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Il procedimento di formazione dei Piani Urbanistici Attuativi (P.U.A) nella disciplina dettata dagli articoli 26 e 27 della L.R. (Campania) 22 dicembre 2004, n. 16.


GIOVANNI CORPORENTE


 

1. La L.R. Campania n. 16 del 2004

L’entrata in vigore della legge regionale della Campania, n. 16 del 22 dicembre 2004, è stata positivamente osservata dagli “addetti ai lavori”, già nei primi giorni del 2005, quale dettagliata disciplina normativa in materia di governo del territorio pienamente rispondente alle esigenze di razionalizzazione e “normalizzazione” dell’azione amministrativa afferente la gestione e soprattutto tutela del già disastrato territorio regionale campano. In verità, la stessa legge regionale 16 seguiva di poco l’adozione della legge regionale n. 10 del 19 novembre 2004 (recante le norme sulla sanatoria degli abusi edilizi di cui al decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 32 cosi' come modificato dalla legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326 e successive modifiche ed integrazioni), nonché quella del 28 novembre 2001, n. 19, relativa alle procedure per il rilascio delle concessioni e delle autorizzazioni edilizie e per l’esercizio di interventi sostitutivi (DIA), nonché in materia di approvazione di piani attuativi dello strumento urbanistico generale nei comuni obbligati alla formazione del Programma Pluriennale di Attuazione. Di grande risalto, in particolare sono state le decisioni del giudice delle leggi1 in ordine alla vicenda delle discipline regionali in materia di sanatoria edilizia2, decisioni con cui si sono individuati limiti e ambiti della potestà legislativa regionale in materia urbanistica e di governo del territorio a Titolo V Cost. modificato. Ma tale vicenda non è oggetto di questo breve scritto; infatti, il ricordo delle recenti decisioni del giudice delle leggi è utile in questa sede solo per osservare, alla luce della recente giurisprudenza del giudice delle leggi, la possibile illegittimità costituzionale dell’articolo 27, comma 3, della legge regionale della Campania, n. 16 del 2004, nella parte in cui sottopone alle sole osservazioni delle province (e non anche alla loro approvazione quale soggetti istituzionali delegati dalla regione) i Piani Urbanistici Attuativi (PUA). E’ utile osservare come la L.R. 16 prevede, in generale, tre livelli di pianificazione territoriale ed urbanistica: regionale (Ptr - Piano territoriale regionale, comprensivo dei piani settoriali regionali), provinciale (Ptcp - Piano territoriale di coordinamento provinciale, comprensivo dei piani settoriali provinciali) e comunale (Puc - Piano urbanistico comunale, Ruec - Regolamento urbanistico edilizio comunale e Pua - Piani urbanistici attuativi del Puc). Ebbene, solo per quest’ultima tipologia di piano sono state previste le sole “eventuali osservazioni” da parte delle province. Recita testualmente il comma 3 dell’articolo 27, “Il PUA, adottato ai sensi del comma 2, è trasmesso alla provincia per eventuali osservazioni ed è depositato presso la casa comunale per trenta giorni. Del deposito è data notizia su due quotidiani a diffusione regionale. Ulteriori forme di pubblicità possono essere determinate dagli statuti delle amministrazioni comunali. Il comune garantisce il rispetto degli strumenti di partecipazione procedimentali stabiliti dalla normativa vigente”.


2. L’articolo 24 della legge 47 del 1985 quale norma di principio inderogabile (Corte Costituzionale, sentenza n. 343 del 2005)

