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Erogazione gratuita di farmaci.

La soluzione giuridica etnea ad alcune rilevanti questioni.

 

Di Andrea Anfuso Alberghina

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia – Sezione Staccata di Catania – Seconda Sezione – in Camera di Consiglio con l’intervento dei signori:

Dr. Vincenzo Zingales, presidente,
Dr Salvatore Schillaci, Consigliere,
Dr.ssa Rosalia Messina, Consigliere relatore,
 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA


Sulla domanda di sospensione dell’esecuzione provvedimento che è stato impugnato - in via giurisdizionale – col ricorso … /2003 proposto da ….. rappresentato e difeso da Anfuso Alberghina Avv. Andrea Vitale Avv. Francesca, con domicilio eletto in Catania, Via G. Leopardi, 141, presso vitale avv. Francesca,
CONTRO
Azienda Unità Sanitaria Locale ….. Difesa dall’avvocato … ,
PER
- Il riconoscimento del diritto all’erogazione gratuita dei farmaci di cui alla prescrizione medica del dott. …. Del 01/04/2003;
- La condanna della Azienda Unità Sanitaria Locale ….. al risarcimento dei danni subiti dal ricorrente a causa della mancata erogazione di detti farmaci in misura pari alle spese sostenute per il loro acquisto, per l’acquisto delle strumentazioni (siringa temporizzata) necessarie alla somministrazione;
IN SUBORDINE
L’annullamento del rigetto della relativa istanza del 04/07/2003;
IN ULTERIORE SUBORDINE

L’impugnazione del silenzio serbato dalla P.A. sulla predetta istanza;

Visto il ricorso introduttivo del giudizio;
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato;
Visto L’atto di Costituzione della A.U.S.L. ….;
Udito il relatore consigliere Rosalia Messina;
Uditi gli avvocati come da verbale;
Vista la documentazione tutta in atti;
Visto l’art. 21 U.C., della legge 6 dicembre 1971, 1034;
Visto il D.P. n° 1866/2003 (rigetto in relazione solo al difetto dell’estrema gravità ed urgenza);
Ritenuta la propria giurisdizione, ex art. 33[1] D. lvo n° 80/1998 e succ. modif. (V. T.A.R. Campania, I 7250/2002);
Ritenuto che la disciplina applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio va ricavata dall’art. 1 d. l.vo n° 502/1992[2], nella formulazione di cui all’art. 1 all’art. 1 D. L.vo n° 229/1999, afferendo tutte le disposizioni emanate in data anteriore al 1999, le quali per altro riguardano la fase di sperimentazione della cosiddetta terapia DI Bella;
Ritenuto che una fondamentale, esplicita indicazione, nel senso testè indicato si ricava dalla recente ordinanza della Corte Costituzionale n° 279/2003[3], con la quale è stata dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale in relazione agli articoli 3 e 32 cost., dell’art. ¼ d.l. n. 186/1998 conv. In L. 257/1998;
 

Considerato che la Corte ha affermato, per quel che qui rileva:
a) che il divieto previsto dalla norma predetta, della erogazione della cosiddetta Terapia Di Bella a carico del S.S.N. “deve intendersi riferito alla sola fase della speciale sperimentazione” cui è stata sottoposta tale terapia;
b) che il divieto temporalmente illimitato di erogazione a carico del S.S.N. della ripetuta terapia non è una soluzione necessitata, poiché frutto di una interpretazione che “non tiene adeguatamente conto dell’intero contesto normativo in cui la disposizione è inserita”;
c) Che “il giudice ha il dovere di verificare se la norma sia suscettibile di una interpretazione conforme a costituzione” (la stessa Corte richiama, fra le proprie recenti pronunce in tale senso, le ordinanze n. 19/2003 e n.n. 233 e 116 del 2002);

Ritenuto, per tanto, che l’art. 1 del D. L.vo 502/1999, …, non osta alla erogazione della somatostatina, come prescritta dal dott. … al richiedente, a carico del S.S.N., in quanto per la tutela della salute e per l’assistenza assicurata nei livelli essenziali ed uniformi dal detto S.S.N. i criteri di cui tenere conto sono molteplici, e quello della “economicità nell’impiego delle risorse” è solo uno di essi, dovendosi tenere altresì in considerazione il “rispetto dei principi della dignità umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, delle qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze” (comma II del citato art. 1 d. lvo 502/1992);

Ritenuto che non è applicabile alla fattispecie il comma ottavo del medesimo art. 1, il quale – ancorando l’erogazione gratuita delle “prestazioni innovative” alla sperimentazione autorizzata presso strutture accreditate – fa riferimento a farmaci ancora da sperimentare, il che non può dirsi della c.d. terapia Di Bella, la quale, come è noto, è già stata sottoposta a sperimentazione;

Ritenuto che non ricorre, nella presente fattispecie, alcuna delle ipotesi di cui al settimo comma dell’art. 1 d.l. n. 502/1992, nelle quali non si possono erogare prestazioni assistenziali a spese del S.S.N., e che in particolare:

- non ricorre l’ipotesi di cui alla lettera a) - non rispondenza a necessità assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori del S.S.N. di cui al comma 2 – in quanto, ovviamente, la cura dei malati terminali di gravi malattie oncologiche rientra nei trattamenti sanitari conformi ai principi della dignità della persona umana del bisogno di salute ed agli altri principi di cui al comma 2, dovendosi tenere conto, per quanto riguarda il principio di “appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze” della estrema variabilità della risposta individuale alle terapie, sopratutte a quelle anti tumorali;

