. n. 118/1986) è pervenuta - pur in regime di vigenza del principio (oramai caduto) di pregiudizialità e preminenza dell'azione penale su quella civile - alla "dichiarazione di illegittimità del 5° comma dell'art. 10 del d.p.r. n. 1124/1965, nella parte in cui non consente...che l'accertamento del fatto di reato possa essere compiuto dal giudice civile... anche nei casi in cui il procedimento penale nei confronti del datore di lavoro o di un suo dipendente si sia concluso con proscioglimento in sede istruttoria o vi sia provvedimento di archiviazione", asserendo che, se nel suddetto regime (si ripete, oramai non più vigente) "si giustifica che l'azione civile non sia proponibile in pendenza del processo penale, non trova invece alcuna razionale giustificazione che sia anche...limitata ad ipotesi tassative la possibilità di chiedere al giudice civile, ai fini dell'azione di sua competenza, l'accertamento dell'illecito...". 


Le chiare insofferenze dei giudici della Consulta, sopra evidenziate, sono sfociate - dopo la caduta del principio di pregiudizialità e preminenza dell'azione penale sulla civile - in un pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale liberale in ordine alla piena sussistenza di una effettiva autonomia del giudice civile nell'accertamento del reato.( Si veda per tutte Cass. 6.2.1990, n. 817 secondo cui: "Il giudice civile può liberamente accertare la eventuale sussistenza della responsabilità penale del datore di lavoro per il danno biologico subito dal lavoratore...a condizione però che tale accertamento avvenga nel rigoroso rispetto delle norme che disciplinano l'acquisizione delle prove nel giudizio penale, dovendo in ogni caso escludersi l'utilizzazione di presunzioni legali...". In senso conforme, Pret. Monza 15.12.1992 secondo cui: "ove, in relazione alla produzione di un infortunio sul lavoro, sia accertata - anche in sede civile - la responsabilità penale dei destinatari degli obblighi posti dall'art. 2087 c.c. - sussiste il diritto in capo al lavoratore al risarcimento...del danno biologico...nonché del danno morale". 


Ancora, in senso conforme all'autonomia del giudice civile nel riscontro del reato, Corte cost 18.7.1991, n. 356 secondo cui: " è noto che, secondo la prevalente giurisprudenza di  legittimità, l'accertamento che l'infortunio o la malattia professionale sono stati determinati da negligenza o da inosservanza di disposizioni di legge e quindi dei doveri posti dallo stesso  art. 2087 c.c., implica l'affermazione dell'esistenza nel fatto degli estremi costitutivi del reato di lesioni colpose. Ove...il giudice (civile, n.d.r.) non assecondando detto indirizzo giurisprudenziale...abbia escluso di poter identificare un reato, questa Corte non può che prenderne atto...sì che in difetto di sentenza di condanna penale ed avendo comunque escluso il giudice di merito l'esistenza di un fatto reato... la questione sollevata relativamente alla legittimità costituzionale dell'art. 10 d.p.r. n. 1124/1965 è rilevante") 


In buona sostanza sussiste uniformità interpretativa in ordine all'autonomia - anche di scelta da parte del lavoratore ricorrente - fra azione civile risarcitoria di danno per reato penale e azione penale di accertamento, quando l'azione civile attenga ad ipotesi di "restituzione o di risarcimento danno". L'autonomia tra i due tipi di azione trova il suo fondamento di diritto positivo nell'art. 75, 2° e 3° comma, c.p.p. (Questa norma al 2° comma sancisce il principio della separazione del giudizio civile per il risarcimento del danno e per le restituzioni ed il giudizio penale, disponendo che 'l'azione civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo penale o è stata iniziata quando non è più ammessa la costituzione di parte civile'. Il legislatore penale, dunque ha accolto il principio dell'autonomia del giudizio civile dal giudizio penale ed ha abbandonato così quello della prevalenza della giurisdizione penale). 


Nonostante il 'distinguo' operato da Cass. n. 4179/1997 (nei confronti del più condivisibile orientamento di Cass. n. 1501/'96 e Cass. n. 3992/'97) - 'distinguo' che, si ripete, non riguarda le azioni civili per restituzione o risarcimento danno, si afferma decisamente da parte della dottrina che dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale (d.p.r. 22.9.1988, n. 447) che non riproduce più una disposizione analoga al precedente art. 3, 2° e 4° comma, c.p.p. e dopo che è stata rivista la regolamentazione già contenuta nell'art. 24 c.p.p. del 1930 ed è stata adottata una nuova disciplina in ordine agli effetti del giudicato penale negli artt. 651,652 e 654 c.p.p. e dopo che l'art. 35 della l. 26 novembre 1990, n. 353 è intervenuto sull'art. 295 c.p.c. cancellando il rinvio all'art. 3 c.p.p. che era sopravvissuto all'abrogazione di questa norma, il principio dell'autonomia delle giurisdizioni, lungi dall'essere stato affermato in via parziale e tendenziale, è stato sancito in via generale, come risulta anche dalla disciplina dettata in materia di questioni pregiudiziali (art. 2 e 3 c.p.p. del 1988), dove il legislatore ha optato per la indipendente prosecuzione dei giudizi.