L’articolo 243 della legge 47 del 1985 dispone che: “salvo che per le aree e per gli ambiti territoriali individuati dalle regioni come di interesse regionale in sede di piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, con specifica deliberazione, non è soggetto ad approvazione regionale lo strumento attuativo di strumenti urbanistici generali, compresi i piani per l'edilizia economica e popolare nonché i piani per gli insediamenti produttivi. Le regioni emanano norme cui i comuni debbono attenersi per l'approvazione degli strumenti di cui al comma precedente, al fine di garantire la snellezza del procedimento e le necessarie forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati. I comuni sono comunque tenuti a trasmettere alla regione, entro sessanta giorni, copia degli strumenti attuativi di cui al presente articolo. Sulle eventuali osservazioni della regione i comuni devono esprimersi con motivazioni puntuali!”. La norma statale di principio è dunque informata oltre che all’ampia pubblicità del procedimento anche e soprattutto al “potere-dovere” regionale di escludere dalla approvazione regionale le aree e gli ambiti territoriali di interesse regionale, come individuati nel PTC o in mancanza nella specifica deliberazione. Sul punto è bene osservare come in Regione Campania, per quanto concerne il livello regionale di pianificazione, ex articoli 13 e 14 della L.R. 16 del 2004, solo nel maggio del 2005 è stato pubblicato nel BURC lo studio-proposta, ed è allo stato in sede di esame delle osservazioni prodotte da parte dei soggetti individuati nello stesso articolo 13, ai fini della definitiva approvazione da parte del Consiglio regionale. Nel contempo, manca l’approvazione di un deliberato di Consiglio regionale (ancora oggi statutariamente competente per la pianificazione ed il potere regolamentare) di individuazione delle aree e degli ambiti territoriali di interesse regionale da escludere alla procedura di “non approvazione” da parte della regione (o da parte delle province) dei PUA. Ciò posto, è certamente pertinente e di interesse, per la problematica in esame, la recente sentenza del giudice delle leggi, n. 343 del luglio del 2005, relativa al giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), promosso con ordinanza del 31 gennaio 2004 dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche sui ricorsi riuniti proposti da Codacons ed altri contro il Comune di Civitanova Marche ed altri4.


3. La motivazione della sentenza n. 343 del 2005

La Corte Costituzionale individua l'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, compreso nel capo II, relativo allo snellimento delle procedure urbanistiche ed edilizie, quale complesso normativo di disciplina che non è derogabile dalle leggi regionali, come si evince dal precedente articolo 1, primo comma, secondo cui le Regioni emanano norme in materia di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia e di sanzioni in conformità ai principî definiti dai capi I, II e III della stessa legge, senza che possa trarsi argomento in contrario dal secondo comma per il quale, fino all'emanazione delle norme regionali, si applicano le norme contenute nella legge statale. Ancora, il giudice costituzionale afferma che con la legge n. 47 del 1985, se da una parte si istituzionalizza il disegno di semplificazione delle procedure in materia urbanistica, eliminando l'approvazione degli strumenti attuativi, dall'altra, però, si accentuano le forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati. In effetti, la statuizione dell'art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985, nella parte in cui prescrive l'invio degli strumenti attuativi comunali alla Regione, è chiaramente preordinata a soddisfare un'esigenza, oltre che di conoscenza per l'ente regionale, anche di coordinamento dell'operato delle Amministrazioni locali ed, in questo senso, la legge statale riserva alla Regione la potestà di formulare “osservazioni” sulle quali i Comuni devono “esprimersi”. Il contrappeso all'abolizione dell'approvazione regionale è costituito dall'obbligo imposto al Comune di inviare alla Regione il piano attuativo, al fine di sollecitarne osservazioni riguardo alle quali il Comune stesso è tenuto a puntuale motivazione. Il meccanismo istituito dall'art. 24 della legge n. 47 del 1985, dunque, in relazione allo scopo perseguito dalla legge, configurando l'obbligo dei Comuni di trasmettere i piani urbanistici attuativi alla Regione, assume il carattere di principio fondamentale.
Vi è però da osservare che, contrariamente alla legge regionale delle Marche, la legge regionale 16 della Campania prevede la modalità dell’invio dei PUA alle province, ma solo per le “eventuali osservazioni” di detti enti, con esclusione, quindi, di qualsivoglia verifica di compatibilità con i livelli di pianificazione sovraordinati.
Tale assunto, collegato a quanto sopra ricordato circa la mancata approvazione a tutt’oggi del livello regionale di pianificazione, ai fini della individuazione delle aree e degli ambiti territoriali da escludere ai fini della approvazione regionale dei piani attuativi comunali, porta a ritenere “non sufficiente” la prevista trasmissione dei PUA alle province, atteso che detti enti non sarebbero allo stato in grado di osservare alcunché, in carenza dei livelli di pianificazione sovraordinati.
Né alcun lume sulla problematica apporta il deliberato di Giunta regionale, n. 635 del 21 aprile 2005 (in BURC n. 25 del 9 maggio 2005), relativo alle direttive di applicazione delle norme dettate dalla L.R. 16 del 2004. Infatti, il paragrafo n. 7 di detto deliberato è riferito essenzialmente alle sole ipotesi di fase transitoria per l’adozione dei PUA (applicabilità o meno della precedente normativa) nonché alle ipotesi di PUA comportanti varianti allo strumento urbanistico comunale generale.
L’approfondimento delle tematiche sin qui osservate, porta a ritenere la necessità di approvazione regionale (o provinciale) quanto meno sino alla individuazione da parte dalla regione delle aree e degli ambiti territoriali da escludere a detta approvazione.
Una ipotesi di applicazione contraria contrasterebbe con un principio fondamentale della legge statale e determinerebbe l'incostituzionalità delle norme regionali.