- neppure ricorre, alla luce di quanto appena s’è osservato, l’ipotesi di cui alla lettera b) – Non rispondenza al principio di efficacia e appropriatezza – posto che il criterio guida per l’erogazione gratuita dei servizi sanitari è la necessaria considerazione delle “specifiche condizioni cliniche o di rischio” e che è stata, nella specie, documentata la stabilizzazione della patologia del ricorrente dopo la somministrazione di somatostatina;

Considerato che se è vero che non è certo che ciò dipenda in tutto o in parte dalla terapia, è altrettanto vero che, in assenza della certezza contraria, la stabilizzazione deve essere ricondotta a quella ipotesi di “specifica condizione clinica” fronte della quale la relativa spesa deve essere posta a carico del S.S.N. (parte iniziale del 7° comma dell’art. 1 D. L.vo n° 502/1992);

- Non ricorre infine l’ipotesi di cui alla lettera C del settimo comma in esame (equivalente efficacia di farmaci meno costosi o di forme di assistenza meno costose) in quanto la storia clinica del paziente odierno ricorrente, come documentato in atti, non evidenzia la sussistenza di tali alternative (per altro la terapia prescritta dal dott. …. È da eseguire dal paziente nel proprio domicilio);

Ritenuto in conclusione che alla luce di quanto si è esposto va posta a carico del S.S.N. la spesa derivante dal trattamento denominato “protocollo Di Bella”, tenuto altresì conto delle seguenti circostanze, attestate dal dott. …, al quale soltanto compete, quale medico curante, il potere ( e la relativa corresponsabilità) della scelta terapeutica (… Tribunale di Trani, sezione civile ord. 16/07/1999, relativa ad un’ipotesi analoga a quella oggetto del presente giudizio):

- dell’”alto rischio invalidante e sulla vita che si potrebbe avere a seguito di intervento chirurgico” (v certificazione medica chiamata subito appresso)”

- della “scelta dei familiari basata sul concetto di qualità di vita residua del paziente” (certificazione e prescrizioni del … …);

ritenuto, tenuto conto del reddito del paziente che sussiste il “Periculum in mora”;

ritenuto di dover accogliere l’istanza cautelare in esame, ordinando all’…. di erogare la prestazione sanitaria oggetto di controversia al ricorrente;


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – sezione staccata di Catania (sez. II)- accoglie l’istanza cautelare in esame come precisato in motivazione.

Ordina che la presente ordinanza sia eseguita dall’autorità amministrativa e manda alla segreteria per le prescritte comunicazioni.

Così deciso in Catania, in camera di consiglio, in data 21/11/2003.



Erogazione gratuita di farmaci
La soluzione giuridica etnea ad alcune rilevanti questioni

 

A cura dell’avvocato Andrea Anfuso Alberghina (mail to avv.anfuso@escite.com )


Nel ricorso in esame il ricorrente agiva per chiedere l’erogazione gratuita di farmaci salvavita posti a suo totale carico, nonostante la certificata utilità per la stabilizzazione della patologia (K-Polmonare) e la conoscenza degli stessi nel mondo medico e farmacologico.

I principi affermati sono molti e molto importanti, ed impongono una adeguata riflessione.

Astraendo il presente caso possiamo ricavare delle fattispecie utili alla risoluzione di problematiche simili.

Sul Diritto alla erogazione gratuita dei farmaci in generale. Questa costituisce articolazione dei diritti costituzionali riconosciuti dagli art. 2,3,13,14,32 della Carta e concreta il diritto alla Salute sub art. 34. Diversissime volte sia le corti di merito che di legittimità si sono pronunciate al riguardo ricocendo, con indirizzo ormai costante, il diritto all’erogazione ove i farmaci siano necessari, indispensabili ed insostituibili come una concreta manifestazione del diritto generale ex art. 32 Cost. .

La giurisprudenza di legittimità e di merito formatasi in materia, sia prima che dopo il 1993, appare confortare pienamente la tesi esposta. Si veda Cassazione civile, sez. lav., 23 febbraio 2000, n. 2034 per la quale “ Il diritto all'assistenza farmaceutica, articolazione del diritto alla salute di cui all'art. 32 cost., comprende la somministrazione di farmaci che, sebbene non inclusi nella classificazione di cui alla lett. a) dell'art. 8 l. 24 dicembre 1993 n. 537, risultino indispensabili per il trattamento di gravi condizioni o sindromi morbose che esigono terapie di lunga durata. Conseguentemente sussiste il diritto al rimborso delle spese sostenute per l'acquisto di un farmaco con le caratteristiche indicate, restando irrilevante la mancata registrazione del farmaco stesso in Italia. A tal fine il giudice deve disapplicare l'atto di classificazione che in contrasto con l'art. 32 cost. non include il farmaco in questione.” Altre volte la Corte si è espressa in modo conforme al principio di cui sopra, in diverso quadro legislativo. Si veda Cassazione civile, sez. lav., 3 ottobre 1996, n. 8661 “Nella formazione del "prontuario terapeutico" secondo i criteri della efficacia terapeutica e della economicità dei farmaci di cui all'art. 10 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, conv. con modificazioni dalla l. 11 novembre 1983 n. 638, il criterio della economicità non può escludere la esenzione dalla compartecipazione alla spesa, ove il farmaco risulti indispensabile ed insostituibile per il trattamento di gravi condizioni o sindromi morbose che esigono terapie di lunga durata, o di altre forme morbose gravi, parimenti contemplate dal comma 2 dell'art. 10, con la conseguenza che, in tali circostanze, il farmaco stesso, ancorché non compreso nel prontuario approvato con decreto ministeriale, va posto a carico del servizio sanitario nazionale, previa disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo nella parte in cui non comprende farmaci indispensabili.”

