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Articolo 146 comma 10 d. lgs. 42/2004 recante "Codice dei beni culturali e del Paesaggio" - divieto di autorizzazione ex post di interventi realizzati in area vincolata: parere dell'Ufficio Legislativo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali 22 giugno 2004

 



Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Direzione Generale per i Beni Architettonici ed il Paesaggio


Servizio Tecnico-giuridico
Mbac_archit_dgsg
Prot. 3G\106\24664 del 19.7.04
 

Ai Presidenti dei Consigli regionali

Ai Presidenti delle Giunte Regionali


Oggetto: articolo 146 comma 10 d. lgs. 42/2004 recante "Codice dei beni culturali e del Paesaggio" - divieto di autorizzazione ex post di interventi realizzati in area vincolata

 

Alle Soprintendenze per i beni architettonici ed il paesaggio

Alle Soprintendenze per i beni architettonici ed il paesaggio, per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico

Alle Soprintendenze per il beni archeologici

Alle Soprintendenze Regionali per i beni e le attività culturali

Alla Direzione Generale per l'archeologia

All'Avvocatura Generale dello Stato
Via dei Portoghesi, 12 - Roma

Alle Avvocature Distrettuali dello Stato

e p.c. All'Ufficio Legislativo
(rif. nota prot. n. 11758 del 22 giugno 2004)
 



A seguito dell'entrata in vigore, il 1 maggio 2004, del nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio (d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) sono pervenuti a questa Direzione diversi quesiti inerenti la corretta interpretazione e l'applicabilità o meno - nell'attuale fase transitoria - del divieto di autorizzazione ex post di interventi realizzati in area vincolata, previsto dall'art. 146 comma 10 lett. c) del predetto Codice.
Attese le novità, la rilevanza e la portata generale della tematica, questa Direzione ha provveduto a formulare in merito uno specifico quesito all'Ufficio Legislativo, il quale ha fornito, con l'allegato parere prot. N. 11858 del 22 giugno 2004, argomentazioni di carattere ermeneutico e sistematico atte a chiarire definitivamente i seguenti aspetti:
- il divieto di autorizzazione in sanatoria sancito dall'art. 146 comma 10 lett. c) è applicabile sin dall'entrata in vigore del nuovo Codice e si riferisce a provvedimenti che intendono sanare lavori già eseguiti in area tutelata dal punto di vista paesaggistico senza aver ottenuto il preventivo nulla-osta;
- i procedimenti di autorizzazione postuma in corso, ma non ancora formalmente conclusi alla data del 1 maggio 2004, non potranno avere esito positivo;
- le autorizzazioni ex post rilasciate dopo la data del 1° maggio dovranno quindi essere revocate, al fine di evitare provvedimenti ministeriali di annullamento;
- il divieto predetto non si riferisce alle domande di condono edilizio che sono relative a fattispecie diverse e restano ovviamente regolate dalla speciale disciplina del capo IV della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

Nell'ottica di leale e proficua collaborazione fra Stato e Regioni nell'esercizio della tutela paesistico-ambientale, si pregano quindi codesti Organi Regionali di diffondere il parere qui accluso, impartendo le opportune disposizioni a tutti gli Enti e gli Uffici competenti, ai fini della piena operatività dei principi sopra esposti.

Inoltre, si richiede a codeste Regioni di voler indicare alle Autorità subdelegate la formula più idonea per garantire l'adempimento del disposto degli artt. 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e quindi ottemperare all'obbigo di comunicazione agli interessati dell'autorizzazione rilasciata e del conseguente avvio del procedimento innanzi alla Soprintendenza, obbligo sancito dall'art. 159, comma 1 ultimo periodo del nuovo Codice.


IL DIRETTORE GENERALE
Arch. Roberto Cecchi



MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI
UFFICIO LEGISLATIVO


Roma, 22 giugno 2004


Alla Direzione Generale per i Beni Architettonici ed il Paesaggio


Oggetto: Articolo 146, comma 8, lettera c) del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante il "Codice dei beni culturali e del paesaggio". Autorizzazione ex post - quesito.