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1 Sono la n. 196 e le nn. 198 e 199 del 2004, quest’ultima relativa alla deliberazione della Giunta della Regione Campania, n. 2827 del 30 settembre 2003 (Integrazione alle linee guida per la Pianificazione Territoriale Regionale in Campania, di cui alla delibera di Giunta Regionale n. 4459 del 30.09.2002, in materia di sanatoria degli abusi edilizi), giudizio promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 28 novembre 2003, depositato in cancelleria il 3 dicembre 2003 ed iscritto al n. 36 del registro conflitti 2003. Cfr, i commenti di F. Benelli (Un conflitto da atto legislativo (davvero peculiare), una decisione di inammissibilità (ricca di implicazioni), in Rivista Quaderni Costituzionali 2004, 714 ss.) e R. Pinardi (Ancora un conflitto su atto legislativo, in Giur.cost. 2003, 3585 ss.).
2 Per la vicenda della sanatoria edilizia la Corte Costituzionale, con sentenza n. 362 del 2003, è stata chiamata a decidere in ordine ai giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 71 e 27, commi 16 e 17, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale - Legge finanziaria 2002), promossi con ricorsi delle Regioni Marche, Toscana, Basilicata, Campania e Emilia-Romagna.
3 L’articolo 1, primo comma, della legge 47, rubricato “legge quadro”, così dispone: fermo restando quanto previsto dal capo IV, le regioni emanano norme in materia di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia e di sanzioni amministrative in conformità ai princìpi definiti dai capi I, II e III della presente legge. Non è da porre in dubbio, quindi, che la disciplina statale sia da considerarsi normativa “di principi”.
4 Il provvedimento di promozione del giudizio incidentale di legittimità è stato iscritto al n. 406 del registro ordinanze 2004 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 2004. Secondo il Tar Mrche è rilevante e non manifestamente infondata rispetto alla decisione la questione di costituzionalità degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34, perché in contrasto con l'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e, quindi, in violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione. Sotto il profilo della rilevanza, il Tar assume che il Comune di Civitanova Marche ha provveduto alla pianificazione attuativa della “zona mostre” a mezzo di piani di lottizzazione, cui in seguito ha deciso di apportare varianti. Tali atti sono stati introdotti alla stregua delle competenze stabilite dall'art. 4 e seguendo l'iter procedimentale fissato dall'art. 30 della legge regionale n. 34 del 1992. La pianificazione attuativa dunque è svolta dal Comune autonomamente senza controlli né interferenze, da parte della Regione o della Provincia (quest'ultima delegata dalla Regione, in base all'art. 3 della stessa legge regionale n. 34 del 1992). La riscontrata illegittimità costituzionale degli atti di pianificazione comporterebbe l'illegittimità degli stessi e degli atti concessori conseguenti, indipendentemente dagli altri vizi di legittimità denunciati dai ricorrenti. Viene così cancellato un grado intermedio di attività collaborativo-concertativa tra l'ente locale e la Regione, tributaria di potestà legislativa e quindi amministrativa in via ripartita, nella materia urbanistica, in base agli artt. 117 e 118 della Costituzione. Tale collaborazione, dopo la soppressione del potere di approvazione degli strumenti attuativi, già demandato alle Regioni, la norma statale ha inteso mantenere attraverso un diverso meccanismo, tuttavia a tutela della conformità dell'attuazione la pianificazione generale.
 

Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 28/10/2005

 

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