Si veda anche Cassazione civile, sez. lav., 22 aprile 1994, n. 3870 “ Posto che applicando la normativa vigente "ratione temporis", la somministrazione di un farmaco è egualmente a carico del servizio sanitario nazionale (ancorché esso non sia compreso nel prontuario terapeutico) ove si tratti di farmaco destinato al trattamento di gravi condizioni o sindromi morbose che esigano terapie di lunga durata, l'esclusione del medicinale dal prontuario o la mancata ricorrenza di questi requisiti non sacrificano il diritto alla salute nel suo contenuto essenziale.” Tale indirizzo era parimenti seguito quando era in vigore la disciplina del cosiddetto prontuario unico farmaceutico. Si veda Cassazione civile, sez. lav., 7 febbraio 1984, n. 951 “Il decreto ministeriale di revisione annuale del prontuario terapeutico per l'assistenza farmaceutica, emesso ai sensi dell'art. 9, comma 3, d.l. 8 luglio 1974 n. 264, ha natura di atto amministrativo di mero accertamento tecnico, con cui si dettano criteri uniformi per la pratica attuazione dell'assistenza farmaceutica. Ne consegue che gli enti interessati non possono negare ai propri assistiti la somministrazione dei medicinali non inclusi nel prontuario terapeutico, che siano stati prescritti come necessari per un'efficace azione curativa della malattia denunziata e che non possano essere sostituiti con altri di pari efficacia, inclusi nel prontuario.” ( si vedano in senso conforme anche Cassazione civile, sez. lav., 21 gennaio 1984, n. 527 Ministero tesoro c. Carretti, Giust. civ. Mass. 1984, fasc.1 Giust. civ. 1984, I,1809. -Conforme- Cassazione civile, sez. lav., 21 gennaio 1984, n. 528 Ministero tesoro c. Rizzitano, 1984, -Conforme- Cassazione civile, sez. lav., 25 gennaio 1984, n. 604 Ministero tesoro c. Villani, Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 1. -Conforme- Cassazione civile, sez. lav., 7 febbraio 1984, n. 951 Ministero tesoro c. Lusetti, Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 2.) Si veda anche l’ordinanza del Tribunale di Bologna del 24/05/1999, per la quale “per effetto positivo può e deve intendersi non soltanto il miglioramento clinico ma altresì il mancato ulteriore aggravamento clinico, o la diminuzione dell’indice di progressione di tale aggravamento, come pure l’aumento della speranza di vita, o anche il semplice miglioramento delle condizioni di vita anche in presenza di immutata speranza di vita”

La giurisdizione. Il primo problema che si pone è quello della giurisdizione. Se fino all’entrata in vigore del decreto legislativo 80/98 non vi era dubbio che le cause aventi ad oggetto la richiesta di erogazione gratuita dei farmaci – o le domande di risarcimento del danno per il rimborso delle spese effettuate per il loro acquisto – spettasse al Giudice Ordinario – nonostante un certo rimbalzo tra giudice ordinario e giudice del lavoro, l’art. 33 del D. Lvo 80/98 ha introdotto un nuovo punto di discussione. Questo, infatti, con disposizione certamente ambigua e foriera di dubbi ed incertezze, prevede: “1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481.
2. Tali controversie sono, in particolare, quelle:… e) riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona o a cose e delle controversie in materia di invalidità.”

La questione sta nel verificare se la presente vicenda giuridica, avente ad oggetto la prestazione di farmaci necessari ed indispensabili alla cura di una patologia di lunga durata che hanno dato riscontrati ed incontestabili effetti positivi, rientri tra le questioni: “e) riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale” ovvero ne esuli perché rientrante nella“esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati”.

Mancano sulla specifica problematica pronunce in merito ed assistiamo, il caso in esame né è la dimostrazione, ad un rimbalzo di giudici e giudizi favorito e creato dalla mancanza di chiarezza del testo legislativo.

In base alla previsione normativa il giudice amministrativo ha competenza esclusiva sulle questioni afferenti i pubblici servizi ivi comprese le prestazioni del S.S.N. con esclusione dei rapporti individuali con soggetti privati, indipendentemente dal fatto che la posizione giuridica del richiedente sia configurabile come diritto soggettivo o interesse legittimo. I “rapporti individuali di utenza con i privati” che esulano dalla competenza della G.A. sono quei rapporti che vedono l’erogatore non un ente pubblico ma una struttura privata e detto rapporto trova la sua fonte di disciplina e tutela nell’ambito propriamente privatistico ( cfr T.AR. Campania – sez. I^ - sentenza 1358/2001). “Andrà quindi di volta in volta attentamente vagliata la forma giuridica che media l’erogazione della prestazione, rientrando nella giurisdizione esclusiva quei rapporti che comunque abbiano una fonte provvedimentale nonché quelli – come si può desumere a contrario dalla citata ordinanza dell’adunanza plenaria – siano sottratti all’applicabilità integrale del diritto privato e presentino quindi un tratto pubblicistico” ( cfr T.AR. Campania – sez. I^ - sentenza 1358/2001). Specifica ulteriormente la precitata sentenza: “ Lì dove, invece, come nel caso di specie in esame, venga in rilievo una pretesa diretta nei confronti del soggetto pubblico titolare del servizio sanitario, in termini di domanda di prestazione sanitaria asseritamente dovuta in base alla disciplina vigente di settore, senza la mediazione di alcuna vicenda contrattuale inter partes, allora deve affermarsi la regola generale della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella materia dei servizi pubblici. In tali evenienze, invero, lo schema legale entro il quale deve ricondursi la fattispecie è piuttosto quello pubblicistico della ammissione al godimento di una prestazione pubblica, ovvero quello, del pari pubblicistico, della concessione o, ancora, della sovvenzione o sussidio al privato (sotto forma di riconoscimento economico delle spese sostenute per l’acquisizione del trattamento sanitario urgente), schema rispetto al quale appare ragionevole la scelta normativa di radicamento della giurisdizione del giudice amministrativo, a prescindere (in giurisdizione esclusiva) dalla consistenza di diritto soggettivo o di interesse legittimo della posizione soggettiva vantata dall’utente individuale (in relazione al carattere più o meno discrezionale o vincolato dell’ammissione, implicita o esplicita, che media l’erogazione del servizio).” ( riconoscono la giurisdizione della G.A. T.A.R. Puglia – Lecce – sez. II N° 3245/2002 del 15/01/2003 e 2421/2002 del 16/10/2002).