Con nota 18801 del 28 maggio u.s., codesta Direzione generale domanda se il divieto di rilascio in sanatoria dell'autorizzazione paesaggistica, sancito dall'articolo 146, comma 10, lettera c) del nuovo codice dei beni culturali e del paesaggio, debba trovare immediata applicazione, sin dalla data di entrata in vigore del codice (1° maggio 2004), oppure se, non essendo tale divieto espressamente contento anche nell'articolo 159, recante la disciplina del Procedimento di autorizzazione in via transitoria, esso debba invece ritenersi applicabile solo a far tempo dall'entrata "a regime" del nuovo procedimento autorizzatorio ridefinito dall'articolo 146, vale a dire dopo l'approvazione dei piani paesaggistici, ai sensi dell'articolo 156 ovvero ai sensi dell'articolo 143, e dopo il conseguente adeguamento degli strumenti urbanistici ai sensi dell'articolo 145 del codice.
in merito ritiene questo Ufficio legislativo che il divieto in oggetto sia di immediata applicazione, sin dalla data di entrata in vigore del codice, e ciò per la risolutiva considerazione della natura di norma sostanziale di delimitazione del potere autorizzatorio, propria di tale divieto, che non è dunque compreso nelle previsioni meramente procedurali contenute nell'articolo 159, non a caso rubricato Procedimento di autorizzazione in via transitoria.
La disciplina transitoria introdotta dall'articolo 159 del codice - che trova applicazione immediata, dal 1° maggio 2004, "Fino all'approvazione dei piani paesaggistici , ai sensi dell'articolo 156 ovvero ai sensi dell'articolo 143, ed al conseguente adeguamento degli strumenti urbanistici ai sensi dell'articolo 145", contiene invero, solo previsioni di tipo strettamente procedurale. Esso prevede l'immediata comunicazione alla soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, in uno alla documentazione prodotta dall'interessato e alle risultanze degli accertamenti eventualmente esperiti; l'invito contestuale di tale comunicazione anche agli interessati , per i quali costituisce avviso di inizio di procedimento ; la possibilità della produzione di una relazione illustrativa da parte dell'amministrazione competente; il termine di sessanta giorni per il rilascio dell'atto autorizzativo, che costituisce comunque atto distinto e presupposto della concessione edilizia o degli altri titoli legittimanti l'intervento edilizio; la disciplina delle integrazioni documentali e della sospensione istruttoria rinvio alle disposizioni procedurali dell'articolo 6, comma 6-bis, del decreto ministeriale 13 giugno 1994, n. 495; la conferma, in via transitoria, del potere ministeriale di annullamento dell'autorizzazione; il potere sostitutorio statale in caso di inerzia dell'amministrazione competente sulla domanda di autorizzazione.
La stessa conclusione deve peraltro valere anche per la disposizione, contenuta nel secondo periodo del comma 2 dell'articolo 159, secondo la quale i lavori non possono essere iniziati in difetto dell'autorizzazione. Si tratta, infatti, di un enunciato meramente ricognitivo della condizione propria di una posizione soggettiva in attesa di espansione, condizionata nel suo esercizio dalla previa rimozione del limite autorizzatorio legale costituito dal rilascio del titolo autorizzatorio. Analoghe conclusioni valgono per la disposizione contenuta nel comma 5 dell'articolo 159 in base alla quale, per le residue fattispecie ancora interessate dai cd. "galassini" - pubblicati nella Gazzetta Ufficiale in data anteriore al 6 settembre 1985 - l'autorizzazione può essere concessa solo dopo l'approvazione dei piani paesaggistici. in questo caso si tratta di una norma limitata alla disciplina di fattispecie residuali, i cui effetti sono naturalmente destinati a cessare con il venir meno di tal rimanenti ipotesi eccezionali.
In conclusione, è chiaro che tutte le disposizioni contenute nell'articolo 159 del codice introducono solo norme proceduralli, che non riguardano profili sostanziali dell'esercizio del potere autorizzatorio; non investono, cioè, in alcun modo l'ambito di estensione di tale potere e la sua intrinseca connotazione.
Ne consegue che l'articolo 159 "prevale" temporaneamente, come norma transitoria sul nuovo regime di disciplina dell'autorizzazione paesaggistica dettato dall'articolo 146 del codice, solo per le corrispondenti previsioni procedurali contenute nel suddetto articolo 146, che sono effettivamente "duplicate" da correlative previsioni transitorie. Ma non può prevalere anche sulle previsioni contenute nell'articolo 146 che riguardano non già la procedura di rilascio dell'autorizzazione, ma la delimitazione e la configurazione stessa del potere autorizzatorio in questione.
La norma che vieta il rilascio successivo dell'autorizzazione appartiene per l'appunto a questa seconda tipologia di norme. E' norma di disciplina dei limiti del potere autorizzatorio, non norma di procedura. essa è dunque immediatamente applicabile.