Osserva confermativamente Corte cost. n. 182/1996 che "proprio la recente riforma della norma citata (art. 295 c.p.c.) nell'attenuare il nesso di pregiudizialità penale in consonanza con l'autonomia voluta dal nuovo codice di procedura penale per le azioni civili restitutorie e risarcitorie, ha espresso, più in generale, il disfavore nei confronti del fenomeno sospensivo in quanto tale". 

 

Ancora conferme, su un altro versante, sulla pacifica sussistenza di una autonoma facoltà del giudice civile di riscontro del reato (ai fini della risarcibilità del danno in sede civile), provengono da tutte le sentenze civili che hanno deciso, in presenza di "molestie sessuali sul luogo di lavoro", la spettanza - in capo alle lavoratrici vittime - del risarcimento del danno biologico e separatamente (in ragione del requisito delittuoso ex art. 2059 c.c.) del risarcimento del danno morale. (In tal senso si citano, Pret. Trento 22.2.1993 (riscontro da parte del pretore del lavoro del reato ex art. 610 c.p. e/o di quello ex art. 56 e 521 c.p.; Pret. Milano 14.8.1991 (riscontro da parte del pretore del lavoro del reato ex art. 521 c.p. o ex art. 56-519 c.p., confermata da Trib. Milano 19.6.1993; Trib. Milano 21.4.1998 (riscontro da parte del pretore del lavoro del reato ex art. 660 c.p.) 

 

Incisiva, relativamente all'affermazione di tale autonomia del giudice civile nel riscontro del reato penale, la già citata Pret. Milano 14.8.1991, la quale ha rivendicato tale autonomia in concorrenza di un'azione penale conclusasi con l'archiviazione. Ha, al riguardo, asserito il Pretore: "spetta inoltre (cioè addizionalmente al risarcimento del danno biologico, n.d.r.) alla Neposteri il risarcimento del danno morale, dal momento che la condotta messa in atto nei suoi confronti dall'Azienda, oltre che un inadempimento contrattuale, integra anche l'ipotesi delittuosa (ed, in particolare, il reato p. e p. dall'art. 521 c.p., se non già quello p.e p. dagli artt. 56-519 c.p.). Può incidentalmente osservarsi che tale configurazione giuridica dei fatti compiuti dall'Azzali in danno della Neposteri mal si concilia con il provvedimento di archiviazione, emesso dal giudice penale - a quanto risulta senza l'espletamento di alcuna attività istruttoria - e prodotto dalla difesa della ricorrente alla prima udienza. Ma tale discrepanza non può produrre alcun immediato effetto sull'esito della presente causa, sia perché il giudice civile conserva pur sempre la sua autonomia e possibilità di valutare anche diversamente da quello penale i fatti delittuosi sottoposti al suo esame per la decisione sugli aspetti e conseguenze civili del fatto-reato; sia perché nel caso di specie la valutazione dei fatti di causa è giustificata da un'attività istruttoria, che è -invece - mancata in sede penale , sia perché - infine - il diverso andamento dei due procedimenti trova, ad avviso di questo pretore, una possibile spiegazione nel diverso e maggiore interesse manifestato dalla parte lesa a trovare soddisfazione in sede civile, piuttosto che penale, per i torti subiti ". 


A favore della libertà per il giudice civile di procedere all'accertamento delle responsabilità penali datoriali a fini di risarcimento del danno morale, si è recentemente espresso anche Trib. Milano 12 dicembre 1998 secondo cui: "Per il riconoscimento del danno morale non occorre un accertamento penale che il fatto costituisce reato e non occorre neppure che le parti che lo chiedono specifichino di volere un accertamento incidentale di tale tipo. E' sufficiente - secondo il noto principio che il giudice deve interpretare la domanda - che sia chiaro che le parti assumono nel fatto il carattere di reato al fine di ottenere il danno morale . E così è nella specie".