Il T.A.R. etneo ha aderito a questa tesi ritenendosi competente.

La disciplina specifica della cosiddetta cura Di Bella. Riportiamo i passi salienti della motivazione in argomento. “ Ritenuto che la disciplina applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio va ricavata dall’art. 1 d. l.vo n° 502/1992, nella formulazione di cui all’art. 1 all’art. 1 D. L.vo n° 229/1999, afferendo tutte le disposizioni emanate in data anteriore al 1999, le quali per altro riguardano la fase di sperimentazione della cosiddetta terapia DI Bella;

Ritenuto che una fondamentale, esplicita indicazione, nel senso testè indicato si ricava dalla recente ordinanza della Corte Costituzionale n° 279/2003, con la quale è stata dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale in relazione agli articoli 3 e 32 cost., dell’art. ¼ d.l. n. 186/1998 conv. In L. 257/1998;

Considerato che la Corte ha affermato, per quel che qui rileva:

d) che il divieto previsto dalla norma predetta, della erogazione della cosiddetta Terapia Di Bella a carico del S.S.N. “deve intendersi riferito alla sola fase della speciale sperimentazione” cui è stata sottoposta tale terapia;

e) che il divieto temporalmente illimitato di erogazione a carico del S.S.N. della ripetuta terapia non è una soluzione necessitata, poiché frutto di una interpretazione che “non tiene adeguatamente conto dell’intero contesto normativo in cui la disposizione è inserita”;

f) Che “il giudice ha il dovere di verificare se la norma sia suscettibile di una interpretazione conforme a costituzione” (la stessa Corte richiama, fra le proprie recenti pronunce in tale senso, le ordinanze n. 19/2003 e n.n. 233 e 116 del 2002);”

La normativa da applicare al caso di specie è la normativa generale indicata e non quella relativa alla sperimentazione della cura Di Bella che si è conclusa negativamente. Queste norme hanno aperto una parentesi che si è chiusa con i Comunicati ministeriali che ne hanno sancito il fallimento.
La sperimentazione del Multitrattamento Di Bella è stata disposta con il decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, recante "Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria", successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94. Detta sperimentazione non è stata “naturale” ma è stata dettata dalle pressioni dell’opinione pubblica e da molte ordinanze ex art. 700 c.p.c. dei Pretori (Pretura di Maglie) e Tribunali (in sede di reclamo) che concedevano i medicinali del multitrattamento Di Bella ponendoli a carico del S.S.N. . L’allora Ministro della Sanità – Rosy Bindi – era fortemente contraria a tale sperimentazione – forse anche per rancori o motivi personali nei confronti del Prof. Di Bella – ma ha dovuto cedere di fronte a questo conflitto istituzionale – Governo (ergo ministro della Sanità) e Magistratura ordinaria ed anche Amministrativa -.
Medio tempore è intervenuto il decreto-legge 16 giugno 1998, n. 186, recante "Disposizioni urgenti per l'erogazione gratuita di medicinali antitumorali in corso di sperimentazione clinica, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 26 maggio 1998", che è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1998, n. 257. Con il comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 181 del 5 agosto 1998, secondo quanto previsto dall'art. 1 del citato decreto-legge 16 giugno 1998, n. 186, è stato reso pubblico il termine della sperimentazione del "multitrattamento Di Bella" relativa ai protocolli n. 4, 6, 8 e 10; e con il comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 276 del 25 novembre 1998 è stato reso pubblico il termine della sperimentazione del "multitrattamento Di Bella" relativa ai protocolli n. 1, 3, 5, 7 e 9 la sperimentazione si è chiusa con esito definitivamente negativo.
Rileva al proposito la Corte Costituzionale nell’ordinanza n° 279 del 08/07/2003 relativamente alla denunciata illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, del D.L. 16/06/1998 n° 186 convertito dalla legge 30/07/1998 n° 257 che ha disposto l’inizio della sperimentazione dei protocolli Di Bella : “che, peraltro, quest’ultima interpretazione non appare convincente, in quanto non tiene adeguatamente conto dell’intero contesto normativo in cui la disposizione è inserita ; che il divieto previsto dalla norma impugnata deve intendersi riferito alla sola fase della speciale sperimentazione di cui ai suddetti decreti-legge; che, così circoscritta la portata della norma, essa si sottrae ad ogni possibile rilievo di costituzionalità alla luce dell’articolo 32 della Costituzione; che, pertanto, il giudice remittente nell’esercizio dei suoi poteri, era pienamente in grado di utilizzare l’interpretazione maggiormente compatibile con i principi costituzionali, pur nel rispetto della normativa a tutela dell’individuazione dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale a cui si sono riferite anche le sentenze n. 185 del 1998 e 188 del 2000; che questa Corte ha avuto ripetutamente occasione di affermare che il giudice ha il dovere di verificare se la norma sia suscettibile di una interpretazione conforme a Costituzione (si vedano più di recente, fra le molte, le ordinanze n. 19 del 2003, n. 233 del 2002 e n. 116 del 2002).” Questa pronuncia costituisce diritto vivente e chiaramente riconosce:

- che la normativa sulla sperimentazione dei protocolli Di Bella ha avuto una efficacia limitata nel tempo e non è più applicabile stante l’esito negativo della stessa;

- Che il giudice, nell’esercizio dei poteri costituzionali di cui è detentore, deve accertare il rispetto dei principi costituzionali e dare alle norme un’interpretazione adeguata ed adeguatrice in grado di garantire un’interpretazione ed applicazione conforme a costituzione.

