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 Decreto 7 aprile 2006

 

 Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152.

 

(GU n. 109 del 12-5-2006- Suppl. Ordinario n.120)

 

 


IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE FORESTALI

di concerto con

I MINISTRI DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO, DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI, DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE E DELLA SALUTE

Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, recante disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e successive modifiche ed in particolare l'art. 38 che prevede l'emanazione di un decreto ministeriale che definisce criteri e norme tecniche generali sulla base dei quali le regioni disciplinano le attivita' di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento nonche' delle acque reflue;
Visto il Regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG); come modificato dal Reg. (CE) 1783/03 del Consiglio;
Visto il Regolamento (CE) n. 817/2004 recante disposizioni di applicazione del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG);

Considerato che quanto disciplinato nel presente decreto concerne l'intero ciclo (produzione, raccolta, stoccaggio, fermentazione e maturazione, trasporto e spandimento) dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue di cui all'art. 38 del decreto legislativo n. 152 del 1999;
Visto il decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997 ed in particolare l'art. 8 che disciplina le esclusioni dal campo di applicazione del predetto decreto;
Visto il Regolamento CE 1774/2002 recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano ed in particolare l'art. 7, comma 6, che per lo stallatico trasportato tra due punti situati nella stessa azienda agricola o tra aziende agricole e utenti situati nell'ambito del territorio nazionale, consente di non applicare le disposizioni concernenti la raccolta, il trasporto ed il magazzinaggio di cui al medesimo articolo;

Visto l'Accordo 1° luglio 2004 tra il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, il Ministro per le politiche agricole e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 172 del 24 luglio 2004, che da' indicazioni applicative sulla gestione sanitaria dello stallatico;

Ritenuto di procedere alla definizione dei criteri e norme tecniche generali, cosi' come previsto dall'art. 38 del decreto legislativo n. 152 del 1999 al fine di consentire alle regioni di adottare gli atti disciplinari di propria competenza;

Acquisita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nella seduta del 15 dicembre 2005 sullo schema di provvedimento.


Decreta:

 

Titolo I

Ambito di applicazione

 


Art. 1.
Ambito di applicazione
1. Il presente decreto stabilisce, in applicazione dell'art. 38 del decreto legislativo n. 152 dell'11 maggio 1999 e successive modifiche e integrazioni, i criteri e le norme tecniche generali per la disciplina, da parte delle regioni, delle attivita' di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 152/1999 e da piccole aziende agroalimentari.
2. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 18 sulle aree sensibili, 19 sulle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e 21 sulla disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano del decreto legislativo n. 152/1999 e dal decreto legislativo n. 59 del 18 febbraio 2005 per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 del relativo allegato I.
3. Ai sensi dell'art. 38, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 1999, le regioni disciplinano le attivita' di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali in esso contenuti garantendo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento dei relativi obiettivi di qualita'.
Restano ferme per le zone vulnerabili le scadenze temporali di cui all'art. 19 del decreto legislativo n. 152 del 1999.
4. L'utilizzazione agronomica dello stallatico effettuata ai sensi del presente decreto, non necessita del documento commerciale, dell'autorizzazione sanitaria, dell'identificazione specifica, del riconoscimento degli impianti di immagazzinaggio di cui all'art. 7 del Regolamento CE 1774/2002.

5. Resta fermo quanto previsto dal Regolamento CE 1774/2002, art. 5, comma 1, lettera a).

Titolo II
Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento.


Capo I
Definizioni


Art. 2.
Definizioni
1. Ferme restando le definizioni di cui all'art. 2 ed all'allegato 1 punto 1 del decreto legislativo n. 152 del 1999 e sue modifiche e integrazioni, ai fini del presente decreto si definisce:
a) «consistenza dell'allevamento»: il numero di capi mediamente presenti nell'allevamento;
b) «stallatico»: ai sensi del Regolamento CE 1774/2002 e sue modificazioni, gli escrementi e/o l'urina di animali di allevamento, con o senza lettiera, o il guano, non trattati o trattati;
c) «effluenti di allevamento palabili/non palabili»: miscele di stallatico e/o residui alimentari e/o perdite di abbeverata e/o acque di veicolazione delle deiezioni e/o materiali lignocellulosici utilizzati come lettiera in grado/non in grado, se disposti in cumulo su platea, di mantenere la forma geometrica ad essi conferita;
d) «liquami»: effluenti di allevamento non palabili. Sono assimilati ai liquami, se provenienti dall'attivita' di allevamento:

1) i liquidi di sgrondo di materiali palabili in fase di stoccaggio;
2) i liquidi di sgrondo di accumuli di letame;
3) le deiezioni di avicoli e cunicoli non mescolate a lettiera;
4) le frazioni non palabili, da destinare all'utilizzazione agronomica, derivanti da trattamenti di effluenti zootecnici di cui all'allegato I, tabella 3;
5) i liquidi di sgrondo dei foraggi insilati.
Le acque di lavaggio di strutture, attrezzature ed impianti zootecnici, se mescolate ai liquami definiti alla presente lettera e qualora destinate ad utilizzo agronomico, sono da considerare come liquami; qualora non siano mescolate ai liquami, tali acque sono assoggettate alle disposizioni di cui al Titolo III.

e) «letami»: effluenti di allevamento palabili, provenienti da allevamenti che impiegano la lettiera; sono assimilati ai letami, se provenienti dall'attivita' di allevamento:
1) le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli;
2) le deiezioni di avicunicoli anche non mescolate a lettiera rese palabili da processi di disidratazione naturali o artificiali che hanno luogo sia all'interno, sia all'esterno dei ricoveri;

3) le frazioni palabili, da destinare all'utilizzazione agronomica, risultanti da trattamenti di effluenti zootecnici di cui
all'allegato I, tabella 3;

4) i letami, i liquami e/o i materiali ad essi assimilati, sottoposti a trattamento di disidratazione e/o compostaggio;
f) «stoccaggio»: deposito di effluenti di cui agli articoli 7 e 8 e delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 152/1999 e da piccole aziende agroalimentari, cosi' come previsto dagli articoli 13 e 14 del presente decreto;
g) «accumuli di letami»: depositi temporanei di letami idonei all'impiego, effettuati in prossimita' e/o sui terreni destinati all'utilizzazione, cosi' come previsto dall'art. 7, comma 5 del presente decreto;
h) «trattamento»: qualsiasi operazione, compreso lo stoccaggio, atta a modificare le caratteristiche degli effluenti di allevamento, al fine di migliorare la loro utilizzazione agronomica e contribuire a ridurre i rischi igienico-sanitari;
i) «destinatario»: il soggetto che riceve gli effluenti sui terreni che detiene a titolo d'uso per l'utilizzazione agronomica;
l) «fertirrigazione»: l'applicazione al suolo effettuata mediante l'abbinamento dell'adacquamento con la fertilizzazione, attraverso l'addizione controllata alle acque irrigue di quote di liquame;

m) «allevamenti di piccole dimensioni»: allevamenti con produzione di azoto al campo per anno inferiore a 3000 Kg;

n) «area aziendale omogenea»: porzione della superficie aziendale uniforme per caratteristiche quali ad esempio quelle dei suoli, avvicendamenti colturali, tecniche colturali, rese colturali, dati meteorologici e livello di vulnerabilita' individuato dalla cartografia regionale delle zone vulnerabili ai nitrati;
o) «codice di buona pratica agricola» (CBPA): il codice di cui al decreto 19 aprile 1999 del Ministro per le politiche agricole, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999;

p) «allevamenti, aziende e contenitori di stoccaggio esistenti»: ai fini dell'utilizzazione agronomica di cui al presente decreto si intendono quelli in esercizio alla data di entrata in vigore dello stesso.

Capo II
Criteri generali di utilizzazione agronomica e divieti


Art. 3.
Criteri generali di utilizzazione
1. L'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento disciplinata dal presente decreto e' esclusa ai sensi dell'art. 8, comma 1, del decreto legislativo n. 22 del 1997 dal campo di applicazione del medesimo decreto legislativo.

2. L'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e' finalizzata al recupero delle sostanze nutritive ed ammendanti contenute negli stessi effluenti.
3. L'utilizzazione agronomica e' consentita purche' siano garantiti:
a) la tutela dei corpi idrici e, per gli stessi, il non pregiudizio del raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui agli articoli 4 e successivi del decreto legislativo n. 152/1999;

b) la produzione, da parte degli effluenti, di un effetto concimante e/o ammendante sul suolo e l'adeguatezza della quantita' di azoto efficiente applicata e dei tempi di distribuzione ai fabbisogni delle colture;
c) il rispetto delle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed urbanistiche.

4. Fatte salve le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 152 del 1999 e di cui al Titolo V del presente decreto, l'applicazione del CBPA, in via cautelativa, e' raccomandata anche nelle zone non vulnerabili.
5. Le regioni, nell'ambito di strategie di gestione integrata degli effluenti, promuovono l'adozione di modalita' di allevamento e di alimentazione degli animali finalizzate a contenere, gia' nella fase di produzione, le escrezioni di azoto.


Art. 4.
Divieti di utilizzazione dei letami
1. L'utilizzo dei letami e' vietato almeno nelle seguenti situazioni:
a) sulle superfici non interessate dall'attivita' agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le aree soggette a recupero e ripristino ambientale;
b) nei boschi, ad esclusione degli effluenti rilasciati dagli animali nell'allevamento brado;
c) entro 5 metri di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua, fatte salve disposizioni diverse che le regioni possono prevedere in ragione di particolari condizioni locali;
d) per le acque marino-costiere e quelle lacuali entro 5 metri di distanza dall'inizio dell'arenile;
e) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane in atto e terreni saturi d'acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione.
f) in tutte le situazioni in cui l'autorita' competente provvede ad emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli animali, per l'uomo e per la difesa dei corpi idrici.

2. Le regioni prevedono ulteriori divieti o periodi dell'anno in cui e' vietato l'utilizzo dei letami in relazione a particolari condizioni locali, agli andamenti climatici sfavorevoli, ai ritmi di assorbimento delle colture praticate, nonche' ai principi contenuti nel CBPA ed agli indirizzi delle Autorita' di Bacino nazionali ed interregionali.
3. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere c) e d), non si applicano ai canali artificiali ad esclusivo utilizzo di una o piu' aziende, purche' non connessi ai corpi idrici naturali, ed ai canali arginati.

Art. 5.
Divieti di utilizzazione dei liquami
1. L'utilizzo dei liquami, oltre che nei casi previsti all'art. 4, comma 1, lettere a), b), e) ed f) e' vietato almeno nelle seguenti situazioni e periodi:
a) su terreni con pendenza media superiore al 10%, salvo deroghe previste dalla disciplina regionale in ragione di particolari situazioni locali o in presenza di sistemazioni idraulico-agrarie, concesse anche sulla base delle migliori  tecniche di spandimento disponibili;
b) entro 10 metri dalle sponde dei corsi d'acqua, fatte salve disposizioni diverse che le regioni possono prevedere in ragione di particolari condizioni locali, a condizione che siano individuate azioni o prescrizioni tecniche quali quelle di cui all'art. 23, comma 3, atte ad eliminare il rischio di inquinamento delle acque causato dagli stessi liquami;

c) per le acque marino-costiere e quelle lacuali entro 10 metri di distanza dall'inizio dell'arenile;
d) in prossimita' di strade e di centri abitati, a distanze definite dalla disciplina regionale, a meno che i liquami siano distribuiti con tecniche atte a limitare l'emissione di odori sgradevoli o vengano immediatamente interrati;
e) nei casi in cui i liquami possano venire a diretto contatto con i prodotti destinati al consumo umano;
f) in orticoltura, a coltura presente, nonche' su colture da frutto, a meno che il sistema di distribuzione non consenta di salvaguardare integralmente la parte aerea delle piante;
g) dopo l'impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o destinate in genere ad uso pubblico;
h) su colture foraggiere nelle tre settimane precedenti lo sfalcio del foraggio o il pascolamento;
2. Le regioni prevedono ulteriori divieti o i periodi dell'anno in cui e' vietato l'utilizzo dei liquami, in relazione a particolari condizioni locali, agli andamenti climatici sfavorevoli, ai ritmi di assorbimento delle colture praticate, nonche' ai principi contenuti nel CBPA ed agli indirizzi delle Autorita' di Bacino nazionali ed interregionali.
3. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere b) e c), non si applicano ai canali artificiali ad esclusivo utilizzo di una o piu' aziende, purche' non connessi ai corpi idrici naturali, ed ai canali arginati.

Capo III
Trattamenti e contenitori di stoccaggio


Art. 6.
Criteri generali

1. I trattamenti degli effluenti di allevamento e le modalita' di stoccaggio sono finalizzati, oltre che a contribuire alla messa in sicurezza igienico sanitaria, a garantire la protezione dell'ambiente e la corretta gestione agronomica degli effluenti stessi, rendendoli disponibili all'utilizzo nei periodi piu' idonei sotto il profilo agronomico e nelle condizioni adatte per l'utilizzazione. Nella tabella 3 dell'allegato I al presente decreto e' riportato l'elenco dei trattamenti indicativi funzionali a tale scopo; rendimenti diversi da quelli riportati nella citata tabella dovranno essere giustificati secondo le modalita' precisate al punto 3 dell'allegato IV parte A. I trattamenti non devono comportare l'addizione agli effluenti di sostanze potenzialmente dannose per il suolo, le colture, gli animali e l'uomo per la loro natura e/o concentrazione.

2. Gli effluenti destinati all'utilizzazione agronomica devono essere raccolti in contenitori per lo stoccaggio dimensionati secondo le esigenze colturali e di capacita' sufficiente a contenere gli effluenti prodotti nei periodi in cui l'impiego agricolo e' limitato o impedito da motivazioni agronomiche, climatiche o normative, e tali da garantire almeno le capacita' di stoccaggio indicate al comma 2 dell'art. 7 ed ai commi 6 e 7 dell'art. 8.

Art. 7.
Caratteristiche dello stoccaggio e dell'accumulo dei materiali palabili
1. Lo stoccaggio dei materiali palabili deve avvenire su platea impermeabilizzata, fatto salvo quanto precisato al successivo comma 4, avente una portanza sufficiente a reggere, senza cedimenti o lesioni, il peso del materiale accumulato e dei mezzi utilizzati per la movimentazione. In considerazione della consistenza palabile dei materiali, la platea di stoccaggio deve essere munita di idoneo cordolo o di muro perimetrale, con almeno un'apertura per l'accesso dei mezzi meccanici per la completa asportazione del materiale e deve essere dotata di adeguata pendenza per il convogliamento verso appositi sistemi di raccolta e stoccaggio dei liquidi di sgrondo e/odelle eventuali acque di lavaggio della platea.

2. Fatti salvi specifici provvedimenti in materia igienico-sanitaria, la capacita' di stoccaggio, calcolata in rapporto alla consistenza di allevamento stabulato ed al periodo in cui il bestiame non e' al pascolo, non deve essere inferiore al volume di materiale palabile prodotto in 90 giorni. Per il dimensionamento della platea di stoccaggio dei materiali palabili, qualora non sussistano esigenze particolari di una piu' analitica determinazione dei volumi stoccati, si fa riferimento alla tabella 1 dell'allegato I. Per gli allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90 giorni le lettiere possono essere stoccate al termine del ciclo produttivo sottoforma di cumuli in campo, fatte salve diverse disposizioni delle autorita' sanitarie. Le regioni dettano specifiche disposizioni per il volume di stoccaggio degli allevamenti di piccole dimensioni, tenendo conto della densita' degli allevamenti presenti nel territorio preso in considerazione e dei periodi in cui il bestiame e' al pascolo.
3. Il calcolo della superficie della platea di stoccaggio dei materiali palabili deve essere funzionale al tipo di materiale stoccato; in relazione ai volumi di effluente per le diverse tipologie di allevamento di cui alla tabella 1, allegato I al presente decreto, si riportano di seguito, per i diversi materiali palabili, valori indicativi, per i quali dividere il volume di stoccaggio espresso in m3 al fine di ottenere la superficie in m2 della platea:
a) 2 per il letame;

b) 2 per le lettiere esauste degli allevamenti cunicoli;
c) 2 per le lettiere esauste degli allevamenti avicoli;
d) fino a 2,5 per le deiezioni di avicunicoli rese palabili da processi di disidratazione;
e) 1,5 per le frazioni palabili risultanti da trattamento termico e/o meccanico di liquami;
f) 1 per fanghi palabili di supero da trattamento aerobico e/o anaerobico di liquami da destinare all'utilizzo agronomico;

g) 1,5 per letami e/o materiali ad essi assimilati sottoposti a processi di compostaggio;
h) 3,5 per i prodotti palabili, come la pollina delle galline ovaiole allevate in batterie con sistemi di pre-essiccazione
ottimizzati, aventi un contenuto di sostanza secca superiore al 65%.

Per tali materiali lo stoccaggio puo' avvenire anche in strutture di contenimento coperte, aperte o chiuse senza limiti di altezza.

4. Sono considerate utili, ai fini del calcolo della capacita' di stoccaggio, le superfici della lettiera permanente, purche' alla base siano impermeabilizzate secondo le indicazioni del comma 1, nonche', nel caso delle galline ovaiole e dei riproduttori, fatte salve diverse disposizioni delle autorita' sanitarie, le cosiddette «fosse profonde» dei ricoveri a due piani e le fosse sottostanti i pavimenti fessurati (posatoi) nell'allevamento a terra. Per le lettiere permanenti il calcolo del volume stoccato fa riferimento ad altezze massime della lettiera di 0,60 m nel caso dei bovini, di 0,15 m per gli avicoli, 0,30 m per le altre specie.
5. Fatta salva la disposizione di cui al comma 2 per gli allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90 giorni, l'accumulo su suolo agricolo di letami e di lettiere esauste di allevamenti avicunicoli, esclusi gli altri materiali assimilati, definiti all'art. 2, comma 1, lettera e), e' ammesso solo dopo uno stoccaggio di almeno 90 giorni; tale accumulo puo' essere praticato ai soli fini della utilizzazione agronomica sui terreni circostanti ed in quantitativi non superiori al fabbisogno di letame dei medesimi. La normativa regionale detta prescrizioni in ordine alle modalita' di effettuazione, gestione e durata degli accumuli e dello stoccaggio delle lettiere di cui al comma 2 necessarie a garantire una buona aerazione della massa, il drenaggio del percolato prima del trasferimento in campo, nonche' la presenza di adeguate distanze dai corpi idrici, abitazioni e strade. E' opportuno che la collocazione dell'accumulo non sia ammessa a distanze inferiori a 20 metri dai corpi idrici e non sia ripetuto nello stesso luogo per piu' di una stagione agraria.
6. I liquidi di sgrondo dei materiali palabili vengono assimilati, per quanto riguarda il periodo di stoccaggio, ai materiali non palabili come trattati ai commi 6 e 7 dell'art. 8.

Art. 8.
Caratteristiche e dimensionamento dei contenitori per lo stoccaggio dei materiali non palabili
1. Gli stoccaggi degli effluenti non palabili devono essere realizzati in modo da poter accogliere anche le acque di lavaggio delle strutture, degli impianti e delle attrezzature zootecniche, fatta eccezione per le trattrici agricole, quando queste acque vengano destinate all'utilizzazione agronomica. Alla produzione complessiva di liquami da stoccare deve essere sommato il volume delle acque meteoriche, convogliate nei contenitori dello stoccaggio da superfici scoperte impermeabilizzate interessate dalla presenza di effluenti zootecnici. Le norme riguardanti lo stoccaggio devono prevedere l'esclusione, attraverso opportune deviazioni, delle acque bianche provenienti da tetti e tettoie nonche' le acque di prima pioggia provenienti da aree non connesse all'allevamento. Le dimensioni dei contenitori non dotati di copertura atta ad allontanare l'acqua piovana devono tenere conto delle precipitazioni medie e di un franco minimo di sicurezza di 10 centimetri.
2. Il fondo e le pareti dei contenitori devono essere adeguatamente impermeabilizzati mediante materiale naturale od artificiale al fine di evitare percolazioni o dispersioni degli effluenti stessi all'esterno.
3. Nel caso dei contenitori in terra, qualora i terreni su cui sono costruiti abbiano un coefficiente di permeabilita' K10-7 cm/s, il fondo e le pareti dei contenitori devono essere impermeabilizzati con manto artificiale o naturale posto su un adeguato strato di argilla di riporto, nonche' dotati, attorno al piede esterno dell'argine, di un fosso di guardia perimetrale adeguatamente dimensionato e isolato idraulicamente dalla normale rete scolante. Le regioni possono prevedere ulteriori prescrizioni in merito alla copertura dei contenitori anche al fine di limitare le emissioni di odori.