Questa interpretazione è corroborata anche dalla considerazione della ratio che sorregge l'istituto in discorso. E' noto che il divieto (introdotto anche in recepimento del parere della VII commissione della Camera sullo schema di codice mira a negare in radice la possibilità, implicitamente ammessa dalla giurisprudenza, di un "trapianto" nella0mbito della materia della tutela del paesaggio della norma sull'accertamento di conformità propria della materia edilizia (articolo 13 della legge 47 del 1985). L'esclusione di un "accertamento di conformità" paesaggistico, oltre che, come p ovvio, sul diverso grado di protezione accordata al paesaggio dall'articolo 9 della Costituzione, si fonda sul rilievo della natura sostanzialmente discrezionale (o tecnico-discrezionale) dell'autorizzazione paesaggistica che la differenzia radicalmente, dal punto di vista della stessa intrinseca configurazione del potere esercitato 8oltre che del bene-interesse protetto), rispetto alla "sanatoria" urbanistica, che è, invece, di regola interamente vincolate alla verifica di conformità del progetto rispetto al piano regolatore. una delle ragioni sostanziali del divieto, insomma, consiste nel fatto che la verifica della compatibilità di una trasformazione del territorio con i notevole interesse paesaggistico è sostanzialmente discrezionale ( e deve perciò esser fatta "prima"), mentre la verifica della compatibilità di una trasformazione del territorio con gli strumenti urbanistici vigenti, sotto il profilo urbanistico-edilizio, è del tutto vincolata (e può perciò essere fatta anche "dopo").
Orbene, questo ragionamento dimostra che le motivazioni che stanno alla base del ripetuto divieto di autorizzazione paesaggistica postuma si presentano particolarmente forti proprio nella fase transitoria. Nella fase transitoria, infatti, la pianificazione paesaggistica esistente non è in grado ancora di svolgere quel ruolo di guida all'esercizio del potere autorizzatorio che, invece, il nuovo articolo 143 intende ad essa assegnare (prevedendo nuovi piani ricchi di contenuti precettivi e regolativi dell'uso compatibile del territorio). Nella fase transitoria, dunque, il completamento della disciplina d'uso degli immobili e delle aree sottoposti a vincolo rimane affidato alla scelta discrezionale dell'amministrazione competente ad autorizzare gli interventi. E' in questa fase transitoria, pertanto, che è e resta è particolarmente avvertita la necessità di assicurare che tale valutazione avvenga "prima" della modifica dello stato delle cose. la ridetta ragione giustificatrice del divieto potrebbe invece in qualche modo divenire meno urgente con la progressiva opera di adeguamento dei piani paesaggistici ai nuovi dettami analitici di cui all'articolo 143 del codice. All'esito di tale adeguamento, infatti, allorquando i piani diverranno veri piani regolatori dell'uso antropico del territorio compatibile con il valore paesaggistico protetto, la connotazione di discrezionalità dell'atto autorizzatorio potrebbe anch'essa subire un ridimensionamento, con contestuale incremento del profilo di vincolo paesaggistico adeguato. Con la conseguenza che, superato il regime transitorio di cui all'articolo 159 del codice, la giustificazione del divieto, del punto di vista della tutela del paesaggio, potrebbe essere ritenuta meno urgente e chiara di quanto non lo sia invece allo stato attuale della pianificazione paesaggistica, che impone, a mo' di necessario completamento , la "chiusura" del sistema con un atto autorizzatorio necessariamente preventivo.
In conclusione, un'interpretazione che spostasse l'operatività del divieto in oggetto a dopo la fase transitoria di cui all'articolo 159 del codice, finirebbe per tradire la ragione giustificatrice propria dell'introduzione del suddetto divieto.
Come già ipotizzato nella richiesta di parere di codesta Direzione generale, corollario applicativo della esposta opzione interpretativa sarà la impossibilità di conclusione positiva dei procedimenti di autorizzazione postuma in corso alla data di entrata in vigore del codice, ma non ancora conclusi con la formale adozione dell'atto terminale della procedura.
La natura di norma di delimitazione sostanziale dell'ambito applicativo del potere autorizzatorio, propria, come si è visto, della disposizione di divieto in esame, implica la chiusura negativa dei procedimenti pendenti su domande di autorizzazione in sanatoria, posto che la legge sopravvenuta ha espresso la scelta inequivoca di non volere più consentire il tipo di atto cui quei procedimenti erano preordinati. Il principio tempus regit actum, riferito al procedimento amministrativo, implica che il provvedimento finale del procedimento, che esprime l'assetto pubblicistico degli interessi coinvolti nella fattispecie, deve obbedire alle scelte di valore espresse dalla legge vigente alla data di adozione dell'atto. la diversa scelta, di consentire, per ragioni equitative, la conclusione dei procedimenti in corso in base alla normativa anteriore, vigente al tempo della presentazione della domanda, avrebbe dovuto essere consacrata in una previsione espressa dal codice.
Mette conto di precisare, per completezza di esame delle problematiche connesse al quesito, che le soluzioni ora raggiunte, nel senso della immediata applicabilità del divieto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria ai procedimenti pendenti e non conclusi alla data di entrata in vigore del codice, non riguardano in alcun modo lo speciale procedimento relativo al cd. "condono edilizio", introdotto dal capo IV della legge 47 del 1985, i cui termini sono stati di recente riaperti con l'articolo 32 del d.l. 269 del 2003. Il "condono" costituisce, infatti, una fattispecie speciale, cronologicamente circoscritta agli interventi ultimati entro il mese di marzo 2003, come tale regolata da un a norma speciale temporanea prevalente su quelle ordinarie: le fattispecie sottoposte a domanda di condono andranno dunque regolate per intero con la normativa data dal predetto articolo 32, nonchè dagli articoli 32 e 33 della legge 47 del 1985 come da ultimo modificati. per tali procedimenti non si pone affatto un problema di divieto dell'autorizzazione successiva (per essi vale, come è noto, il sistema del parere vincolante dell'amministrazione competente).

IL CAPO UFFICIO LEGISLATIVO
Cons. Mario Luigi Torsello