Ciò che interessa nel caso in esame è la posizione del singolo ricorrente e deve accertarsi se i medicinali della cosiddetta Cura Di Bella abbiano nei suoi confronti prodotto risultati benefici e, per tanto, possano essere somministrati gratuitamente a cura del S.S.N. .

Di fatti, anche dopo l’esito negativo della sperimentazione – capziosa e superficiale – la magistratura ordinaria ed amministrativa, applicando le norme generali dell’ordinamento giuridico e quelle speciali che regolano l’erogazione dei farmaci, ha continuato a riconoscere il diritto per i malati terminali di tumore di aver l’erogazione gratuita dei farmaci del multitrattamento Di Bella disapplicando gli atti amministrativi ritenuti illegittimi (quindi anche le ordinanze e comunicati ministeriali che decretavano il fallimento della sperimentazione sul protocollo Di Bella).

Costituisce, per tanto, un reperto storico quella specifica normativa che ha concluso definitivamente la sua efficacia con la decretazione del suo “fallimento” ad opera dei comunicati ministeriali.

Nel merito. La disciplina positiva viene individuata nell’art. 1 del D. L.vo 502/92 come modificato dalla legge 229/1999 riportato in nota. L’interpretazione sistematica della norma porta a dire che l’“economicità nell’impiego delle risorse” di cui al comma II è solo uno dei criteri che bisogna tenere in considerazione nell’elaborazione del piano sanitario nazionale, dovendosi tenere necessariamente in considerazione il necessario ed indispensabile “rispetto dei principi della dignità umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, delle qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze” di cui al I comma, nonché i principi e valori costituzionali di cui agli art. 2,3, 13,14,32 della Carta fondamentale.

Il diritto alla salute – o diritto di salute - è un diritto soggettivo perfetto, non passibile di alcuna limitazione e l’art. 32 della Costituzione, facendo rientrare il diritto alla Salute tra i diritti fondamentali dell’individuo, impone allo Stato una serie di obbligazioni positive sì da far divenire questo diritto reale e non soltanto programmatico. “ Il diritto di cui si invoca la salvaguardia da asserita lesione, (…), diritto denominato “alla salute”, ma meglio definibile come diritto “di salute”, cioè diritto di star bene, fondatamente per natura costituzionale e dalla tutela contemplata (artt. 2 e 32 della Costituzione) è esso sovrastante all’amministrazione, di guisa che questa non ha alcun potere, neppure per motivi di interesse pubblico particolarmente rilevante, non solo di affievolirlo ma neanche di pregiudicarlo nel fatto, indirettamente. E’ un “ diritto primario” (v. corte Costituzionale, 18/12/1987 n° 559) ed “assoluto” dell’individuo (v. corte Costituzionale 27/07/1979 n 88) nei cui riguardi l’amministrazione si spoglia delle prerogative pubblicistiche,( …), non soltanto non ha potere oblatorio ma può essere passibile di un provvedimento inibitorio da parte del giudice naturale dei diritti ( V. Cass. Sez. Unite 06/10/1975 n 3164)… Verso di esso l’amministrazione non ha facoltà di scelta: deve assoluto ed incondizionato rispetto.” (Tribunale di Camerino, ordinanza del 30/11/1999).

Successivamente il Collegio Etneo passa ad esaminare le cause ostative che potrebbero comportare un diniego nella somministrazione dei farmaci richiesti. In primo luogo non è di ostacolo “il comma ottavo del medesimo art. 1, il quale – ancorando l’erogazione gratuita delle “prestazioni innovative” alla sperimentazione autorizzata presso strutture accreditate – fa riferimento a farmaci ancora da sperimentare, il che non può dirsi della c.d. terapia Di Bella, la quale, come è noto, è già stata sottoposta a sperimentazione”. Anche se detta motivazione potrebbe essere censurabile, stante l’esito negativo della sperimentazione, vi sono degli altri elementi in merito non disconoscibili. Infatti i farmaci posti alla base della richiesta di erogazione e componenti il cosiddetto protocollo di Bella sono farmaci commercializzati in Italia, e all’interno della U.E.. Infatti si tratta, soprattutto per la somatostatina, di farmaci ben conosciuti dalla scienza medica e dalla farmacologia e si trovano liberamente in commercio nel territorio dell’U.E. . Addirittura la somatostatina è riconosciuta come farmaco a totale carico dello Stato però per determinate patologie tra le quali non rientrano i Tumori.

Non ricorrono, nemmeno, le ulteriori cause di esclusione previste dall’art. 1 comma sette che ostano all’erogazione dei farmaci richiesti. Per detta parte si riporta all’ordinanza di cui sopra.

Ultimo punto rilevante pare essere quella in cui si recita: “tenuto altresì conto delle seguenti circostanze, attestate dal dott. …, al quale soltanto compete, quale medico curante, il potere ( e la relativa corresponsabilità) della scelta terapeutica (… Tribunale di Trani, sezione civile ord. 16/07/1999, relativa ad un’ipotesi analoga a quella oggetto del presente giudizio)” fa riappropriare al medico curante di un potere-dovere di essenziale importanza e vitalità nell’esercizio della professione medica tal qual è il diritto in piena scienza, coscienza e libertà di adottare quelle cure ritenute necessarie alla salvaguardia e tutela della salute dell’individuo.