4. Nel caso di costruzione di nuovi contenitori di stoccaggio, al fine di indurre un piu' alto livello di stabilizzazione dei liquami, deve essere previsto, per le aziende in cui venga prodotto un quantitativo di oltre 6000 Kg di azoto/anno, il frazionamento del loro volume di stoccaggio in almeno due contenitori. Il prelievo a fini agronomici deve avvenire dal bacino contenente liquame stoccato da piu' tempo. Nel caso di costruzione di nuovi contenitori di stoccaggio sono da incentivare strutture con sistemi di allontanamento delle acque meteoriche.
5. Il dimensionamento dei contenitori di stoccaggio deve essere tale da evitare rischi di cedimenti strutturali e garantire la possibilita' di omogeneizzazione del liquame.
6. La capacita' di stoccaggio, calcolata in rapporto alla consistenza di allevamento stabulato ed al periodo in cui il bestiame non e' al pascolo, non deve essere inferiore al volume di materiale non palabile prodotto in:
a) 90 giorni per gli allevamenti di bovini da latte, bufalini, equini e ovicaprini in aziende con terreni caratterizzati da assetti colturali che prevedono la presenza di prati di media o lunga durata e cereali autunno-vernini. In assenza di tali caratteristiche, le regioni prescrivono un volume di stoccaggio non inferiore a quello del liquame prodotto nel periodo di cui alla lettera b);

b) 120 giorni per gli allevamenti diversi da quelli di cui alla lettera a).
Per il dimensionamento, qualora non sussistano esigenze particolari di una piu' analitica determinazione dei volumi stoccati, si fa riferimento alla tabella 1 dell'allegato I.
7. Le regioni dettano specifiche disposizioni per il volume degli stoccaggi degli allevamenti di piccole dimensioni, tenendo conto della densita' degli allevamenti presenti nel territorio preso in considerazione e dei periodi in cui il bestiame e' al pascolo.

8. Per i nuovi allevamenti e per gli ampliamenti di quelli esistenti non sono considerate utili al calcolo dei volumi di stoccaggio le fosse sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati.
9. Evietata la nuova localizzazione dei contenitori di stoccaggio degli effluenti nelle zone ad alto rischio di esondazione, cosi' come individuate dalle Autorita' competenti sulla base della normativa vigente.

Capo IV
Modalita' di utilizzazione agronomica


Art. 9.
Tecniche di gestione della distribuzione degli effluenti
1. La scelta delle tecniche di distribuzione deve tenere conto:
a) delle caratteristiche idrogeologiche e geomorfologiche del sito;
b) delle caratteristiche pedologiche e condizioni del suolo;
c) del tipo di effluente;
d) delle colture praticate e della loro fase vegetativa.
2. Le tecniche di distribuzione devono assicurare:
a) il contenimento della formazione e diffusione, per deriva, di aerosol verso aree non interessate da attivita' agricola, comprese le abitazioni isolate e le vie pubbliche di traffico veicolare;
b) fatti salvi i casi di distribuzione in copertura, l'effettiva incorporazione nel suolo dei liquami e loro assimilati simultaneamente allo spandimento ovvero entro un periodo di tempo successivo idoneo a ridurre le perdite di ammoniaca per volatilizzazione, il rischio di ruscellamento, la lisciviazione e la formazione di odori sgradevoli;
c) l'elevata utilizzazione degli elementi nutritivi;

d) l'uniformita' di applicazione dell'effluente;
e) la prevenzione della percolazione dei nutrienti nei corpi idrici sotterranei.
3. La fertirrigazione deve essere realizzata, ai fini del massimo contenimento della lisciviazione dei nitrati al di sotto delle radici e dei rischi di ruscellamento di composti azotati, attraverso una valutazione dell'umidita' del suolo, privilegiando decisamente i metodi a maggiore efficienza, come previsto dal CBPA.
4. In particolare, nei suoli soggetti a forte erosione, nel caso di utilizzazione agronomica degli effluenti al di fuori del periodo di durata della coltura principale, deve essere garantita una copertura dei suoli tramite vegetazione spontanea, colture intercalari o colture di copertura o, in alternativa, altre pratiche colturali atte a ridurre la lisciviazione dei nitrati come previsto dal CBPA.

Art. 10.
Dosi di applicazione
1. Nelle zone non vulnerabili da nitrati la quantita' di azoto totale al campo apportato da effluenti di allevamento non deve superare il valore di 340 kg per ettaro e per anno, inteso come quantitativo medio aziendale; tale quantita', da distribuire e frazionare in base ai fabbisogni delle colture, al loro ritmo di assorbimento, ai precedenti colturali, e' calcolata sulla base dei valori della tabella 2 dell'allegato I o, in alternativa, di altri valori determinati secondo le procedure di calcolo o di misura citate nell'allegato stesso, ed e' comprensiva degli effluenti depositati dagli animali stessi quando sono tenuti al pascolo. Per le diverse coltivazioni si deve fare riferimento al fabbisogno complessivo di azoto indicato nella Tabella 1 allegata al CBPA, ovvero a disposizioni regionali di maggiore cautela che tengono conto dei progressi tecnico-scientifici.
2. Al fine di tutelare l'ambiente dall'inquinamento arrecabile anche da altri fertilizzanti, in attuazione del CBPA e dei Piani di tutela delle acque, le regioni elaborano programmi per promuovere l'adozione di tecniche atte a razionalizzare l'utilizzazione dei concimi minerali e di altre sostanze fertilizzanti, per prevenire l'esubero e l'accumulo al suolo degli elementi nutritivi.


Titolo III
Norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 28, comma 7, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 152/1999 e da piccole aziende agroalimentari.


Capo I
Norme tecniche per l'utilizzazione agronomica delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 152 del 1999.


Art. 11.
Criteri generali di utilizzazione
1. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b) e c), del decreto legislativo n. 152/1999 e' finalizzata al recupero dell'acqua e/o delle sostanze nutritive ed ammendanti contenute nelle stesse.

2. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue di cui al comma 1 e' consentita purche' siano garantiti:
a) la tutela dei corpi idrici e, per gli stessi, il non pregiudizio del raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui agli articoli 4 e successivi del decreto legislativo n. 152/1999;

b) l'effetto concimante e/o ammendante e/o irriguo sul suolo e la commisurazione della quantita' di azoto efficiente e di acqua applicata ai fabbisogni quantitativi e temporali delle colture;

c) l'esclusione delle acque derivanti dal lavaggio degli spazi esterni non connessi al ciclo produttivo;
d) l'esclusione, per il settore vitivinicolo, delle acque derivanti da processi enologici speciali come ferrocianurazione e desolforazione dei mosti muti, produzione di mosti concentrati e mosti concentrati rettificati;
e) l'esclusione, per il settore lattiero-caseario, nelle aziende che trasformano un quantitativo di latte superiore a 100.000 litri all'anno del siero di latte, del latticello, della scotta e delle acque di processo delle paste filate;
f) il rispetto delle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed urbanistiche.
3. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue di cui al comma 1, contenenti sostanze naturali non pericolose e disciplinata dal presente decreto e' esclusa, ai sensi dell'art. 8, comma 1, del decreto legislativo n. 22 del 1997, dal campo di applicazione del medesimo decreto legislativo.
4. Per le acque reflue disciplinate dal presente decreto si possono prevedere forme di utilizzazione di indirizzo agronomico diverse da quelle sino ad ora considerate, quali la veicolazione di prodotti fitosanitari o fertilizzanti.

Art. 12.
Divieti di utilizzazione
1. Alle acque reflue si applicano le disposizioni di cui all'art. 5.

Art. 13.
Generalita' sui trattamenti
1. Per l'ubicazione dei contenitori di stoccaggio e di trattamento delle acque reflue devono essere esaminate le condizioni locali di accettabilita' per i manufatti adibiti allo stoccaggio in relazione ai seguenti parametri:
a) distanza dai centri abitati;
b) fascia di rispetto da strade, autostrade, ferrovie e confini di proprieta'.
2. I contenitori ove avvengono lo stoccaggio ed il trattamento delle acque reflue devono essere a tenuta idraulica, per evitare percolazioni o dispersioni degli effluenti stessi all'esterno.

Art. 14.
Stoccaggio delle acque reflue
1. Le regioni prevedono l'esclusione, attraverso opportune deviazioni, delle acque di prima pioggia provenienti da aree a rischio di dilavamento di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualita' dei corpi idrici.

2. Per le caratteristiche dello stoccaggio delle acque reflue si fa riferimento a quanto previsto per gli effluenti  zootecnici non palabili ai commi 1, 2, 3, 4, 5 e 9 dell'art. 8.
3. I contenitori di stoccaggio delle acque reflue possono essere ubicati anche al di fuori della azienda che le utilizza ai fini agronomici, purche' sia garantita la non miscelazione con altre tipologie di acque reflue, con effluenti zootecnici o con rifiuti.

4. Le regioni definiscono la durata degli stoccaggi in considerazione del volume di acque reflue prodotte in rapporto al fabbisogno idrico delle colture e alla durata della stagione irrigua, prevedendo un periodo minimo di stoccaggio pari a 90 giorni.

5. Le acque reflue destinate all'utilizzazione agronomica devono essere raccolte in contenitori per lo stoccaggio dimensionati secondo le esigenze colturali e di capacita' sufficiente in relazione ai periodi in cui l'impiego agricolo e' limitato o impedito da motivazioni agronomiche, climatiche o normative, nonche' tali da garantire le capacita' minime di stoccaggio individuate in base ai criteri di cui al comma 4.

Art. 15.
Tecniche di distribuzione
1. Per le tecniche di distribuzione si fa riferimento a quanto previsto riguardo agli effluenti di allevamento all'art. 9.

Art. 16.
Dosi di applicazione
1. Le dosi, non superiori ad un terzo del fabbisogno irriguo delle colture e indicate nella comunicazione di cui all'art. 18, e le epoche di distribuzione delle acque reflue devono essere finalizzate a massimizzare l'efficienza dell'acqua e dell'azoto in funzione del fabbisogno delle colture, cosi' come definito all'art. 10 ed alla lettera b) del comma 2 dell'art. 11.

2. Fermo restando quanto previsto dal CBPA, le regioni definiscono i criteri di utilizzazione irrigua e fertirrigua delle acque reflue in rapporto alle colture ed ai bilanci idrici locali, al fine di limitare le perdite dal sistema suolo-pianta e fissano ulteriori limitazioni o divieti all'utilizzo dei reflui qualora si verifichino particolari condizioni di incompatibilita' del suolo a ricevere gli stessi (elevata salinita', eccessiva drenabilita' del suolo, ecc.).

Capo II
Disciplina dell'utilizzazione agronomica delle acque reflue provenienti da piccole aziende agroalimentari.


Art. 17.
Individuazione delle piccole aziende agroalimentari
1. E' ammessa l'utilizzazione agronomica delle acque reflue, qualora contenenti sostanze naturali non pericolose, provenienti dalle piccole aziende agroalimentari appartenenti ai settori lattiero-caseario, vitivinicolo e ortofrutticolo che producono quantitativi di acque reflue non superiori a 4000 m3/anno e quantitativi di azoto, contenuti in dette acque a monte della fase di stoccaggio, non superiori a 1000 kg/anno.
2. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui al comma 1 e' soggetta a comunicazione che e' disciplinata dalle regioni nel rispetto dell'art. 18, comma 1, lettere b) e c) e comma 2 e contiene almeno le informazioni di cui all'Allegato IV, Parte B, lettere a), b) e d). L'utilizzazione agronomica delle medesime acque reflue e' soggetta alle disposizioni di cui agli articoli 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 20.
3. Le regioni possono promuovere lo spandimento delle acque reflue provenienti da aziende agroalimentari diverse da quelle di cui al comma 1, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 22 del 1997 e delle norme tecniche di cui al Titolo III, capo I.

Titolo IV
Criteri per la disciplina delle comunicazioni e del trasporto degli effluenti zootecinici e delle acque reflue di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 152 del 1999.


Art. 18.

Disciplina della comunicazione
1. La comunicazione e' disciplinata dalle regioni nel rispetto di quanto segue:
a) i contenuti sono conformi almeno a quanto riportato nell'allegato IV al presente decreto;
b) la comunicazione deve pervenire alle autorita' competenti almeno 30 giorni prima dell'inizio dell'attivita';
c) i tempi di validita' della comunicazione sono non superiori ai 5 anni successivi alla data di presentazione, fermo restando l'obbligo dell'interessato di segnalare tempestivamente le eventuali modifiche riguardanti la tipologia, la quantita' e le caratteristiche degli effluenti e delle acque reflue, nonche' i terreni destinati all'applicazione.
2. Le regioni individuano nel legale rappresentante dell'azienda che produce e intende utilizzare gli effluenti zootecnici e le acque reflue di cui al presente Titolo il soggetto tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
3. Qualora le fasi di produzione, trattamento, stoccaggio e spandimento di effluenti siano suddivise fra piu' soggetti, al fine di adottare specifiche forme di controllo per ciascuna delle predette fasi, le regioni disciplinano la forma di comunicazione per i diversi soggetti interessati, in funzione delle specifiche attivita', ferme restando le disposizioni di cui al comma 1.
4. La domanda di autorizzazione prevista per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell'allegato I del decreto legislativo 59/2005 deve tener conto degli obblighi derivanti dalla disciplina regionale attuativa del presente decreto.

5. Le aziende che producono e/o utilizzano in un anno un quantitativo non superiore a 3000 kg di azoto al campo da effluenti zootecnici sono esonerate dall'obbligo di effettuare la comunicazione di cui al comma 1. Per tali tipologie di aziende, le regioni, comunque, definiscono i casi in cui l'esonero non si applica in ragione di fattori locali quali l'elevato carico zootecnico territoriale.

Art. 19.
Piano di utilizzazione agronomica
1. Ai fini di una corretta utilizzazione agronomica degli effluenti e di un accurato bilanciamento degli elementi fertilizzanti, in funzione soprattutto delle caratteristiche del suolo e delle asportazioni prevedibili, e' previsto per le aziende di cui al decreto legislativo 59/2005 nonche' per gli allevamenti bovini con piu' di 500 UBA (Unita' di Bestiame Adulto), determinati conformemente alla tabella 4 dell'allegato I, l'obbligo di predisporre un Piano di Utilizzazione Agronomica conforme all'Allegato V parte A.

Art. 20.
Trasporto
1. La normativa regionale definisce gli adempimenti concernenti il trasporto, necessari a garantire un adeguato controllo sulla movimentazione degli effluenti e delle acque reflue di cui al presente Titolo, prevedendo una documentazione di accompagnamento contenente almeno le seguenti informazioni:
a) gli estremi identificativi dell'azienda da cui origina il materiale trasportato e del legale rappresentante della stessa;

b) la natura e la quantita' degli effluenti e/o delle acque reflue trasportate;
c) l'identificazione del mezzo di trasporto;

d) gli estremi identificativi dell'azienda destinataria e del legale rappresentante della stessa;
e) gli estremi della comunicazione redatta dal legale rappresentante dell'azienda da cui origina il materiale trasportato ai sensi dell'art. 18.
2. Le regioni stabiliscono inoltre i tempi di conservazione della documentazione di cui al comma 1, nonche' le forme di semplificazione della documentazione da utilizzarsi nel caso di trasporto effettuato tra terreni in uso alla stessa azienda da cui origina il materiale trasportato ovvero nel caso di aziende con allevamenti di piccole dimensioni con produzione di azoto non superiore a 6000 Kg azoto/anno.

Art. 20-bis
Misure di sostegno per gli imprenditori agricoli e periodi di adeguamento
1. Le regioni, ai sensi dell'art. 5, paragrafo 3 e dell'art. 26, paragrafo 1 del Reg. (CE) 1257/99 come modificato dal Reg. (CE) 1783/03 e successive normative relative alla programmazione dello sviluppo rurale, favoriscono nei rispettivi documenti di programmazione regionale sullo sviluppo rurale approvati dalla Commissione Europea, azioni volte al sostegno di investimenti nelle aziende agricole e nelle piccole aziende di trasformazione, come definite dall'art. 28, paragrafo 1 del Reg. (CE) 817/04, realizzati allo scopo di conformarsi alle nuove norme minime introdotte dalla normativa regionale attuativa dell'art. 38 del decreto legislativo 152/99 e del presente decreto. A norma dell'art. 1 e dell'art. 28 paragrafo 2 del Reg. (CE) 817/04 le aziende agricole e le piccole aziende di trasformazione ove previsto nei predetti documenti di programmazione regionali, possono beneficiare di una proroga per conformarsi alle prescrizioni previste dalla predetta normativa regionale, a condizione che tale periodo sia necessario per risolvere i problemi specifici inerenti alla osservanza delle stesse. Tale proroga non puo' essere superiore ai trentasei mesi a partire dalla data dalla quale le prescrizioni previste diventano obbligatorie per le aziende agricole e per le piccole aziende di trasformazione.


Titolo V
Utilizzazione agronomica in zone vulnerabili da nitrati


Art. 21.
Disposizioni generali
1. Nelle zone designate vulnerabili da nitrati di origine agricola, l'utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, delle acque reflue di cui al presente decreto e dei concimi azotati e ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984 e' soggetta alle disposizioni di cui al presente Titolo V, volte in particolare a:
a) proteggere e risanare le zone vulnerabili dall'inquinamento provocato da nitrati di origine agricola;
b) limitare l'applicazione al suolo dei fertilizzanti azotati sulla base dell'equilibrio tra il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture e l'apporto alle colture di azoto proveniente dal suolo e dalla fertilizzazione, in coerenza anche con il CBPA di cui all'art. 19 del decreto legislativo n. 152 del 1999;
c) promuovere strategie di gestione integrata degli effluenti zootecnici per il riequilibrio del rapporto agricoltura-ambiente tra cui l'adozione di modalita' di allevamento e di alimentazione degli animali finalizzate a contenere, gia' nella fase di produzione, le escrezioni di azoto.
2. Al fine di accrescere le conoscenze attuali sulle strategie di riduzione delle escrezioni e di altri possibili inquinanti durante la fase di allevamento degli animali, sui trattamenti degli effluenti e sulla fertilizzazione bilanciata delle colture e di favorire la loro diffusione, le regioni prevedono azioni di informazione e di supporto alle aziende agricole, nonche' promuovono attivita' di ricerca e di sperimentazione a scala locale, coerenti con le iniziative comunitarie e nazionali.
3. I programmi di azione di cui all'art. 19, comma 6 del decreto legislativo n. 152 del 1999 devono essere conformi alle disposizioni di cui al presente Titolo che integra l'Allegato 7 parte AIV dello stesso decreto.
4. Oltre alle disposizioni di cui al Programma d'azione per le zone vulnerabili, le regioni favoriscono, in particolare nelle zone vulnerabili ove necessitano azioni rafforzative, l'applicazione delle misure agroambientali dei Piani di Sviluppo Rurale di cui all'allegato II del presente decreto, volte al ripristino del corretto equilibrio tra la produzione agricola e l'ambiente.

5. Le regioni, a norma degli articoli 21-bis, 21-ter e 21-quater del Reg. (CE) 1783/03, al fine di promuovere una piu' rapida applicazione delle disposizioni cogenti del Programma di azione per le zone vulnerabili ed il loro rispetto da parte degli agricoltori, possono attivare nell'ambito della programmazione comunitaria e nazionale dello Sviluppo Rurale specifiche misure di sostegno temporaneo, finalizzate alla copertura parziale delle perdite di reddito e/o dei costi aggiuntivi derivanti dall'applicazione di tali disposizioni nonche' idonee azioni di sostegno degli agricoltori a fronte dei costi relativi a servizi di consulenza aziendale finalizzati all'applicazione delle prescrizioni tecniche di cui ai programmi d'azione.