 
Conformemente si è espressa Cass. 20 aprile 1998, n. 4012 attinente alla fattispecie di un lavoratore bancario colpito da grave malattia nervosa per essere rimasto coinvolto in tre rapine nel luogo di lavoro, successivamente licenziato per superamento del periodo di comporto per malattia o comunque per sopravvenuta inidoneità all'espletamento delle mansioni. (Tale decisione atteneva e perveniva al riscontro di omissione da parte datoriale delle misure a tutela della salute rinvenibili nell'ampia norma tutoria dell'art. 2087 c.c. (nella specie costituite dalla presenza alla porta d'ingresso dell'agenzia bancaria della "vigilanza armata", a fini di scoraggiamento della criminalità, in luogo della sola "doppia porta con metal detector" approntata dalla Banca). 


Nello stesso senso più di recente, Cass. 6 novembre 2000, n. 14443, secondo cui: "ai fini del risarcimento del danno patrimoniale (art. 2059 c.c., l'inesistenza di una pronuncia del giudice penale, nei termini in cui ha efficacia di giudicato nel processo civile a norma degli artt.651 e 652 c.p.p., comporta che il giudice civile possa accertare 'incidenter tantum' l'esistenza del reato - nel caso di ingiuria, riscontrato insussistente in sede di merito n.d.r.) - nei suoi elementi obiettivi e soggettivi, individuando l'autore, procedendo al relativo accertamento nel rispetto dei canoni della legge penale (cfr. ex multis, Cass. 14 2.2000, n. 1643)".


Conclusivamente va affermato che spetta al sig. C.G. oltre al risarcimento del danno patrimoniale, di quello biologico e/o del danno esistenziale il risarcimento del danno morale, dal momento che la condotta messa in atto nei suoi confronti dall'Azienda, oltre che un inadempimento contrattuale, integra anche l'ipotesi delittuosa o della violenza privata o delle lesioni personali o dell'abuso di ufficio.
Per la determinazione del quantum,esso sarà accertato in corso di causa, anche eventualmente a mezzo di idonea ctu, e ricorrendo al criterio dell'equità, secondo quanto disposto dall'art. 1226 c.c.


SUL PERICULUM IN MORA
L'urgenza di provvedere sta nelle cose che si sono scritte retro; il danno all'immagine, alla professionalità ed alla personalità dell'istante è reale, concreto ed attuale.


La posizione dell'istante nella struttura organizzativa dell'ente convenuto è stata appannata; da primo in grado dopo il dirigente è stato trasferito ad un servizio (quella di Vigilanza Ambientale ed Edilizia), dove svolge mansioni meramente esecutive; questa circostanza ha un grande rilievo per la considerazione della persona dell'istante nei suoi rapporti con i colleghi e con il pubblico.

 

Da soggetto operante in primo piano, a contatto con una realtà oggettivamente complessa e difficile, che ha richiesto lungo studio e dedizione, a contatto con il pubblico e con le istituzioni, in posizione quantomeno di coordinamento, oggi viene relegato in seconda linea, senza contatti esterni e con compiti meramente esecutivi.


Se vi è un caso in cui il presupposto del periculum è evidente oltre ogni ragionevole dubbio è proprio questo.
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Stando così le cose, risulta evidente che il comportamento della pubblica amministrazione resistente è illegittimo ed ha causato e sta continuando a causare gravi danni alla integrità psico-fisica del ricorrente, che ha così diritto a lavorare, con assegnazione di mansioni che lo impegnino nel rispetto della professionalità acquisita.
Sicchè l'istante è certo che a conclusione del giudizio di merito sarà riconosciuta la illegittimità del comportamento aziendale e riconosciuto il suo diritto a vedersi assegnare mansioni confacenti alla sua professionalità acquisita, oltre che al risarcimento dei danni patiti e patiendi; allo stato però non può disconoscersi che l'accertamento nel merito della illegittimità del comportamento aziendale ed il riconoscimento del suo diritto a lavorare richiedono tempi lunghi incompatibili con lo stato di inferiorità morale, sociale ed economica nel quale l'istante versa. Infatti non può disconoscersi che tale suo diritto è minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile e che, quindi, senza effetti rimarrebbe il pronunciamento del giudice se non venissero dati i provvedimenti d'urgenza idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione nel merito.
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Ricorrono, come si è visto, nella specie i presupposti del fumus boni iuris e della irreparabilità del danno che condizionano il ricorso alla procedura di cui all'art.700 cpc. Ricorre infatti il fumus boni iuris perchè il comportamento dell'azienda si concretizza in palese violazione di norme imperative di legge mentre l'elemento del pregiudizio irreparabile è insito nella grave compromissione del diritto al lavoro del sig. C.. 
Con l'ovvia considerazione che la gravità del comportamento altrui in atto impone decisioni urgenti e rapide a tutela della professionalità della ricorrente, non risarcibile per equivalente.
Infatti le conseguenze negative della condotta datoriale e della lesione del diritto al lavoro ed al rispetto della propria professionalità, oltre che del diritto alla salute, vanno ben oltre la sfera strettamente materiale, investendo anche la condizione personale, psico-fisica e sociale del lavoratore, quei diritti cioè, di natura personalissima il cui pregiudizio è, per definizione, insuscettibile di valutazione economica.
Va inoltre precisato che l'irreparabilità della lesione, ancora, va fondamentalmente vista nello stato di offesa della situazione giuridica del ricorrente, per effetto dell'arbitrario avverso comportamento che porta il Comune resistente ad usufruire, per decisione propria, di una ingiustificata condizione di superiorità processuale sino all'accertamento definitivo del diritto e nelle more dello stesso.
All'ammissibilità del presente ricorso non è d'ostacolo la circostanza che lo stato di offesa al diritto al lavoro del ricorrente dura da tempo; trattasi di comportamento ad effetti permanenti, che si consuma momento per momento; sicchè l'offesa è sempre attuale. Comunque il completamento del disegno discriminatorio posto in essere dall'amministrazione resistente si è concluso con l'esonero di ogni compito di coordinamento.
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Si applica nei confronti del Comune di G. la tutela reale in ragione del numero dei suoi dipendenti nelle diverse unità operative superiore a 60.
Pertanto, l'istante, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, col presente atto
 

C H I E D E

alla S.V. Ill.ma, ai sensi delle disposizioni di legge dettate dall'art.700 cpc, in contraddittorio con il COMUNE DI G., in persona del suo Sindaco e legale rappresentante pro-tempore Dott. Giuseppe VENNERI, che voglia, disconosciuti gli avversi documenti che tutti sin d'ora si impugnano e sconoscono, disattesa ogni contraria azione, eccezione e conclusione, ritenuta, nel senso e nei limiti fissati dallo strumento processuale adottato, la illegittimità del comportamento tenuto dalla amministrazione resistente per i fatti in narrativa e, disapplicato, ove del caso, qualsiasi atto amministrativo ritenuto incidenter tantum illegittimo, ordinare l'immediata cessazione del comportamento antigiuridico e voglia disporne l'immediata rimozione degli effetti, disponendo la revoca degli atti del Responsabile dell'Ufficio di Polizia Municipale 14/11/02 n. 8138 prot. e 26/11/02 n. 8440 prot. e di tutti quegli altri atti precedenti incompatibili con la normativa tutta retro invocata come violata, e/o dando tutti quegli altri ordini e/o divieti ritenuti utili ai fini della concreta tutela anticipatoria della posizione dell'istante, con reintegrazione nel posto e nelle mansioni precedentemente occupate, con assegnazione in ogni caso di compiti di coordinamento, così come svolti in precedenza.
Con la condanna alle spese di lite come per legge, occorrendo.
Si chiede che siano assunte informazioni sentendo le parti, tutte le persone nominate nel presente atto e chi ritenuto di dovere.
PRODUZIONE: omissis
Lecce, li 13/12/202
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Pubblico Impiego - ius variandi - maresciallo vv.uu. coordinatore - adibizione a compiti di mera vigilanza - illegittimità - mansioni nuove ascritte a medesima cat. - irrilevanza - equivalenza mansioni - definiz. T.Lecce 18/03/03, Mainolfi Est.
 

IL GIUDICE DEL LAVORO


sciogliendo la riserva formulata all'udienza del 7-3-2003, osserva quanto segue:
Cataldi Guerino lamenta la illegittimità della sua adibizione al settore "Vigilanza Ambientale ed Edilizia" (disposta con ordine di servizio prot. n°8440 del 26-11-2002) presso il quale attualmente espleterebbe mansioni di operatore di P.M. senza compiti di coordinamento e controllo dell'operato di altre unità lavorative, mansioni assertivamente inferiori non solo rispetto a quelle da lui disimpegnate nel periodo dal 1999 al 1-6-2001 come responsabile del Nucleo Operative della P.M. del Comune di Gallipoli (nucleo composto da 6 agenti di P.M. e soppresso a seguito della ristrutturazione dei servizi e degli uffici realizzata dal Comune di Gallipoli con le delibere della G.C. n° 104 del 4-10-2001 e n°115 del 23-10-2001) ma anche rispetto a quelle da ultimo espletate presso l'Ufficio Verbali, ove egli aveva il compito di coordinare il lavoro di un agente di P.M. e quello di due impiegati civili, mansioni queste ultime disimpegnate fino alla sua adibizione al settore "Vigilanza Ambientale ed Edilizia"; l'istante ha precisato di possedere la qualifica di Maresciallo di Polizia Municipale conseguita all'esito di concorso interno del 19-3-1998, data a decorrere dalla quale è stato inquadrato nella ex sesta qualifica funzionale e che, all'esito della riclassificazione del personale secondo quanto previsto del C.C.N.L. 31/3/1999 del Comparto Regioni ed Autonomie Locali, è stato inquadrato nella categoria C, posizione economica C2, dell'allegato A al predetto contralto collettivo.
Orbene si ritiene che vada preliminarmente approfondito il quadro normativo complessivo (costituito da norme poste dalla contrattazione collettiva e da norme di rango legislativo) nel quale si inserisce la riclassificazione ai sensi del C.C.N.L. cit. del personale dell'area di vigilanza, come il ricorrente inquadrato nella ex VI qualifica funzionale, al fine di valutare se alcuni lavoratori riclassificati nella categoria C possano ancora differenziarsi in ragione della particolarità delle mansioni espletate tanto da giustificare l'applicazione solo nei loro confronti di norme contrattuali eccezionali e transitorie.
Punto di partenza della ricostruzione della normativa deve essere l'art. 7 del C.C.N.L. 31-3-1999, relativo al sistema di classificazione del personale del comparto Regioni - Autonomie Locali, che prevede che il personale in servizio alla data di stipulazione del C.C.N.L. cit. è inserito con effetto dalla medesima data nel nuovo sistema di classificazione con la attribuzione della categoria e della posizione economica corrispondenti alla qualifica funzionale ed al trattamento economico fondamentale in godimento (tabellare più eventuale livello economico differenziato), secondo Ie prescrizioni di cui alla allegata tabella C; secondo quanto stabilito sempre dall'art. 7 del cit. C.C.N.L. il personale dell'area di vigilanza, ivi compresi i custodi delle carceri mandamentali, inquadrato nella ex V qualifica funzionale ed al quale è corrisposta la specifica integrazione tabellare di cui all'art. 37, comma 1°, lett. a) del C.C.N.L. del 6-7-1995, come modificato dall'art. 8 del C.C.N.L. del 16-7-1996, viene inquadrato con decorrenza dall'1-1-1998 nella ex VI qualifica funzionale e, con decorrenza dalla data di stipula del C.C.N.L. ( e quindi dal 31-3-1999), nella categoria C ( che ricomprende appunto secondo l'allegato C anche il profilo professionale di agente di polizia municipale precedentemente in parte ricompreso nella ex V qualifica professionale) e, precisamente, secondo la tabella C di corrispondenza cui fa riferimento l'art. 7 sopra citato, nella posizione economica C1 insieme al personale precedentemente inserito nella VI qualifica funzionale senza led, mentre i lavoratori, come il ricorrente, precedentemente inquadrati nella VI qualifica funzionale con livello economico differenziato vengono classificati nella posizione economica C2. 
L'art.24, comma 2° lett. e, del C.C.N.L Comparto Regioni ed Autonomie Locali dell'1-4-1999 prevede l'impegno per Ie parti contrattuali a rinegoziare entro il 30-4-1999 la problematica del personale dell'area di vigilanza addetto a compiti di responsabilità di servizio e di coordinamento e controllo collocato n ell'ex VI qualifica funzionale anteriormente alla vigenza del D.P.R. n°268/87 ovvero anche successivamente a seguito di procedure concorsuali, fermo restando quanto previsto dall'art. 7 del C.C.N.L. del 31-3-1999 e cioè che gli enti sono tenuti ad adottare tutte Ie misure " atte a dare adeguata valorizzazione alle posizioni di coordinamento e controllo collocate nell'ex VI qualifica funzionale". Con successivo C.C.N.L. del 14-9-2000, con 1'art. 29, recante disposizioni speciali per il personale dell'area vigilanza con particolari responsabilità, in attuazione del predetto art. 24, comma 2° lett. e, del C.C.N.L. 1-4-1999, Ie parti contrattuali si sono impegnate in particolare ad assumere iniziative per realizzare il passaggio alla categoria D, posizione economica D1, del personale della area di vigilanza dell'ex 6A q.f. che è addetto all'esercizio effettivo di compiti di coordinamento e controllo di altri operatori di pari qualifica o di quella inferiore già collocato a seguito di procedure concorsuali nella ex sesta qualifica sia su posti istituiti che prevedessero l'esercizio di tali funzioni anteriormente all'entrata in vigore del D.P.R. n°268/87 che su quelli istituiti successivamente al predetto D.P.R. che prevedessero formalmente l'esercizio delle predette funzioni; nello stesso art. 29 si chiarisce che la disciplina della predetta progressione professionale alla categoria superiore ha carattere di specialità e di eccezionalità in quanto applicabile nei limiti e con riferimento al personale indicato nel primo comma del medesimo articolo 29.
Dalle norme contrattuali sopra riportate non può che inferirsi che all'interno della categoria C sono inquadrati anche dipendenti dell'area di vigilanza dell'ex 6A qualifica funzionale ai quali sono in concrete attribuiti effettivi compiti di coordinamento e di controllo di altri operatori di pari qualifica o di quella inferiore e che per questi dipendenti Ie parti contrattuali hanno previsto un trattamento differenziato ed eccezionale che si sostanzia da una parte nell'obbligo immediate e cogente degli enti datori di lavoro di valorizzare Ie posizioni di coordinamento e di controllo in questione ( v. sopra art. 7, comma 5°, del C.C.N.L. 31-3-1999), dall'altra addirittura nella previsione solo per tali dipendenti di un percorso " facilitato" di progressione professionale per l'accesso alla categoria superiore D, profilo di specialista di vigilanza (all'ultimo comma dell'art. 29 del C.C.N.L. del 14-9-2000 si evidenzia: " La disciplina del presente articolo ha carattere di specialità e di eccezionalità, ivi compreso il nuovo profilo professionale, e può essere applicata soltanto nei limiti e con riferimento al personale indicate al comma 1").
Tanto chiarito, va evidenziato che la resistente a difesa del provvedimento con il quale il ricorrente è stato destinato con ordine di servizio prot. n°8440 del 26-11-2002 presso la sezione "Vigilanza Ambientale ed Edilizia" del Comando di P.M. del Comune di Gallipoli, sezione i cui compiti di coordinamento sono stati assegnati al M.llo Bianco Amedeo, ha dedotto che i pubblici dipendenti possono essere legittimamente adibiti a tutte Ie mansioni previste per la categoria nella quale sono inquadrati giusta il disposto dell'art. 52, comma 1°, del d.lgs. n°165/2001 che consente al datore di lavoro pubblico di modificare unilateralmente l'oggetto della prestazione lavorativa e, quindi, gli incarichi e la posizione del lavoratore all'interno della struttura amministrativa (principio della mobilità orizzontale o laterale) con l'unico limite dell'equivalenza tra Ie mansioni di provenienza e quelle di adibizione, la cui valutazione sarebbe rimessa senza possibilità di sindacato giudiziale, a differenza di quanto previsto nell'art. 2103 c.c., al sistema di classificazione professionale previsto dai contratti collettivi (c.d. pattuizione collettiva dell'equivalenza); pertanto secondo la convenuta, nella fattispecie, dovendosi ritenere per pattuizione collettiva equivalenti tutte Ie mansioni previste per i lavoratori inquadrati nella categoria C (v. allegato A del C.C.N.L. del 31-3-1999), il ricorrente può essere legittimamente adibito alle mansioni di cui all'ordine di servizio del 26-11-2002 in quanto, pur non comportando queste ultime compiti di coordinamento e controllo di altri operatori (l'assenza di tali ultime mansioni si evince dall'ordine di servizio n°8440 del 26-11-1999 che non pare superato per quanto si dirà infra da quello successivo n°3734 del 5-2-2002), sono nondimeno contemplate dalla predetta declaratoria contrattuale.
Orbene, anche ammesso che l'art. 52 cit. effettivamente rimetta alla contrattazione collettiva la valutazione della equivalenza delle mansioni senza possibilità di sindacato giudiziale sul punto, proprio dalla semplice lettura del complesso delle norme della contrattazione collettiva disciplinanti la specifica materia oggetto di esame si evince, come già evidenziato, che nella categoria C sono inquadrati anche dipendenti (prima inquadrati nella ex VI qualifica funzionale) che svolgono mansioni di coordinamento e di controllo particolarmente qualificate e quindi ritenute per pattuizione collettiva più qualificanti rispetto a quelle espletate dagli altri dipendenti inquadrati nella medesima categoria con la logica conseguenza che, qualora i primi vengano adibiti solo alle mansioni espletate dagli altri dipendenti inquadrati nella categoria C, può fondatamente prospettarsi una ipotesi di demansionamento. In definitiva è proprio la contrattazione collettiva a cui giusta il disposto del cit. art. 52, bisogna fare riferimento per valutare la possibilità per il datore di lavoro pubblico di esercitare lo ius variandi in ordine alle mansioni, ad evidenziare che tra i lavoratori inquadrati nella categoria C ve ne sono alcuni che svolgono effettivi compiti di coordinamento e controllo di altri operatori, e quindi mansioni professionalmente superiori a quelle espletate dalla generalità dei lavoratori inquadrati nella predetta categoria.
Tanto precisato in diritto e passando alla valutazione sommaria dei fatti sottoposti all'attenzione del giudicante, punto di partenza non possono che essere Ie mansioni disimpegnate dal ricorrente presso l'Ufficio Verbali immediatamente prima della sua adibizione al servizio " Vigilanza Ambientale ed Edilizia", mansioni che sono pacificamente consistite nella attività di coordinamento del personale addetto al predetto ufficio, nella cura delle notifiche e rinotifiche internazionali, immissione e registrazione verbali, istruttoria ricorsi ....... e formazione dei ruoli esattoriali ( v. copia dell'ordine di servizio n°8538 del 29-11-2001 in atti), con la precisazione che dopo la adibizione del Cataldi al predetto servizio il posto del ricorrente presso l'Ufficio Verbali è stato occupato (ed e tuttora occupato come precisato dall'informatore Giannone S. P., Comandante della P.M. di Gallipoli) dal Ten. Chiffi inquadrato nella categoria D1 e quindi in una categoria superiore a quella nella quale è inquadrato il ricorrente. Le anzidette mansioni già disimpegnate dall'attore presso l'ufficio Verbali, comportando effettivi compiti di coordinamento e di controllo di altri operatori (in particolare di un operatore di P.M., Fersini Tommaso e di due dipendenti amministrativi del Comune convenuto), sembrano potersi ritenere in concreto, alla stregua di tutte Ie suesposte considerazioni in diritto, professionalmente più qualficanti rispetto a quelle disimpegante dalla generalità dei lavoratori inquadrati nella categoria C e sussumibili tra quelle comportanti la applicabilità sia dell'art. 7, comma 5°, del C.C.N.L. 31-3-1999 che dell'art. 29 del C.C.N.L. 14-9-2000 sopra richiamati.
Passando alle mansioni invece attualmente espletate dal ricorrente, appare strumentale il comportamento del Comune convenuto che prima ha assegnato il Cataldi alla Sezione Edilizia ed Ambiente affidando Ie funzioni di coordinamento della predetta sezione al M.llo Bianco Amedeo (v. ordine di servizio n°8440 del 26-11-2002) e poi, dopo la instaurazione del presente giudizio " ad usum Delphini", con ordine di servizio n°3734 del 5-2-2003 ha destinato il ricorrente a decorrere dal 1-2-2003, "con funzioni di coordinamento, congiuntamente all'operatore di P.M. De Santis Guglielmo, ad attività di controllo sul territorio delle occupazioni temporanee di suolo pubblico effettuate da cantieri edili e di controllo ambientale in materia di discariche abusive", lasciando quindi intendere che Ie mansioni del Cataldi dal 1-2-2003 sarebbero mutate in quanto gli sarebbero state attribuite funzioni di coordinamento. Ed invero lo stesso autore dell'ordine di servizio n°3734/2003 dott. Giannone, sentito come informatore, ha chiarito che il M.llo Bianco non ha mai coordinate il lavoro del Cataldi e del De Santis, nonostante il tenore dell'ordine di servizio prot. n°8440/2002, occupandosi il Bianco di un settore (quello della edilizia) diverse da quello in cui lavorano gli altri due operatori di P.M. (settore ambiente) e che in realtà non esiste una Sezione unificata Edilizia ed Ambiente e quindi un coordinatore della medesima; inoltre Ie mansioni del ricorrente in nulla sembrano mutate dopo l'ordine di servizio del 1-2-2003, come riferito dall'informatore De Santis, il quale ha altresì dichiarato di essere in sostanza addetto alle stesse mansioni del Cataldi e che il suo lavoro non e da quest'ultimo nè controllato nè coordinato (ammesso che il predetto termine conservi una qualche rilevanza quando si tratta di coordinare il lavoro di una sola persona).
Tanto premesso in fatto Ie mansioni attualmente disimpegnate dal ricorrente, consistenti nella attività esterna di controllo dei cantieri edili e delle discariche abusive, eseguita in coppia con l'agente di P.M. De Santis, comportanti anche un lavoro di tipo esecutivo di misurazione delle aree comunali interessate da eventuali occupazioni abusive, non sembrano implicare, a differenza di quelle in precedenza espletate presso l'Ufficio Verbali, l'esercizio di funzioni di coordinamento e di controllo dell'operato di altri lavoratori, funzioni queste ultime che, tra l'altro, da quanto risulta dall'esame sommario della documentazione prodotta dal ricorrente nonchè dalle dichiazioni rese dall'informatore De Santis (il quale ha dichiarato che in sostanza il ricorrente prima organizzava il lavoro degli altri) il Cataldi ha espletato " ininterrottamente sin dall'ottobre del 1995, anche se in contesti organizzativi dell'ente convenuto diversi dall'attuale. Orbene, precisato che questi ultimi non possono all'evidenza giustificare un eventuale demansionamento del dipendente pubblico, se non nella misura in cui il 
demansionamento, peraltro consentito dal dipendente, si ponga come alternativa ad un legittimo licenziamento, appare illegittima la assegnazione del ricorrente al settore Vigilanza Ambientale, ed in particolare alle attività indicate negli ordini di servizio n°8440/2002 e n°3734/2003, poichè adottata in violazione del combinato disposto dell'art. 2103 c.c. e dell'art. 52 del d.lgs. n°165/2001 nonchè dell'art. 7, comma 5°, del C.C.N.L. del 31-3-1999, non avendo il Comune convenuto, a differenza di quanto sostenuto dal Comandante P. Giannone in sede di escussione, tenuto conto della professionalità acquisita dal Cataldi nello svolgimento degli incarichi precedentemente assegnatigli. Alla stregua di quanto sopra esposto va ritenuto sussistente il fumus boni juris. Quanto al periculum in mora, tenuto conto dell'importanza dell'esercizio in concreto delle funzioni di coordinamento e controllo da parte dei lavoratori inquadrati nella categoria C ( ex VI qualifica funzionale) ai fini dell'applicabilità della normativa contrattuale " di favore" sopra ampiamente riportata, pare potersi fondatamente prospettare nella fattispecie la irreparabilità del pregiudizio sotto il profilo del danno professionale per perdita di chances relative alla progressione di camera; inoltre dal punto di vista sia del danno esistenziale 
che di quello professionale va sottolineato che il ricorrente, ove non fosse emesso un provvedimento urgente di adibizione a mansioni equivalenti a quelle disimpegnate prima dei provvedimenti datoriali oggetto di impugnazione, si troverebbe nella incresciosa condizione di non potere assecondare attraverso il concreto svolgimento dell'attività lavorativa Ie esigenze di sviluppo ed estrinsecazione delta propria personalità garantite dall'art. 2 della Costituzione (v. in tema della tutela della professionalità nel pubblico impiego la recente sentenza della Corte d'Appello di Roma - sezione lavoro- del 16-5-2002 nella causa Proia C. contro Comune di Monte San Biagio ).
Infine, ancora con particolare riferimento al danno esistenziale, va sottolineato che, proprio nelle comunità di minori dimensioni, come quella di Gallipoli, l'adibizione a mansioni inferiori, da espletare per giunta in luogo pubblico (praticamente su strada), ad iniziativa dell'Amministrazione comunale nei confronti di un dipendente che è stato assegnatario di compiti socialmente più qualificanti, e per giunta residente in quella comunità, appare potenzialmente idoneo ad ingenerare nell'opinione pubblica l'impressione che al provvedimento di demansionamento siano sottese ragioni diverse da considerazioni di ordine strettamente organizzativo, con conseguente lento ma progressivo svilimento dell'immagine sociale del ricorrente, che un tempestivo ed efficace provvedimento giudiziale vale invece a scongiurare.
Pertanto, nelle more del giudizio di merito, va provvisoriamente ordinato al Comune resistente la adibizione del ricorrente a mansioni che effettivamente comportino nell'area di vigilanza compiti di coordinamento e di controllo di operatori di pari qualifica o di quella inferiore con la precisazione che, a prescindere dalle conseguenze risarcitorie per equivalente monetario che potrebbero scaturire dall'inadempimento datoriale. il ricorrente potrà giovarsi del presente provvedimento per legittimamente rifiutarsi di svolgere Ie mansioni di attuale adibizione (art. 1460 c.c.) e mantenere comunque il diritto al trattamento retributivo offrendo di espletare Ie mansioni corrispondenti a quelle il diritto al cui svolgimento gli viene in questa sede riconosciuto.
Le spese del presente procedimento cautelare verranno regolate all'esito della successiva fase di merito.
 

P.T.M.


visto l'art.669 octies c.p.c., accoglie l'istanza di concessione di provvedimento d'urgenza ex art.700 c.p.c. proposta, con atto depositato il 16-12-2002, da Cataldi Guerino nei confronti del Comune di Gallipoli e, per l'effetto, dispone che il convenuto adibisca il ricorrente a mansioni nell'area di vigilanza comportanti compiti di coordinamento e di controllo di altri operatori. Assegna alle parti il termine di 30 giorni per la instaurazione del giudizio di merito ai sensi dell'art. 669 octies, 4° comma, c.p.c come inserito ex art. 31 d. Igs. n°80/98 e successivamente modificato ex art. 19, comma 18°, d. Igs. n°387/98. Manda alla Cancelleria per la comunicazione alle parti. 
Lecce, 17-3-2003
Il G. D. L.
Dott.ssa Caterina Mainolfi
Depositato in Cancelleria oggi 18/03/03