Avvocato Andrea Anfuso Alberghina


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[1]“Art.33.
1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481.
2. Tali controversie sono, in particolare, quelle:… e) riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona o a cose e delle controversie in materia di invalidità.”

[2] Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza.

1. La tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo ed interesse della collettività è garantita, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il Servizio sanitario nazionale, quale complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei Servizi sanitari regionali e delle altre funzioni e attività svolte dagli enti ed istituzioni di rilievo nazionale, nell'ambito dei conferimenti previsti dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché delle funzioni conservate allo Stato dal medesimo decreto.
2. Il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso le risorse finanziarie pubbliche individuate ai sensi del comma 3 e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell'equità nell'accesso all'assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell'economicità nell'impiego delle risorse. (1)
3. L'individuazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza assicurati dal Servizio sanitario nazionale, per il periodo di validità del Piano sanitario nazionale, è effettuata contestualmente all'individuazione delle risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale, nel rispetto delle compatibilità finanziarie definite per l'intero sistema di finanza pubblica nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Le prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza sono garantite dal Servizio sanitario nazionale a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, nelle forme e secondo le modalità previste dalla legislazione vigente.
4. Le regioni, singolarmente o attraverso strumenti di autocoordinamento, elaborano proposte per la predisposizione del Piano sanitario nazionale, con riferimento alle esigenze del livello territoriale considerato e alle funzioni interregionali da assicurare prioritariamente, anche sulla base delle indicazioni del Piano vigente e dei livelli essenziali di assistenza individuati in esso o negli atti che ne costituiscono attuazione. Le regioni trasmettono al Ministro della sanità, entro il 31 marzo di ogni anno, la relazione annuale sullo stato di attuazione del piano sanitario regionale, sui risultati di gestione e sulla spesa prevista per l'anno successivo.
5. Il Governo, su proposta del Ministro della sanità, sentite le commissioni parlamentari competenti per la materia, le quali si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione dell'atto, nonché le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, le quali rendono il parere entro venti giorni, predispone il Piano sanitario nazionale, tenendo conto delle proposte trasmesse dalle regioni entro il 31 luglio dell'ultimo anno di vigenza del piano precedente, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 4. Il Governo, ove si discosti dal parere delle commissioni parlamentari, è tenuto a motivare. Il piano è adottato ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 gennaio 1991, n. 13, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
6. I livelli essenziali di assistenza comprendono le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni relativi alle aree di offerta individuate dal Piano sanitario nazionale. Tali livelli comprendono, per il 1998-2000:
a) l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro;
b) l'assistenza distrettuale;
c) l'assistenza ospedaliera.
7. Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del Servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che:
a) non rispondono a necessità assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori del Servizio sanitario nazionale di cui al comma 2;
b) non soddisfano il principio dell'efficacia e dell'appropriatezza, ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate;
c) in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze, non soddisfano il principio dell'economicità nell'impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell'assistenza.
8. Le prestazioni innovative per le quali non sono disponibili sufficienti e definitive evidenze scientifiche di efficacia possono essere erogate in strutture sanitarie accreditate dal Servizio sanitario nazionale esclusivamente nell'ambito di appositi programmi di sperimentazione autorizzati dal Ministero della Sanità.
9. Il Piano sanitario nazionale ha durata triennale ed è adottato dal Governo entro il 30 novembre dell'ultimo anno di vigenza del Piano precedente. Il Piano sanitario nazionale può essere modificato nel corso del triennio con la procedura di cui al comma 5.
10. Il Piano sanitario nazionale indica:
a) le aree prioritarie di intervento, anche ai fini di una progressiva riduzione delle diseguaglianze sociali e territoriali nei confronti della salute;
b) i livelli essenziali di assistenza sanitaria da assicurare per il triennio di validità del Piano;
c) la quota capitaria di finanziamento per ciascun anno di validità del Piano e la sua disaggregazione per livelli di assistenza;
d) gli indirizzi finalizzati a orientare il Servizio sanitario nazionale verso il miglioramento continuo della qualità dell'assistenza, anche attraverso la realizzazione di progetti di interesse sovraregionale;
e) i progetti-obiettivo, da realizzare anche mediante l'integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali;
f) le finalità generali e i settori principali della ricerca biomedica e sanitaria, prevedendo altresì il relativo programma di ricerca;
g) le esigenze relative alla formazione di base e gli indirizzi relativi alla formazione continua del personale, nonché al fabbisogno e alla valorizzazione delle risorse umane;
h) le linee guida e i relativi percorsi diagnostico-terapeutici allo scopo di favorire, all'interno di ciascuna struttura sanitaria, lo sviluppo di modalità sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica e assistenziale e di assicurare l'applicazione dei livelli essenziali di assistenza;
i) i criteri e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza assicurati in rapporto a quelli previsti.
11. I progetti obiettivo previsti dal Piano sanitario nazionale sono adottati dal Ministro della sanità con decreto di natura non regolamentare, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con gli altri Ministri competenti per materia, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
12. La Relazione sullo stato sanitario del Paese, predisposta annualmente dal Ministro della sanità:
a) illustra le condizioni di salute della popolazione presente sul territorio nazionale;
b) descrive le risorse impiegate e le attività svolte dal Servizio sanitario nazionale;
c) espone i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal Piano sanitario nazionale;
d) riferisce sui risultati conseguiti dalle regioni in riferimento all'attuazione dei piani sanitari regionali;
e) fornisce indicazioni per l'elaborazione delle politiche sanitarie e la programmazione degli interventi.
13. Il Piano sanitario regionale rappresenta il piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in riferimento agli obiettivi del Piano sanitario nazionale. Le regioni, entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale, adottano o adeguano i Piani sanitari regionali, prevedendo forme di partecipazione delle autonomie locali, ai sensi dell'articolo 2, comma 2- bis, nonché delle formazioni sociali private non aventi scopo di lucro impegnate nel campo dell'assistenza sociale e sanitaria, delle organizzazioni sindacali degli operatori sanitari pubblici e privati e delle strutture private accreditate dal Servizio sanitario nazionale.
14. Le regioni e le province autonome trasmettono al Ministro della sanità i relativi schemi o progetti di piani sanitari allo scopo di acquisire il parere dello stesso per quanto attiene alla coerenza dei medesimi con gli indirizzi del Piano sanitario nazionale. Il Ministro della sanità esprime il parere entro 30 giorni dalla data di trasmissione dell'atto, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali.
15. Il Ministro della sanità, avvalendosi dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, promuove forme di collaborazione e linee guida comuni in funzione dell'applicazione coordinata del Piano sanitario nazionale e della normativa di settore, salva l'autonoma determinazione regionale in ordine al loro recepimento.
16. La mancanza del Piano sanitario regionale non comporta l'inapplicabilità delle disposizioni del Piano sanitario nazionale.
17. Trascorso un anno dall'entrata in vigore del Piano sanitario nazionale senza che la regione abbia adottato il Piano sanitario regionale, alla regione non è consentito l'accreditamento di nuove strutture. Il Ministro della sanità, sentita la regione interessata, fissa un termine non inferiore a tre mesi per provvedervi. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, adotta gli atti necessari per dare attuazione nella regione al Piano sanitario nazionale, anche mediante la nomina di commissari ad acta .
18. Le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo concorrono, con le istituzioni pubbliche e quelle equiparate di cui all'articolo 4, comma 12, alla realizzazione dei doveri costituzionali di solidarietà, dando attuazione al pluralismo etico-culturale dei servizi alla persona. Esclusivamente ai fini del presente decreto sono da considerarsi a scopo non lucrativo le istituzioni che svolgono attività nel settore dell'assistenza sanitaria e socio-sanitaria, qualora ottemperino a quanto previsto dalle disposizioni di cui all'articolo 10, comma 1, lettere d), e), f), g), e h), e comma 6 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460; resta fermo quanto disposto dall'articolo 10, comma 7, del medesimo decreto. L'attribuzione della predetta qualifica non comporta il godimento dei benefici fiscali previsti in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale dal decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460. (2)
(1) Comma modificato dall'art. 1, comma 5, d.l. 18 settembre 2001, n. 347, conv., con modificazioni, in l. 16 novembre 2001, n. 405.
(2) Articolo così sostituito dall'art. 1, d.lg. 19 giugno 1999, n. 229.”