Art. 22.
Divieti di utilizzazione dei letami e dei concimi azotati e ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984

1. L'utilizzo agronomico del letame e dei materiali ad esso assimilati, nonche' dei concimi azotati e ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984 e' vietato almeno entro:
- 5 m di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali individuati dalle regioni come non significativi;
- 10 m di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali significativi;
- 25 m di distanza dall'inizio dell'arenile per le acque lacuali, marino-costiere e di transizione, nonche' dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971.
2. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'art. 4, comma 1, lettere a), b), e) e f).
3. Nelle fasce di divieto di cui al comma 1, ove tecnicamente possibile, e' obbligatoria una copertura vegetale permanente anche spontanea ed e' raccomandata la costituzione di siepi e/o di altre superfici boscate. In particolari aree caratterizzate da situazioni di aridita' tali da determinare la perdita della copertura vegetale permanente, le regioni individuano diverse misure atte a contrastare il trasporto dei nutrienti verso i corpi idrici.

4. L'utilizzo dei concimi azotati e ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984 e' vietato sui terreni gelati, saturi d'acqua o innevati e nelle 24 ore precedenti l'intervento irriguo, nel caso di irrigazione a scorrimento per i concimi non interrati.

5. Le regioni, in ragione di particolari condizioni locali, individuano i diversi limiti di pendenza oltre i quali e' vietato l'utilizzo di letami e materiali assimilati, nonche' dei concimi azotati e ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984, ovvero le pratiche agronomiche atte a contrastare il trasporto di nutrienti, in particolare nel caso di suolo non coperto da vegetazione o di colture che non assicurano la copertura completa del suolo, obbligando comunque le aziende ad adottare almeno le pratiche agronomiche contenute nel CBPA. Devono altresi' essere presi in considerazione i limiti di lavorabilita' del suolo, tenuto conto di adeguate sistemazioni idraulico-agrarie e di modalita' di spandimento atte a contrastare il ruscellamento.
6. Le disposizioni di cui al comma 1, non si applicano ai canali artificiali ad esclusivo utilizzo di una o piu' aziende, purche' non connessi ai corpi idrici naturali, ed ai canali arginati.

Art. 23.
Divieti di utilizzazione dei liquami
1. L'utilizzo di liquami e dei materiali ad essi assimilati, nonche' dei fanghi derivanti da trattamenti di depurazione di cui al decreto legislativo n. 99 del 1992 e' vietato almeno entro:
- 10 m di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali;

- 30 m di distanza dall'inizio dell'arenile per le acque lacuali, marino-costiere e di transizione, nonche' dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971.
2. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'art. 4, comma 1, lettere a), b), e) ed f) e all'art. 5, comma 1, lettere d), e), f), g) ed h).

3. Nelle fasce di divieto di cui al comma 1, ove tecnicamente possibile, e' obbligatoria una copertura vegetale permanente anche spontanea ed e' raccomandata la costituzione di siepi e/o di altre superfici boscate. In particolari aree caratterizzate da situazioni di aridita' tali da determinare la perdita della copertura vegetale permanente, le regioni individuano diverse misure atte a contrastare il trasporto dei nutrienti verso i corpi idrici.
4. L'utilizzo di liquami e' vietato su terreni con pendenza media, riferita ad un'area aziendale omogenea, superiore al 10%, che puo' essere incrementata, comunque non oltre il 20%, in presenza di sistemazioni idraulico-agrarie, sulla base delle migliori tecniche di spandimento riportate nel CBPA e nel rispetto di prescrizioni regionali volte ad evitare il ruscellamento e l'erosione, tra le quali le seguenti:
a) dosi di liquami frazionate in piu' applicazioni;

b) iniezione diretta nel suolo o spandimento superficiale a bassa pressione con interramento entro le 12 ore sui seminativi in prearatura;
c) iniezione diretta, ove tecnicamente possibile, o spandimento a raso sulle colture prative;
d) spandimento a raso in bande o superficiale a bassa pressione in copertura su colture cerealicole o di secondo raccolto.

L'adozione di tali prescrizioni deve essere riportata con adeguato dettaglio all'interno dei programmi di azione regionali.

5. In particolari aree caratterizzate da condizioni geomorfologiche e pedologiche sfavorevoli, le regioni possono individuare limiti di pendenza piu' elevati di quelli stabiliti al comma 4 in presenza di sistemazioni idraulico-agrarie, sulla base delle migliori tecniche di spandimento riportate nel CBPA e purche' siano garantiti:
a) il rispetto delle prescrizioni di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 4;
b) il non superamento di un apporto complessivo di azoto di 210 kg per ettaro per anno, inteso come quantitativo medio aziendale ed ottenuto sommando i contributi da effluenti di allevamento, comunque non superiori a 170 kg di azoto, ed i contributi da concimi azotati e ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984.
6. Le disposizioni di cui al comma 1, non si applicano ai canali artificiali ad esclusivo utilizzo di una o piu' aziende, purche' non connessi ai corpi idrici naturali, ed ai canali arginati.

Art. 24.
Caratteristiche dello stoccaggio
1. Per le caratteristiche e il dimensionamento dei contenitori per lo stoccaggio dei materiali palabili e non palabili si applicano le disposizioni di cui al comma 1 dell'art. 6, ai commi 1, 2, 3, e 4 dell'art. 7 e ai commi 2, 3, 4, 5, 7 e 9 dell'art. 8.

2. Per le deiezioni degli avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65%, la capacita' di stoccaggio non deve essere inferiore al volume di materiale prodotto in 120 giorni. Per i contenitori esistenti l'adeguamento deve avvenire entro 5 anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Valgono altresi' le disposizioni del comma 1 dell'art. 8 ad eccezione del secondo periodo del medesimo comma cosi' sostituito: «Alla produzione complessiva di liquami da stoccare deve essere sommato il volume delle acque meteoriche, convogliate nei contenitori dello stoccaggio da superfici scoperte interessate dalla presenza di effluenti zootecnici».

4. Per gli allevamenti di bovini da latte, bufalini, equini e ovicaprini in aziende con terreni caratterizzati da assetti colturali che prevedono la presenza di pascoli o prati di media o lunga durata e cereali autunno-vernini i contenitori per lo stoccaggio dei liquami e dei materiali ad essi assimilati devono avere un volume non inferiore a quello del liquame prodotto in allevamenti stabulati in:

a) 120 giorni nell'Italia centro settentrionale (Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Province di Bolzano e di Trento, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Marche, Abruzzo, Umbria, Lazio), fatta eccezione per i contenitori esistenti che devono essere adeguati entro 5 anni dall'entrata in vigore del presente decreto;
b) 90 giorni nell'Italia meridionale (Campania, Molise, Puglia, Calabria, Basilicata, Sardegna, Sicilia);
5. In assenza degli assetti colturali di cui al comma 4 ed in presenza di tipologie di allevamento diverse da quelle del medesimo comma 4, le regioni prescrivono un volume di stoccaggio non inferiore a quello del liquame prodotto nei seguenti periodi:

a) 180 giorni nell'Italia settentrionale (Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Province di Bolzano e di Trento, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Liguria);
b) 150 giorni in tutte le altre regioni.

6. Per i nuovi allevamenti e per gli ampliamenti di quelli esistenti non sono considerate utili al calcolo dei volumi di stoccaggio le fosse sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati.
7. Per le caratteristiche e il dimensionamento dei contenitori per lo stoccaggio delle acque reflue di cui al presente decreto si applicano le disposizioni di cui all'art. 14.
8. I liquidi di sgrondo dei materiali palabili vengono assimilati, per quanto riguarda il periodo di stoccaggio, ai materiali non palabili come trattati ai commi 4 e 5 nel presente articolo.

Art. 25.
Accumulo temporaneo di letami
1. L'accumulo temporaneo di letami e di lettiere esauste di allevamenti avicunicoli, esclusi gli altri materiali assimilati, definiti dall'art. 2 comma 1 lettera e) e' praticato ai soli fini della utilizzazione agronomica e deve avvenire sui terreni utilizzati per lo spandimento. La quantita' di letame accumulato deve essere funzionale alle esigenze colturali degli appezzamenti di suolo.

2. L'accumulo non e' ammesso a distanza inferiore a 5 m dalle scoline, a 30 m dalle sponde dei corsi d'acqua superficiali, ed a 40 m dalle sponde dei laghi, dall'inizio dell'arenile per le acque marino-costiere e di transizione, nonche' delle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971.

3. L'accumulo temporaneo di cui al comma 1 e' ammesso su suolo agricolo solo dopo uno stoccaggio di almeno 90 giorni e per un periodo non superiore a tre mesi. L'accumulo non puo' essere ripetuto nello stesso luogo nell'ambito di una stessa annata agraria. Per le lettiere degli allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90 giorni valgono le disposizioni di cui al comma 2 dell'art. 7.
4. Gli accumuli devono essere di forma e dimensioni tali da garantire una buona aerazione della massa e, al fine di non generare liquidi di sgrondo, devono essere adottate le misure necessarie per effettuare il drenaggio completo del percolato prima del trasferimento in campo ed evitare infiltrazioni di acque meteoriche, oltre a prevedere un'idonea impermeabilizzazione del suolo.

Art. 26.
Modalita' di utilizzazione agronomica e dosi di applicazione
1. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1, lettera i) dell'art. 5, lo spandimento degli effluenti zootecnici e delle acque reflue di cui al presente decreto, nonche' dei concimi azotati e degli ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984 e' vietato nella stagione autunno-invernale, di norma dal 1° novembre fino alla fine di febbraio, ed in particolare sono previsti i seguenti periodi minimi di divieto:
a) 90 giorni per i concimi azotati e gli ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984, per i letami e i materiali ad essi assimilati ad eccezione delle deiezioni degli avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65% per le quali vale il periodo di divieto di 120 giorni. Per le aziende esistenti il divieto di 120 giorni si applica a decorrere dalla data di adeguamento dei contenitori di cui all'art. 24, comma 2;
b) per liquami e materiali ad essi assimilati e per le acque reflue, fatta salva la disposizione di cui al comma 5, il divieto ha la durata di: 90 giorni nei terreni con prati, cereali autunno-vernini, colture ortive, arboree con inerbimento permanente;

120 giorni nei terreni destinati ad altre colture.

2. In relazione alle specifiche condizioni pedoclimatiche locali, le regioni possono individuare, anche sulla base dell'indirizzo dell'Autorita' di Bacino, decorrenze di divieto diverse da quella prevista al comma 1 e possono altresi' prevedere la sospensione del divieto.
3. Le regioni, in presenza di colture che utilizzano l'azoto in misura significativa anche nella stagione autunno-invernale, come per esempio le colture ortofloricole e vivaistiche protette o in pieno campo, possono individuare periodi di divieto diversi da quelli indicati al comma 1, anche non continuativi, e relative decorrenze, tenendo conto dei ritmi e dei periodi di utilizzazione degli elementi nutritivi da parte di dette coltivazioni.
4. Le regioni predispongono una relazione tecnica in allegato alla scheda n. 30 del decreto 18 settembre 2002 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 198 del 18 ottobre 2002 relativa all'attuazione di quanto previsto ai commi 2 e 3.

5. Sui terreni utilizzati per gli spandimenti, devono essere impiegati come fertilizzanti prioritariamente, ove disponibili, gli effluenti zootecnici le cui quantita' di applicazione devono tenere conto, ai fini del rispetto del bilancio dell'azoto, del reale fabbisogno delle colture, della mineralizzazione netta dei suoli e degli apporti degli organismi azoto-fissatori. La quantita' di effluente non deve in ogni caso determinare in ogni singola azienda o allevamento un apporto di azoto superiore a 170 kg per ettaro e per anno, inteso come quantitativo medio aziendale, calcolata sulla base dei valori della tabella 2 dell'allegato I o in alternativa di altri valori determinati secondo le procedure di calcolo o di misura citati nell'allegato stesso, comprensivo delle deiezioni depositate dagli animali quando sono tenuti al pascolo e degli eventuali fertilizzanti organici derivanti dagli effluenti di allevamento di cui alla legge 19 ottobre 1984, n. 748 e dalle acque reflue di cui al presente decreto. Le dosi di effluente zootecnico, applicate nel rispetto del bilancio dell'azoto, e l'eventuale integrazione di concimi azotati e ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984 devono essere giustificate dal Piano di Utilizzazione Agronomica (PUA) di cui all'art. 28. Per le aziende ricadenti in parte anche in zone non vulnerabili, il quantitativo medio aziendale sopraindicato deve intendersi riferito esclusivamente alla superficie aziendale ricadente in zona vulnerabile.
6 Al fine di contenere le dispersioni di nutrienti nelle acque superficiali e profonde, le tecniche di distribuzione e le altre misure adottate devono assicurare:
a) l'uniformita' di applicazione del fertilizzante;
b) l'elevata utilizzazione degli elementi nutritivi ottenibile con un insieme di buone pratiche che comprende la somministrazione dei fertilizzanti azotati il piu' vicino possibile al momento della loro utilizzazione, il frazionamento della dose con il ricorso a piu' applicazioni ripetute nell'anno ed il ricorso a mezzi di spandimento atti a minimizzare le emissioni di azoto in atmosfera;
c) la corretta applicazione al suolo sia di concimi azotati e ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984, sia di effluenti di allevamento, sia di acque reflue di cui all'art. 28 del decreto legislativo 152/99, conformemente alle disposizioni di cui al CBPA;

d) lo spandimento del liquame con sistemi di erogazione a pressione tali da non determinare la polverizzazione del getto;

e) l'adozione di sistemi di avvicendamento delle colture nella gestione dell'uso del suolo conformemente alle disposizioni del CBPA;

f) la conformita' delle pratiche irrigue alle disposizioni di cui al CBPA ed all'allegato VII al presente decreto.
Le regioni possono prevedere specifiche disposizioni in merito alla proporzione di suolo da destinare a colture permanenti collegate a colture annuali, promuovendo altresi', ove possibile, il ricorso all'inerbimento dell'interfilare.
7. Ai fini dell'utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, al di fuori del periodo di durata del ciclo della coltura principale devono essere garantite o una copertura dei suoli tramite colture intercalari o colture di copertura, secondo le disposizioni contenute nel CBPA o altre pratiche colturali atte a ridurre la lisciviazione dei nitrati, quali l'interramento di paglie e stocchi.

8. Ai fini della ottimizzazione dell'efficienza dell'azoto e della riduzione del rischio di inquinamento da nitrati di origine agricola dei corpi idrici superficiali e sotterranei, le regioni verificano l'efficacia dell'applicazione del CBPA nelle zone vulnerabili e valutano l'opportunita' di adottare gli interventi di cui all'allegato II al presente decreto nell'ambito dei Piani di Sviluppo Rurale.
9. Le regioni individuano, all'interno delle zone vulnerabili, particolari aree di criticita' ambientale dovuta all'elevata permeabilita' del suolo, alla consistente percolazione o a condizioni che possono ridurre la capacita' delle colture di utilizzare le sostanze nutritive contenute nelle deiezioni distribuite. In tali aree devono essere adottate misure di protezione ambientale aggiuntive o integrative a quelle indicate nei commi precedenti, ivi compresa l'ulteriore limitazione degli apporti di azoto di qualsiasi origine.
10. L'utilizzazione agronomica dei concimi azotati e ammendanti organici di cui alla legge n. 748 del 1984 deve avvenire secondo le modalita' di cui all'allegato VI.

Art. 27.
Strategie di gestione integrata di effluenti zootecnici
1. Le regioni, nell'ambito dei Programmi d'azione definiscono politiche per la gestione degli effluenti zootecnici basate su tecniche finalizzate al ripristino di un corretto equilibrio agricoltura-ambiente, in conformita' alle modalita' di gestione di cui all'allegato III al presente decreto, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili al fine di evitare il trasferimento dell'inquinamento tra i diversi comparti ambientali.

2. In particolari contesti territoriali caratterizzati da corpi idrici ad elevata vulnerabilita' da nitrati e/o a rischio di eutrofizzazione, le regioni rendono obbligatorie, ove tecnicamente possibile, le modalita' di gestione di cui all'allegato III parte B al presente decreto nei casi in cui la produzione di azoto sia in eccedenza rispetto ai fabbisogni dei terreni utilizzati per gli spandimenti e qualora si rendano necessarie azioni rafforzative dei Programmi d'azione gia' adottati, come stabilito dall'art. 19, comma 7, lettera c) del decreto legislativo 152/99.

3. Le regioni possono prevedere, in accordo alla disciplina comunitaria in materia di aiuti alle imprese, finanziamenti nell'ambito di accordi e contratti di programma da stipulare con i soggetti interessati per l'adozione delle tecniche finalizzate al ripristino di un corretto equilibrio agricoltura-ambiente ai sensi del comma 1, promuovendo la costituzione di consorzi ovvero di altre forme di cooperazione interaziendale al cui interno sono realizzati gli impianti per i trattamenti di cui all'allegato III parte B al presente decreto.
4. Le regioni, entro sette mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, definiscono l'elenco, da aggiornare periodicamente, degli impianti di depurazione di acque reflue urbane e di altri impianti da utilizzare per i trattamenti di cui al comma 3, apportando successivamente le necessarie modifiche ai propri Piani energetico, di tutela delle acque e di gestione dei rifiuti. La realizzazione e l'adeguamento degli impianti puo' avvenire con il ricorso alle misure di cui agli Accordi di Programma Quadro (APQ), sottoscritti ai sensi del comma 203 dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

5. La realizzazione e l'esercizio degli impianti di cui al comma 3 per i trattamenti previsti all'allegato III parte B, punto 1, nonche' l'adeguamento degli impianti stessi per i trattamenti di cui all'allegato III parte B, punto 2, sono approvati e autorizzati ai sensi dell'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 recante «l'attuazione della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita».

Art. 28.
Piano di Utilizzazione Agronomica (PUA)
1. Al fine di minimizzare le perdite di azoto nell'ambiente, l'utilizzo dei fertilizzanti azotati deve essere effettuato, ai sensi dell'allegato 7 parte A IV del decreto legislativo 152/99, nel rispetto dell'equilibrio tra il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture e l'apporto alle colture di azoto proveniente dal suolo, dall'atmosfera e dalla fertilizzazione, corrispondente:

- alla quantita' di azoto presente nel suolo nel momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in maniera significativa (quantita' rimanente alla fine dell'inverno);
- all'apporto di composti di azoto tramite la mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico nel suolo;
- all'aggiunta di composti di azoto provenienti da effluenti di allevamento e acque reflue disciplinate dal presente decreto;

- all'aggiunta di composti di azoto provenienti dal riutilizzo irriguo di acque reflue depurate di cui al decreto 12 giugno 2003, n. 185 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, da fertilizzanti di cui alla legge n. 748 del 1984 e da fanghi di depurazione di cui al decreto legislativo n. 99 del 1992;
- all'azoto da deposizione atmosferica.

2. Il Piano di Utilizzazione Agronomica (PUA) deve essere redatto conformemente alle disposizioni di cui all'allegato V al presente decreto.

Art. 29.
Comunicazione e trasporto
1. L'utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e' soggetta alla presentazione all'autorita' competente della comunicazione ed alla compilazione del PUA secondo le modalita' definite all'allegato V.
2. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 152 del 1999 e' soggetta alla presentazione all'autorita' competente della comunicazione di cui all'allegato IV parte B del presente decreto.

3. Il legale rappresentante dell'azienda trasmette la comunicazione di cui ai commi 1 e 2 che deve pervenire alle autorita' competenti almeno 30 giorni prima dell'inizio dell'attivita' e rinnova la medesima ogni cinque anni, fermo restando l'obbligo dell'interessato di segnalare tempestivamente le eventuali modifiche riguardanti la tipologia, la quantita' e le caratteristiche degli effluenti e delle acque reflue, nonche' i terreni destinati all'applicazione.

4. Gli atti o i provvedimenti che alla data di entrata in vigore del presente decreto abilitano all'effettuazione dell'utilizzazione agronomica di cui al presente Titolo restano validi sino alla loro scadenza. Al fine della conformita' alle disposizioni del presente decreto, le regioni richiedono integrazioni agli atti o ai provvedimenti in corso di validita'.

5. In assenza degli atti o dei provvedimenti di cui al comma 4, il legale rappresentante dell'azienda in cui viene gia' effettuata l'utilizzazione agronomica procede all'invio di una comunicazione alla regione, conformemente alla presente normativa entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
6. Qualora le fasi di produzione, stoccaggio e spandimento di effluenti siano suddivise fra piu' soggetti, al fine di adottare specifiche forme di controllo per ciascuna delle predette fasi, le regioni disciplinano la forma di comunicazione per i diversi soggetti interessati, in funzione delle specifiche attivita', ferme restando le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5.

7. Le aziende che producono e/o utilizzano in un anno un quantitativo non superiore a 1000 kg di azoto al campo da effluenti zootecnici sono esonerate dall'obbligo di effettuare la comunicazione di cui al comma 1. Per tali tipologie di aziende, le regioni, comunque, definiscono i casi in cui l'esonero non si applica in ragione di fattori locali quali l'elevato carico zootecnico territoriale.
8. Il PUA di cui all'Allegato V parte A del presente decreto e' parte integrante dell'autorizzazione integrata ambientale di cui all'art. 5 del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.
9. Il trasporto degli effluenti zootecnici e delle acque reflue di cui al presente decreto e' assoggettato alle disposizioni di cui all'art. 20.

Art. 30.
Controlli in zone vulnerabili
1. Ai fini della verifica della concentrazione di nitrati nelle acque superficiali e sotterranee e della valutazione dello stato trofico delle acque lacustri, di transizione, marino-costiere e di eventuali altre tipologie di acque superficiali individuate dalle regioni, ai sensi della parte A I dell'allegato 7 del decreto legislativo 152/99, le regioni, sulla base di un programma di monitoraggio, effettuano i controlli in stazioni di campionamento rappresentative delle acque superficiali interne, delle acque sotterranee e delle acque estuarine e costiere.
2. La frequenza dei controlli deve garantire l'acquisizione di dati sufficienti ad evidenziare la tendenza della concentrazione dei nitrati, al fine della designazione di ulteriori zone vulnerabili e della valutazione dell'efficacia dei Programmi di azione adottati nelle zone vulnerabili. Le Regioni, ai fini della verifica dell'efficacia dei Programmi di azione, possono fare riferimento, in via orientativa, all'allegato VIII.
3. L'autorita' competente al controllo predispone un piano di controllo sulle modalita' di utilizzazione agronomica nelle aziende, al fine di verificare il rispetto degli obblighi di cui al presente decreto e provvede periodicamente all'analisi dei suoli interessati dallo spandimento degli effluenti per la determinazione della concentrazione di rame e zinco, in forma totale, di fosforo in forma assimilabile e del sodio scambiabile secondo i metodi ufficiali di analisi chimica del suolo di cui al decreto ministeriale 13 settembre 1999 del Ministero per le politiche agricole e forestali, pubblicato sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 248 del 21 ottobre 1999. Le regioni individuano i limiti di accettabilita' delle concentrazioni nel suolo di rame, zinco e fosforo sulla base delle specifiche condizioni locali.
4. Le regioni prevedono altresi' forme di registrazione, da parte delle aziende, delle operazioni di applicazione al suolo di cui al presente Titolo, utili allo svolgimento dei controlli di cui al comma 3.
5. La verifica dei dati contenuti nel registro di cui al comma 4 e' finalizzata all'accertamento:
- della piena utilizzazione dei terreni, in particolare di quelli ubicati ai margini dell'azienda e di quelli messi a disposizione da soggetti diversi dal titolare dell'azienda;
- del rispetto, per le singole distribuzioni, dei volumi e dei periodi di spandimento previsti nella comunicazione o nel PUA.

6. Le autorita' competenti effettuano sopralluoghi sugli appezzamenti di cui al PUA ovvero ad altre tipologie di comunicazione, prendendo in considerazione i seguenti elementi:
- effettiva utilizzazione di tutta la superficie a disposizione;
- presenza delle colture indicate;
- rispondenza dei mezzi e delle modalita' di spandimento dichiarate.
7. Le regioni tengono anche conto delle procedure di controllo di cui all'art. 33, comma 1.

Art. 31.
Formazione e informazione degli agricoltori
1. Le regioni, tenuto conto delle disposizioni di cui al presente decreto, individuano ai sensi dell'art. 19, comma 7, lettera b) del decreto legislativo 152/99, interventi di formazione e informazione sui Programmi di azione e sul CBPA, con l'obiettivo di:

- far conoscere alle aziende situate nelle zone vulnerabili le norme in materia di effluenti di allevamento, di acque reflue e di altri fertilizzanti, attraverso un'azione di carattere divulgativo;
- formare il personale aziendale sulle tecniche di autocontrollo al fine di mantenere aggiornato il livello di conformita' aziendale alle normative ambientali cogenti;
- mettere a punto un sistema permanente di consulenza ambientale rivolto alle aziende;
- promuovere la graduale penetrazione nelle aziende dei Sistemi di Gestione ambientale.

Art. 32.
Informazioni
1. Le informazioni sullo stato di attuazione del Titolo V devono essere trasmesse dalle regioni secondo le modalita' e le scadenze temporali di cui alle schede 27, 27-bis, 28, 29, 30 e 31 del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio del 18 settembre 2002.

Titolo VI
Ulteriori prescrizioni, controlli e disposizioni di salvaguardia


Art. 33.
Criteri e procedure di controllo e informazioni nelle zone non vulnerabili
1. Fatte salve le disposizioni di cui all'art. 30, le regioni, sulla base delle comunicazioni ricevute e delle altre conoscenze a loro disposizione riguardo allo stato delle acque, agli allevamenti, alle coltivazioni, alle condizioni pedoclimatiche e idrologiche, organizzano ed effettuano nelle zone non vulnerabili sia controlli cartolari con incrocio di dati, sia controlli nelle aziende agro-zootecniche ed agroalimentari per verificare la conformita' delle modalita' di utilizzazione agronomica agli obblighi ed alla comunicazione di cui al presente decreto, impegnando le loro risorse in relazione al rischio ambientale ed igienico-sanitario. I controlli cartolari sono raccomandati per il 10% delle comunicazioni effettuate nell'anno; quelli aziendali per il 4%, con inclusione di analisi dei suoli specie nei comprensori piu' intensamente coltivati per evitare eccessi di azoto e fosforo.
2. Le regioni trasmettono, anche per le zone non vulnerabili, i dati conoscitivi sul monitoraggio delle acque relativi alla scheda 27 del decreto del 18 settembre 2002, secondo le modalita' indicate nello stesso.

Art. 34.
Ulteriori prescrizioni
1. Le regioni, in ragione di particolari situazioni locali, anche sulla base delle indicazioni delle Autorita' di bacino competenti, possono prevedere misure piu' restrittive di quelle contenute nei Titoli II, III, IV e V.

Art. 35.
Disposizioni di salvaguardia
1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle Province Autonome di Trento e Bolzano, che provvedono alle finalita' del presente decreto in conformita' ai rispettivi statuti ed alle relative norme di attuazione.

Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 7 aprile 2006

Il Ministro delle politiche agricole e forestali
Alemanno

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
Matteoli

Il Ministro delle attivita' produttive
Scajola

Il Ministro della salute (ad interim)
Berlusconi

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
Lunardi


ALLEGATO I

 

I valori riportati nelle seguenti tabella 1, 2 e 3 corrispondono a quelli riscontrati con maggiore frequenza a seguito di misure dirette effettuate in numerosi allevamenti, appartenenti ad una vasta gamma di casi quanto a indirizzo produttivo e a tipologia di stabulazione.

Tuttavia, nel caso fossero ritenuti validi per il proprio allevamento valori, presentando una relazione tecnico-scientifica che illustri dettagliatamente:

- materiali e metodi utilizzati per la definizione del bilancio azotato aziendale basato sulla misura dei consumi alimentari, delle ritenzioni nei prodotti e delle perdite di volatilizzazione, redatto seguendo le indicazioni contenute in relazioni scientifiche e manuali indicati dalle regioni. In alternativa  possono essere utilizzati valori analitici riscontrati negli effluenti, di cui vanno documentate le metodiche e il piano di campionamento adottati;

- risultati di studi e ricerche riportati su riviste scientifiche atti a dimostrare la buona affidabilità dei dati riscontrati nella propria azienda e la buona confrontabilità con i risultati ottenuti in altre realtà aziendali;

- piano di monitoraggio per il controllo, nel tempo, del mantenimento dei valori dichiarati.

 

Tabella 1 Effluenti zootecnici: quantità di effluente prodotta per peso vivo e per anno in relazione alla tipologia di stabulazione.

Categoria animale e tipologia di stabulazione

p.v. medio

(kg/capo)

liquame

(m3/t p.v. / anno)

letame o materiale palabile

Quantità di paglia

(kg/t p.v. /giorno)

(t/t p.v. / a )

(m3/t p.v. / a)

SUINI

RIPRODUZIONE

 

 

 

 

 

Scrofe (160-200 kg) in gestazione in box multiplo senza corsia di defecazione esterna:

180

 

 

 

 

• pavimento pieno, lavaggio ad alta pressione

 

73

 

 

 

• pavimento parzialmente fessurato (almeno 1,5 m di larghezza)

 

44

 

 

 

• pavimento totalmente fessurato

 

37

 

 

 

Scrofe (160-200 kg) in gestazione in box multiplo con corsia di defecazione esterna:

180

 

 

 

 

• pavimento pieno (anche con corsia esterna), lavaggio con cassone a ribaltamento

 

73

 

 

 

• pavimento pieno (anche con corsia esterna), lavaggio ad alta pressione

 

55

 

 

 

• pavimento pieno e corsia esterna fessurata

 

55

 

 

 

• pavimento parzialmente fessurato (almeno 1,5 m di larghezza) e corsia esterna fessurata

 

44

 

 

 

• pavimento totalmente fessurato

 

37

 

 

 

Scrofe (160-200 kg) in gestazione in posta singola:

180

 

 

 

 

• pavimento pieno (lavaggio con acqua ad alta pressione)

 

55

 

 

 

• pavimento fessurato

 

37

 

 

 

Scrofe (160-200 kg) in gestazione in gruppo dinamico:

180

 

 

 

 

• zona di alimentazione e zona di riposo fessurale

 

37

 

 

 

• zona di alimentazione fessurata e zona di riposo su lettiera

 

22

17

23,8

6

Scrofe (160-200 kg) in zona parto in gabbie:

180

 

 

 

 

• gabbie sopraelevate o non e rimozione con acqua delle deiezioni ricadenti sul pavimento

pieno sottostante

 

73

 

 

 

• sopraelevate con fossa di stoccaggio sottostante e rimozione a fine ciclo, oppure con

asportazione meccanica o con riciclo

 

55

 

 

 

Scrofe (160-200 kg) in zona parto su lettiera integrale (estesa a tutto il box)

180

0,4

22,0

31,2

 

Verri

250

 

 

 

 

• con lettiera

 

0,4

22,0

31,2

 

• senza lettiera

 

37

 

 

 

SUINI

SVEZZAMENTO

 

 

 

 

 

Lattonzoli (7-30 kg)

18

 

 

 

 

• box a pavimenti pieno senza corsia esterna di defecazione; lavaggio con acqua ad alta

pressione

 

73

 

 

 

• box a pavimento parzialmente fessurato senza corsia di defecazione esterna

 

44

 

 

 

• box a pavimento interamente fessurato senza corsia di defecazione esterna

 

37

 

 

 

• gabbie multiple sopralevate con rimozione ad acqua delle deiezioni ricadenti sul pavimento

sottostante

 

55

 

 

 

•  gabbie multiple sopralevate con asportazione meccanica o con ricircolo, oppure con fossa

di stoccaggio sottostante e svuotamento s fine ciclo

 

37

 

 

 

• box su lettiera

 

 

22,0

31,2

 

ACCRESCIMENTO E INGRASSO

 

 

 

 

 

Magroncello (31-50 kg)

40

 

 

 

 

Magrone e scrofetta (51-85 kg)

70

 

 

 

 

Suino magro da macelleria (86-110 kg)

100

 

 

 

 

Suino grasso da salumificio (86-160 kg)

120

 

 

 

 

Suino magro da macelleria (31-110 kg)

70

 

 

 

 

Suino grasso da salumificio (31 ->160 kg)

90

 

 

 

 

in box multiplo senza corsia di defecazione esterna

 

 

 

 

 

• pavimento pieno, lavaggio ad alta pressione

 

73

 

 

 

• pavimento parzialmente fessurato (almeno 1,5 m di larghezza)

 

44

 

 

 

• pavimento totalmente fessurato

 

37

 

 

 

in box multiplo con corsia di defecazione esterna

 

 

 

 

 

• pavimento pieno (anche corsia esterna), rimozione deiezioni con cassone a ribaltamento

 

73

 

 

 

• pavimento pieno (anche corsia esterna), lavaggio ad alta pressione

 

55

 

 

 

• pavimento pieno e corsia esterna fessurata

 

55

 

 

 

• pavimento parzialmente fessurato (almeno 1,5 di larghezza) e corsia esterna fessurata

 

44

 

 

 

• pavimento totalmente fessurato (anche corsia esterna)

 

37

 

 

 

 

su lettiera

 

 

 

 

 

• su lettiera limitata alla corsia di defecazione

 

6

18,0

25,2

 

• su lettiera integrale (estesa a tutto il box)

 

0,4

22,0

31,2

 

 

 

 

 

 

 

 

BOVINI

 

 

 

 

VACCHE E BUFALINI DA LATTE IN PRODUZIONE

 

 

 

 

 

• Stabulazione fissa con paglia

600

9,0

26

34,8

5,0

• Stabulazione fissa senza paglia

 

33

 

 

 

• Stabulazione libera su lettiera permanente

 

14,6

22

45,0

1,0

• Stabulazione libera su cuccetta senza paglia

 

33

 

 

 

• Stabulazione libera con cuccette con paglia (groppa a groppa)

 

20

15

19,0

5,0

• Stabulazione libera con cuccette con paglia (testa a testa)

 

13

15

19,0

5,0

• Stabulazione libera a cuccette con paglia totale (anche nelle aree di esercizio)

 

9,0

26

30,6

5,0

• Stabulazione libera su lettiera inclinata

 

9,0

26

37,1

5,0

RIMONTA VACCHE DA LATTE, BOVINI E BUFALINI ALL'INGRASSO

 

 

 

 

 

• Stabulazione fissa con lettiera

300-350(1)

5,0

22

29,9

5,0

• Stabulazione libera su fessurato

300-350(1)

26,0

 

 

 

• stabulazione libera con lettiera solo in area di riposo

300-350(1)

13,0

16

27,4

10

• stabulazione libera su cuccetta senza paglia

300-350(1)

26,0

 

 

 

• stabulazione libera con cuccette con paglia (groppa a groppa)

300-350(1)

16,0

11,0

13,9

5,0

• stabulazione libera con cuccette con paglia (testa a testa)

300-350(1)

9,0

18,0

21,5

5,0

• stabulazione libera con paglia totale

300-350(1)

4,0

26,0

30,6

10

• stabulazione libera su lettiera inclinata

300-350(1)

4,0

26,0

38,8

10

• svezzamento vitelli (0-6 mesi)

100

4,0

22,0

43,7

10

• svezzamento vitelli su fessurato (0-6 mesi)

100

22,0

 

 

 

VITELLI A CARNE BIANCA

 

 

 

 

 

• gabbie singole o multiple sopraelevate lavaggio a bassa pressione

130

91,0

 

 

 

• gabbie singole o multiple sopraelevate e lavaggio con acqua ad alta pressione

130

55,0

 

 

 

• gabbie singole o multiple su fessurato senza acque di lavaggio

130

27,0

 

 

 

• stabulazione fissa con paglia

130

40,0

26,0

50,8

5,0

AVICOLI

• ovaiole o pollastre in batteria di gabbie con tecniche di predisidratazione (nastri ventilati)

(numero di cicli/anno per le pollastre: 2,8)

1,8-2,0-0,7(2)

0,05

9,5

19,0

 

• ovaiole in batteria di gabbie con tecniche di predisidratazione (fossa profonda e tunnel

esterno o interno)

1,8-2,0(2)

0,1

7,0

17,0

 

• ovaiole e pollastre in batterie d gabbie senza tecniche di disidratazione

1,8-2,0-0,7(2)

22,0

 

 

 

• ovaiole e riproduttori a terra con fessurato (posatoio) totale o parziale e disisratazione della

pollina nella fossa sottostante

1,8-2,0(2)

0,15

9,0

18,0

 

• pollastre a terra (numero di cicli/anno: 2,8)

0,7

1,2

14,0

18,7

 

• polli da carne a terra con uso di lettiera (numero di cicli/anno: 4,5)

1,0

1,2

14,0

18,7

 

• faraone a terra con uso di lettiera

0,8

1,7

8,0

13,0

 

• tacchini a terra con uso di lettiera (n° di cilci /anno: 2,0 per il maschio; 3,0 per le femmine)

9,0-4,5(3)

0,9

11

15,1

 

CUNICOLI

• cunicoli in gabbia con asportazione con raschiatore delle deiezioni

1,7-3,5-16,6(4)

20,0

 

 

 

• cunicoli in gabbia con predisidratazione nella fossa sottostante e asportazione con

raschiatore

1,7-3,5-16,6(4)

 

 

13,0

 

OVINI E CAPRINI

• ovini e caprini con stabulazione in recinti individuali o collettivi

15-35-50(5)

7,0

15

24,4

 

• ovini e caprini su grigliato fessurato

15-35-50(5)

16,0

 

 

 

EQUINI

• equini con stabulazione in recinti individuali o collettivi

170-550(6)

5,0

15

24,4

 

 

(1) il 1° valore è riferito al capo da rimonta; il secondo valore al capo all'ingrasso

(2) il 1° valore è riferito al capo leggero; il 2° valore al capo pesante; il 3° valore alle pollastre;

(3) il 1° valore è riferito al maschio; il 2° alla femmina;

(4) il 1° valore è riferito al coniglio da carne; il 2° valore è riferito al coniglio riproduttore (fattrice); il 3° valore è riferito ad una fattrice con il suo corredo di conigli da carne nell'allevamento a ciclo chiuso;

(5) il 1° valore è riferito all'agnello (0-3 mesi); il 2° valore è riferito all'agnellone (3-7 mesi); il 3° valore è riferito a pecora o capra;

(6) il 1° valore è riferito a puledri da ingrasso; il 2° valore a stalloni e fattrici.

 

NOTE ALLA TABELLA 1

 

Volumi di effluenti prodotti a livello aziendale

 

I dati riportati nella tabella si riferiscono alla produzione di effluenti derivanti dai locali di stabulazione. Non sono conteggiate:

• le acque reflue di cui all'art. 28, comma 7 del decreto legislativo n. 152/99 (ad esempio acque della sala di mungitura, acque di lavaggio uova, ecc.);

• acque meteoriche raccolte e convogliate nelle vasche di stoccaggio.

 

tali acque aggiuntive devono essere calcolate sulla base della specifica situazione aziendale e devono essere sommate ai volumi di effluenti per ottenere le quantità complessive prodotte. in particolare, i volumi di acque meteoriche devono essere calcolati tenendo conto delle superfici di raccolta (tetti, paddock, vasche scoperte, ecc.) e della piovosità media della zona.

 

I volumi di effluente prodotti sono riferiti ad una unità di peso vivo (t) da intendersi come peso vivo mediamente presente in un posto stalla ( e non al peso vivo prodotto in 1 anno in un posto stalla).

 

Quantità di paglia utilizzata

i dati relativi alla quantità di paglia impiegata per la produzione di letame sono basati sui quantitativi da utilizzare per la buona pratica gestionale dell'allevamento. Nel caso che le qualitò di paglia o di prodotto utilizzato per la lettiera siano diverse da quelle indicate, varierà di conseguenza anche la quantità di letame prodotto (e le sue caratteristiche qualitative).

 

 

Tabella 2 - Azoto prodotto da animali di interesse zootecnico: valori al campo per anno al netto delle perdite per emissioni di ammoniaca; ripartizione dell'azoto tra liquame e letame

 

Categoria animale e tipologia di stabulazione

Azoto al campo (al netto delle perdite)

Totale

nel liquame

nel letame(a)

kg/capo/ann

o

kg/t

p.v./anno

kg/t

p.v./anno

kg/t p.v./anno

Suini: scrofe con suinetti fino a 30 kg p.v.(b)

26,4

101

 

 

• stabulazione senza lettiera

 

 

101

 

• stabulazione su lettiera

 

 

 

101

Suini: accrescimento/ingrasso(b)

9,8

110

 

 

• stabulazione senza lettiera

 

 

110

 

• stabulazione su lettiera

 

 

 

110

Vacche in produzione (latte) (peso vivo: 600

kg/capo)(c)

83

138

 

 

• fissa o libera senza lettiera

 

 

138

 

• libera su lettiera permanente

 

 

62

76

• fissa con lettiera, libera su lettiera inclinata

 

 

39

99

• libera a cuccette con paglia (groppa a groppa)

 

 

85

53

• libera a cuccette con paglia (testa a testa)

 

 

53

85

Rimonta vacche da latte (peso vivo: 300 kg/capo) (d)

36,0

120

 

 

• libera in box su pavimento fessurato

 

 

120

 

• libera a cuccette senza paglia o con uso modesto di

paglia

 

 

120

 

• fissa con lettiera

 

 

26

94

• libera con lettiera permanente solo in zona riposo

(asportazione a fine ciclo)

 

 

61

59

• libera con lettiera permanente anche in zona di

alimentazione; libera con lettiera inclinata

 

 

17

103

• vitelli su pavimento fessurato

 

 

120

 

• vitelli su lettiera

 

 

20

100

Bovini all'ingrasso (peso vivo: 400 kg/capo) (e)

33,6

84

 

 

• libera in box su pavimento fessurato

 

 

84

 

• libera a cuccette senza paglia o con uso modesto di

paglia

 

 

84

 

• fissa con lettiera

 

 

18

66

• libera con lettiera permanente solo in zona riposo

(asportazione a fine ciclo)

 

 

43

41

• libera con lettiera permanente anche in zona di

alimentazione; libera con lettiera inclinata

 

 

12

72

• vitelli a carne bianca su pavimento fessurato (peso

vivo: 130 kg/capo)(f)

8,6

67

67

 

• vitelli a carne bianca su lettiera (peso vivo: 130

kg/capo)(f)

8,6

67

12

55

Ovaiole (peso vivo: 2 kg/capo)(g)

0,46

230

 

 

• ovaiole in gabbia senza tecnica di essiccazione

della pollina

 

 

230

 

• ovaiole in gabbia con essiccazione della pollina su

nastri ventilati o in tunnel ventilato in locale

posto sotto il piano di gabbie (fossa profonda)

 

 

 

230

• ovaiole e riproduttori a terra con lettiera e con

aerazione della pollina nella fossa sotto al

fessurato (posaotio)

 

 

 

230

Pollastre (peso vivo: 0,7 kg/capo)(b)

0,23

328

 

 

• pollastre in gabbia senza tecnica di essiccazione

della pollina

 

 

328

 

• pollastre in gabbia con essiccazione della pollina

su nastri ventilati o in locale posto sotto il piano di

gabbie (fossa profonda)

 

 

 

328

• pollastre a terra su lettiera

 

 

 

328

Broilers (peso vivo: 1 kg/capo)(h)

0,25

250

 

 

• a terra con uso di lettiera

 

 

 

250

Tacchini (h)

 

 

   

• Maschi a terra con uso di lettiera (peso vivo

medio: 9 kg/capo)

1,49

165

 

165

• Femmine a terra con uso di lettiera (peso vivo

medio: 4,5 kg/capo)

0,76

169

 

169

Faraone (peso vivo: 1 kg/capo)(h)

0,19

240

 

 

• la terra con uso di lettiera

 

 

 

240

Cunicoli

 

 

 

 

• fattrici in gabbia con asportazione manuale o con

asportazione meccanica (raschiatore) (p.v.: medio

- 3,5 kg/capo)

 

143

 

143

• capo all'ingrasso in gabbia con asportazione

manuale o con asportazione meccanica

(raschiatore) (p.v. medio = 1,7 kg/capo)

 

143

 

143

Ovicaprini

 

99

   

• con stabulazione in recinti individuali o colettivi

 

  44

55

• su pavimento grigliato o fessurato

 

 

99

 

Equini

 

69

 

 

• con stabulazione in recinti individuali o collettivi

 

 

21

48


NOTE ALLA TABELLA 2

 

a. Nel calcolo dell'azoto che si ripartisce nel letame, l'azoto contenuto nella paglia non è stato considerato.

 

I valori di azoto al campo prodotti sono riferiti ad una unità di peso vivo (t) da intendersi come peso vivo mediamente presente in un posto-stalla ( e non al peso vivo prodotto in 1 anno in un posto stalla).

 

b. I valori relativi all'escrezione di azoto delle scrofe con suinetti fino a 30 kg e dei suini in accrescimento-ingrasso derivano dal progetto interregionale "Bilancio dell'azoto negli allevamenti" (legge 23/12/1999 n. 499, art. 2), i cui risultati sono sintetizzati nelle tabelle b1 e b2

 

Tabella b1 - Scrofe con suinetti fino a 30 kg di peso vivo: indici tecnici e bilancio dell'azoto

 

Unità di misura

Veneto

Emilia

Romagna

Media

D.S.3

Indici tecnici

 

       

Consumo di mangime1

kg/scrofa produttiva/anno

1190

1092

1141

97

Proteina grezza dei mangimi per scrofe

kg/kg

0,153

0,147

0,150

0,004

Suinetti svezzati per scrofa

n./scrofa/anno

23,7

19,6

21,7

2,6

Peso suinetti allo svezzamento

kg

6,3

7

6,7

0,5

Peso finale dei lattonzoli

'''

28,5

33,2

30,9

3,9

Indice di conversione dei lattonzoli

kg/kg

1,7

2,0

1,85

0,2

Proteina grezza dei mangimi per suinetti

''

0,183

0,181

0,182

0,004

Bilancio dell'azoto

 

 

 

 

 

N consumato

kg/capo/anno

55,3

55,5

55,4

4,0

N ritenuto

''

19,0

18,7

18,8

1,8

N escreto

''

36,3

36,8

36,6

2,7

N volatilizzato2

''

10,2

10,3

10,2

0,8

N netto al campo

''

26,2

26,5

26,4

2,9

I dati sono stati ottenuti da 26 aziende del Veneto e dell'Emilia Romagna, scelte con il criterio della rappresentatività, per un totale di 38.770 presenze annue di scrofe. I valori sono stati ottenuti controllando i movimenti di capi e mangimi nell'ambito di un periodo compreso tra l'anno 2002 e il 2003.

1. L'unità "scrofa produttiva" si riferisce alla scrofa presente in ciclo riproduttivo (dal primo salto all'ultimo svezzamento). Nei consumi di mangime della "scrofa produttiva" si sono cumulati i contributi dovuti alla riforma, alla rimonta e ai verri. Il peso vivo mediamente presente dell'"unità scrofa produttiva" è risultato pari a 261 kg.

2. Si sono considerate perdite atmosferiche pari al 28% dell'escrezione totale.

3. Deviazione Standard.

 

Tabella b2 - suino pesante, indici tecnici e bilancio dell'azoto e definizione del valore di escrezione di azoto del suino medio nazionale

 

Unità di misura

Media

D.S.1

Peso medio iniziale

kg/capo

28,5

4,7

Peso medio di vendita

kg/capo

163,4

5,3

Indice di conversione

kg/kg

3,64

0,26

Proteina grezza media dei mangimi

kg/kg

0,153

0,007

Cicli in un anno

n.

1,60

0,17

N consumato

kg/capo/anno

19,00

1,87

N ritenuto

''

5,19

0,46

N escreto

''

13,81

1,57

I dati sono stati ottenuti da 61 aziende, scelte con il criterio della rappresentatività, nelle regioni Veneto ed Emilia Romagna, per un totale di 215.000 soggetti. I valori sono stati ottenuti controllando i movimenti di capi e mangimi nell'ambito di un periodo compreso tra l'anno 1997 e il 2003.

Tenendo conto che in Italia sono presenti, oltre al suino pesante (65% circa), altre tipologie di produzione (ad esempio il suino mediterraneo (circa il 25%) e il suino leggero (circa il 10%), come perso medio risulta il valore di 89 kg/capo.

Stimando perdite medie di volatilizzazione dell'azoto intorno al 28%, si ritiene rappresentativo un valore medio nazionale di N netto al campo pari a 9,8 kg/capo/anno.

1. Deviazione Standard.

 

c. il valore di azoto al campo per le vacche da latte derivca dal progetto interregionale "bilancio dell'azoto negli allevamenti" (Legge 23/12/1999 n. 499, art. 2), i cui risultati sono sintetizzati in tabella c1

 

Tabella c1 - Vacche da latte: indici tecnici e bilancio dell'azoto

 

unità misura

I quartile

Media

IV quartile

Ingestione di sostanza secca (ss)

 

     

- lattazione

kg/capo/d

17,9

19,9

21,9

- intero ciclo (lattazione + asciutta)

kg/capo/d

16,4

18,1

19,8

Contenuto di proteina grezza della razione

       

- lattazione

kg/kg di ss

0,147

0,157

0,166

- intero ciclo (lattazione + asciutta)

'''

0,145

0,153

0,162

Produzione di latte

       

Produzione latte

kg/capo/anno

7,263

8,366

9,469

Contenuto PG latte

kg/kg

0,0331

0,0339

0,0347

Bilancio dell'azoto

       

N consumato

kg/capo/anno

143,2

162,1

181,0

N ritenuto

''

43,6

46,1

48,6

N escreto

''

99,6

116,0

132,4

N netto al campo

''

71,7

83,5

95,3

I dati derivano dal controllo di 104 aziende Venete con bovini di razza Frisona (62 aziende), Bruna (20 aziende), Pezzata Rossa (11 aziende) e Rendena (9 aziende) per un totale di 9800 vacche. I risultati sono sovrapponibili con quelli ottenuti nell'indagine effettuata in Emilia Romagna e con i conteggi effettuati per le condizioni della Lombardia. I consumi alimentari e i contenuti di proteina grezza sono il risultato dei rilievi diretti effettuati per le condizioni della Lombardia. I consumi alimentari e i contenuti di proteina grezza sono il risultato dei rilievi diretti effettuati nelle aziende nel corso dell'anno 2003 e delle analisi chimiche effettuate sui campioni delle razioni alimentari somministrate. Nel 92% delle aziende si sono utilizzate razioni unifeed. I dati relativi alle produzioni di latte sono stati ricavati dai controlli funzionali. Le produzioni di latte medie aziendali sono variate tra 4 e 12 ton/vacca/anno. Nessuna relazione significativa è stata osservata tra livello di produzione di latte ed escrezione lorda di azoto (R2 = 0,10). La correlazione tra livello di proteina grezza della razione ed escrezione di azoto è risultata invece molto significativa (R2 = 0,44).


Il valore di azoto al campo per le vacche nutrici deriva dal progetto interregionale "bilancio dell'azoto negli allevamenti" (legge 23/12/1999 n. 499, art. 2), i cui risultati sono sintetizzati in tabella c2

 

Tabella c2 - Vacche nutrici: indici tecnici e bilancio dell'azoto

 

unità misura

Media

Minimo

Massimo

Ingestione di sostanza secca (ss)1

 

     

- intero ciclo (lattazione + asciutta)

kg/capo/d

9,6

8,7

14,6

Contenuto di proteina grezza della razione2

       

- intero ciclo (lattazione + asciutta)

kg/kg

0,110

0,077

0,115

 

Produzione di latte3

 

       

Produzione latte

kg/capo/anno

1500

1000

2000

Contenuto di proteina grezza del latte

kg/kg

0,0338

0,0338

0,0338

Bilancio dell'azoto4

       

N consumato

kg/capo/anno

61,5

46

79

N ritenuto

''

7,4

5,5

9,5

N escreto

''

54,1

40,5

69,5

N netto al campo (perdite per volatilizzazione: 25%)

''

40,6

30,4

52,1

1. I dati derivano dal controllo di 58 aziende piemontesi con bovini di razza omonima per un totale di 2830 vacche (peso vivo medio: 593±63) contenuti nella relazione conclusiva del progetto "L'allevamento della manza e della vacca Piemontese: analisi degli aspetti genetici e fisiologici, definizione dei fabbisogni alimentari e delle pratiche gestionali per una ottimale carriera riproduttiva" condotto dallì'ANABORAPI. Inoltre, per quanto attiene i dati relativi all'ingestione di sostanza secca questi sono stati validati da osservazioni condotte in stazione sperimentale su 50 vacche piemontesi (peso vivo medio 555±34 kg) seguite per circa 150 giorni con controllo individuale giornaliero.

 

2. I contenuti di proteina grezza sono il risultato dei rilievi diretti effettuati nelle aziende nel corso del triennio 1999 - 2001 dall'ANABORAPI. A questi vanno aggiungersi le analisi chimiche effettuare dal laboratorio del Dipartimento di Scienza Zootecniche dell'Università di Torino, su altri campioni (2524 di fieno e 1229 di insilato di mais) di alimenti impiegati in azienda.

 

3. I dati relativi alle produzioni di latte sono desunti dalla pratica di campo sulla base di diverse indicazioni raccolte nel tempo. Per quanto riguarda il contenuto azotato del latte si è adottato il valore proposto nello studio eseguito dall'ERM per la Commissioen europea (ERM/AB-DLO, 1999 - Estabilishment of Criteria for the Assessment of Nitrogen Content of Animal Manures, European Commission, Final Report Novembre 1999) e cioè 0,53% corrispondente al 3,38% di proteina grezza.

 

4. Per quanto riguarda la ritenzione dell'azoto si è adottato il valore del 12% indicato nello studio eseguito dall'ERM.

 

Tenuto conto che la piemontese rappresenta il 40-50% circa delle vacche nutrici in Italia, mediando anche con le altre razze si assume come rappresentativo della realtà media nazionale il valore di 44 kg/capo/anno di N al campo, corrispondente a 73 kg/t di p.v./anno.

 

 

La ripartizione dell'azoto al campo nel liquame e nel letame, per le vacche nutrici, può essere così calcolata:

 

 

Nel liquame

(kg/t p.v./anno)

Nel letame

(kg/t p.v./anno)

- Stabulazione fissa o libera senza lettiera

73

-

Stabulazione libera su lettiera permanente

32

41

Stabulazione fissa con lettiera, libera su lettiera inclinata

20

53

Stabulazione libera a cuccette con paglia (groppa a groppa)

45

28

Stabulazione libera a cuccette con paglia (testa a testa)

28

45

 

d. il valore di azoto al campo per i bovini da rimonta deriva dal progetto interregionale "bilancio dell'azoto negli allevamenti" (Legge 23/12/1999 n. 499, art. 2), i cui risultati sono sintetizzati in tabella d

 

Tabella d - Bovini da rimonta: indici tecnici e bilancio dell'azoto

 

Unità di misura

Media

D.S.2

Età allo svezzamento

d

85

23

Età al primo parto

mesi

28,5

 

Peso vivo alla nascita

kg/capo

39

 

Peso vivo medio allo svezzamento

kg/capo

101

19

Peso vivo al primo parto al netto del feto e invogli fetali

kg/capo

540

 

Ingestione di sostanza secca dallo svezzamento al parto

kg

6473

1459

Proteina grezza media della razione (Nx6,25)

kg/kg

0,121

0,018

Bilancio dell'azoto

 

 

 

N consumato dalla nascita allo svezzamento

kg/capo/periodo

5,3

2,7

N consumato dallo svezzamento al parto

'' 123,9 29,7

N ritenuto dalla nascita al parto

''

14,41

 

N escreto dalla nascita al parto

''

114,8

29,6

N escreto per anno

kg/capo/anno

48,3

12,5

N netto al campo (perdite per volatilizzazione: 28%)1

''

34,8

 

1. I dati riportati sono stati ottenuti da 89 aziende Venete, scelte con il criterio della rappresentatività, per un totale di 8.466 soggetti. I valori sono stati ottenuti controllando i consumi alimentari, la composizione delle razioni e i movimenti di capi nel periodo compreso tra l'anno 2002 e il 2003. I risultati provenienti dall'Emilia Romagna e dalla Lombardia, indicano un valore di N netto pari a 35,7 e 37,5 kg/capo/anno, rispettivamente. Mediando i dati ottenuti nelle diverse regioni si ottiene un valore rappresentativo medio nazionale pari a 36,0 kg/capo/anno di N al campo.

2. Deviazione Standard

 

 

e. il valore di azoto al campo per i bovini all'ingrasso deriva dal progetto interregionale "bilancio dell'azoto negli allevamenti" (legge 23/12/1999 n. 499, art. 2), i cui risultati sono sintetizzati in tabella e

 

Tabella e - Bovini in accescimento e ingrasso: indici tecnici e bilancio dell'azoto

 

Unità di misura

Unità di

Padova

Unità di

Torino

Unità di Roma

Partite considerate

n.

491

4

24

Animali considerati

n.

36768

140

240

Tipi genetici considerati

 

CH; LIM; IF;

PNP;

P; CH; BA;

FR; PxFR

CHxFR; FR; PxFR; MxFR;

LIMxFR; CNxFR

Peso inizio ciclo

kg/capo

350

250

140

Peso fine ciclo

kg/capo

630

500

585

Incremento medio giornaliero

kg/capo/d

1,30

1,00

1,11

Cicli in un anno

d/d

1,6

1,4

0,94

Indice di conversione della sostanza

secca

kg/kg

6,70

5,95

 

Proteina grezza della razione media

kg/kg

0,146

0,158  

N ingerito

kg/capo/ciclo

44,2

39,1

64,1

N ritenuto

''

7,6

6,8

16,9

N escreto

''

36,6

32,3

47,2

N escreto1

kg/capo/anno

57,2

43,3

41,3

Peso medio allevato

kg/capo/ciclo 490 370

362

N escreto/100 kg peso vivo medio2, 3

kg/100 kg/anno 11,8 11,7

11,4

1. N escreto/capo/anno: N escreto/capo/ciclo x n° cicli effettuati in un anno.

n° cicli= [365/(durata ciclo + 15], assumendo pari a 15 giorni di vuoto che intercorrono in media tra la fine di un ciclo di ingrasso e l'inizio di quello successivo.

2. N escreto/100 kg p.v. mediamente allevato: (N escreto/capo/ciclo) (peso medio allevato) x n° cicli.

dove peso medio allevato = (peso iniziale+peso finale)/2;

3. Dalla sintesi dei dati raccolti ed analizzati, per i parametri di seguito elencati si assumono, come rappresentativi della realtà nazionale, i valori di seguito indicati:

A.     Peso medio allevato                                                                                            400 kg

B      N escreto/anno, per 100 kg peso medio allevato                                                      12 kg

C      N escreto/anno, per posto stalla (A x B)                                                                 48 kg

D      N netto al campo/anno, per posto stalla (perdite per volatilizzazione: 30%)             33,6 kg

E      n° cicli medio in un anno (vitelloni mediamente allevati per posto vitellone/anno)          1,35

CH = Charolaise; LIM = Limousine; IF = Incroci Francesi; PNP = Pezzati Neri Polacchi; P = Piemontese; BA = Bruna; FR = Frisona; M = Marchigiana

 

 

f. il valore di azoto al campo per i vitelli a carne bianca deriva dal progetto inter-regionale "bilancio dell'azoto negli allevamenti" (Legge 23/12/1999 n. 499, art. 2), i cui risultati sono sintetizzati in tabella f

 

Tabella f - Vitelli a carne bianca: indici tecnici e bilancio dell'azoto

 

Unità di misura

Media

D.S.2

Peso medio iniziale

kg/capo

61

6,1

Peso medio di vendita

kg/capo

253

13,9

Indice di conversione

kg/kg

1,73

0,10

Proteina grezza media degli alimenti

kg/kg

0,215

0,011

Cicli in un anno

n.

2,1

0,13

N consumato

kg/capo/anno

24,1

1,85

N ritenuto1

''

12,1

0,81

N escreto

''

11,9

1,52

N netto al campo

''

8,6

1,10

 I dati sono stati ottenuti da 34 aziende, scelte con il criterio della rappresentatività, per un totale di 49.206 soggetti. I valori sono stati ottenuti controllando i movimenti di capi e mangimi nell'ambito di un periodo compreso tra l'anno 2002 e il 2003.

1. Per quanto riguarda la ritenzione corporea di azoto si è utilizzato un valore pari al 3% dell'accrescimento. Si tratta di un valore prudenziale, inferiore al calore di 3,2% ottenuto da una sperimentazione di macellazione comparativa di vitelli a carne bianca ed analisi chimica dei loro costituenti corporei.

Le perdite di azoto per volatilizzazione sono state ritenute pari al 28%.

2. Deviazione Standard

 

g. i valori di azoto al campo per le pollastre e le galline ovaiole derivano dal progetto inter-regionale "bilancio dell'azoto negli allevamenti" (Legge 23/12/1999 n. 499, art. 2), i cui risultati sono sintetizzati in tabella g

 

Tabella g - Pollastra e gallina ovaiola: indici tecnici e bilancio dell'azoto

 

Unità di

misura

Pollastra

Gallina ovaiola

Ceppo A Ceppo B Ceppo C Ceppo D

Ciclo produttivo

d

118

414

409 395 469

Vuoto sanitario

d

14

14

14 14 14

Cicli annuo

n.

2,8

0,85

0,86 0,89 0,75

Peso vivo iniziale

kg/capo

0,04

1,51

1,34 1,41 1,47

Peso vivo finale

kg/capo

1,40

2,05

1,80 1,87 2,15

Produzione di uova

kg/capo/anno

- 18,42 15,86 16,24 16,63

Contenuto di azoto nelle uova

kg/kg - 0,017 0,017 0,017 0,017

Indice di conversione

kg/kg* 4,44 2,20 2,51 2,24 2,10

Proteina grezza mangimi

kg/kg 0,18 0,169 0,177 0,178 0,169

N immesso

kg/capo/anno

0,47

1,14

1,17 1,08 0,97

N ritenuto (nell'organismo e nelle uova)

''

0,14

0,36

0,32 0,33 0,31

N escreto

''

0,33

0,78

0,85 0,75 0,66

N netto al campo (perdite per

volatilizzazione: 30%)

''

0,23

0,55

0,60 0,53 0,46

* Per la pollastra si considera kg di mangime /kg di peso vivo, per l'ovaiola kg mangime/kg uova.

 I dati sono stati ottenuti da 12 allevamenti scelti con il criterio della rappresentatività, per un totale di 185.00 animali. I valori di escrezione sono stati calcolati considerando che in Italia l'80% delle pollastre sono allevata in batteria ed il 0% a terra. I dati della ovaiola sono stato ottenuti da 9 allevamenti scelti con il criterio della rappresentatività, per un totale di 404.600 galline. Sono stati controllati i movimenti di mangimi, capi e uova nell'ambito di un periodo compreso tra l'anno 2002 e il 2003.

Dall'indagine effettuata risulta che il ceppo di gran lunga più diffuso in Italia è il ceppo Isa brown, contrassegnato con la lettera D.

 

 

g. i valori di azoto al campo per polli da carne (broilers), tacchini maschi e femmine derivano dal progetto inter-regionale "bilancio dell'azoto negli allevamenti", i cui risultati sono sintetizzati in tabella h

 

Tabella h - Avicoli da carne: indici tecnici e bilancio dell'azoto

 

Unità di misura

Pollo da carne

Tacchini maschi

Tacchini femmine

Soggetti controllati

n.

205.400

22.280

19.850

Peso medio iniziale

kg/capo

0,04

0,061

14

Cicli in un anno

n.

4,5

2,2

3,1

Vuoto sanitario

d

14

14

14

Contenuto corporeo inziale di N

% del peso vivo

2,5

2,5

2,5

Peso medio di vendita

kg/capo

2,4

18

8

Contenuto corporeo finale di N

% del peso vivo

3,0

3,24

3,26

Indice di conversione

kg/kg*

2,1

2,6

2,16

Proteina grezza media dei mangimi

kg/kg

0,19

0,22

0,22

N immesso

kg/capo/anno

0,66

3,38

1,85

N ritenuto

''

0,30

1,25

0,82

N escreto

''

0,36

2,13

1,03

N netto al campo (perdite per

volatilizzazione: 30%)

''

0,25

1,49

0,76

I dati relativi al pollo da carne riportati sono stati ottenuti da 7 allevamenti, mentre quelli relativi al tacchino da 4 allevamenti scelti con il criterio della rappresentatività. I valori sono stati ottenuti controllando  la composizione delle razioni e i movimenti di mangimi e capi nel periodo compreso tra l'anno 2002 e il 2003. I dati di composizione corporea derivano dalla macellazione ed analisi chimica di soggetti campione.

Per il pollo da carne di è considerata la tipologia di allevamento prevalente in Italia rappresentata da cicli produttivi in cui si allevano entrambi i sessi (50% maschi e 50% femmine) e si macellano i maschi ad un peso vivo superiore ai 3 kg e le femmine ad un peso vivo di 1,7 kg (25%) e 2,5 kg (25%).

 

Tabella 3 - Perdite di azoto volatile, in percentuale dell'azoto totale escreto, e ripartizione percentuale dell'azoto residuo tra frazioni liquide e solide risultanti da trattamento di liquami suinicoli

 

I valori di azoto escreto da cui partire per il calcolo sono:

- 140,3 kg/t pv/anno nel caso di scrofe con suinetti fino a 30 kg di peso vivo;

- 152, 7 kg/t pv/anno nel caso di suini in accrescimento e ingrasso.

 

Linee di trattamento

Perdite di

azoto volatile

Partizione % dell'N netto al campo nelle

frazioni separate

 

%

Solide

Liquide

1. Stoccaggio a 120-280 giorni del liquame tal quale

     

- efficienza media

28

 

100

- efficienza massima

 

 

 

2. Separazione frazioni solide grossolane (vagliatura) + stoccaggio

 

 

 

- efficienza media

28

6

94

- efficienza massima

31

13

87

3. Separazione frazioni grossolane (vagliatura) + ossigenazione del liquame + stoccaggio

 

 

 

- efficienza media

42

8

92

- efficienza massima

48

16

84

4. Separazione meccanica frazioni solide (centrifuga e nastropressa) + stoccaggio

 

 

 

- efficienza media

28

30

70

- efficienza massima

38

30

70

5. Separazione meccanica frazioni solide (centrifuga e nastropressa) + ossigenazione della

frazione liquida chiarificata + stoccaggio

 

 

 

- efficienza media

42

37

63

- efficienza massima

46

34

66

6. Separazione meccanica frazioni solide (centrifuga + nastropressa) + trattamento aerobico a

fanghi attivi della frazione liquida chiarificata + stoccaggio

 

 

 

- efficienza media

71

73

27

- efficienza massima

77

67

33

 

NOTE ALLA TABELLA 3

■ Lo stoccaggio in tutte le linee è stato considerato pari a 90 giorni per le frazioni solide e a 120-180 giorni per quelle liquide;

 

■ per la separazione delle frazioni solide grossolane nelle linee 2 e 3 vengono indicati due livelli di efficienza: efficienza media (7 kg/t p.v.), quale si riscontra ancora oggi (2004) nella maggior parte delle situazioni aziendali dove si fa ricorso ai vagli di tipo rotante o vibrante; efficienza massima (max) (13 kg/ t p.v.), ottenibile con il ricorso a separatori cilindrici rotanti o a separatori a compressione elicoidale, di maggior costo ma di più elevate prestazioni;

 

■ anche per la riduzione dell'azoto ottenibile nelle diverse linee di trattamento vengono indicati due livelli di efficienza. Quella massima viene raggiunta grazie al processo di compostaggio su platea cui le frazioni solide separate possono essere sottoposte, e grazie ad elevate potenze specifiche e a prolungati periodi di aerazione cui possono essere sottoposte le frazioni liquide;

 

■ l'abbattimento dell'Azoto nella frazione liquida chiarificata della linea 6 avviene per nitri-denitrificazione durante il trattamento a fanghi attivi (nell'esempio è stato considerato un abbattimento di circa il 90%);

 

■ informazioni più dettagliate sulle prestazioni conseguibili con i trattamenti e, in particolare, la ripartizione del Volume, dell'Azoto e del Fosforo tra le frazioni risultanti dai trattamenti e sulle efficienze ottenibili dai diversi tipi di dispositivi di separazione applicabili a liquami suini e bovini, sono reperibili su manuali che saranno indicati dalle regioni e dalle Province autonome;

 

■ le linee di trattamento di cui alla presente tabella relativa ai suini e linee di trattamento analoghe relative ad altre specie animali, possono essere affiancate dal processo di digestione anaerobica che, pur determinando di per sè riduzioni significative del carico di azoto, consente tuttavia, soprattutto con l'aggiunta di fonti di carbonio 8colture energetiche, prodotti residuali delle produzioni vegetali), di ottenere un digestato a miglior valore agronomico ed una significativa produzione energetica in grado di sostenere maggiormente le stesse linee di trattamento elencate.

 

 

Tabella 4 - Fattori di conversione dei bovini, equidi, ovini e caprini in Unità di Bestiame Adulto (UBA)

 

Categoria animale

UBA

Tori, vacche e altri bovini di oltre 2 anni, equidi di oltre 6 mesi 1,0
Bovini da 6 mesi a 2 anni 0,6
Pecore 0,15
Capre 0,15

 

 

 

 

ALLEGATO II

Misure da prevedere nei Piani di Sviluppo Rurale, ai sensi del Regolamento (CE) 1257/99 e successive modifiche ed integrazioni

 

Misure agroambientali

La tutela ed il risanamento delle acque superficiali e sotterranee dall'inquinamento provocato da nitrati di origine agricola in zone vulnerabili vanno perseguiti anche attraverso l'adozione di misure agroambientali che oltrepassano l'applicazione delle normali buone pratiche agricole e che possono essere oggetto di accordi volontari tra le regioni e gli agricoltori nell'ambito dei Piani di Sviluppo Rurale.

Al fine di ottenere effetti apprezzabili delle misure agroambientali a livello territoriale e di superare la frammentarietà dell'applicazione delle stesse, spesso affidata all'iniziativa delle singole aziende, le regioni promuovono l'adesione a programmi agroambientali di area che coinvolgano un numero sufficientemente elevato di aziende ed interessino un'estensione sufficiente di superficie agricola.

L'area sulla quale attuare un unico programma agroambientale deve essere un'area omogenea per caratteristiche quali l'uso del suolo, il tipo di suolo, le pratiche colturali e le problematiche ambientali,

Si riportano di seguito misure agroambientali da privilegiare al fine di conseguire, in modo diretto o indiretto, effetti venefici sui corpi idrici ricadenti in zone vulnerabili:

 

1. Estensivizzazione delle produzioni vegetali oppure mantenimento della produzione estensiva già avviata in passato

 

L'abbassamento delle rese e la riduzione del carico agro-zootecnico sul territorio possono essere conseguiti mediante le seguenti azioni:

a)introduzione di determinati ordinamenti colturali che prevedono la conversione dei seminativi in pascoli o il mantenimento dei pascoli esistenti e l'applicazione di rotazioni dilunga durata con l'inserimento di colture miglioratrici della fertilità del suolo;

b) adozione di tecniche di produzione estensive quali la scelta di varietà meno produttive, la riduzione della profondità delle lavorazioni del suolo fino alla sostituzione con tecniche di "minima lavorazione" e "semina su sodo" e la riduzione dei volumi stagionali di irrigazione.

 

2. Riduzione della densità del patrimonio bovino per unità di superficie foraggiera

 

La misura mira alla riduzione del carico di bestiame a valori che non comportino pregiudizio per la tutela ed il risarcimento dei corpi idrici nelle zone vulnerabili.

 

3. Ritiro dei seminativi dalla produzione per almeno 20 anni nella prospettiva di un loro utilizzo per scopi di carattere ambientale, in particolare per la creazione di riserve di biotopi o parchi naturali o per salvaguardare i sistemi idrologici

 

Il set aside ventennale mira ad incentivare la costituzione di aree ad elevato valore ambientale, sottraendo suolo all'attività agricola vera e propria ed ai suoi impatti negativi. La cessazione delle attività produttive ed il conseguente annullamento degli input inquinanti, ivi compresi i nitrati di origine agricola, favoriscono, coerentemente con le finalità del presente decreto, la salvaguardia ed il risanamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei connessi all'area ritirata dalla produzione.

 

4. Fasce tampone

 

L'azione consiste nel realizzare, a partire dalle sponde di fiumi e ruscelli, delle fasce tampone larghe fino a 30 m adibite a prati permanenti e possibilmente, alla piantumazione di alberi.
La vegetazione intrappola i nutrienti solubili che vengono assorbiti dopo la loro infiltrazione. L'efficacia delle strisce ripariali nel rimuovere l'eccedenza di nutrienti è incrementata dalla presenza di alberi. Le strisce ripariali sono inerbite al fine di ottenere un prato folto che possa resistere alla stagione invernale durante la quale il trasporto di nutrienti, oltre che di altri inquinanti, è molto elevato. Tra gli alberi che possono essere piantati nelle fasce tampone si annoverano il pioppo, la betulla e il salice; la loro distanza dal corso d'acqua deve essere almeno pari a 10 m per ridurre l'ombra e la caduta di foglie sull'acqua.

 

5. Introduzione o mantenimento dei metodi dell'agricoltura integrata

 

L'agricoltura integrata è un sistema agricolo che si basa su tecnologie a basso impatto ambientale che permettono, in territori particolari quali le zone vulnerabili, di conciliare le esigenze di produzione con quelle di protezione dell'ambiente. Le azioni che si possono prevedere nell'ambito dell'agricoltura integrata sono molteplici e dipendono dalle peculiarità del territorio. Per tale ragione le regioni approvano dei disciplinari di produzione integrata contenenti le norme tecniche alle quali gli agricoltori-beneficiari devono attenersi.

 

6. Realizzazione di sistemi di gestione ambientale

 

I Sistemi di Gestione Ambientale (SGA) si basano sull'integrazione di pratiche di conduzione aziendale finalizzate a minimizzare gli impatti sull'ambiente e/o a massimizzare i benefici ambientali in termini di gestione del suolo, dell'acqua, dell'aria, della biodiversità e del paesaggio.

L'implementazione dei SGA mira alla piena integrazione delle pratiche di gestione ambientale ed agricola che favorisce una conduzione aziendale più economica ed ecologicamente sostenibile con benefici che, a medio e lungo termine, riguardano anche la tutela dell'ambiente idrico dall'inquinamento da nitrati.

 

Sistemi di consulenza ambientale

I Sistemi di consulenza aziendale di cui al Regolamento (CE) n. 1782/2003 sono diretti a individuare e proporre miglioramenti per quanto riguarda il rispetto delle norme obbligatorie in materia di ambiente, igiene e benessere animale. Come previsto dall'art. 21 quinquies del Regolamento (CE) n. 1783/2003, un sostegno può essere erogato agli agricoltori per aiutarli a sostenere i costi di consulenza aziendale che individuano e propongono miglioramenti relativi al rispetto delle norme basate sulla normativa comunitaria introdotte dal presente decreto.

 

Misure di sostegno finalizzate alla copertura dei costi sostenuti per rispetto delle norme

Come previsto dagli artt. 21 ter e 21 quater del Regolamento (CE) n. 1783/2003 un sostegno temporaneo finalizzato alla copertura parziale dei costi sostenuti e delle perdite di reddito può essere concesso agli agricoltori, che devono applicare le norme basate sulla normativa comunitaria introdotte dal presente decreto. Il sostegno può essere erogato per n periodo non superiore a cinque anni a decorrere dal 28 ottobre 2003, L'aiuto è erogato annualmente, in rate uguali, su base forfetaria e decrescente. Gli Stati Membri modulano il livello del pagamento in funzione degli obblighi derivanti dall'applicazione della norma e il massimale annuo ammissibile di sostegno per azienda come previsto dal Regolamento (CE) n. 1783/2003.

Le regioni, in considerazione delle peculiarità (problematiche ambientali, caratteristiche pedoclimatiche e geomorfologiche, pratiche colturali prevalenti) del territorio di loro competenza, possono prevedere, nell'ambito dei Piani di Sviluppo Rurale, ulteriori misure di carattere ambientale ed ulteriori modalità di attuazione delle misure riportate nel presente allegato.

 

 

ALLEGATO III

Stategie di gestione degli effluenti zootecnici per il riequilibrio del rapporto agricoltura/ambiente

 

PARTE GENERALE

Gli effluenti zootecnici rappresentano un mezzo di concimazione dei terreni da privilegiare, nel rispetto di un rapporto equilibrato tra carico di bestiame e superficie agraria. In assenza di tale equilibrio, a causa di un apporto eccedentario rispetto alla capacità delle colture di asportare i nutrienti contenuti negli stessi, si possono avere ripercussioni negative sulla qualità delle acque sotterranee e superficiali tali da rendere inefficaci i Programmi d'azione rispetto agli obblighi comunitari (direttiva 91/676/CEE) e nazionali (decreto legislativo 152/99).

 

In questi casi va ridotto il carico di nutrienti e/o il volume dell'effluente con il ricorso a particolari trattamenti. A tal fine è necessario ricorrere a tecniche che possono essere variamente combinate tra di loro per ottenere delle "linee di trattamento" adattabili a diverse situazioni aziendali e a differenti vincoli ambientali.

 

In tali situazioni il ricorso ad impianti centralizzati di trattamento o a modalità di gestione che coinvolgono sia le singole aziende sia strutture centralizzate può rappresentare la soluzione da adottare per il ripristino del corretto equilibrio agricoltura/ambiente.

 

Si riportano di seguito le modalità da eleggere per il trattamento dei liquami:

 

A. Trattamenti aziendali di liquami zootecnici e gestione interaziendale dei prodotti di risulta;

B. Trattamenti consortili di liquami zootecnici:

    1. impianti interaziendali con utilizzo agronomico dei liquami

    2. trattamento dei liquami zootecnici in eccedenza in depuratori di acque reflue urbane.

 

PARTE A:

TRATTAMENTI AZIENDALI DI LIQUAMI ZOOTECNICI E GESTIONE AZIENDALE O INTERAZIENDALE DEI PRODOTTI DI RISULTA.

 

1. Impianti interaziendali con utilizzo agronomico dei liquami trattati

In aree ad elevata densità di allevamenti zootecnici in cui è necessario riequilibrare il rapporto tra carico di bestiame e suolo disponibile per lo spandimento dei liquami, la notevole riduzione del carico di nutrienti, in particolare azoto, si ottiene attraverso tecniche di trattamento (separazione solido/liquido, aerazione, digestione anaerobica, compostaggio) da realizzare nelle singole aziende e la gestione dei liquami e delle frazioni risultanti dai trattamenti in modo anche consortile, garantendo inoltre, l'uso agronomico fuori dall'area di produzione. in alternativa, può esserne effettuata la valorizzazione come ammendanti organici e la loro immissione sul mercato dei fertilizzanti.

La costituzione di consorzi o altre forme di cooperazione interaziendale di cui all'articolo 27, comma 3 è finalizzata a rendere possibili il trattamento di liquami zootecnici nelle singole aziende con mezzi propri o di proprietà del consorzio e la gestione dei prodotti di risulta a cura di un apposito servizio facente capo al consorzio stesso.

si riportano di seguito alcune linee di gestione che possono essere adottate in tale ambito:

1. separazione solido/liquido con dispositivi ad alta efficienza (es. centrifughe) da effettuarsi in ambito aziendale; compostaggio del solido separato in platee aziendali, ritiro del compost da parte della struttura interaziendale, trasporto del compost verso aree agricole di utilizzo, poste anche a grande distanza e comunque a forte richiesta di sostanza organica per ristabilire la fertilità dei suoli; utilizzo in ambito aziendale della frazione chiarificata, alleggerita dei nutrienti, a fini agronomici;

2. separazione solido/liquido con dispositivi ad alta efficienza (es. centrifughe) da effettuarsi in ambito aziendale; compostaggio del solido separato in platee gestite dalla struttura interaziendale; commercializzazione del compost oppure trasporto del medesimo verso aree agricole di utilizzo, poste anche a grande distanza e comunque a forte richiesta di sostanza organica per ristabilire la fertilità dei suoli; utilizzo in ambito aziendale della frazione chiarificata, alleggerita dei nutrienti, a fini economici;

3. separazione solido/liquido con dispositivi ad alta efficienza (es. centrifughe) da effettuarsi in ambito aziendale; compostaggio del solido separato in platee aziendali, ritiro del compost verso aree agricole di utilizzo, poste anche a grande distanza e comunque a forte richiesta di sostanza organica per ristabilre la fertilità dei suoli; depurazione in ambito aziendale della frazione chiarificata, alleggertia dei nutrienti, e scarico della medesima in pubblica fognatura per il trattamento finale in depuratore di acque reflue urbane;

4. separazione solido/liquido con dispositivi ad alta efficienza (es. centrifughe) da effettuarsi in ambito aziendale; compostaggio del solido separato in platee aziendali, ritiro del compost da parte del centro interaziendale, trasporto del compost verso aree agricole di utilizzo poste anche a grande distanza e comunque a forte richiesta di sostanza organica per ristabilire la fertilità dei suoli; depurazione della frazione chiarificata in centro interaziendale;

5. separazione solido/liquido con dispositivi ad alta efficienza (es. flottatori) da effettuarsi in ambito aziendale; digestione anaerobica dal fango addensato con recupero di biogas in un centro interaziendale; depurazione in ambito aziendale della frazione chiarificata e scarico della medesima in pubblica fognatura per il trattamento finale in depuratore di acque reflue urbane e/o utilizzo fertirriguo sul suolo aziendale di superficie ridotta.

La tipologie di trattamento su menzionate ed altre possibili combinazioni di azioni aziendali ed interaziendali tra di loro integrate sono di raccomandata applicazione ad opera delle regioni in zone non vulnerabili, al fine di una tutela preventiva delle acque superficiali e sotterranee e sono rese obbligatorie anche in sinergia con i trattamenti consortili trattati nella successiva pare B, nelle aree ad elevata densità di allevamenti zootecnici in cui è necessario riequilibrare il rapporto tra carico di bestiame e suolo disponibile per lo spandimento dei liquami.

 

PARTE B

TRATTAMENTI CONSORTILI DI LIQUAMI ZOOTECNICI

 

Gli impianti interaziendali con utilizzo agronomico dei liquami trattati prevedono in testa la digestione anaerobica per sfruttare al meglio il potenziale energetico dei liquami (produzione di biogas). Dopo la digestione anaerobica (che consente il recupero di energia rinnovabile, la stabilizzazione e la deodorizzazione dei liquami, ma non la riduzione dei nutrienti) i liquami vengono sottoposti a separazione solido/liquido: la frazione liquida viene stoccata e poi avviata, previo eventuale compostaggio, ad utilizzo agronomico; la frazione liquida viene sottoposta ad un trattamento aerobico per ridurre il tenore di azoto e, dopo lo stoccaggio di alcuni mesi, alla fertirrigazione su suolo agricolo. Il suolo per l'utilizzo agronomico sia della frazione solida che liquida può essere messo a disposizione sia dagli allevatori che consegnano il liquame all'impianto che da altri agricoltori.

Oltre alla riduzione dell'eccedenza di nitrati ed alla produzione di compost di cui alla legge 19 ottobre 1984, n. 748, il ricorso ai sopra citati sistemi integrati anaerobici/aerobici comporta ulteriori vantaggi:

● si migliora nettamente il bilancio energetico dell'impianto, in quanto nella fase anaerobica si ha in genere la produzione di un surplus di energia rispetto al fabbisogno dell'intero impianto;

● si possono controllare meglio e con costi minori i problemi olfattivi; le fasi maggiormente odorigene sono gestite in reattore chiuso e le "arie esauste" sono rappresentate dal biogas (utilizzato e non immesso in atmosfera);

● si ha un minor impegno di superficie a parità di rifiuto trattato, pur tenendo conto delle superfici neecssarie per il post-compostaggio aerobico, grazie alla maggior compattezza dell'impiantistica anaerobica;

● si riduce l'emissione di CO2 in atmosfera da un minimo del 25% sino al 67% (nel caso di completo utilizzo dell'energia termica prodotta in cogenerazione); l'attenzione verso i trattamenti dei rifiuti a bassa emissione di gas serra è un fattore che assumerà sempre più importanza in futuro.

 

Nella Figura 1 si riporta, a titolo di esempio, un possibile schema di ciclo di trattamento anaerobico di effluenti zootecnici eventualmente integrato con trattamento aerobico

 

Figura 1 omessa

 

Nota 1: Frazione organica di rifiuti urbani da raccolta differenziata

 

2. Trattamento dei liquami zootecnici in depuratori di acque reflue urbane

 

L'avvio ai depuratori di acque reflue urbane rappresenta un'ulteriore possibilità di trattamento dei liquami zootecnici eccedentari.

 

Il collettamento separato dei liquami zootecnici dalle acque reflue urbane ed il loro invio diretto alla digestione anaerobica, in miscela con i fanghi di supero dell'impianto di depurazione aerobico, permettono di sfruttarne al meglio il potenziale energetico. Ne consegue la produzione di una elevata quantità di biogas la cui combustione inimpianti di cogenerazione consente di ottenere energia da fonti rinnovabili. I fanghi disidratati possono essere destinati all'uso agronomico ai sensi del decreto legislativo 99/92 (vedi schema figura 2).

 

Figura 2 omessa

 

Gli impianti di depurazione di acque reflue urbane dotati di una linea di stabilizzazione fanghi con digestione anaerobica possono essere adeguati per effettuare la codigestione di liquami zootecnici e/o altri scarti agroindustriali, con un importante beneficio energetico (aumento del biogas prodotto) e in alcuni casi anche con un miglioramento dell'efficienza del comparto di denitrificazione che spesso richiede, per un buon funzionamento, una fonte aggiuntiva di carbonio.

 

Inoltre, per una maggiore stabilizzazione dei fanghi di depurazione destinati all'utilizzo in agricoltura, risulta vantaggioso, nei depuratori di acque reflue urbane, affiancare alla linea fanghi con digestione anaerobica una linea di stabilizzazione e valorizzazione agronomica mediante compostaggio dei fanghi stessi (vedi schema di figura 3).  Nella linea di compostaggio trovano una maggior valorizzazione (produzione di un fertilizzante organico di miglior qualità) anche i liquami zootecnici e gli scarti agroindustriali, oltre ad eventuali frazioni organiche da raccolta differenziata dei rifiuti urbani e scarti verdi (manutenzione verde pubblico e privato)

 

Figura 3 omessa

 

 

 

ALLEGATO IV

 

PARTE A

Contenuti della comunicazione

 

Per le aziende che producono e/o utilizzano in un anno un quantitativo di azoto da effluenti zootecnici superiore a 6000 kg la comunicazione deve contenere almeno:

1. L'identificazione univoca dell'azienda, del titolare e/o del rappresentante legale, nonchè l'ubicazione dell'azienda medesima e di tutti gli eventuali ulteriori centri di attività ad essa connessi;

 

2. per le attività relative alla produzione di effluenti zootecnici:

a) consistenza dell'allevamento, specie, categoria e indirizzo produttivo degli animali allevati, calcolando il peso vivo riferendosi alla Tabella 1 dell'allegato I al presente decreto;

b) quantità e cartteristiche degli effluenti prodotti;

c) volume degli effluenti da computare, per lo stoccaggio, utilizzando come base di riferimento la Tabella 1 dell'allegato I al presente decreto, e tenendo conto degli apporti meteorici di cui al comma 1 dell'articolo 8;

d) tipo di alimentazione e consumi idrici;

e) tipo di stabulazione e sistema di rimozione delle deiezioni adottato;

 

3. per le attività relative allo stoccaggio di effluenti zootecnici:

a) ubicazione, numero, capacità e caratteristiche degli stoccaggi, in relazione alla quantità e alla tipologia degli effluenti zootecnici, delle acque di lavaggio di strutture, attrezzature ed impianti zootecnici;

b) volume degli effluenti assoggettati, oltre allo stoccaggio, alle altre forme di trattamento;

c) valori dell'azoto al campo nel liquame e nel letame nel caso del solo stoccaggio e nel caso di altro trattamento oltre allo stoccaggio.

 

Nel caso di particolari modalità di gestione e trattamento degli effluenti, da dettagliare in una relazione tecnica e da supportare con misure dirette, la quantità e le caratteristiche degli effluenti prodotti possono essere determinate senza utilizzare i valori di cui alle predette tabelle. Le misure accennate dovranno seguire uno specifico piano di campionamento, concepito secondo le migliori metodologie disponibili, di cui sarà fornita dettagliata descrizione in apposita relazione tecnica allegata alla comunicazione;

 

4. per le attività relative allo spandimento degli effluenti zootecnici:

 

a) Superficie Agricola Utilizzata aziendale, identificazione catastale dei terreni destinati all'applicazione al suolo degli effluenti zootecnici e attestazione del relativo titolo d'uso;

b) estensione dei terreni, al netto delle superfici aziendali non destinate ad uso produttivo;

c) individuazione e superficie degli apprezzamenti omogenei per tipologia prevalente di suolo, pratiche agronomiche precedenti e condizioni morfologiche;

d) ordinamento colturale praticato al momento della comunicazione;

e) distanza tra i contenitori di stoccaggio e gli apprezzamenti destinati all'applicazione degli effluenti;

f) tecniche di distribuzione, con specificazione di macchine e attrezzature utilizzate e termini della loro disponibilità;

 

Nel caso dell'utilizzazione agronomica delle acque reflue di cui all'articolo 28, comma 7, lettere a), b) e c) del decreto legislativo 152/99, le regioni disciplinano la comunicazione prevedendo che la stessa comprenda anche i seguenti elementi conoscitivi:

 

g) caratteristiche del sito oggetto dello spandimento, con relativa identificazione catastale e superficie totale utilizzata per lo spandimento;

 

h) volume stimato e tipologia di acque reflue annualmente prodotte;

 

i) capacità e caratteristiche degli stoccaggi in relazione alla quantità e alla tipologia delle acque reflue e delle acque di lavaggio di strutture, attrezzature e impianti;

 

j) tipo di utilizzazione, irrigua e/o per distribuzione di antiparassitari;

 

k) distanza tra i contenitori di stoccaggio e gli appezzamenti destinati all'applicazione delle acque reflue.

 

 

PARTE B

Contenuti della comunicazione semplificata

 

Per le aziende che producono e/o utilizzano in un anno un quantitiativo di azoto da effluenti zootecnici compreso tra 3000 e 6000 kg e per le aziende di cui all'articolo 28, comma 7, lettera a), b) e c) del decreto legislativo n. 152 del 1999 la comunicazione deve contenere almeno:

 

a) identificazione univoca dell'azienda e del relativo titolare, nonchè ubicazione dell'azienda medesima ed eventualmente dei diversi centri di attività ad essa connessi;

 

b) Superficie Agricola Utilizzata aziendale, identificazione catastale dei terreni destinati all'applicazione al suolo degli effluenti zootecnici e/o delle acque reflue e attestazione del relativo titolo d'uso;

 

c) consistenza dell'allevamento, specie e categoria degli animali allevati;

 

d) capacità e caratteristiche degli stoccaggi in relazione alla quantità e alla tipologia degli effluenti zootecnici, delle acque di lavaggio di strutture, attrezzature ed impianti zootecnici e/o delle acque reflue.

 

 

ALLEGATO V

 

PARTE A

 

Comunicazione e Piano di utilizzazione agronomica per le aziende con produzione e/o utilizzazione al campo di azoto da effluenti zootecnici superiore a 6000 kg/anno nonchè per gli altri casi previsti dall'art. 19 del presente decreto

 

Ai fini di una razionale gestione delle pratiche di fertilizzazione, con particolare riguardo alla fertilizzazione azotata, il Piano di Utilizzazione Agronomica (PUA) è volto a definire e giustificare, per un periodo di durata non superiore a cinque anni, le pratiche di fertilizzazione adottate, rispettando i limiti di apporto degli effluenti zootecnici e dei fertilizzanti organici.

 

La procedura di redazione del Piano prevede le seguenti fasi:

1. presentazione all'autorità competente della comunicazione di cui all'allegato IV parte A del presente decreto;

2. acquisizione di ulteriori dati agronomici di dettaglio quali l'individuazione di aree aziendali omogenee;

3. elaborazione dei dati per l'individuazione:

- delle dosi di azoto da utilizzarsi per coltura e/o avvicendamento, calcolate mediante l'equazione del bilancio dell'azoto di seguito riportata, da applicare a livello di area aziendale omogenea;

- dei tipi di fertilizzanti o di acque reflue;

- delle rispettive quantità, in considerazione degli indici di efficienza;

- delle modalità di utilizzazione, in relazione alle aree omogenee, alle colture, ai suoli, ai mezzi di distribuzione, ecc.

 

Per fertilizzante azotato si intende qualsiasi sostanza contenente uno o più composti azotati applicati al suolo per favorire la crescita delle colture. Sono compresi gli effluenti zootecnici di cui all'art. 38 del decreto legislativo 152/99, le acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b), c) del decreto legislativo 152/99 e da piccole aziende agroalimentari, i fanghi disciplinati dl decreto legislativo 99/92 ed i fertilizzanti ai sensi della legge 748/1984.

 

In ottemperanza alla Direttiva 91/676/CEE, la procedura del PUA deve contemplare la determinazione di alcuni parametri idonei alla formulazione di un bilancio dell'azoto relativo al sistema suolo-pianta:

 

1) il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture;

2) l'apporto alle colture di azoto proveniente dal suolo e dalla fertilizzazione.

 

I fabbisogno di azoto delle colture sono calcolati, in via approssimativa, attraverso l'uso di metodi del bilancio, che, ai fini applicativi aziendali, può ad esempio essere formulato attraverso la seguente equazione:

NC + NF + AN + (KC x FC) + (KO X FO) = (Y x B)

 

Al primo membro dell'equazione di bilancio compaiono gli apporti azotati alle coltura da quantificare nel modo seguente:

 

● NC = disponibilitò di N derivante da precessioni colturali

Quantità significative di azoto assimilabile dalla coltura successiva si riscontrano dopo la coltura dell'erba medica o di un prato di lunga durata (maggiore di 5 anni). In tali caso devono essere considerati forniture dell'ordine di:

- 60 kg, per medicai diradati

- 80 kg, per medicai di 3 anni in buone condizioni e prati di oltre 5 anni;

- 30-40 kg, per prati di trifoglio e prati di breve durata

Quando i residui colturali hanno un rapporto Carbonio/Azoto superiore a 30, l'immobilizzazione dell'azoto diventa predominante. L'azoto assimilabile per la coltura successiva si riduce nel caso di interramento di paglie di cereali o stocchi di mais rispettivamente di 30 Kg/ha e di 40 Kg/ha;

 

● NF = disponibilitò di N derivante dalle fertilizzazioni organiche effettuate nell'anno precedente

In questa voce si deve consiedrare la disponibilità derivante dall'apporto di letame dell'ano precedente, pari ad una percentuale minima del 30% dell'azoto apportato.

 

● AN = apporti manuali, consistenti in:

- Fornitura di azoto dal suolo

L'azoto disponibile nel suolo è collegato con il tenore di materia organica, il cui tasso di mineralizzazione varia con la tessitura, il regime termico e idrico e l'intensità delle lavorazioni.

In Italia i tenori di materia organica sono molto variabili, ma generalmente, escludendo le aree di più recente bonifica in cui è presente anche torba, i valori sono compresi tra 1% e 3%: valori superiori sono valutati come elevate dotazioni. Il CBPA stima che nel periodo di più accentuata mineralizzazione (dalla primavera all'autunno) la materia organica possa fornire 30 kg di azoto assimilabile per ogni unità percentuale di materia organica nel suolo. La disponibilità effettiva di questi quantitativi deve essere proporzionata alal durata del ciclo colturale e valutata in considerazione dell'entità delle precipitazioni. A titolo esemplificativo, si riportano i seguenti indici:

- cereali autunno vernini: 3/5 dell'azoto mineralizzato

- bietola e girasole: 2/3 dell'azoto mineralizzato

- sorgo: 3/4 dell'azoto mineralizzato

- mais: l'intero ammontare

 

- Fornitura di azoto da deposizioni atmosferiche

L'apporto di azoto dovuto alle deposizioni atmosferiche (piogge e pulviscolo atmosferico) può essere stimato pari a circa 20 kg per ettaro e per anno.

 

● FC è la quantità di N apportata col concime chimico e minerale;

 

● KC è il coefficiente di efficienza1 relativo agli apporti di concime chimico (FC). In genere si considera il 100% del titolo commerciale del concime azotato;

 

● FO è la quantità di N apportata con il concime organico (effluenti zootecnici, fanghi di depurazione, acque reflue recuperate di cui al DM 185/2003, ecc.);

 

● KO è il coefficiente di efficienza1 relativo agli apporti di fertilizzante organico (FO). Esso varia in funzione della coltura, dell'epoca e della modalità di distribuzione e delle strutture del suolo. L'obiettivo di ottimizzare gli apporti al fine di conseguire la massima efficienza specifici a scala aziendale o territoriale. In  assenza di determinazioni specifiche, i valori di riferimento di KO si ottengono secondo le indicazioni contenute nelle tabelle 1 e 2, nel caso di liquami. Al fine di contenere le perdite, il PUA deve prevedere epoche e modalità di distribuzione dei liquami atte a garantire, per i liquami delle specie zootecniche pi comuni e per le diverse tessiture dei suoli, valori di KO a scala aziendale non inferiori a quelli di media efficienza riportati in tabella 2. Entro 5 anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto detti valori vanno incrementati al 60% per liquami suini e avicoli e al 50% per liquami bovini. Per i letami, il coefficiente di efficienza va assunto pari almeno al 40%. Le regioni possono aggiornare i valori minimi di KO in rapporto allo sviluppo delle conoscenze locali.

 

Le asportazioni colturali, che compaiono al secondo membro dell'equazione di bilancio, si calcolano moltiplicando i coefficienti unitari di asportazione (B) di cui al CBPA per la produzione che ragionevolmente, in riferimento ai risultati produttivi conseguenti negli anni precedenti, si prevede di ottenere (Y).

 

Le modalità di fertilizzazione effettivamente adottate (fatti salvi i controlli a campione svolti nelle aziende) e le modalità secondo cui vengono adeguati i piani di fertirrigazione alle condizioni particolari della specifica annata agraria devono essere registrate annualmente e comunicate al momento del rinnovo delle comunicazione.

____________________

1 Ai fini del calcolo del bilancio dell'azoto, per efficienza di fertilizzazione di intende l'efficienza di recupero, data dal rapporto tra l'azoto recuperato nei tessuti vegetali e quello applicato.

 

 

Tab. 1 - Definizione dell'efficienza dell'azoto da liquami in funzione delle colture, delle modalità ed epoche di distribuzione (1)

 

Colture

 

Epoche

 

Modalità

 

Efficienza

 

Mais, Sorgo

da granella

ed erbai

primaverili -

estivi

prearatura primaverile

su terreno nudo o stoppie

alta

prearatura estiva o autunnale

su paglie o stocchi

su terreno nudo o stoppie

media

bassa

copertura

con interramento

senza interramento

alta

media

Cereali

autunno-vernini

ed

erbai autunno -

primaverili

prearatura estiva

su paglie e stocchi

media

prearatura estiva

su terreno nudo e stoppie

bassa

fine inverno primavera

copertura

media

Colture di

secondo

raccolto

estiva

preparazione del terreno

alta

estiva in copertura

con interramento

alta

copertura

senza interramento

media

fertirrigazione

copertura

media

Prati

di graminacee

misti o medicali

prearatura primaverile

su paglie o stocchi

su terreno nudo o stoppie

alta

media

prearatura estiva o autunnale

su paglie o stocchi

su terreno nudo o stoppie

media

bassa

dopo i tagli primaverili

con interramento

senza interramento

alta

media

dopo i tagli estivi

con interramento

senza interramento

alta

media

autunno precoce

con interramento

senza interramento

media

bassa

Pioppeti

e arboree

preimpianto

maggio -settembre

con terreno inerbito

bassa

alta

 

con terreno lavorato

media

1) I livelli di efficienza riportati in tabella possono ritenersi validi anche per i materiali palabili ed ammendanti, ovviamente per quelle epoche e modalità che ne permettono l'incorporamento al terreno

 

 

Tab 2 - Coefficienti di efficienza dei liquami provenienti da allevamenti di suini, bovini ed avicoli

 

Interazione tra epoche di applicazione e tipo di terreno

 

Efficienza (1)

Tessitura grossolana

     

Tessitura media

     

Tessitura fine

 

Avicoli

Suini

Bovini

 (2)

   

Avicoli

Suini

Bovini

 

Avicoli

Suini

Bovini

Alta efficienza

0,84

0,73

0,62

 

0,75

0,65

0,55

 

0,66

0,57

0,48

Media efficienza

0,61

0,53

0,45

 

0,55

0,48

0,41

 

0,48

0,42

0,36

Bassa efficienza

0,38

0,33

0,28

 

0,36

0,31

0,26

 

0,32

0,28

0,24

 

1) La scelta del livello di efficienza (alta, media o bassa) deve avvenire in relazione alle epoche di distribuzione

 

2) I coefficienti di efficienza indicati per i liquami bovini possono ritenersi validi anche per i materiali palabili non soggetti a processi di maturazione e/o compostaggio

 

 

 

PARTE B

Comunicazione e Piano di utilizzazione agronomica per le aziende con produzione e/o utilizzazione al campo di azoto da effluenti zootecnici compresa tra 3000 e 6000 kg/anno

 

Le aziende con produzione e/o utilizzazione al campo di azoto da effluenti zootecnici compresa tra 3000 e 6000 kg/anno sono soggette alla presentazione all'autorità competente della comunicazione di cui all'allegato IV parte A del presente decreto.

 

Al fine di determinare le condizioni favorevoli per l'applicazione della procedura di bilanciamento dell'azoto attraverso la redazione di un Piano di Utilizzazione Agronomica, le regioni possono predisporre forme semplificate dello stesso riferite ai seguenti elementi informativi:

- dosi di azoto;

- coefficienti di efficienza;

- tempi e modalità di distribuzione,

differenziati per ambiti territoriali individuati in rapporto alle condizioni pedoclimatiche, alle colture e ed agli avvicendamenti prevalenti.

 

Qualora le aziende ricadano in aree ad elevata densità di allevamento, le regioni obbligano le medesime alla trasmissione del citato Piano di Utilizzazione Agronomica semplificato redatto sulla base dei criteri sopra precisati.

 

Per la predisposizione dei PUA semplificati le aziende agricole possono usufruire delle elaborazioni, degli schemi, dei dati e dei modelli di calcolo eventualmente predisposti dalle regioni e differenziati per ambiti territoriali individuati in rapporto alle condizioni pedoclimatiche, alle colture ed agli avvicendamenti prevalenti. Tali elaborazioni devono essere supportate da adeguati dati sperimentali ed, eventualmente, realizzate con il supporto di modelli di calcolo informatizzati.

 

Il metodi di calcolo per il PUA semplificato, la cui funzione è anche quella di costituire strumento facilmente accessibile e a basso costo, dovrò essere in grado di

 fornire all'azienda un piano di concimazione razionale con l'indicazione delle dosi di effluente e di azoto da apportare, dei tempi e delle modalità di distribuzione.

Qualora le aziende agricole non ritengano adeguate alla propria realtà gli schemi e/o gli elementi di piano delle elaborazioni regionali (ad es: per caratteristiche degli effluenti, tipologia di suoli, rese delle colture, modalità di distribuzione, tipologia di avvicendamento, ecc.), ovvero in assenza di specifiche disposizioni regionali), devono utilizzare le proprie conoscenze con riferimento ai dati previsti per la redazione del PIano di Utilizzazione nella forma completa, di cui alla parte A del presente Allegato.

Le modalità di fertilizzazione effettivamente adottate (fatti salvi i controlli a campione svolti nelle aziende) e le modalità secondo cui vengono adeguati i piani di fertilizzazione alle condizioni particolari della specifica anata agraria devono essere registrate annualmente e comunicate al momento del rinnovo della comunicazione.

 

PARTE C

Comunicazione per le aziende con produzione e/o utilizzazione di azoto compresa tra 1000 e 3000 kg/anno e per quelle di cui all'articolo 11

 

Le aziende con produzione e/o utilizzazione di azoto compresa tra 1000 e 3000 kg/anno e le aziende di cui all'articolo 11 del presente decreto sono soggette alla presentazione all'autorità competente della comunicazione di cui all'allegato IV parte B.

 

 

ALLEGATO VI

MODALITA' DI UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DEI CONCIMMI AZOTATI E AMMENDANTI ORGANICI DI CUI ALLA LEGGE 748 DEL 1984 NELLE ZONE VULNERABILI DA NITRATI

 

PARTE A

Epoche di distribuzione dei fertilizzanti azotati di sintesi e quantità limite

 

Per ridurre al minimo le perdite d'azoto per lisciviazione ed ottimizzare l'efficienza della concimazione, è necessario distribuire l'azoto nelle fasi di maggior necessità delle colture, favorendo il frazionamento del quantitativo in più distribuzioni.

Le concimazioni azotate sono consentite soltanto in presenza della coltura o al momento della semina, ad eccezione dei seguenti casi di presemina:

- su colture annuali a ciclo primaverile estivo, limitando al massimo il periodo intercorrente tra fertilizzazione e semina;

- con impiego di concimi con più elementi nutritivi; in questi casi la somministrazione di N in presemina non può essere superiore a 30 kg/ha per le colture arboree.

 

PARTE B

Definizione delle dosi

Tenuto conto di quanto stabilisce il CBPA e degli oneri connessi ai diversi criteri utilizzabili, il Programma d'azione deve prevedere la razionalizzazione della concimazione azotata delle aziende senza allevamento.

 

I criteri di riferimento ammessi sono:

 

♦ per la concimazione di colture erbacee, foraggiere, orticole e sementiere: stima degli apporti di azoto basata sulle asportazioni totali (asportazioni unitarie moltiplicate per la resa prevista) e comunque entro una quantità massima per coltura o per avvicendamento, valutata in considerazione delle rese massime realmente ottenibili e da riscontri sperimentali;

♦ per la concimazione delle colture arboree da frutto e vite: stima degli apporti di azoto basata sulle asportazioni totali e considerando una quota di azoto necessaria a sostenere la crescita annuale (quota di base).

 

 

 

ALLEGATO VII

PREVENZIONE DELL'INQUINAMENTO DELLE ACQUE DOVUTO ALLO SCORRIMENTO E ALLA PERCOLAZIONE NEI SISTEMI DI IRRIGAZIONE

 

Principi generali

Una buona pratica irrigua deve mirare a contenere la percolazione e lo scorrimento superficiale delle acque e dei nitrati in esse contenuti e a conseguire valori elevati di efficienza distributiva dell'acqua.

 

Criteri da applicare in tutte le ocndizioni di campo

a) fornire ad ogni adacquatura volumi esattamente adeguati a riportare alla capacità idrica di campo lo strato di suolo maggiormente esplorato dalle radici delle coltura;

b) scegliere il metodo irriguo in base a:

● caratteristiche fisiche, chimiche e morfologiche del suolo;

● esigenze o/e caratteristiche delle colture da irrigare;

● esigenze e quantità di acqua diposnibile;

● caratteristiche dell'ambiente.

 

Classificazione dei terreni in base al rischio di perdita d'azoto a seguito di irrigazione e fertirrigazione

1) Condizioni di alto rischio

- terreni sabbiosi molto permeabili ed a limitata capacità di ritenzione idrica;

- presenza di falda superficiale (profondità non superiore a 2 m);

- terreni superficiali (profondità inferiore a 15-20 cm) poggianti su roccia fessurata;

- terreni con pendenza elevata superiore al 10- 15%;

- pratica agricola intensa con apporti elevati di fertilizzanti;

- terreni ricchi in sostanza organica e lavorati frequentemente in profondità;

- presenza di risaie su terreni con media permeabilità.

2) Condizioni di medio rischio:

- terreni di media composizione graulometrica, a bassa permeabilità ed a discreta capacità di ritenzione idrica;

- presenza di falda mediamente profonda (da 2 a 15-20 m);

- terreni di media profondità (non inferiore a 50-60 cm);

- terreni con pendenza moderata (5-10%);

- apporto moderato di fertilizzanti.

3) Condizioni di basso rischio:

- terreni tendenzialmente argillosi, poco permeabili e con elevata capacità di ritenzione idrica;

- suoli profondi più di 60-70 cm;

- falda oltre i 20 m di profondità;

- terreni con pendenza inferiore all'5%;

 

Pratiche irrigue di riferimento

L'entità della lisciviazione dei nitrati decresce con l'aumentare dell'efficienza distributiva dell'acqua e proporzionando il volume di adeguamento alla capacità di ritenzione idrica dello strato di suolo interessato dall'apparato radicale.

Il volume d'acqua da somministrare non deve superare quello necessario a riportare l'umidità dello strato di suolo interessato dall'apparato radicale alla capacità idrica di campo.

 

Efficienza indicative dei metodi di irrigazione

 

Metodo

Efficienza massima di distribuzione %

Scorrimento

40-50%

Infiltrazione laterale per solchi

55-60%

Aspersione

70-80%

Goccia

85-90%

 

In considerazione delle ridotte efficienze si devono limitare gli interventi per scorrimento superficiale e per infiltrazione laterale a solchi.

Per i metodi irrigui non localizzati, il volume di adacquamento può essere calcolato con buona approssimazione utilizzando la seguente relazione:

 

V = (S x H) Pa (CIC-Ui)/100, dove:

 

V = Volume di adacquamento (m3/ha)

 

S = superficie (10.000 m2)

 

Pa = massa volumica apparente (variabile da 1,2 a 1,5 t/m3)

 

CIC e Ui = umidità del suolo in % del peso della terra secca, alla capacità idrica di campo e al momento dell'intervento irriguo, rispettivamente.

 

Il volume di adacquamento calcolato come indicato in precedenza è valido allorquando si adottano metodi irrigui che distribuiscono l'acqua con sufficiente uniformità nello strato di suolo interessato alle radici.

Con metodi irrigui che localizzano l'acqua in una frazione del suolo interessato dall'apparato radicale, il volume di adacquamento calcolato con il metodo sopra indicato deve essere corretto in considerazione della massa di suolo in cui l'acqua si localizza.

L'azienda deve rispettare per ciascun intervento irriguo un volume massimo previsto in funzione del tipo di suolo e della coltura.

In assenza di specifiche indicazioni, si riportano a titolo indicativo alcuni volumi di riferimento.

 

Tipo di suolo

Metri cubi ad ettaro Millimetri

Suolo sciolto

350 35

Suolo medio impasto

450 45

Suolo argilloso

550 55

 

Volumi in relazione ai sistemi irrigui e al tenore di umidità da mantenere nel suolo

 

Nella tab. 1 sono riportati i valori di altezza di adacquata in mm indicati per le colture arboree, calcolati per una profondità radicale di 50 cm e per riportare il valore di umidità del suolo da una soglia minima pari a 30% ad una soglia massima pari a 80% di acqua disponibile.

 

Analogamente nella tab. 2 sono riportati i valori di altezza di adacquata in mm indicati per la stessa coltura e calcolati per la stessa profondità radicale, ma utilizzando un impianto microirriguo in cui si riporta il valore di umidità del suolo da una soglia minima pari a 55% ad una soglia massima pari al 70% di acqua disponibile.

 

I valori variano al variare delle percentuali di sabbia e argilla e le differenze tra le due tabelle, a parità di valori di sabbia e argilla, sono determinate dalle diverse soglie di umidità di riferimento.

 

Tab. 1 - Altezza di adacquata (mm) per e colture arboree irrigate per aspersione

ARGILLA %

 

 

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

 

0

54

55

56

56

57

57

58

58

58

59

59

60

60

 

5

53

53

54

55

56

57

57

58

59

60

61

61

62

S

10

50

51

52

53

53

54

55

56

57

57

58

59

60

A

15

48

49

49

50

51

52

53

54

54

55

56

57

58

B

20

46

46

47

48

49

50

50

51

52

53

54

54

55

B

25

43

44

45

46

46

47

48

49

50

50

51

52

53

I

30

41

42

42

43

44

45

46

46

47

48

49

50

50

A

35

38

39

40

41

42

42

43

44

45

46

47

47

-

 

40

36

37

38

39

39

40

41

42

43

43

44

-

-

%

45

34

35

35

36

37

38

39

39

40

41

-

-

-

 

50

31

32

33

34

35

35

36

37

38

-

-

-

-

 

55

29

30

31

31

32

33

34

35

-

-

-

-

-

 

60

27

27

28

29

30

31

32

-

-

-

-

-

-

 

65

24

25

26

27

28

28

-

-

-

-

-

-

-

 

70

22

23

24

24

25

-

-

-

-

-

-

-

-

 

Tab. 2 - Altezza di adacquata (mm) per e colture arboree irrigate con impianto microirriguo

ARGILLA %

 

 

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

 

0

18,0 18,3 18,7 18,7 19,0 19,0 19,3 19,3 19,3 19,7 19,7 20,0 20,0

 

5

17,7 17,7 18,0 18,3 18,7 19,0 19,0 19,3 19,7 20,0 20,3 20,3 20,7

S

10

16,7 17,0 17,3 17,7 17,7 18,0 18,3 18,7 19,0 19,0 19,3 19,7 20,0

A

15

16,0 16,3 16,3 16,7 17,0 17,3 17,7 18,0 18,0 18,3 18,7 19,0 19,3

B

20

15,3 15,3 15,7 16,0 16,3 16,7 16,7 17,0 17,3 17,7 18,0 18,0 18,3

B

25

14,3 14,7 15,0 15,3 15,3 15,7 16,0 16,3 16,7 16,7 17,0 17,3 17,7

I

30

13,7 14,0 14,0 14,3 14,7 15,0 15,3 15,3 15,7 16,0 16,3 16,7 16,7

A

35

12,7 13,0 13,3 13,7 14,0 14,0 14,3 14,7 15,0 15,3 15,7 15,7 -

 

40

12,0 12,3 12,7 13,0 13,0 13,3 13,7 14,0 14,3 14,3 14,7 - -

%

45

11,3 11,7 11,7 12,0 12,3 12,7 13,0 13,0 13,3 13,7 - - -

 

50

10,3 10,7 11,0 11,3 11,7 11,7 12,0 12,3 12,7 - - - -

 

55

9,7 10,0 10,3 10,3 10,7 11,0 11,3 11,7 - - - - -

 

60

9,0 9,0 9,3 9,7 10,0 10,3 10,7 - - - - - -

 

65

8,0 8,3 8,7 9,0 9,3 9,3 - - - - - - -

 

70

7,3 7,7 8,0 8,0 8,3 - - - - - - - -

 

 

Requisiti per la fertirrigazione

Una razionale pratica della fertirrigazione non può prescindere dalla definizione della quantità di elementi nutritivi da applicare e dalla frequenza con cui praticarla durante la stagione irrigua. La quantità totale di elementi nutritivi da somministrare dipende dalle asportazioni da parte della coltura e dalla loro disponibilità nel suolo. La frequenza dipende dalla tessitura del suolo, prevalenza di materiale sabbioso o argilloso, dal ritmo di assorbimento degli elementi nutritivi, e dal metodo irriguo adottato.

Generalmente, con i metodi irrigui non localizzati, è sufficiente praticare un numero limitato di fertirrigazioni in prossimità delle fasi di maggior asportazione da parte della coltura.

Con l'irrigazione a goccia, è necessario regolare gli interventi in considerazione della tessitura, riducendo la frequenza rispetto agli interventi di irrigazione nei terreni con maggior tenore di argilla.

In sintesi:

a) la fertirrigazione deve essere effettuata con il metodo che assicuri la migliore efficienza distributiva dell'acqua, in relazione al suolo e alla coltura in atto;

b) il fertilizzante deve essere immesso nell'acqua di irrigazione dopo aver somministrato circa il 20-25% del volume di adacquamento;

c) la fertirrigazione deve completarsi quando è stato somministrato l'80-90% del volume di adacquamento.

 

Indicazioni di carattere generale

Ai fini di una corretta pratica fertirrigua, è necessario tener conto delle seguenti indicazioni di carattere generale:

1) fare riferimento ai manuali per la stima della profondità da bagnare del punto di intervento irriguo, specifici per ogni coltura;

2) nell'irrigazione per infiltrazione laterale da solchi il rischio di percolazione dei nitrati decresce dall'inizio alla fine del solco, da terreni tendenzialmente sabbiosi a terreni tendenzialmente argillosi, da terreni superficiali a profondi; da colture con apparato radicale superficiale a colture con apparato radicale profondo;

3) in terreni tendenzialmente argillosi sono sconsigliati turni irrigui molto lunghi per evitare la formazione di fessurazioni.

 

Nell'irrigazione a pioggia è necessario porre particolare attenzione alla distribuzione degli irrigatori sull'appezzamento, all'intensità di pioggia rispetto alla permeabilità del suolo, all'interferenza del vento sul diagramma di distribuzione degli irrigatori ed all'influenza della vegetazione sulla distribuzione dell'acqua nel suolo.

 

 

ALLEGATO VIII

VERIFICA DELL'EFFICACIA DEI PROGRAMMI DI AZIONE

 

L' articolo 19, comma 7, lettera c) del decreto legislativo 152/99 stabilisce come obbligo per le regioni l'attuazione di un programma di sorveglianza per la verifica dell'efficacia dei programmi di azione nelle zone vulnerabili.

Verificare l'efficacia dei Programmi d'azione significa effettuare:

1. un monitoraggio a livello di bacino e di sottobacino dello stato della concentrazione dei nitrati nelle acque superficiali e sotterranee e dello stato trofico delle acque dolci superficiali, estuarie e costiere. Tale monitoraggio dovrà essere condotto attraverso una rete costituita da stazioni di campionamento rappresentative, strategicamente disposte nell'area vulnerabile;

2. una combinazione di altri tipi di monitoraggio finalizzati a stabilire i cambiamenti intervenuti nelle pratiche agricole a seguito della entrata in vigore dei programmi di azione e gli effetti conseguenti e potenziali sullo stato delle acque per quanto attiene la concentrazione dei nitrati. Ciò comporta il monitoraggio di alcuni indicatori chiave come le pratiche agricole nella loro evoluzione,la presenza di nitrati nei suoli coltivati, nello strato radicale, nelle acque di ruscellamento superficiale e di lisciviazione verso le falde, i bilanci completi dei nutrienti.

 

Criteri per lo svolgimento delle attività di cui al punto 2

 

La verifica degli effetti dei programmi si azione può essere effettuata anche mediante l'applicazione di appropriati modelli di calcolo che tengano conto almeno di fattori quali l'uso del suolo, i livelli di fertilizzante, le caratteristiche fisiche (es. il tipo di suolo, piovosità), il comportamento idrologico, la capacità depurativa dei suoli.

Le risposte del modello dovranno permettere di stimare le percolazioni potenziali di nitrati nello strato vegetale e via, via, negli strati più profondi. Perchè le capacità predittive del modello trovino riscontro nei dati di concentrazione dei nitrati nei corpi recettori è importante che il modello sia verificato e calibrato con dati risultanti da misure effettuate direttamente in campo.

 

E' necessario pertanto progettare ed effettuare un programma di attività che permetta la raccolta e la sistemazione organica dei dati necessari alla verifica e alla calibrazione del modello.

 

L'attività potrà consistere in:

1. individuazione, all'interno delle zone vulnerabili, di sub-zone omogenee per caratteristiche quali l'uso del suolo, il tipo di suolo, le pratiche colturali. Ciò potrà essere effettuato attraverso la sovrapposizione delle carte tematiche a disposizione della regione e riscontri diretti in campo per quanto attiene alle pratiche colturali;

2. determinazione del bilancio dei nutrienti a livello di  sub-zone per individuare l'esistenza di surplus di nutrienti e quindi il livello di pressione sui corpi recettori. Dovranno essere inventariati e valutati i contributi diffusi di azoto al ruscellamento e alla percolazione, le fonti localizzate, le deposizioni secche e umide, il contributo derivante dalla fissazione biologica dell'azoto e le perdite per denitrificazione;

3. individuazione dei cambiamenti nelle pratiche colturali che possono influenzare il rilascio dei nitrati verso le acque. Dovranno a questo fine essere monitorati i cambiamenti nei calendari e nelle modalità di spandimento degli effluenti e dei concimi azotati e ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984, l'adozione di rotazioni e colture intercalari idonee alla prevenzione o al contenimento della percolazione dei nitrati, i piani di utilizzazione agronomica, le registrazioni degli spandimenti e le pratiche irrigue;

4. misura delle percolazioni di nitrati in "campi rappresentativi" da scegliere in ciascuna sub-zona in numero adeguato ad effettuare estrapolazioni sull'intera zona vulnerabile. Dovranno essere eseguite analisi per la ricerca dei nitrati in campioni di suolo e nelle acque di percolazione ricorrendo anche a dispositivi come lisimetri e coppe porose;

5. rilevamento in "siti sperimentali specifici" delle interazioni tra pratiche agricole (es. calendari e modalità di applicazione dei nutrienti) input e perdite di nutrienti verso i corpi recettori. Si tratta di indagine di dettaglio in condizioni sperimentali, in campo rappresentativi delle zone vulnerabili regionali, aventi la finalità di raccogliere dati descrittivi da utilizzare per verificare e calibrare il modello di calcolo sopra descritto. Il programma sperimentale dovrà prevedere per ogni pratica colturale la determinazione della concentrazione dei nitrati nello strato superficiale, nello strato insaturo, nelle acque di percolazione e nella prima falda.