[3]

N. 279 Ordinanza 8 - 24 luglio 2003

Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale.

Sanità pubblica - Assistenza sanitaria - Somministrazione a carico del Servizio nazionale di farmaci del c.d. «trattamento Di Bella» - Mancata estensione ai pazienti con patologia tumorale, in stato di indigenza e in caso di carenza di alternative terapeutiche e di stabilizzazione della malattia - Prospettata violazione del diritto alla salute - Mancata verifica della possibilità di diversa interpretazione, conforme a Costituzione - Manifesta inammissibilità della questione.


- D.L. 16 giugno 1998, n. 186 (convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 1998, n. 257), art. 1, comma 4.

- Costituzione, artt. 3 e 32.

ORDINANZA N. 279

ANNO 2003

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE



composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "

ha pronunciato la seguente


ORDINANZA


nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 4, del decreto-legge 16 giugno 1998, n. 186 (Disposizioni urgenti per l'erogazione gratuita di medicinali antitumorali in corso di sperimentazione clinica, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 26 maggio 1998), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1998, n. 257 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 giugno 1998, n. 186, recante disposizioni urgenti per l'erogazione gratuita di medicinali antitumorali in corso di sperimentazione clinica, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 26 maggio 1998), promosso con ordinanza del 16 settembre 2002 dal Tribunale di Bergamo nel procedimento civile vertente tra Feligioni Alberto contro A.S.L. di Bergamo, iscritta al n. 518 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2002.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Udito nella camera di consiglio del 19 maggio 2003 il Giudice relatore Ugo De Siervo.

Ritenuto che con ordinanza del 16 settembre 2002 il Tribunale di Bergamo in funzione di giudice del lavoro ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 16 giugno 1998, n. 186, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1998, n. 257, in relazione agli articoli 3 e 32 della Costituzione, nella parte in cui <<non consente la somministrazione dei farmaci del "Multitrattamento Di Bella" (MDB) a spese del Servizio sanitario nazionale, neppure in casi in cui questi siano indispensabili ed insostituibili>>, essendo provata la stabilizzazione della malattia - non suscettibile di essere curata con terapie convenzionali - in conseguenza della loro utilizzazione, ed il paziente non sia economicamente in grado di far fronte alla relativa spesa senza eccessivo disagio;

che la questione è sorta nell'ambito di un procedimento giudiziario nel quale un soggetto affetto da neoplasia ha chiesto che i farmaci del cosiddetto "Multitrattamento Di Bella" gli vengano forniti a carico del Servizio sanitario nazionale;

che il giudice evidenzia che, nel caso sottoposto al suo esame, il consulente tecnico d'ufficio ha accertato che il ricorrente, "da una parte non è suscettibile di terapie convenzionali", mentre dall'altra, dopo aver intrapreso a proprie spese il MDB, ha ottenuto "una stabilizzazione del quadro clinico senza progressione della malattia per circa due anni, con documentata ripresa della crescita neoplastica nel luglio 2002, ma comunque con una progressione più lenta di quello che ci si sarebbe potuti attendere alla luce del quadro clinico presentato nell'agosto 2000, ed in assenza di terapie convenzionali";

che nell'ordinanza si nota inoltre come "nel campo delle malattie neoplastiche, così come in genere negli stadi terminali delle più gravi malattie" esistono margini di incertezza, dovuti ai limiti della scienza medica, in virtù dei quali un particolare malato può trarre giovamento e migliori prospettive di sopravvivenza "da farmaci che nella generalità dei casi non risultano efficaci";

che, secondo l'ordinanza di rimessione, tale sarebbe appunto la situazione del ricorrente, le cui condizioni economiche, peraltro, gli renderebbero la prosecuzione del MDB oltremodo gravosa, se non addirittura insostenibile;

che, secondo il giudice remittente, deve essere cercata una soluzione che riesca a bilanciare l'esigenza di non far ricadere sul Servizio sanitario nazionale il peso economico di libere scelte individuali circa il trattamento terapeutico, in casi in cui la sperimentazione abbia dato esiti negativi (come avvenuto con la chiusura, con esito non favorevole, della sperimentazione concernente il MDB), e la tutela del diritto alla salute dei soggetti nei cui confronti sia documentato che i farmaci in questione riescono motivatamente a sortire effetti benefici;

che tale bilanciamento sarebbe stato individuato da quella giurisprudenza della Corte di cassazione la quale, in casi analoghi, ha ritenuto che "poiché il diritto all'assistenza farmaceutica, che rappresenta una delle estrinsecazioni del diritto alla salute previsto dall'articolo 32 della Costituzione, include la somministrazione dei farmaci, anche il farmaco non inserito nel prontuario terapeutico può essere somministrato a carico del SSN (…) purché risulti indispensabile ed insostituibile per il trattamento di gravi condizioni";

che peraltro, nel caso di specie, ad una tale soluzione, sarebbe di ostacolo l'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 186 del 1998, secondo il quale nessun paziente potrebbe essere "sottoposto al MDB con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale al di fuori delle ipotesi disciplinate dal decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, e di quelle previste dal presente decreto";

che da tali considerazioni deriverebbe la rilevanza della presente questione di legittimità costituzionale;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, la quale evidenzia, nel suo atto di intervento, che questioni "sostanzialmente identiche" sarebbero state dichiarate non fondate dalla Corte costituzionale con sentenza n. 188 del 2000;

che, la difesa erariale, nell'atto di intervento riporta integralmente le argomentazioni svolte in occasione del giudizio che ha dato luogo alla citata sentenza n. 188 del 2000 e in particolare ricorda la vicenda originata dall'impugnativa del decreto-legge n. 23 del 1998, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1998.

Considerato che le ordinanze che hanno originato la sentenza n. 188 del 2000 richiedevano, tramite la auspicata dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'intero articolo 1 del decreto-legge n. 186 del 1998, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 257 del 1998, la estensione della gratuità dei farmaci di cui al MDB per i pazienti oncologici in stato di indigenza "quando non vi sia alternativa terapeutica e venga accertata la stabilizzazione della malattia", sulla base della argomentazione che, malgrado l'esito negativo della sperimentazione, il Ministero della sanità consentiva che si continuasse a fornire i farmaci ai cosiddetti "pazienti stabili";

che il giudicato di infondatezza di cui alla sentenza n. 188 del 2000 va riferito alla inammissibilità che questa Corte si sostituisca "alle valutazioni che, secondo legge, devono essere assunte nelle competenti sedi", costituite dagli organi tecnico-scientifici della sanità, in tema di farmaci i cui costi sono addebitati al SSN;

che, invece, l'attuale giudice remittente reputa che sia di ostacolo insuperabile all'eventuale esercizio dei propri poteri, a diretta tutela dell'art. 32 della Costituzione, il dettato del quarto comma dell'articolo 1 del decreto-legge n. 186 del 1998, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 257 del 1998, che vieterebbe in assoluto (e non solo relativamente a quanto previsto per la speciale sperimentazione di cui ai decreti legge n. 23 del 1998 e n. 186 del 1998) che i medicinali di cui al MDB possano essere posti a carico del SSN;

che, peraltro, quest'ultima interpretazione non appare convincente, in quanto non tiene adeguatamente conto dell'intero contesto normativo in cui la disposizione è inserita ;

che il divieto previsto dalla norma impugnata deve intendersi riferito alla sola fase della speciale sperimentazione di cui ai suddetti decreti-legge;

che, così circoscritta la portata della norma, essa si sottrae ad ogni possibile rilievo di costituzionalità alla luce dell'articolo 32 della Costituzione;

che, pertanto, il giudice remittente nell'esercizio dei suoi poteri, era pienamente in grado di utilizzare l'interpretazione maggiormente compatibile con i principi costituzionali, pur nel rispetto della normativa a tutela dell'individuazione dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale a cui si sono riferite anche le sentenze n. 185 del 1998 e 188 del 2000;

che questa Corte ha avuto ripetutamente occasione di affermare che il giudice ha il dovere di verificare se la norma sia suscettibile di una interpretazione conforme a Costituzione (si vedano più di recente, fra le molte, le ordinanze n. 19 del 2003, n. 233 del 2002 e n. 116 del 2002).

Visti gli articoli 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative dei giudizi davanti alla Corte costituzionale.


PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE


dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 4, del decreto-legge 16 giugno 1998, n. 186 (Disposizioni urgenti per l'erogazione gratuita di medicinali antitumorali in corso di sperimentazione clinica, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 26 maggio 1998), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1998, n. 257 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 giugno 1998, n. 186, recante disposizioni urgenti per l'erogazione gratuita di medicinali antitumorali in corso di sperimentazione clinica, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 26 maggio 1998), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione dal Tribunale di Bergamo in funzione di giudice del lavoro con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta l'8 luglio 2003.

F.to:
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
 

Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2003.


Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA