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DECRETO 4 LUGLIO 2000.
 

PIANO STRAORDINARIO PER L'ASSETTO IDROGEOLOGICO.

 

REGIONE SICILIA

 ASSESSORATO DEL TERRITORIO E DELL'AMBIENTE

 

 

Visto lo Statuto della Regione;
Vista la legge regionale n. 2 del 10 aprile 1978;
Vista la legge regionale n. 71 del 27 dicembre 1978;
Vista la legge regionale n. 37 del 10 agosto 1985;
Vista la legge n. 183 del 18 maggio 1989: "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo";
Visto il D.L. n. 180 del 11 giugno 1998: "Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania", convertito in legge il 3 agosto 1998 con legge n. 267;
Visto il D.L. n. 132 del 13 maggio 1999, convertito in legge, con modificazioni, in data 13 luglio 1999 con legge n. 226;
Visto l'atto di indirizzo e coordinamento, previsto dal 2° comma dell'art. 1 del D.L. n. 180/98 e adottato con D.P.C.M. del 29 settembre 1998, che fornisce i criteri generali per l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico;
Visto, in particolare, il comma 1 bis dell'art. 1 del predetto D.L. n. 180/98, inserito con l'art. 9 della richiamata legge n. 226/99;
Viste le direttive emanate dall'Assessorato del territorio e dell'ambiente n. 13488 del 14 luglio 1998, n. 13450 del 14 luglio 1998 e n. 22824 del 10 dicembre 1998;
Visto lo schema del Piano straordinario per l'assetto idrogeologico trasmesso, con nota n. 21550/XLI del 17 novembre 1999, alla Giunta regionale per l'approvazione ai sensi dell'art. 1, comma 1 bis, del D.L. n. 180/98 e succ. mod. ed integrazioni;
Vista la deliberazione n. 329 del 6 dicembre 1999 della Giunta regionale, con la quale si approva il Piano straordinario di bacino per l'assetto idrogeologico;

Decreta:

 

Art. 1


E' adottato il Piano straordinario per l'assetto idrogeologico con cui vengono individuate le aree del territorio regionale soggette a rischio "molto elevato" o "elevato".
Sono parte integrante del suddetto Piano straordinario i sottoelencati atti ed elaborati:
-  relazione generale ed allegati normativi;
-  relazione Il territorio ed i bacini idrografici;
-  carte del dissesto idrogeologico, in scala 1:50.000;
-  carte del rischio idrogeologico, in scala 1:50.000.
Nelle allegate "Carte del rischio idrogeologico" in scala 1:50.000 sono individuate le aree a rischio idrogeologico "molto elevato" o "elevato" secondo la seguente classificazione:
-  Aree franose a rischio "molto elevato";
-  Aree franose a rischio "elevato";
-  Aree potenzialmente soggette a fenomeni di esondazione a rischio "molto elevato";
-  Aree potenzialmente soggette a fenomeni di esondazione a rischio "elevato".

Art. 2


Nelle aree individuate secondo la classificazione riportata nel precedente articolo sono adottate le misure transitorie di salvaguardia, così come previsto dall'art. 1 bis del D.L. n. 180/98, convertito con legge n. 267/98, integrata dalla legge n. 226/99, di seguito riportate.
Nelle aree classificate come aree franose a rischio "molto elevato" sono esclusivamente consentiti:
1.a) gli interventi di demolizione senza ricostruzione così come definiti dall'art. 5 della legge regionale n. 37 del 10 agosto 1985;
1.b) gli interventi di manutenzione ordinaria degli edifici, così come definiti alla lett. a) dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, così come recepita dall'art. 20, 1° comma, lett. a), della legge regionale 27 dicembre 1978, n.71;
1.c) gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superfici e volumi, senza cambiamenti di destinazione d'uso che comportino aumento del carico insediativo;
1.d) gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche o di interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela;
1.e) le opere di bonifica e di sistemazione dei movimenti franosi;
1.f) le opere di regimazione delle acque superficiali e sotterranee.
Nelle aree classificate come aree franose a rischio "elevato", oltre agli interventi di cui al precedente com-ma, sono consentiti:
1.g) gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo, così come definiti alle lett. b) e c) dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, così come recepita dall'art. 20, 1° comma, lett. b) e c), della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, senza aumenti di superficie e volume;
1.h) gli interventi di adeguamento igienico-funzionale degli edifici esistenti, ove necessario, per il rispetto della legislazione in vigore anche in materia di sicurezza del lavoro, connessi ad esigenze delle attività e degli usi in atto;
1.i) l'ampliamento o la ristrutturazione delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico esistenti, purchè compatibili con lo stato di dissesto esistente.
Nelle aree classificate come aree potenzialmente soggette a fenomeni di esondazione a rischio "molto elevato" sono esclusivamente consentiti:
2.a) gli interventi di demolizione senza ricostruzione così come definiti dall'art. 5 della legge regionale n. 37 del 10 agosto 1985;
2.b) gli interventi di manutenzione ordinaria degli edifici, così come definiti alla lett. a) dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, così come recepita dall'art. 20, 1° comma, lett. a), della legge regionale 27 dicembre 1978, n.71;
2.c) gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumità senza aumenti di superfici e volume, senza cambiamenti di destinazione d'uso che comportino aumento del carico insediativo;
2.d) gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela;
2.e) i cambi colturali, purchè non interessanti una ampiezza di 4 metri dal ciglio della sponda;
2.f) gli interventi volti alla ricostruzione degli equilibri naturali alterati e all'eliminazione per quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica;
2.g) le opere di difesa e di sistemazione idraulica;
2.h) la realizzazione di nuovi interventi infrastrutturali e nuove opere pubbliche a condizione che sia dimostrata l'assenza di alternative di localizzazione.
Nelle aree classificate come aree potenzialmente soggette a fenomeni di esondazione a rischio "elevato", oltre agli interventi di cui al precedente comma, sono consentiti:
2.i) gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo, così come definiti alle lett. b) e c) dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, così come recepita dall'art. 20, 1° comma, lett. b) e c), della legge regionale 27 dicembre 1978, n.71, senza aumenti di superficie e volume;
2.l) Gli interventi di adeguamento igienico-funzionale degli edifici esistenti, ove necessario, per il rispetto della legislazione in vigore anche in materia di sicurezza del lavoro, connessi ad esigenze delle attività e degli usi in atto;
2.m) la realizzazione di nuove infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico, nonché l'ampliamento o la ristrutturazione delle esistenti, purchè compatibili con lo stato di dissesto esistente.
Fra tutti gli interventi consentiti quelli contrassegnati ai punti 1.i), 2.h) e 2.m) sono subordinati ad una verifica tecnica, condotta anche in ottemperanza alle prescrizioni di cui al D.M. 11 marzo 1988, volta a dimostrare la compatibilità tra l'intervento, le condizioni di dissesto e il livello di rischio esistente, sia per quanto riguarda possibili aggravamenti di condizioni di instabilità presenti, sia in relazione alla sicurezza dell'intervento stesso. Tale verifica, redatta e firmata da un tecnico abilitato, deve essere allegata al progetto dell'intervento.

Art. 3


I comuni dovranno garantire la sicurezza dei singoli interventi edilizi e infrastrutturali evitando che gli stessi comportino un aggravio del dissesto idrogeologico in atto tenendo anche conto - in sede di rilascio di concessioni, autorizzazioni e nulla-osta relativi ad attività di trasformazione ed uso del territorio - delle misure di salvaguardia di cui all'art. 2 del presente decreto. Devono essere altresì attuati tutti gli accorgimenti previsti dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225, sulla Protezione civile ai fini della prevenzione e della gestione dell'emergenza per la tutela della pubblica incolumità.

Art. 4


Dalla data di pubblicazione del presente decreto con relativi allegati nelle aree classificate a rischio "molto elevato" o "elevato" non possono essere rilasciate concessioni, autorizzazioni e nulla-osta relativi ad attività di trasformazione ed uso del territorio che siano in contrasto con le prescrizioni di cui agli articoli precedenti. Sono fatti salvi gli interventi già autorizzati, sempre che i lavori relativi siano già stati iniziati alla data della pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio. Al titolare della concessione il comune ha facoltà di notificare la condizione di pericolosità rilevata.

Art. 5


I comuni sono onerati di provvedere, entro trenta giorni dal ricevimento del presente decreto e della cartografia allegata, alla loro pubblicazione all'albo pretorio per quindici giorni consecutivi, nonchè a trasmettere alla Regione siciliana, Assessorato del territorio e dell'ambiente, Gr. XLI - Difesa del suolo, la certificazione dell'avvenuta pubblicazione.

Art. 6


Il Piano straordinario può essere integrato e modificato ai sensi dell'art. 1 bis del decreto legge n. 180 del 1998 e successive modifiche ed integrazioni, in relazione a successivi studi, ricerche e/o segnalazioni. Nel caso in cui le informazioni di maggiore dettaglio disponibili documentino una situazione di dissesto locale diversa da quella rappresentata nell'allegata "Carta del dissesto idrogeologico", in relazione all'evoluzione dei fenomeni e/o alla realizzazione di interventi di mitigazione del rischio, i comuni ne danno comunicazione alla Regione siciliana, Assessorato del territorio e dell'ambiente - Gr. XLI - Difesa del suolo.
Palermo, 4 luglio 2000.

 

MARTINO 

 

 


Allegati

RELAZIONE GENERALE


PREMESSA
In attuazione delle disposizioni emanate dallo Stato con le leggi n. 267/98 e n. 226/99, la Regione siciliana ha avviato la prima fase di un processo più ampio e complesso inteso a dare uno strumento di governo del territorio finalizzato alla tutela del rischio idrogeologico.
Il presente documento costituisce, infatti, il Piano straordinario per l'eliminazione del rischio idrogeologico molto elevato o elevato, previsto dall'art. 1 bis del D.L. n. 180/98, così come integrato dalla legge n. 226/99. Esso costituisce l'avvio per passare dalla gestione dell'emergenza alla gestione della prevenzione attraverso una programmazione del territorio che tenga conto della sua vulnerabilità.
Con il Piano straordinario viene operata una prima individuazione di aree a rischio molto elevato o elevato che consenta, per tali aree, di adottare gli opportuni accorgimenti di prevenzione e di mitigazione.
Al tempo stesso, con il Piano straordinario, sempre in relazione a quanto disposto dalla legge n. 226/99, si da l'avvio dell'eleborazione del Piano di rischio idrogeologico stralcio del Piano di bacino, previsto dalla legge n. 183/89.
Ai fini della predisposizione del Piano straordinario, si è prima effettuata una ricerca delle potenziali aree a rischio basandosi soprattutto sulla acquisizione delle conoscenze circa gli eventi passati o presenti.
I dati raccolti quindi sono stati analizzati ed organizzati pervenendo così ad una prima individuazione delle aree a rischio e valutando per tali aree le misure di salvaguardia.
La fase di elaborazione del Piano straordinario ha comportato una rilevante attività di ricerca, acquisizione, elaborazione di informazioni sparse e detenute da enti diversi. E' stato quindi necessario interessare le amministrazioni locali, la cui risposta non è stata sempre pronta ed esaustiva, ma che ha al tempo stesso evidenziato quanto sia importante un loro maggiore coinvolgimento e sensibilizzazione.
La fase di ricerca non è quindi da considerarsi conclusa ma anzi è da considerarsi iniziato un processo dinamico, anche in funzione della nuova scadenza (30 giugno 2001), per la redazione del Piano di rischio idrogeologico.
1. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
L'11 giugno 1998 il Consiglio dei Ministri emana il D.L. n. 180: "Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella Regione Campania", convertito nella legge n. 267 del 3 agosto 1998.
Ritenuta, in primo luogo, la straordinaria necessità ed urgenza di emanare delle disposizioni per le zone della Campania colpite dai disastri del 5 e 6 maggio 1998, il D.L. n. 180/98 dispone che entro il 30 giugno 1999, le Autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale e le regioni, ove le prime non siano presenti, adottino, qualora ciò fosse già avvenuto in applicazione alla legge n. 183/89, Piani stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico.
La definizione di Piano di bacino è già contenuta nella legge n. 183/89; esso innanzitutto individua nel bacino idrografico l'ambito fisico di riferimento per gli interventi di pianificazione territoriale e si pone come obiettivo sia la pianificazione sia la programmazione di interventi e la definizione di regole gestionali per la difesa e la valorizzazione del suolo e per la difesa della qualità delle acque.
Il piano ha una duplice valenza, conoscitiva e programmatica.
Come strumento di natura conoscitiva esso rappresenta e delinea un quadro di informazioni, in continuo ampliamento ed approfondimento, da cui emergono le criticità ambientali, lo stato qualitativo e quantitativo delle risorse, le situazioni di emergenza territoriale e settoriale ed i problemi sociali.
Questo quadro conoscitivo si avvale anche dell'acquisizione di strutture finalizzate alla raccolta ed alla gestione delle conoscenze (sistemi di monitoraggio, sistemi informativi, strutture di controllo e loro gestione). La funzione conoscitiva del piano riguarda, infine, la delineazione del quadro mutevole dei bisogni e dei problemi del bacino e l'elaborazione delle linee strategiche di intervento. La valenza conoscitiva del piano costituisce la base di riferimento per lo svolgimento dello stesso come strumento programmatico, cui compete l'elaborazione di programmi di intervento a termine basati sulla priorità, sulle risorse disponibili, sulla capacità operativa delle strutture preposte agli interventi e sullo stato delle conoscenze acquisite in precedenza.
Con la legge n. 493/93, emanata ad integrazione della legge n. 183/89, si prevedeva che le autorità di bacino, in attesa dell'approvazione del Piano, potessero adottare misure di salvaguardia di tipo inibitorio e cautelativo laddove vi fossero situazioni non disciplinate e tutelate dalle vigenti leggi.
Il DPCM 23 marzo 1990, il DPR 7 gennaio 1992 ed il DPR 18 luglio 1995 costituiscono ulteriori riferimenti normativi nei quali sono già contenute le informazioni necessarie alla redazione dei Piani di bacino.
Si definiscono così i bacini idrografici di valenza nazionale, regionale, interregionale, pilota e si stabiliscono i limiti amministrativi delle autorità di bacino e i contenuti della programmazione delle attività conoscitive e le modalità di rappresentazione delle informazioni disponibili.
I contenuti dei DPR prima citati rimangono validi nell'applicazione del D.L. n. 180/98 per riguarda:
-  lo stato delle conoscenze, descritto ed analizzato puntualmente;
-  l'individuazione e la caratterizzazione degli squilibri territoriali (risorse idriche del suolo e dell'ambiente acquatico, attività estrattive ed insediative, situazioni a rischio idraulico, geologico e sismico);
-  le azioni propositive (obiettivi ed elaborati di piano).
Nella legge n. 183/89 e nei suoi aggiornamenti il Piano è quindi inteso in senso globale e la sua individuazione non può prescindere dalla conoscenza dell'intero territorio sia per quanto riguarda le sue caratteristiche naturali (fisiografiche, geologiche, geomorfologiche, etc), sia le problematiche ambientali e socio-economiche, sia il tipo e la disponibilità delle risorse.
Infatti il D.L. 180/98 impone che i piani stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico vengono redatti ai sensi del comma 6 ter dell'art. 17 della legge n. 183/89 e successive modifiche ed integrazioni.
Le novità rispetto alla normativa precedente stanno nell'immediatezza sia della fase conoscitiva che nella programmazione delle misure di salvaguardia (art. 1).
Dalla necessità di restringere i tempi di acquisizione delle informazioni scaturisce quanto dettato dal terzo comma dell'art. 1 che dispone che in tempi molti brevi (60 gg. dall'entrata in vigore del D.L. n. 180/98) le Amministrazioni statali, gli enti pubblici, le università e gli istituti di ricerca comunichino a ciascuna regione di appartenenza i dati storici e conoscitivi del territorio e dell'ambiente, in loro possesso.
L'immediatezza nell'adozione delle misure di salvaguardia è dettata anche dalle norme contenute nel comma 2, art. 1, che definisce i programmi di intervento urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone nelle quali la maggiore vulnerabilità del territorio si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale.
L'art. 2 del D.L. n. 180/98 pone l'accento sul potenziamento delle strutture tecniche, specificando (comma 2) che per lo svolgimento delle funzioni di indagine, monitoraggio e controllo nella prevenzione del rischio, le Regioni possono assumere personale tecnico da destinare all'attuazione dei compiti definiti dal D.L. n. 180/98.
L'atto di indirizzo e coordinamento, previsto dal secondo comma dell'art. 1 ed adottato con D.P.C.M. 29 settembre 1998, fornisce i criteri generali per l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio che tengono conto, "quale elemento essenziale per l'individuazione del livello di pericolosità, la localizzazione e la caratterizzazione di eventi avvenuti nel passato riconoscibili o dei quali si ha, al momento presente, cognizione".
L'analisi di rischio deve considerarsi come il prodotto di tre fattori fondamentali:
-  la pericolosità o probabilità che l'evento calamitoso accada;
-  il valore degli elementi a rischio (persone, beni, patrimonio ambientale..);
-  la vulnerabilità degli elementi a rischio (intesa come capacità di sopportare le sollecitazioni e l'intensità dell'evento).
In esso vengono considerati come elementi a rischio innanzitutto l'incolumità delle persone e, con carattere di priorità:
-  gli agglomerati urbani, comprese le zone di espansione urbanistica;
-  le aree su cui insistono insediamenti produttivi, impianti tecnologici di rilievo, in particolare quelli definiti a rischio, ai sensi di legge;
-  le infrastrutture a rete, le vie di comunicazione di rilevanza strategica, anche a livello locale;
-  il patrimonio ambientale e i beni culturali di interesse rilevante;
-  le aree sede di servizi pubblici e privati, di impianti sportii e ricreativi, strutture ricettive ed infrastrutture primarie.
L'atto di indirizzo e coordinamento dispone quindi che le attività vengano articolate in tre fasi corrispondenti a diversi livelli di approfondimento:
-  fase 1: individuazione delle aree soggette a rischio idrogeologico, attraverso l'acquisizione delle informazioni disponibili sullo stato del dissesto;
-  fase 2: perimetrazione, valutazione dei livelli di rischio e definizione delle conseguenti misure di salvaguardia;
-  fase 3: programmazione della mitigazione del rischio.
In questa fase, si dovrà sviluppare l'analisi, nelle aree perimetrate, fino al grado di dettaglio sufficiente a consentire l'individuazione, la programmazione e la progettazione preliminare degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico.
Vengono inoltre distinte le aree a rischio idraulico da quelle a rischio di frane e valanga, individuando, per ciascuna di esse, le tre fasi operative di lavoro e definendo quattro classi di rischio a gravosità crescente da moderato a medio, elevato e molto elevato.
Le misure di salvaguardia costituiscono un capitolo a sé nell'atto di indirizzo e coordinamento. Esse consistono principalmente nel sottoporre a vincolo temporaneo le aree a rischio idrogeologico e illustrano gli indirizzi per le norme di salvaguardia delle aree a rischio idraulico e di frana elevato e molto elevato.
Sui programmi di intervento urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico si definiscono, infine, i criteri generali e gli elementi essenziali per l'istruttoria dei progetti; essi verranno coordinati con i piani stralci di bacino.
Successivamente, il testo del decreto legge 13 maggio 1999, n. 132 coordinato con la legge di conversione 13 luglio 1999, n. 226 recante "Interventi urgenti in materia di protezione civile", all'art. 9 modifica il D.l. 180/98, inserendo dopo il comma 1, art. 1, un comma successivo (1 bis) nel quale si definisce: "Entro il 31 ottobre 1999, ... le Regioni approvano ... piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a rischio più alto, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali" ... "I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale" ... "I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati ... in particolare con riferimento agli interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza delle aree interessate".
2. LE APPLICAZIONI DEL D.L. N. 180/98 IN SICILIA
2.1. L'acquisizione dei dati
La Regione Sicilia, e in particolare l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, in seguito all'emanazione del D.L. n. 180/98, ha attivato una serie di iniziative mediante le quali si è pervenuti ad una migliore conoscenza e pianificazione delle aree a rischio idrogeologico.
Tali iniziative, che applicano fedelmente le disposizioni contenute nell'atto di indirizzo e coordinamento, hanno permesso di raccogliere una certa quantità di informazioni riguardo ai fenomeni franosi ed alluvioni di tutto il territorio regionale.
Esse sono riassumibili essenzialmente nell'emanazione di alcune circolari assessoriali (allegati nn. 1, 2, 3 e 4) i cui contenuti qui di seguito si descrivono brevemente:
-  la direttiva n. 13488 del 14 luglio 1998: "D.L. n. 180/98 - Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico", citando il comma 3 dell'art. 1 del suddetto decreto, invitava tutti i comuni della Sicilia, le Amministrazioni provinciali, le Università, gli uffici periferici della Regione ecc., a trasmettere i dati e le notizie in loro possesso riguardanti i fenomeni franosi e gli eventi alluvionali del territorio di pertinenza, informazioni acquisite anche tramite relazioni tecniche, sopralluoghi, notizie storiche ecc.;
-  la direttiva n. 13450 del 14 luglio 1998: "Censimento dei fenomeni franosi", con la quale veniva inviata, sempre agli stessi enti, una scheda cartacea redatta sulla base di quella prodotta dal Servizio geologico nazionale, in "Miscellanea VII - Guida al censimento dei fenomeni franosi ed alla loro archiviazione" - Roma, 1996, contenente tutte le informazioni necessarie all'individuazione ed alla caratterizzazione di un evento franoso, con l'invito a compilarne una per ogni evento, allo scopo di avere un quadro conoscitivo quanto più completo possibile sulle manifestazioni gravitative del territorio;
-  la direttiva n. 22824 del 10 dicembre 1998: "Individuazione aree ad elevato rischio idrogeologico ed adozione misure di salvaguardia", nella quale facendo seguito alle precedenti note si sintetizzavano gli adempimenti del D.L. n. 180/98 ricordandone le più importanti scadenze e si definiva la realizzazione dei programmi di intervento urgenti per gli anni 1999-2000, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1 e 8 del D.L. n. 180/98. Si ribadiva inoltre la necessità di acquisire, da parte degli enti in indirizzo, il maggior numero di informazioni di tipo cartografico e descrittivo sulle aree soggette a rischio di frana e a rischio idraulico;
-  la direttiva n. 16056 del 15 settembre 1999, nella quale si invitavano i comuni che avevano adempiuto a quanto richiesto con le precedenti circolari, a trasmettere proposte di interventi urgenti finalizzati alla mitigazione del rischio idrogeologico.
Solo una parte degli enti interpellati ha risposto. E' grave che circa il 70% non ha ritenuto di adempiere al preciso dovere di riferire sulle aree a rischio idrogeologico. Ciò ha comportato un deficit informativo che può significare mancato intervento di prevenzione dal rischio per le persone, le cose e il patrimonio ambientale. E' evidente infatti la significativa e pesante assunzione di responsabilità dei soggetti istituzionali omissivi.
2.2. Le modalità di lavoro
In seguito al recepimento di tali direttive, quindim una purtroppo bassa percentuale (30,76%) delle Amministrazioni comunali e provinciali si sono attivate fornendo utili informazioni e dati sul dissesto idrogeologico nel territorio di propria competenza.
Molti hanno inviato le schede di censimento dei fenomeni franosi, le quali venivano via via informatizzate ed archiviate in un date-base relazionale.
Alla data del 20 settembre 1999, risultano 120 i comuni che hanno trasmesso le schede, per un totale di n. 664 schede censite ed informatizzate.
Contemporaneamente, negli archivi di questo Assessorato veniva effettuata una ricerca sistematica sulle segnalazioni dei fenomeni di dissesto inviate, nel corso dell'ultimo vntennio, sia da amministrazioni pubbliche sia di privati.
Le segnalazioni tuttavia non risultavano complete o corredate dell'ubicazione su carta topografica dell'evento, pertanto è stato estremamente difficoltoso riuscire ad identificare le località oggetto di dissesti.
Un aiuto sostanziale, in alcuni casi, è stato dato dall'esame delle carte geomorfologiche e della pericolosità geologica allegate agli strumenti urbanistici che, in taluni casi, sono state fornite dalle stesse amministrazioni comunali o, generalmente, sono state ricercate negli archivi della Direzione urbanistica di questo Assessorato. Anche in questo caso, però, le informazioni sono risultate quantitativamente scarse, poiché, allo stato attuale, non tutti i comuni della Sicilia sono dotati di strumenti urbanistici corredati da adeguato studio geologico.
Si è ritenuto, inoltre, opportuno reperire e quindi utilizzare, per quanto possibile ed utile, le pubblicazioni scientifiche di tipo geomorfologico esistenti, redatte dalle Università e dagli Istituti di ricerca.
Tutte le informazioni così acquisite sono state riportate sui fogli in scala 1:50.000 che costituiscono la base topografica su cui è stato svolto tutto il lavoro per la realizzazione dei Piani stralcio allegati.
Tali informazioni risultano, tuttavia, molto disomogenee, sia per quanto riguarda la distribuzione areale (classicamente a macchia di leopardo) si aper le modalità di ubicazione.
Risultano, infatti, cartografate frane puntuali, frane ben delimitate ed aree franose diffuse e di tutte si hanno informazioni quantitativamente e qualitativamente molto diversificate. Ad esempio, per le frane censite di hanno numerosi dati sulla morfometria, le cause, i danni; al contrario delle aree franose o singole frane cartografate in seguito alle segnalazioni e all'esame dei P.R.G. non si ha in genere alcuna conoscenza, ma soltanto la loro originaria ubicazione.
Per quanto riguarda le aree oggetto di eventi alluvionali in pochissini casi si sono acquisiti studi di carattere idrogeologico ma, nella maggior parte dei casi, si hanno soltanto segnalazioni sui danni derivanti da straripamenti avvenuti in seguito a piogge ecczionali. Ed anche in questi casi si è cercato di individuare le aree segnalate per un riporto cartografico il più possibile esatto.
Si sono altresì utilizzati i dati storici sul dissesto in Sicilia forniti dal Servizio geologico nazionale e relativi agli anni 1950-60.
Di tutto il lavoro di raccolta dati suddescritto ne è scaturita la realizzazione delle carte, in scala 1:50.000, di analisi denominate "Carte del dissesto idrogeologico".
Contemporaneamente, venivano realizzate le carte degli insediamenti. Sulla base della Carta dell'Uso del Suolo, redatta da questo Assessorato nel 1994 e stampata in scala 1:250.000, ma originariamente costruita alla scala 1:100.000, si sono realizzate, grazie alla collaborazione con funzionari dell'Assessorato dei beni culturali ed ambientali, le carte degli insediamenti con taglio 1:50.000, nelle quali sono stati riportati solo gli insediamenti utili ai fini del presente lavoro.
Dalle sovrapposizioni cartografiche fra le carte e quelle degli insediamenti sono risultate le carte di sintesi che costituiscono i Piani stralcio di bacino, deominate "Carte del rischio idrogeologico".
Tali carte riassumono graficamente le condizioni di rischio idrogeologico nella nostra regione, distinto in rischio idraulico e rischio di frana.
In questa fase, il rischio è inteso qualitativamente piuttosto che come prodotto fra la pericolosità dell'evento, la vulnerabilità e il valore degli elementi a rischio (R = P*E*V).
Le carte di sintesi sono state redatte considerando due livelli di rischio:
-  molto elevato per il quale sono posibili problemi per l'incolumità delle persone, comprese la possibile perdita di vite umane, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture ed al patrimonio ambientale, distribuzione delle attività socio-economiche.
-  elevato per il quale sono possibili problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici ed alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, l'interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale.
2.1.1. Programma di interventi urgenti
Contestualmente alla definizione dei Piani straordinari di bacino, così come definiti dalle modifiche alla legge n. 267/98 apportate con successiva legge n. 226/99, la Regione siciliana ha proceduto alla raccolta delle prposte di interventi urgenti di cui ai relativi programmi previsti dall'art. 1, comma 2 del D.L. n. 180/98, da sottoporre alla scelta del Comitato dei Ministri.
Per la definizione di detti programmi l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, sulla base delle segnalazioni ed informazioni precedentemente fornite dagli enti locali, ha inviato gli stessi ad inoltrare proposte di finanziamento per la realizzazione di interventi per la riduzione del rischio idrogeologico, conformi alle direttive del medesimo D.L. n. 180/98.
Le proposte di finanziamento da parte degli enti, dovevano essere distinte in progetti inseriti nel Piano triennale delle opere pubbliche (elenco n. 1) e proposte di progetto (elenco n. 2).
Su 390 comuni della Sicilia sono pervenute proposte relative a 140 comuni, per un numero complessivo di 471 interventi.

IL TERRITORIO ED I BACINI IDROGRAFICI

 

Capitolo 1
L'AMBIENTE FISICO

 

1.1. 

LA GEOGRAFIA 


La Sicilia ricopre una superficie di 25.707 kmq risultando così non solo la pìù grande isola italiana, ma anche la più vasta regione. Posizionata nel centro del Mar Mediterraneo, la divide dalla penisola italiana lo stretto di Messina, della lunghezza minima di 3,4 km; il Canale di Sicilia la separa dal continente africano con una distanza minima di 140 km; a NE è bordata dall'arcipelago delle isole Eolle, a NW dall'isola di Ustica, ad W dalle isole Egadi, a SW dall'isola di Pantelleria e più a Sud dalle isole Pelagie.
La sua forma triangolare ed il sistema montuoso determinano la sua suddivisione in tre distinti versanti:
- il versante settentrionale o tirrenico, da Capo Peloro a Capo Boeo, della superficie di circa 6.630 kmq;
-  il versante meridionale o mediterraneo, da Capo Boeo a Capo Passero, della superficie di circa 10.754 kmq;
-  il versante orientale o ionico del Capo Passero a Capo Peloro, della superficie di circa 8.072 kmq.
L'orografia del territorio siciliano mostra evidenti contrasti tra la porzione settentrionale, prevalentemente montuosa e rappresentata da Monti Peloritani, i Monti Nebrodi, le Madonie, i Monti di Trabia, i Monti di Palermo e i Monti di Trapani, e quella centromeridionale e sudoccidentale ove il paesaggio ha un aspetto molto diverso, in generale caratterizzato da rilievi modesti a tipica morfologia collinare ad eccezione della catena montuosa dei Monti Sicani, differente è ancora la zona sudorientale, con morfologia di altopiano, e quella orientale dominata dall'edificio vulcanico dell'Etna.
I corsi d'acqua principali del versante settentrionale, oltre alle "Fiumare" sono rappresentati dal F. Pollina, F. Grande o Imera, F, Torto, F. S. Leonardo, F. Oreto e dal F. Freddo.
I corsi d'acqua del versante meridionale, molto più importanti sia per la lunghezza del loro percorso, sia per le maggiori portate e quindi per la possibilità di utilizzare le loro acque a scopo irriguo, sono il F. Belice Destro, il F. Platani, il F. Salso, il F. Gela e il F. Dirillo.
Sul versante orientale sfociano altrettanto importanti fiumi l'Anapo, il Simeto e l'Alcantara.
I laghi naturali sono invece poco rappresentati e di scarsa importanza.
La Sicilia è territorialmente suddivisa in nove provincie, i cui capoluoghi sono: Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa e Trapani.
Dell'intero territorio isolano, la collina interessa il 62% circa, la montagna il 24% e la pianura il 14%, le coste si sviluppano per 1039 km di lunghezza.
La tabella seguente mostra la suddivisione, all'interno dei territori provinciali, delle aree morfologiche.

PROVINCIA

   

Aree pianeggianti

Aree collinari

Aree montane 

Agrigento 

   

448,37

2.200,88

302,85 

Caltanissetta 

   

277,37

1.827,33

0,00 

Catania 

   

276,55

2.225,17

1.050,48 

Enna 

   

0,00

2.023,68

538,45 

Messina 

   

0,00

1.094,43

2.152,79 

Palermo 

   

312,14

2.567,82

2.135,72 

Ragusa 

   

347,69

1.266,33

0,00 

Siracusa 

   

777,26

1.331,54

0,00 

Trapani 

   

1.202,57

1.259,15

0,00 

TOTALE 

   

3.641,95

15.796,33

6.180,29 


I territori a più elevata altitudine sono caratterizzati per la maggior parte da boschi sono incolti e presentano una densità abitativa alquanto ridotta in confronto alle aree pianeggianti litoranee ed ovviamente ai centri urbani maggiori.
La tabella seguente mostra la densità abitativa per provincia:

PROVINCIA

   

Superficie Kmq

Abitanti

Densità

Agrigento 

   

3.021,28

466.495

154 

Caltanissetta 

   

2.104,70

285.829

136 

Catania 

   

3.552,20

1.005.577

283 

Enna 

   

2.582,75

190.939

74 

Messina 

   

3.247,22

669.323

206 

Palermo 

   

4.992,00

1.242.055

249 

Ragusa 

   

1.614,02

274.583

170 

Siracusa 

   

2.108,88

394.692

187 

Trapani 

   

2.461,72

420.865

171 

TOTALE 

   

25.684,77

4.906.878

191 


Nella terza tabella è indicato il numero dei comuni appartenenti ad ogni provincia: l'intera Sicilia conta 390 comuni:

Agrigento 

43

Enna

20

Ragusa

12 

Caltanissetta 

22

Messina

108

Siracusa

21 

Catania 

58

Palermo

82

Trapani

24 


1.2.  LA GEOLOGIA E LA TETTONICA 

La storia geologica della Sicilia è molto articolata, sia per la sua posizione in una porzione del Mediterraneo caratterizzata da un'estrema mobilità, sia per le alterne vicende sedimentarie e tettoniche che si sono svolte sin dal Paleozoico sup. e fino al Quaternario.
Le formazioni litologiche presenti in Sicilia possono essere raggruppate, sulla base delle caratteristiche petrografiche, sedimentologiche, tessiturali, strutturali ecc. e non considerando il loro assetto stratigrafico, in diversi complessi litologici:
- complesso clastico di deposizione continentalee, comprendente depositi alluvionali talora terrazzati, depositi litorali, lacustri e palustri e detriti di falda;
- complesso vulcanico, comprendente le colate laviche attuali, storiche o antiche dell'Etna e le vulcaniti antiche degli Iblei;
- complesso sabbioso-calcarenitico plio-pleistocenico;
- complesso argilloso-marnoso, comprendente tutte le formazioni prevalentemente argillose del territorio, quali le argille pleistoceniche, le argille azzurre medio-plioceniche, le marne a foraminiferi del Pliocene inf, le formazioni argillose e marnose del Miocene medio-sup., le litofacies pelitiche dei depositi di Flysch, le argille brecciate e le argille varicolori;
- complesso evaporitico, che comprende tutti litotipi della Formazione Gessoso- Solfifera del Miocene sup. come il tripoli, il calcare solfifero, i gessi e i sali;
- complesso conglomeratico-arenaceo, comprendente la litofacies conglomeratica della F.ne Terravecchia;
- complesso arenaceo-argilloso-calcareo, che comprende tutte le formazioni flyscioidi a prevalente composizione arenacca diffuse soprattutto nella Sicilia settentrionale;
- complesso carbonatico, che raggruppa tutte le formazioni calcaree, calcareo-dolomitiche e dolomitiche di età compresa tra il Mesozoico e il Terziario, che costituiscono l'ossatura della Catena Appenninico-Maghrebide siciliana in parte dei Peloritani e la serie calcarea degli Iblei;
- complesso filladico e scistoso-cristallino, della catena metamorfica peloritana.
L'ossatura geologica della Sicilia viene schematicarnente suddivisa in tre settori, che da Nord verso Sud sono rappresentati da:
-  un settore di catena, che si sviluppa lunoo la costa settentrionale dell'isola, dai Monti Peloritani all'arcipelago delle Egadi, ed è costituito dal corpi geologici con litologie differenti tettonicamente sovrapposti a formare una complessa pila di falde tettoniche. Le unità stratigrafico-strutturali che formano la catena hanno raggiunto gli attuali rapporti reciproci sostanzialmente nell'intervallo di tempo compreso tra l'inizio del Miocene e l'inizio del Pliocene, in conseguenza di una tettonica che viene attribuita a collisione continentale;
-  un settore di avanfossa, che occupa quasi per intero la porzione centro meridionale dell'isola, articolandosi in due bacini di sedimentazione (Fossa di Caltanissetta e Fossa di Castelvetrano) separati dal Monti Sicani che rappresentano la propaggine meridionale della catena, Indipendentemente dal meccanismi che hanno dato luo-o a tale struttura, va secnalata la concomitanza di età, dimensioni, posizione e morfologia dei sementi di avanfossa con quelli del Canale di Sicilia: i "graben" di Pantelleria, Linosa e Malta;
-  un settore di avampaese, localizzato nella porzione orientale e costituito dalle rocce prevalentemente carbonatiche dell'area iblea, la cui continuazione in mare verso Sud raggiunge la scarpata ibleo-maltese che corrisponde ad una dislocazione che ne ribassa l'area di alcune migliaia di metri e che segna l'inizio dello Jonio.
Nelle varie epoche geologiche, le numerose fasi tettoniche hanno via via modificato gli originari rapporti fra i vari settori geologici prima descritti.
L'orogenesi del Miocene-Pliocene inf. ha dato luogo a strutture di ricoprimento con movimenti traslativi e plicativi che hanno formato, nel settore di Catena, diverse unità stratigrafico- strutturali sovrascorse le une sulle altre.
La tettonica pastorogena ha poi, fino al Pleistocene inf, con movimenti plicativi e distensivi, generato sistemi di horst-graben e strutture a pieghe nei depositi dell'avanfossa, oltre a movimenti verticali nella Catena ancora in sollevamento.
La morfologia del paesaggio attuale è infine il risultato, anche se tuttora in evoluzione, della neotettonica a carattere distensivo e del sollevamento a questa associato che provoca innalzamenti di oltre 1000 m di quota ed un conseguente approfondimento delle valli fluviali.
Pertanto, gli avvicendamenti delle varie fasi tettoniche hanno avuto un ruolo fondamentale nell'assetto strutturale e fisico del territorio siciliano.

1.3. 

LA GEOMORFOLOGIA 


L'assetto morfologico della Sicilia, in relazione alla complessità della struttura geologica è estremamente vario.
L'influenza della litologia sulle caratteristiche morfologiche del paesaggio siciliano è estremamente importante a causa soprattutto della differente risposta che i vari litotipi affioranti offrono alle azioni erosive.
Si hanno, pertanto, morfologie tipiche di rilievi costituiti da rocce lapidee che contrastano con le morfologie blande e addolcite dei terreni plastici.
Nei Peloritani, ad esempio, le cime dei rilievi sono talora erte e scoscese, talora subarrotondate in dipendenza del grado di alterazione delle rocce metamorfiche e della conseguente loro risposta alle azioni erosive.
I Nebrodi, invece, sono costituiti prevalentemente da terreni flyscioidi pelitico-arenacei che offrono resistenze diverse all'azione degli agenti erosivi in dipendenza del litotipo interessato, le forme morfologiche che ne risultano sono disomogenee, talvolta arrotondate, talvolta smussate; i declivi sono sia rigidi, sia estremamente addolciti, sia a terrazzi.
I tratti morfologici dei gruppi Montuosi delle Madonie, dei Monti di Palermo, dei Monti di Trapani e Castellammare del Golfo e dei Sicani, tutti costituiti litologicamente da rocce calcaree e/o calcareo-dolomitiche, sono tipici di rilievi che offrono buona resistenza all'erosione.
Il gruppo montuoso delle Madonie, che si trova ad ovest dei Nebrodi, separato dalla vallata del Fiume Pollina, è costituito da rocce carbonatiche e arenaceo-argillose. Le Madonie raggiungono i 1.979 m di altezza a Pizzo Carbonara, il secondo rilievo della Sicilia. La grande diffusione di rocce calcaree ha favorito il notevole sviluppo del carsismo, sia superficiale che profondo, che ne ha modellato larga parte del paesaggio e ha dato origine a nomerose cavità sotterranee alcune delle quali hanno ospitato insediamenti preistorici (grotte dell'area di Isnello). I rilievi più alti sono bordati da ampi versanti in larga parte coperti da potenti falde detritiche che sono sede di imponenti fenomeni franosi sia superficiali che profondi.
Più ad Ovest, dopo le vallate dei fiumi Imera settentrionale e Torto, la catena, la cui costituzione litologica diviene prevalentemente calcarea, si articola nei rilievi dei Monti di Termini Imerese-Trabia, che raggiungono i 1.326 m a Monte San Calogero, e dei Monti di Palermo, che culminano con i 1333 m della Pizzuta. I rilievi montuosi, oggi quasi del tutto privi di vegetazione arborea, sono interessati dalla notevole diffusione di morfologie carsiche epigee ed ipogee a cui, nelle aree costiere, si aggiungono numerose cavità di origine marina che sono state utilizzate dall'uomo preistorico (grotte dell'Addaura, San Ciro, Carburangeli, Puntali, ecc.).
Infine, separati dalla Piana di Partinico, si trovano i monti di Trapani, anch'essi prevalentemente di natura carbonatica e di cui le isole Egadi costituiscono la naturale prosecuzione verso occidente. La cima più alta è M. Sparagio, nella penisola di San Vito, che raggiunge i 1.110 m. L'intera area, caratterizzata da una serie di rilievi collinari e montuosi, talora isolati, presenta una notevole diffusione di grotte e ripari sotto roccia, molti dei quali costituiscono siti archeologici di notevole importanza, come la Grotta dell'Uzzo.
I Monti Sicani che occupano il settore sud-occidentale dell'isola, affini sotto il profilo geologico strutturale al segmento occidentale della catena, ne costituiscono un'appendice meridionale. Si tratta di un gruppo montuoso molto articolato e con rilievi spesso isolati fra i quali spiccano Rocca Busambra (1.613 m.), Monte Cammarata (1578 m) e Monte Genuardo (1180 m).
Più ad Est sono presenti i Monti Erei, di natura arenacea e calcarenitico-sabbiosa, isolati e a morfologia collinare, ove l'erosione, controllata dall'assetto strutturale, ha dato luogo a rilievi tabulari (mesas) o monoclinali (cuestas).
I terreni postorogeni della Sicilia centro-meridionale, plastici e arenacei, facilmente erodibili come anche i terreni della "Serie (esso so- solfifera", danno luogo ad un paesaggio collinare a forme molto addolcite, localmente interrotto da piccoli rilievi isolati, guglie e pinnacoli più resistenti all'erosione.
Le successioni della serie evaporitica di età messiniana, il cui tipo litologico più diffuso è costituito dai gessi., a causa dell'elevata solubilità, sono interessati da diffusi fenomeni carsici; anche in quest'area le grotte scavate nei gessi sono spesso sede di importanti siti di occupazione preistorica. L'Altopiano solfifero è dominato da forme ondulate legate ala presenza di gessi e di calcari evaporitici e in alcuni casi anche da affioramenti di arenarie e conglomerati miocenici. a diffusa presenza di terreni argillosi favorisce lo sviluppo di intensi processi erosivi cui si associano frequenti movimenti franosi.
Alla diffusione delle rocce evaporitiche è legata la presenza di gran parte dei laghi naturali siciliani. Ad eccezione di alcuni laghi sommitali presenti nei Nebrodi (Biviere di Cesarò, Quattrocchi, ecc.), del piccolo lago di Naftia vicino Palagonia (la cui genesi si deve ad emissione di idrocarburi) e degli stagni costieri, infatti, la maggior parte delle conche lacustri occupa depressioni di origine carsica. Si ricordano il lago di Preola ed i Gorghi Tondi vicino Mazara del Vallo, il laghetto Gorgo a Sud di Cattolica Eraclea, "Lo Sfondato"- nei pressi di San Cataldo ed il lago di Pergusa che, con i suoi 1,83 kmq di estensione reale, è il principale lago della Sicilia e la cui esistenza è attualmente minacciata dalla pesante antropizzazione. a porzione sudorientale dell'Isola è occupata dall'Altopiano Ibleo, di costituzione calcarea e calcarenitica, a morfologia tipicamente tabulare derivante dalla giacitura suborizzontale delle rocce e che è inciso da profondi solchi fluviali che prendono il nome di "cave".
Il settore orientale della Sicilia è dominato dalla presenza dell'Etna che, con i suoi 3.340 m.s.m., rappresenta il più alto vulcano attivo d'Europa.
La morfologia è tipica di un edificio vulcanico di tipo misto, in cui le superfici delle colate laviche danno luogo a declivi più dolci e le alternanze di piroclastiti e lave a rilievi isolati a pareti ripide.
La fascia costiera è, in conseguenza dei litotipi che la compongono, anch'essa variamente articolata con tratti sabbiosi o ciottolosi variamente estesi a quota sul livello del mare, talvolta antistanti falesie antiche inattive, e tratti in cui le falesie a strapiombo sul mare contribuiscono attivamente ad una continua evoluzione morfologica.
La fascia costiera settentrionale che presenta tratti di costa bassa e sabbiosa, intercalati da tratti di coste a falesia, è articolata in numerosi golfi, il più ampio dei quali è quello di Castellammare, caratterizzato fino a qualche decennio addietro dalla diffusa presenza di cordoni dunari di retrospiaggia oggi scomparsi per l'antropizzazione. La costa conserva in più tratti lembi di terrazzi marini degradanti che testimoniano i successivi livelli di stazionamento del mare pleistocenico e presenta una estesa piana costiera, marginata da terrazzi marini, che si colloca nella porzione centrale del Golfo di Termini Imerese, formatasi in tempi recenti per ali apporti alluvionali dei fiumi Torto ed Imera Settentrionale. Lungo la costa settentrionale della Sicilia sfociano, oltre a quelli già citati, il fiume S. Leonardo, nel Golfo di Termini Imerese, e il San Bartolomeo nel Golfo di Castellammare.
La rete idrografica è anch'essa molto complessa: i bacini hanno generalmente dimensioni modeste e il reticolo ha forma dendritica. Numerosi sono i corsi d'acqua a regime torrentìzio e molti hanno uno sviluppo alquanto breve. Le valli fluviali risultano strette ed approfondite nelle aree montuose, con caratteristiche sezioni a 'V', molto più slargate nelle aree collinari con sezioni a conca o a piatto seconda delle rocce che attraversano.
I Peloritani e i Nebrodi sono drenati da numerosi torrenti, con foce lungo i litorali tirrenico e ionico, caratterizzati dalla elevata pendenza e dalla ridotta lunghezza delle aste fluviali, che scorrono su ampie e potenti piane alluvionali (fiumare).
L'idrografia delle aree centrali più interne è caratterizzata dalla presenza dell'ampio bacino del Fiume Belice, il cui tratto terminale presenta una caratteristica morfologia a terrazzi fluviali.
Poco più ad Est, l'area è solcata da alcuni dei maggiori corsi d'acqua delle Sicilia, tra cui il Fiume Platani e il Fiume Imera Meridionale o Salso. Quest'ultimo sfocia nel grande Golfo di Gela che costituisce una vasta piana costiera alluvionale bordata da estesi campi dunari che, in alcuni luoghi, danno origine a zone umide costiere come il Biviere di Gela.
La Piana di Catania si è formata, nel corso del Quaternario, dagli apporti alluvionali del Simeto, il fiume con il più esteso bacino idrografico della Sicilia, e dei suoi attuali affluenti. La Piana di Catania ha subito, in tempi recenti (1950), una vistosa modificazione antropica in seguito alla "bonifica" del Biviere di Lentini, che costituiva la più vasta area umida della Sicilia. Esso infatti venne prosciugato a causa della canalizzazione delle acque dei Fiumi Dittaino e Gornalunga e della loro deviazione nel Simeto.
Lungo la costa ionica sfocia il Fiume Alcantara, che, ha origine dal versante meridionale dei Peloritani e viene alimentato anche dalle acque che provengono dal versante settentrionale dell'Etna. Il Fiume Alcantara rappresenta il corso d'acqua siciliano a maggiore portata media.
La crescita dell'edificio vulcanico dell'Etna, verificatasi in seguito alla migrazione verso Nord dei centri di emissione che in precedenza avevano originato il più antico vulcanismo ibleo, ha determinato anche la progressiva deviazione dei tracciati originari del Simeto e dell'Alcantara e la creazione di laghi di sbarramento vulcanico (Lago di Gurrida) e zone umide caratterizzate da direzioni di drenaggio non definite.

1.4. 

IL CLIMA 


Il clima della Sicilia è genericamente definito di tipo "mediterraneo" e viene generalmente considerato molto mite. Nella realtà la posizione geografica dell'isola, che per la sua collocazione baricentrica nell'area mediterranea è esposta alle influenze sia delle masse d'aria continentali sia di quelle temperate marittime, e il suo articolato assetto orografico, danno luogo, nel diversi settori, a marcate differenze climatiche. Il fattore orografico inoltre, controllando la distribuzione delle piogge, riduce l'effetto mitigatore del mare nelle aree più interne, rendendo le condizioni climatiche fortemente contrastate.
Dal punto di vista pluviometrico il clima può essere considerato "alterno" in quanto l'80% delle piogge si concentra nel semestre autunno-inverno e solo il 5% cade nel trimestre giugno-luglio-agosto (mese più piovoso gennaio, più secco luglio), ne consegue una aridità elevata (indice di De Martonne intorno a 14) che vede diverse aree, soprattutto del settore meridionale, con ben sette mesi asciutti. Tale andamento è dovuto al fatto che in estate l'area mediterranea è dominata da un campo di alte pressioni, legato alla espansione dell'anticiclone delle Azzorre, che dà luogo alla circolazione di masse d'aria tropicali marittime, di tipo subsidente, che deviano i percorsi dei cicloni delle medie latitudini verso le regioni dell'Europa settentrionale. Di contro, in inverno, l'anticiclone tropicale marittimo si sposta verso latitudini più basse esponendo le re-ioni mediterranee alle perturbazioni provenienti dall'Atlantico.
La media delle precipitazioni annue è di circa 735 mm. Le aree più piovose si localizzano in corrispondenza dei versanti settentrionali della catena (precipitazioni medie annue intorno al 1.000 mm che raggiungono i 1.300 mm sui Nebrodi e sui Peloritani) che costituisce una barriera nel confronti dei venti dominanti che provengono dai quadranti settentrionali quali il Maestrale, la Tramontana ed il Grecale. Ovviamente il picco di piovosità si localizza sull'Etna (fino a 2.000 mm annui) per la concomitante influenza della posizione geografica e del fattore orografico. Importanti sono anche i movimenti delle masse d'aria provenienti dal quadranti meridionali che generano i venti di Scirocco e di Libeccio, particolarmente intensi lungo le coste del Canale di Sicilia; essi sovente portano condizioni di caldo torrido e mitigano il clima delle stagioni invernali.
Le condizioni termiche sono più uniformi, con la generale diminuzione dei valori medi delle temperature con l'altezza e verso le zone più interne, caratterizzate da inverni più freddi ed escursioni termiche più accentuate. 1 massimi estivi si riscontrano soprattutto nel settore centro- meridionale, ove, in qualche località interna, le temperature possono superare i 42° C.
(da Agnesi et alii, 1998)

1.5. 

IL DISSESTO IDROGEOLOGICO 


La propensione al dissesto idrogeologico del territorio siciliano è, dunque, determinata principalmente dalle sue caratteristiche geologiche, geomorfologiche e pedologiche nonché dalla geodinamica endogena ed esogena che fanno sì che il paesaggio sia soggetto ad un continuo processo di modellamento.
Verranno esaminate, qui di seguito, le cause determinanti del rischio idrogeologico in Sicilia che, così come previsto dall'Atto di indirizzo e coordinamento, si distinguono in frane ed alluvioni.
1.5.1. Le frane
Lo stato di dissesto è, in Sicilia, notevolmente diffuso: le frane, talora di notevole entità ed estensione, esercitano un ruolo considerevole nell'evoluzione dei versanti e costituiscono uno dei più seri problemi per lo sviluppo socio-economico dell'isola.
La valutazione sulle condizioni di stabilità dei versanti naturali è uno dei quesiti più importanti degli studi riguardantì i problemi della pianificazione del territorio. Essa infatti condiziona in maniera determinante la scelta degi indirizzi di sviluppo a livello urbano e regionale, in quanto trova implicazioni dirette in ogni tipo di attività.
La superficie interessata dai fenomeni franosi è stata valutata (Progetto AVI, 1995) in circa 34.000 ettari.
Nel 1986, studi di ricerca bibliografica (Agnesi e Lucchesi, 1986) hanno messo in evidenza che erano almeno 150 i centri abitati minacciati direttamente o indirettamente da eventi franosi e in essi viveva il 25% della popolazione siciliana nel 1991 dati stafistici hanno individuato in 215 1 centri abitati interessati da dissesti e fra questi 118 sono stati ammessi per legge a consolidamento.
Negli ultimi decenni e anche recentemente, molte delle frane hanno coinvolto interi quartieri rendendoli inagibili o determinando in questi condizioni di stabilità precaria che comportano rischi per la pubblica incolumità.
Numerosi ed anche frequenti sono i dissesti che interessano le infrastrutture viarie, molte delle quali sono soggette periodicamente ad interruzioni parziali o totali, anche per periodi molto lunghi.
I fattori che recolano l'esistenza e la diffusione delle frane in Sicilia sono molteplici.
Dei fattori geologici, geomorfologici e climatici si è già discusso precedentemente., ma a questi si aggiungono, e non con minore influenza, i fattori antropici.
Infatti, i continui ed estesi disboscamenti praticati fin dall'epoca romana, e proseguiti nel corso dei secoli, hanno ridotto la copertura boschiva dall'originario 80% circa a poco più del 10% del territorio, con pesanti ripercussioni anche sul clima.
Le modificazioni climatiche contribuiscono al peggioramento nella copertura boschiva che si somma alle annuali devastazioni a causa di incendi (che spesso sono dolosi) ed al progredire del fenomeno della desertificazione.
A ciò si aggiunge il progressivo abbandono delle terre coltivate nelle campagne e nei territori montani, legato a fattori di ordine socio-economico, e l'espansione disordinata ed incontrollata di numerosi centri urbani in aree non idonee, conseguenza questa della totale assenza, in passato, di una pianificazione urbanistica e territonale adeguata alle realtà del territorio.
I fenomeni di dissesto sono per la maggior parte fenomeni ciclici che si ripetono sovente con le stesse modalità, anche dopo lunghi periodi di quiescenza, generalmente in coincidenza delle intense piogge autunnali ed anche dei periodi di prolungate ed abbondanti precipitazioni del trimestre invernale. A conferma di ciò si ricorda che, nell'ultimo secolo, le frane più notevoli si sono avute in occasione degli eventi alluvionali maggiori (1931, 1951, 1972/73, 1976 e 1991).
I danni collegati alle fenomenologie franose risultano particolarmente gravi nelle zone centro-meridionali dell'Isola, dove la litologia dei terreni affioranti favorisce maggiormente, assieme ad altri fattori, l'instaurarsi di movimenti di massa di varia estensione. Particolarmente colpiti risultano i territori delle province di Palermo, Caltanissetta, Agrigento ed Enna.
Significativa è pure l'incidenza dei danni in provincia di Messina, il cui territorio è caratterizzato in massima parte da una orografia aspra, con versanti generalmente ad elevata acclività. Le condizioni geologiche incidono qui più che altro in relazione alla diffusa tettonizzazione delle rocce cristalline, conseguente alla complessa evoluzione strutturale.
Nel territorio di queste province, che rappresentano un'alta percentuale dell'intero territorio siciliano, sono numerosi i centri abitati instabili, da lungo tempo interessati da forme di dissesto più o meno gravi. Alcuni di essi hanno subito danni molto gravi in occasione di frane estese e importanti, come gli abitati di Agrigento, Caltanissetta, Tusa, Motta S. Anastasia, S. Fratello, S. Cataldo, etc. Queste hanno richiesto interventi massicci e molto costosi per la stabilizzazione delle masse in movimento ed il risanamento delle strutture coinvolte.
Da tutto ciò si evince come il problema della franosità del territorio siciliano sia estremamente complesso.
1.5.2 Le alluvioni
Gli eventi alluvionali sono la risultante di concomitanti fattori fisici e teorologici del territorio, a cui si aggiungono come per le frane, e sono essenzialmente determinanti, i fattori antropici.
Le cause fisiche principali che concorrono al verificarsi di piene ed esondazioni possono riassumersi nella natura geolitologica dei terreni, la cui rapida imbibizione li rende perfettamente impermeabili evitando una efficace attenuazione degli afflussi meteorici per infiltrazione.
A ciò si aggiungono le significative variazioni altimetriche dei corsi d'acqua in brevi tratti e la forte pendenza dei thalwegs, unita alla scarsa copertura arborea lungo i versanti.
Nei tratti montani, in alcuni casi del tutto disboscati, gran parte delle precipitazioni vanno in ruscellamento, ingrossando così i corsi d'acqua principali. I piccoli bacini endoreici inoltre, in occasione di eventi meteorici eccezionali, costituiscono il luogo di raccolta delle acque selvagge e caricandosi di materiali detriticì, varino ad investire le aree pianeggianti a più bassa quota he spesso sono urbanizzate.
Le caratteristiche climatiche della Sicilia costituiscono inoltre una delle principali cause fisiche la sensibile diminuizione di pioggia nell'ultimo venticinquennio è un parametro cui va prestata molta attenzione soprattutto se correlato ad un progressivo aumento delle temperature.
In questo clima, definito mite, ma che sostanzialmente si avvicina inesorabilmente ad un clima di tìpo desertico, gli eventi meteorici eccezionali che, statisticamente, hanno luogo in genere all'inizio della stagione autunnale, provocano eventi alluvionali particolarmente disastrosi. Ricordiamo brevemente quali eventi si sono verificati in Sicilia: nel 1965 le alluvioni nella città di Trapani e nel 1951 nella Piana di Catania provocarono danni ingenti alle colture; nella Piana di Palermo gli eventi catastrofici si sono verificati nell'ottobre del 1925, nel febbraio del 1931, nell'ottobre del 1954 e nel 1976~, numerosi Comuni delle province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna furono investiti dall'eccezionale evento pluviometrico dell'ottobre del 1991 che provocò danni rilevanti all'agricoltura, alle vie di comunicazione ed agli stessi centri abitati.
Ma i fattori fisici e meteorici non sempre hanno rappresentato gli elementi determinanti dei suddetti fenomeni. Le cause reali spesso devono essere ricercate nella storia degli interventi antropici, ovvero nella disattenta regimazione dei corsi d'acqua e nelle uniforme e disomogenea pianificazione urbanistica e territoriale.
Sin dal periodo arabo e probabilmente anche anteriormente ad esso e sicuramente dal 1511 al 1932 sono state realizzate opere di sistemazione di torrenti, di regolazione fluviale, di bonifica che solo in parte hanno attenuato il pericolo, ma negli anni più recenti (II dopoguerra) non solo non sono stati realizzati progetti sistematici ed organici e studi di difesa idraulica, ma si sono avute avventate ed imprudenti attività di modificazione delle sezioni degli alvei, deposito di rifiuti e di materiali vari lungo gli alvei di fiumi e canali, di rettifica del tracciato dei corsi d'acqua, di sottrazione di acque fluviali, di prosciugamento di zone umide, di distruzione di vegetazione naturale ed infine di modificazione della morfologia del territorio, il tutto finalizzato ad una urbanizzazione ed infrastrutturazione spesso selvaggia e comunque ignara dei vincoli geoambientali.

Capitolo 2
I BACINI IDROGRAFICI


Viene descritta la situazione rappresentata sulle allegate carte del dissesto idrogeologico.
Il territorio siciliano è suddiviso in 57 bacini idrografici principali, alcuni dei quali, ulteriormente distinti in sottobacini di 1° ordine.
Tale suddivisione è, in linea generale, quella del Censimento dei Corpi Idrici contenuto nel Piano regionale di risanamento delle acque della Regione Sicilia.
Di ogni bacino viene fatta una breve descrizione corredata dalle caratteristiche geometriche dello stesso e del relativo corso d'acqua, nonché dei suoi confini territoriali.
Sono stati inoltre inseriti i centri abitati i cui confini ammilstrativi ricadono all'interno dei bacini idrografici principali e dei sottobacini e, di ognuno dì essi, viene descritto lo stato dell'eventuale dissesto idrogeologico.
Il cap. 3, infine, tratta dell'individuazione delle aree a rischio di inondazione di un bacino rappresentativo - il bacino del Fiume Simeto - che costituisce un esempio di valutazione del rischio di inondazione; seppur di tipo qualitativo, in questa fase rappresenta tuttavia l'approccio propedeutico di riferimento allo studio idraulico completo dei bacini idrografici, previsto per la successiva redazione dei Piani di bacino.
Di seguito viene riportato uno schema riassuntivo dei bacini e sottobacini con i comuni ricadenti in ognuno di essi.
1 - Bacino idrografico principale: T. FORGIA
Generalità
Versante: Settentrionale
Provincia: Trapani
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: T. Forgia
Recapito del corso d'acqua: Mare Tirreno
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 62,4
Affluenti: -
Serbatoi ricadenti nel bacino: -
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 1.008
Altitudine media (m.s.m.): 248
Lunghezza dell'asta principale (Km): 15

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Colture arboree 

22% -  Seminativo

64% -  Prato e pascolo

13% 


Comuni ricadenti nel bacino: Buseto Palizzolo, Castellammare del Golfo, Custonaci, Valderice
Descrizione
Il bacino del T. Forgia ricade nel versante settentrionale della Sicilia e si estende per circa 62 Kmq interessando il territorio della provincia di Trapani. Il corso d'acqua nasce dalle pendici di M. Bosco e si sviluppa per circa 15 Km fino a sfociare nel Mar Tirreno. Nel bacino ricade l'abitato di Buseto Palizzolo e parzialmente il territorio dei comuni di Custonaci, Castellammare e Valderice. Il bacino del T. Forgia è uno dei bacini minori compresi tra il F. Freddo e il T. Lenzi. Lungo il suo sviluppo, il corso d'acqua non riceve affluenti di particolare importanza dal punto di vista della utilizzazione delle acque. Da un punto di vista geologico, il bacino imbrifero è impostato su terreni della serie plastica miocenica formati da argille marnose, argille scagliose, argille sabbiose e sabbie.
Caratteristiche idrologiche
Nel bacino del T. Forgia ha funzionato dal 1971 una stazione idrometrica a Lentina. La stazione, posta a 88 m.s.m., sottende un bacino di circa 46 Kmq avente una altitudine media di 285 m.s.m. Il deflusso medio annuo misurato in base a 5 anni di osservazioni (dal 1971 al 1975) risulta di 120 mm (pari a circa 5.5 Mmc/anno), mentre la precipitazione risulta di 630 mm. Sempre nel 1971 sono state misurate a Lentina le portate solide. In base ai 5 anni di osservazioni risulta un valore minimo, medio e massimo di portata solida rispettivamente di 12.44 e 107 T/Kmq.
Il dissesto idrogeologico
Castellammare del Golfo (TP)
Il Comune segnala sei aree soggette a fenomeni franosi (porto, castello, Guidaloca, Via Leonardo da Vinci, Ponte Bagni, c.da Mendola) e due aree che periodicamente sono soggette ad allagamenti e che interessano il centro storico del paese, le aree limitrofe e la c.da Gemma d'Oro nei pressi dello svincolo autostradale ('98).
Inoltre un'esposto degli abitanti della zona segnala episodi franosi lungo la S.P. che da Scopello porta alla riserva dello Zingaro ('94).
Altre segnalazioni riguardano gli episodi frequenti ('93) di straripamento del F. San Bartolomeo e del T.te Guidaloca fino alla foce.
Custonaci (TP)
Nel Comune vengono segnalati fenomeni alluvionali nelle contrade Sperone ed Assieni nella parte bassa del centro abitato, dovuti allo straripamento del T.te Forgia ('95/'96).
Valderice (TP)
Il Comune invia una scheda di censimento di una grossa frana in c.da Fico-Marotta, la relazione geologica corrispondente e la documentazione fotografica.
Invia inoltre la carta delle pericolosità geologiche allegata allo studio per il PRG, nella quale si individua una vasta zona ad est da centro abitato di Erice ad alta pericolosità geologica.
Agnesi V. et alii (1984) (1987) e (1989) in "Tipi e dinamica delle deformazioni gravitative profonde in relazione alle strutture geologiche - I casi di Monte Genuardo e di Scopello" descrivono appunto queste due aree della Sicilia occidentale soggette a fenomeni di deformazione gravitativa profonda di versante. A Scopello si assiste ad un fenomeno complesso di espansione laterale - colata di terra, di forma bipida. Uno dei due fenomeni viene mantenuto attivo dai processi di erosione marina che ne scalzano l'unghia.
A M. Genuardo, sul fianco lungo della dorsale anticlinale asimmetrica, si osserva un fenomeno di scorrimento - colata la cui dinamica attuale è comunque molto ridotta.
Nicoletti P.G. (1996) in "Geomorphology and Kinematy of the Conturrana Rockslide-Debris flow" analizza la frana di Conturrana a sud del paese di San Vito Lo Capo. Si tratta di una frana complessa di età recente e di notevoli dimensioni il cui macereto ricopre in parte le superfici terrazzate presenti nell'area.
2 - Bacino idrografico principale: FIUME LENZI
Generalità
Versante: Settentrionale
Provincia: Trapani
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Lenzi
Recapito del corso d'acqua: Mare Tirreno
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 130,8
Affluenti: Canale Baiata
Serbatoi ricadenti nel bacino: Paceco (in costruzione)
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 756
Altitudine media (m.s.m.): 165
Lunghezza dell'asta principale (Km): 18

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

76% -  Colture arboree

17% 


Comuni ricadenti nel bacino: Paceco, Trapani
Descrizione
Il bacino del F. Lenzi ricade nel versante settentrionale della Sicilia e si estende per circa 130 Km interessando il territorio della provincia di Trapani.
Il corso d'acqua nasce alle pendici di M. Luziano e si sviluppa per circa 18 Km fino a sfociare nel Mar Tirreno. La sua foce è stata incanalata tra le saline che si estendono a sud dell'abitato di Trapani. Il F. Lenzi, prima della foce riceve, in sinistra, il Canale Baiata; la zona delle Saline di Trapani, ove sfocia il corso d'acqua, viene denominata Margi di Xitta. Tale zona pianeggiante, che si estende per circa 687 ha. comprende gli Stagni di Paceco e la zona Calderaro. La pianura è costituita dalle alluvioni argillose trasportate dalle piene dei due torrenti Lenzi e Baiata che la traversano senza un letto fisso. Questa zona nel 1905 fu parzialmente bonificata con la costruzione di canali di scolo, con l'inalveamento del Lenzi e del Baiata, e col prosciugamento di oltre 200 ha di terreno paludoso degli Stagni di Paceco e della Fossa Calderaro. Solo nel tratto litoraneo permangono delle depressioni utilizzate industrialmente per la produzione del sale, protette dalle inondazioni con scogliere artificiali.
Caratteristiche idrologiche
Nel bacino dei F. Lenzi, sul Fosso Baiata, ha funzionato dal 1968, con un intervallo per gli anni 1972 e 1973, la stazione idrometrica a Sapone. La stazione, posta a 44 m.s.m., sottende un bacino di circa 29 Kmq, avente una altitudine media di 113 m.s.m. In base a 6 anni di osservazioni (1968-1971 e 1974-1975) risulta un deflusso medio annuo di 61 mm (pari a circa 1.8 Mmc) contro i 441 mm di precipitazione. Sempre dal 1968 sono state misurate a Sapone le portate solide; in base a 6 anni di osservazioni si è trovato un valore minimo, e massimo rispettivamente di 2, 96 e 452 T/Kmq.
Il dissesto idrogeologico
Paceco (TP)
Il Comune segnala danni alluvionali nel T.te Lenzi a Nubia ('98).
Trapani
Non risulta nessuna segnalazione.
3 - Bacino idrografico principale: FIUME BIRGI
Generalità
Versante: Settentrionale
Provincia: Trapani
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Birgi
Recapito del corso d'acqua: Mare Tirreno
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 350,6
Affluenti: T. della Cuddia - T. Chitarra (Ricalcata)
Serbatoi ricadenti nel bacino: Rubino
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 751
Altitudine media (m.s.m.): 206
Lunghezza dell'asta principale (Km): 43

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

84% -  Colture arboree

13% 


Comuni ricadenti nel bacino. Buseto Palizzolo, Paceco, Trapani
Descrizione
Il bacino del F. Birgi ricade nel versante settentrionale della Sicilia e si estende per circa 350 Kmq interessando il territorio della provincia di Trapani. Il F. Birgi nasce sotto il nome di F. Fittasi in territorio del Comune di Buseto Palizzolo e si sviluppa per circa 43 Km attraversando il territorio del Comune di Trapani e, in piccola parte, di Paceco.
Il bacino del Birgi confina a nord con il bacino del F. Lenzi e con alcuni bacini minori, ad est con quello del F. Freddo o S. Bartolomeo e per un breve tratto con il bacino del F. Delia, a sud con il bacino del F. Modione e con alcuni bacini minori. Il F. Birgi, come già detto, nasce sotto il nome di F. Fittasi e prosegue prima con il nome di F. di Bordino e poi con quello di F. di Borrania. In questo tratto centrale, il corso d'acqua riceve, in sinistra idrografica, prima gli apporti del T. della Cuddia e poi quelli del T. Chitarra, proseguendo poi sotto il nome di F. della Marcanzotta, F. di Chinisia e infine F. Birgi. Il corso d'acqua ha foce naturale, ma le sue acque sono state incanalate e scaricate a mare poco a nord di Torre S. Teodoro. Nel bacino del F. Birgi è stato realizzato un lago denominato Rubino, che sbarra il T. della Cuddia. Il serbatoio raccoglie i deflussi di 41.3 Kmq di bacino diretto e di 34.8 Kmq di bacino indiretto. La capacità utile di progetto del serbatoio è di 10.2 Mmc.
Caratteristiche idrologiche
Nel bacino del F. Birgi hanno funzionato dal 1971 tre stazioni idrometriche: la prima sul T. Fastaia (affluente del Cuddia) in località La Chinca, la seconda sul T. Chitarra a Rinazzo e la terza, sull'asta principale del Birgi in prossimità della foce, a Chinisia. La stazione a Rinazzo, posta a 50 m.s.m., sottende un bacino di circa 37 Km, avente un'altitudine media di 170 m.s.m. In base a 4 anni di osservazioni (dal 1972 al 1975) risulta un deflusso medio annuo di 27 mm (pari a circa 1 Mmc/anno) contro i 458 mm di precipitazione.
La stazione a Chinisia, posta a 4 m.s.m., sottende un bacino di circa 292 Kmq(al netto dei 41 kmq i cui deflussi sono regolati dal serbatoio Rubino, sul T. Fastaia), avente una altitudine media di 194 m.s.m. In base a 5 anni di osservazioni (dal 1971 al 1975) risulta un afflusso medio annuo di 46 mm (pari a circa 13.4 Mm3/anno), contro i 525 mm di precipitazione.
Il F. Birgi ha un regime tipicamente torrentizio caratterizzato da lunghi periodi di magra nei quali sa ha portata nulla. Infatti, in 5 anni di osservazioni, si è registrato a Chinisia un numero massimo di 119 giorni consecutivi a portata nulla.
Il dissesto idrogeologico
Buseto Palizzolo (TP)
Il Comune trasmette sei schede di censimento di fenomeni franosi che hanno provocato danni funzionali a strade comunali e provinciali e ad edifici di privati.
Paceco (TP)
Vedasi quanto descritto nel bacino del F. Lenzi.
4  -  Bacino idrografico principale: FIUMARA MAZARO'
Generalità
Versante: meridionale
Provincia: Trapani
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Mazarò
Recapito del corso d'acqua: Mare Mediterraneo
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 125,5
Affluenti: Torrente Bucari
Serbatoi ricadenti nel bacino:
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 713
Altitudine media (m.s.m.): 176
Lunghezza dell'asta principale (Km): 32

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

57% -  Colture arboree

26% -  Prato e pascolo

16% 


Comuni ricadenti nel bacino: Marsala, Mazara del Vallo, Salemi.
Descrizione
Il bacino della Fiumara Mazarò ricade nel versante meridionale della Sicilia e si estende per circa 125 Kmq interessando il territorio della provincia di Trapani. Il corso d'acqua, che si sviluppa per circa 32 Km, trae origine da M. Pozzillo, nel territorio del Comune di Salemi e attraversa il territorio del Comune di Marsala e il centro abitato del Comune di Mazara del Vallo, prima di sfociare nel Mar Mediterraneo.
Il corso d'acqua non riceve affluenti di particolare rilievo, ad eccezione del T. Bucari che confluisce nell'asta principale in sinistra idrografica, nel territorio del Comune di Mazara del Vallo: A monte di tale confluenza, il corso d'acqua viene denominato prima T. Ranchibilotto e poi T. Iudeo, mentre dopo la confluenza col T. Bucari, prende il nime di Fiumara di Mazarò.
Il bacino imbrifero del corso d'acqua si inserisce tra il bacino del F. Arena o Delia ad est, tra alcuni bacini minori e il bacino del F. Birgi ad ovest e il bacino del F. Freddo a nord.
Il dissesto idrogeologico
Marsala (TP)
Il Comune di Marsala presenta nel suo territorio un fenomeno franoso notevole in c.da Amabilina nella zona Timpone dell'Oro che ha provocato il crollo della volta di una cava in quella località. Il consolidamento dell'area è inserito nel programma di interventi urgenti '98 ('97/'99).
Mazara del Vallo (TP)
Il Comune di Mazara del Vallo segnala 5 aree a rischio dovuto essenzialmente a fenomeni carsici, cave a cielo aperto e fenomeni di aggrottamento. Tali aree ricadono in zona Mirigliano, Via Marsala, P.zza Macello, Zona nord Cimitero comunale, Zona Via Salemi ('92).
Salemi (TP)
Il Comune segnala che il centro abitato è interessato da un fenomeno franoso verificatosi a valle del Monte delle Rose, ove sono ubicati numerosi fabbricati e, precisamente nelle Vie Clementi, P. Oliveri, M.te delle Rose, E. Scimemi, Lopresti e Cremona. Di tale fenomeno franoso si hanno notizie risalenti al 1700 e, tuttora, i sopralluoghi effettuati dai tecnici comunali, hanno riscontrato lesioni e danni ai fabbricati dell'area.
5 - Bacino idrografico principale: FIUME ARENA
Generalità
Versante: Meridionale
Provincia: Trapani
Compartimento idrografico- Palermo
Bacino idrografico principale: F. Arena
Recapito del corso d'acqua: Mare Mediterraneo
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq). 285,5
Affluenti: Canale Buturro
Serbatoi ricadenti nel bacino: Trinità
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 713
Altitudine media (m.s.m.): 194
Lunghezza dell'asta principale (Km): 48

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

77% -  Colture arboree

19% 


Comuni ricadenti nel bacino: Vita.
Descrizione
Il bacino del F. Arena ricade nel versante meridionale della Sicilia e si estende per circa 285 kmq interessando il territorio della provincia di Trapani.
Il F. Arena trae origine da M. S. Giuseppe, M. Calemici e M. di Pietralunga nel territorio del Comune di Vita e si sviluppa per circa 48 Km sino a sfociare nel Mar Mediterraneo. Il corso d'acqua è denominato F. Grande nel suo tratto di monte, F. Delia nel tratto centrale e F. Arena nel tratto finale.
Il bacino del F. Arena confina ad est con il bacino del F. Modione e con alcuni bacini minori, ad ovest con il bacino della F.ra di Mazarò a nord con il bacino dei F. Birgi e del F. Freddo.
Lungo il suo sviluppo, il corpo d'acqua non riceve affluenti di particolare rilievo, ma solo alcuni torrentelli, tra cui il Canale di Buturro. Dal punto di vista geologico, il bacino imbrifero è impostato sui depositi del Miocene Medio-superiore. Lungo la dorsale orientale, che separa il bacino idrografico del Delia da quello del Modione, sulle argille della formazione miocenica, sono presenti i termini della serie Gessoso-solfifera messiniana (prevalentemente gessi e argille gessose, calcari evaportici).
Nel bacino del F. Arena, nel tratto centrale in cui il fiume viene denominato Delia, è stato realizzato nel 1959 il serbatoio Trinità. Il bacino imbrifero sotteso dalla sezione di sezione di sbarramento è di circa 200 kmq mentre la capacità utile di progetto dell'invaso è di 17.5 Mmc.
Caratteristiche idrologiche
Nel bacino del F. Arena è funzionante, dal 1959, una stazione idrometrica a Pozzillo. La stazione, posta a 97 m.s.m., sottende un bacino di circa 139 Kmq avente una altitudine media di 259 m.s.m.
Il deflusso medio annuo misurato, in base a 17 anni di osservazioni (dal 1959 al 1975), risulta di 129 mm (pari a 17.9 Mmc/anno), mentre la precipitazione risulta pari a 672 mm.
Il dissesto
Vita (TP)
Nel territorio comunale di Vita sono state censite 2 frane, in prossimità del centro abitato, di cui una ha provocato danni lievi ad acquedotto e fognatura.
Nello studio geologico redatto a supporto del PRG del Comune di Vita, il geologo incaricato fornisce una serie di carte tematiche utili alla descrizione ed individuazione del territorio. Fra queste è stato riportato quanto cartografato nella Carta della Suscettibilità, nella quale si evidenziano i fattori morfologici, geologici, geomeccanici, di stabilità dei pendii ed idrogeologici che, con il concorso dei caratteri di sismicità risultano, in potenza ed in atto, poco favorevoli o sfavorevoli all'utilizzazione del territorio.
Fra le tre aree individuate, una comprende tutta la porzione occidentale del centro abitato, nella quale ricadono le due frane censite dall'Ufficio Tecnico Comunale; un'altra la zona di espansione in c.da Guidea; l'altra comprende tutto il versante orientale del M. Barone.
6 - Bacino idrografico principale: FIUME FREDDO
Generalità
Versante: Settentrionale
Provincia: Trapani Palermo
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Freddo
Recapito del corso d'acqua: Mare Tirreno
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 408,4
Affluenti: F. di Lattuchella, F. di Sirignano, Rio Giummarella, F. Caldo
Serbatoi ricadenti nel bacino: -
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 825
Altitudine media (m.s.m.): 246
Lunghezza dell'asta principale (Km): 46

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

65% -  Colture arboree

25% 


Comuni ricadenti nel bacino: Alcamo, Calatafimi, Castellammare del Golfo, Poggioreale.
Descrizione
Il bacino idrografico del F. Freddo ricade nel versante settentrionale della Sicilia e si estende, per circa 408 Km2, dal centro abitato di Poggioreale sino al Mar Tirreno presso la Tonnara Magazzinazzi, al confine tra il territorio di Castellammare del Golfo e di Alcamo. Esso confina con il bacino del F. Birgi ad ovest ed il bacino del F. Jato ad est e ricade nei territori delle province di Palermo e di Trapani. Nel bacino ricade il centro abitato di Calatafimi e una parte dei centri abitati di Poggioreale, di Alcamo e di Castellammare del Golfo. Il F. Freddo nasce presso Case Castelluzzi in territorio di Calatafimi e lungo il suo percorso, che si sviluppa per circa 46 Km, riceve le acque di diversi affluenti, tra i quali il F. Sirignano, che confluisce in destra presso Contrada Pergola, al confine tra il territorio di Calatafimi, Alcamo e Monreale; il Rio Giummarella, che confluisce in sinistra presso la Stazione FF.SS. di Alcamo al confine tra il territorio di Calatafimi e Alcamo; il F. Caldo che confluisce in sinistra presso Molino Marcione, al confine tra il territorio di Castellammare del Golfo, Alcamo e Calatafimi.
Caratteristiche idrologiche
Il F. Freddo è uno dei pochi fiumi del trapanese con una portata rilevante. È in funzione dal 1972 la stazione idrometrica di Alcamo Scalo. Tale stazione, ubicata a circa 14 Km dalla foce, sottende un bacino di 273 Km2 avente un'altitudine media di circa 253 m.s.m. Durante il periodo di disponibilità di dati (1972-1975) è risultato un deflusso medio annuo di 45 mm (pari a 12.3 Mm') su un afflusso di 627 mm.
Il dissesto idrogeologico
Alcamo (TP)
Nel territorio comunale risultano molte segnalazioni sugli eventi alluvionali verificatisi nel torrente Canalotto, a monte della SS. 187, che hanno provocato ingenti danni alle colture per ben 5 km del suo percorso.
Calatafimi (TP)
Nel territorio comunale di Calatafimi, nella zona di Gallitello nel bacino del F. Fiumefreddo, verso Gibellina vengono segnalati allagamenti alle colture e danni lungo le strade limitrofe, nonchè a tratti dell'autostrada. Il Comune invia 11 schede di censimento frane, due delle quali sono ubicate all'interno del centro abitato.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile, segnala un movimento franoso a valle di via Cubicella e trasmette il verbale e la relazione relativi al sopralluogo effettuato il 18 giugno 1999 da un esperto del GNDCI. La periferia occidentale dell'abitato è stata interessata da tempo da fenimeni di dissesto, tanto che il Genio Civile nel '96 proponeva l'esecuzione di un primo intervento d'urgenza mirato all'eliminazione del pericolo. L'attuale fenomeno di dissesto interessa il versante destro di un impluvio in cui vengono convogliate le acque reflue prima di raggiungere l'impianto di depurazione.
L'area costituita da terreni argillo-sabbiosi miocenici presenta una morfologia ad andamento montonato con locali contropendenze.
I danni dovuti al movimento franoso sono visibili nel quartiere Tirassegno dove l'edificio della Scuola De Amicis è stato dichiarato parzialmente inagibile, lungo la sede stradale di via Cubicella con lesioni ai muri di sostegno o di recinzione dei fabbricati, lungo la strada provinciale "Busecchio" che risulta leggermente deformata.
Castellammare del Golfo (TP)
Vedasi quanto riportato nel bacino del T. Forgia.
Poggioreale (TP)
Nel Comune di Poggioreale sono stati censiti (98/99) 4 fenomeni franosi: due di questi ricadono a NW e a SW del nuovo centro abitato, a fondo valle; gli altri due sono ubicati in c.da Carbone e in c.da Spinaluce, rispettivamente sulla destra e sulla sinistra idrografica del Belice destro.
7 - Bacino idrografico principale: FIUME JATO (Giancaldara)
Generalità
Versante: Settentrionale
Provincia: Palermo
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Jato
Recapito del corso d'acqua: Mare Tirreno
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 183,5
Affluenti: Fosso della Ginestra - Vallone Desisa - Vallone di Passarello
Serbatoi ricadenti nel bacino: Poma
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 1.333
Altitudine media (m.s.m.): 364
Lunghezza dell'asta principale (Km): 33

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

54% -  Colture arboree

33% -  Prato e pascolo

11% 


Comuni ricadenti nel bacino: Balestrate, S. Cipirrello, S. Giuseppe Jato.
Descrizione
Il bacino idrografico del F. Jato ricade in provincia di Palermo nel versante settentrionale della Sicilia e si estende, per circa 183 Kmq, dal centro abitato di Camporeale e dal M. La Pizzuta, sino al Mar Tirreno in territorio di Balestrate. Esso confina con il bacino del F. S. Bartolomeo a sud-ovest e con il bacino del F. Oreto a nord-est. Nel bacino ricadono i centri abitati di S. Giuseppe Jato e di S. Cipirrello. Il F. Jato si sviluppa per circa 33 Km e lungo il suo percorso riceve le acque di diversi affluenti tra i quali il Fosso della Ginestra, nella parte di monte, e il V.ne Desisa, nella parte centrale, a monte del Lago Poma.
Il Lago Poma nasce dallo sbarramento del F. Jato a circa 10 Km dalla foce ed è stato completato nel 1968.La diga sottende un bacino di circa 164 Kmq e crea un invaso di circa 68 Mmc di capacità utile. A causa della natura argillosa del bacino imbrifero e dell'esiguo rimboschimento effettuato sulle sponde, il fenomeno dell'interrimento risulta notevolmente sviluppato. Il bacino è costituito in prevalenza dai terreni della serie plastica terziaria, formata da argille scagliose in facies di flysch dell'Oligocene Superiore e da argille marnose e marne del Miocene Medio. In corrispondenza della dorsale orientale e nord-orientale, tale complesso viene a contatto con i terreni delle serie rigide mesozoica, costituiti da rocce dolomitiche e calcaree del Trias Superiore. Le acque invasate nel Lago Poma, vengono derivate per l'approvvigionamento idrico della città di Palermo e dei centri abitati di Terrasini, Cinisi, Capaci e Isola delle Femmine, e per irrigare circa 5.800 Ha di terreno del Consorzio Irriguo Jato.
Caratteristiche idrologiche
Nel 1973 è entrata in funzione la stazione idrometrica di Fellamonica che è tuttora funzionale. Tale stazione è posta a quota 210 m.s.m. e sottende un bacino di circa 49 Kmq, avente un'altitudine media di circa 480 m.s.m. Durante il periodo di disponibilità di dati (1973-1975) è risultato un deflusso medio annuo di circa 318 mm (pari a 15.6 Mm') su un afflusso di circa 975 mm. Un'altra stazione, denominata Taurro, ha funzionato in diversi periodi dal 1955 al 1967. Tale stazione era ubicata a quota 124 m.s.m. e sottendeva un bacino di circa 164 Kmq, avente un'altitudine media di circa 406 m.s.m. Durante il periodo di funzionamento (1955-1956; 1958-1967) è risultato un deflusso medio annuo di circa 244 mm (pari a 40.0 Mmc) su un afflusso di circa 786 mm.
Il dissesto idrogeologico
Balestrate (PA)
Nel territorio comunale sono stati censiti sei fenomeni franosi, cinque dei quali riguardano crolli e scorrimenti rotazionali del tratto di costa a falesia del territorio.
Uno ricade all'interno del centro abitato, in prossimità del cimitero. Il Comune inoltre fornisce lo studio geologico a supporto del piano regolatore generale, nella cui carta geomorfologica allegata vengono indicate due piane potenzialmente esondabili, una in corrispondenza del Fiume Jato, e l'altra in corrispondenza del Vallone Forgia e parte del Torrente Finocchio.
Viene altresì individuato il pendio di Calatubo ed alcune aree a monte del centro abitato come interessati da potenziali deformazioni plastiche della coltre superficiale.
Un accenno particolare viene dato alla stabilità globale della falesia che delimita l'abitato, soggetta a ripetuti crolli.
Le segnalazioni riguardano danni ad edifici pubblici e privati e cedimenti delle sedi viarie in seguito al nubrifagio del settembre '98, danni che si verificano in seguito a piogge eccezionali sin dal 1994, anche per le piene del Torrente Cataldo, del Torrente Lupo e del Fiume Jato.
S. Giuseppe Jato (PA)
Il Comune segnala dissesti nel centro abitato e danni causati da piene del F. Jato in loc. Mortilli.
In data 30 agosto 1999, il Comune trasmette 8 schede di censimento dei fenomeni franosi, ricadenti in buona parte all'interno del centro abitato, dei quali tuttavia non si riferiscono i danni conseguenti.
Viene trasmessa inoltre copia della relazione geologica relativa al PRG e copie dello studio geologico-tecnico esecutivo relativo al piano di recupero.
Dalla relazione geologica allegata al PRG si evince che dissesti di vario ordine interessano l'area:
- frane di colamento lungo la S.P. che porta alla Masseria La Chiusa;
- colamenti a valle della strada per Piana degli Albanesi;
- crolli in corrispondenza delle pareti subverticali di M. Jato;
Viene inoltre effettuata una distinzione fra dissesti antichi e recenti che coinvolgono la formazione delle marne di S. Cipirello:
- fra i dissesti antichi rientrano il movimento franoso che, nel 1838, distrusse parte dell'abitato ed il colamento di detriti manifestatosi dalle pendici settentrionali di Pizzo Perciana;
- fra i dissesti recenti rientrano la frana localizzata a NW di Monte Pagnocco ed il movimento verificatosi nel 1976 a valle dell'abitato, in seguito all'apertura dello scavo di trincea per la costruenda S.V. Palermo - Sciacca.
Infine viene indicata un'area fortemente a rischio, all'interno del centro abitato, in corrispondenza di via Terranova, i cui edifici, a suo tempo, vennero fondati sul detrito di falda e sui quali si sono cominciate ad evidenziare alcune lesioni.
Il 9 settembre 1999, ad integrazione di quanto trasmesso precedentemente, il Comune di S. Giuseppe Jato invia le copie della relazione geologica allegata al PRG e delle Carte Idrogeologiche e della Stabilità dei versanti, copie della relazione allegata ai PPR e dello Studio Canale di Gronda.
Quest'ultima opera, non ancora eseguita per mancanza di finanziamenti, dovrebbe convogliare le acque provenienti dall'area posta ai piedi del Monte Jato evitando che, soprattutto durante le stagioni più piovose, si verifichino fenomeni franosi e di allagamento dei piani terra di molte abitazioni e del manto stradale.
Un altro problema di stabilità si ha sul versante su cui sorge gran parte del vecchio centro abitato che in seguito alla frana del Marzo 1838 venne distrutto per due terzi.
Altro rilevante pericolo è, per il centro abitato, dovuto alle inondazioni del F. Jato che, straripando gli argini, invade i terreni circostanti, provocando gravi danni alle colture, alle recinzioni e minacciando la stabilità dei fabbricati rurali immediatamente limitrofi.
Dissesti nel centro abitato del Comune di S. Giuseppe Jato hanno causato danni agli edifici di via Terranova, via Cusmano e via Roma.
Le prime opere di consolidamento che sono state effettuate, sono state prevalentemente finalizzate all'abbassamento del livello freatico.
Oggi, in seguito ad accurata analisi di tali dissesti, si ritiene indispensabile una costante manutenzione delle opere già realizzate e la messa in atto di opere tali da evitare l'innalzamento del livello freatico fino al piano di campagna con intervento di urgenza sui manufatti già danneggiati.
L'8 Settembre 1999 vengono inoltrate altre tre schede da cui si evince il grave rischio geologico in cui versa il territorio comunale a causa dell'abusivismo edilizio, della mancanza di interventi atti alla regimazione delle acque sotterranee e superficiali ed al consolidamento del vecchio centro urbano.
8  -  Bacino idrografico principale: FIUME NOCELLA
Generalità
Versante: Settentrionale
Provincia: Palermo
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Nocella
Recapito del corso d'acqua: Mare Tirreno
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 99
Affluenti: -
Serbatoi ricadenti nel bacino: -
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 1.194
Altitudine media (m.s.m.): 407
Lunghezza dell'asta principale (Km): 18

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

32% -  Prato e pascolo

27% -  Colture arboree

17% 


Comuni ricadenti nel bacino: Borgetto, Giardinello, Montelepre, Partinico
Descrizione
Il bacino idrografico del F. Nocella ricade nel versante settentrionale della Sicilia e si estende, per circa 99 Km, da Monte Signora e Monte Fior dell'Occhio, in territorio di Monreale, sino al Mar Tirreno al confine tra il territorio di Terrasini e di Trappeto, presso Torre S. Cataldo.
Esso si inserisce tra il bacino del F. Jato a sud e il bacino del F. Oreto a est e ricade in territorio della provincia di Palermo. Il F. Nocella nasce alle pendici di Punta di Cuti in territorio di Monreale e lungo il suo percorso, di circa 18 Km, riceve le acque di diversi piccoli affluenti. Nel bacino ricadono i centri abitati di Borgetto, Montelepre, Giardinello e una parte del centro abitato di Partinico.
Caratteristiche idrologiche
Nel 1958 sul corso del F. Nocella è stata installata la stazione idrometrica di Zucco che, a parte una breve interruzione del 1969 al 1970, è tutt'oggi funzionante. La stazione è posta a circa 4 Km dalla foce del F. Nocella ad una quota di 80 m.s.m. e sottende un bacino di circa 57 Kmq. Il deflusso medio annuo rilevato sulla base di 16 anni di osservazioni (1958-1969; 1971-1975) risultata di 224 mm (pari a circa 12.7 Mmc/anno) su un afflusso di 986 mm.
Il dissesto idrogeologico
Giardinello (PA)
Il Comune segnala una frana da crollo in loc. Scorsone, sopra il centro abitato. Invia poi relazione idrogeologica territoriale e studio geologico di supporto al PRG dalla quale non si evince alcuna particolare zona a rischio idrogeologico.
Partinico (PA)
Il Comune invia il censimento di 6 aree franose nel territorio che hanno provocato da lievi a gravi danni alle strutture viarie e fenomeni di cedimento per erosione nel sottosuolo all'interno del centro abitato.
L'Ente Nazionale per le strade, in data 3 agosto 1999, segnala fenomeni di crollo dalle pendici di Colle Cesarò sulla sottostante S.S. n. 186 al Km. 26 + 900, fra gli abitati di Borgetto e Partinico.
L'esistente barriera paramessi ha garantito finora la sicurezza e la pubblica incolumità del traffico veicolare, ma si ritiene di segnalare agli altri enti preposti al controllo ed alla sorveglianza del territorio la necessità di mettere in atto i provvedimenti più appropriati per il consolidamento delle pendici rocciose.
La Prefettura di Palermo, in data 13 agosto 1999, ribadisce la situazione precedentemente descritta.
9 - Bacino idrografico principale: FIUME MODIONE
Generalità
Versante: Meridionale
Provincia: Trapani
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Modione
Recapito del corso d'acqua: Mare Mediterraneo
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 113,5
Affluenti: -
Serbatoi ricadenti nel bacino: -
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 663
Altitudine media (m.s.m.): 248
Lunghezza dell'asta principale (Km): 25

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

47% -  Colture arboree

53% 


Comuni ricadenti nel bacino: Castelvetrano, Partanna, S. Ninfa
Descrizione
Il bacino del F. Modione ricade nel versante meridionale della Sicilia e si estende per circa 113 Kmq interessando il territorio della provincia di Trapani. Il F. Modione trae origine nel territorio del comune di S. Ninfa e si sviluppa per circa 25 Km. Il bacino del F. Modione confina ad est con quello del F. Belice, ad ovest con alcuni bacini minori e con il bacino del F. Arena, a nord con il bacino del F. Freddo. L'asta principale del fiume, che si sviluppa in direzione nord-sud, lungo il suo percorso non riceve affluenti di rilievo. Il F. Modione, nell'ultimo tratto dove attraversa la valle Latomie Margio, non ha un corso regolare; il percorso dell'alveo muta di anno in anno in occasione degli eventi di piena. La presenza di dune litoranee che i venti predominanti di scirocco accumulano sulla spiaggia, impedisce un regolare deflusso delle acque che ristagnano nelle zone di foce. L'arginatura dell'ultimo tratto del fiume ha di poco migliorato la situazione, ma non ha completamente eliminato la presenza delle paludi. Nel bacino ricadono l'abitato di S. Ninfa e parte dei centri abitati di Partanna e Castelvetrano.
Caratteristiche idrologiche
Nel bacino del F. Modione è funzionante dal 1972 una stazione idrometrica a S. Elia. La stazione, posta a 39 m.s.m., sottende un bacino di circa 111 Kmq, avente una altitudine media di 240 m.s.m. Il deflusso medio annuo misurato, in base a 4 anni di osservazioni (dal 1972 al 1975), risulta di 87 mm (pari a 9.6 Mmc/anno), mentre la precipitazione risulta pari a 631 mm.
Il dissesto idrogeologico
S. Ninfa (TP)
Il Comune fornisce le schede di censimento di tre fenomeni franosi verificatisi al di fuori del centro abitato. Due di questi hanno provocato danni alla S.P. e ad una strada interpoderale.
Della frana più vicina al paese risultano a rischio due abitazioni private.
10 - Bacino idrografico principale: FIUME BELICE
Generalità
Versante: Meridionale
Provincia: Agrigento, Palermo, Trapani
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Belice
Recapito del corso d'acqua: Mare Mediterraneo
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 964
Affluenti: F. Belice destro, F. Belice sinistro, T. Senore
Serbatoi ricadenti nel bacino: Piana degli Albanesi, Garcia
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 1.613
Altitudine media (m.s.m.): 436
Lunghezza dell'asta principale (Km): 107 (compreso F. Belice sin.)
Utilizzazione prevalente del suolo: Seminativo 78%
Comuni ricadenti nel bacino: Montevago, Partanna, Piana degli Albanesi, Poggioreale, Salaparuta, Roccamena, S. Cristina Gela, S. Margherita Belice.
Descrizione
Il bacino del F. Belice ricade nel versante meridionale della Sicilia e si estende per circa 964 Kmq interessando il territorio delle province di Agrigento, Palermo e Trapani. Per estensione, il bacino è uno dei maggiori della Sicilia meridionale; esso comprende i sottobacini del F. Belice Destro con superficie di circa 263 Kmq censito a parte, del F. Belice Sinistro con superficie di circa 407 Kmq anch'esso censito a parte e del Basso Belice che si estende per circa 294 Kmq. Il bacino del F. Belice si sviluppa lungo la direttrice NE-SO da Palermo fino alla costa mediterranea tra punta Granitola e Capo S. Marco. Esso confina nella zona settentrionale con i bacini del F. Jato e del F. Oreto, ad occidente lo spartiacque è comune con il bacino del F. Freddo e a sud-ovest con quello del F. Modione. Dal lato orientale, da nord a sud, confina con i bacini del F. S. Leone, F. Verdura, F. Carboi e con alcuni bacini minori. Per quanto riguarda la morfologia del bacino, i rilievi più elevati ed accidentati si localizzano in corrispondenza delle impalcature calcaree dei circondari di Piana degli Albanesi, Corleone, Contessa Entellina, non ché nella parte mediana del bacino, lungo lo spartiacque fra i due rami principali del Belice. La parte meridionale del bacino è più uniforme in relazione alla presenza di sedimenti pliocenici sabbioso-calcarenitici e marnoso-argillosi.
Come detto sopra, la rete idrografica si articola in due grandi rami: il Belice Destro e il Belice Sinistro. Il ramo destro prende origine nella parte più settentrionale del bacino, nel circondario dei comuni di S. Cristina Gela e Piana degli Albanesi. Da qui il F. Belice Destro prosegue per circa 55 Km fino a congiungersi, in prossimità dell'abitato di Poggioreale, con il Belice Sinistro. Quest'ultimo trae origine dalle pendici del massiccio di Rocca Busambra e si sviluppa per circa 57 Km. Dopo la confluenza, il F. Belice raccoglie le acque del T. Senore che si origina dal circondario di Contessa Entellina tra il M. Gurgo, la Rocca Rossa e M. Genuardo. Dalla confluenza dei rami sinistro e destro del Belice, il corso d'acqua percorre ancora circa 50 Km fino alla foce nel Mar Mediterraneo; quindi la lunghezza dell'asta principale del fiume può ritenersi pari a 107 Km, compresi i 57 Km del F. Belice Sinistro.
Dal punto di vista geologico, il bacino del Belice si colloca nel settore occidentale della Sicilia dove la serie solfifera siciliana cede definitivamente alle formazioni sedimentarie delle dorsali calcaree e calcareo - dolomitiche dei monti del Palermitano. A differenza della parte alta dei due rami principali, il corso del F. Belice presenta un alveo fortemente inciso nella parte medio-bassa. I centri abitati che ricadono nel bacino, a parte quelli ricadenti nei bacini del ramo sinistro e destro del F. Belice, sono: Gibellina, Salaparuta, una parte di Poggioreale, Montevago, e una parte di Partanna e di S. Margherita di Belice.
Allo stato attuale, nel bacino del F. Belice è stato realizzato un solo serbatoio, denominato Piana degli Albanesi. Il F. Belice, come tutti i corsi d'acqua della Sicilia, ha, particolarmente nei rami di monte, carattere tipicamente torrentizio.
Caratteristiche idrologiche
Le stazioni idrometriche del bacino del F. Belice che hanno funzionato in vari periodi a partire dal 1955, sono sei di cui: 1 sul F. Belice destro, 2 sul F. Belice Sinistro e 3 nel Basso Belice. Di quelle relative al Basso Belice, 2 sono localizzate sul T. Senore, affluente principale del corso d'acqua, mentre la terza è localizzata sull'asta principale del fiume. La stazione sul T. Senore a Senore, posta a 219 m.s.m., sottende un bacino di circa 40 Km', avente una altitudine media di 568 m.s.m. In base a 5 anni di osservazioni (dal 1955 al 1957 e dal 1958 al 1960), risulta un deflusso medio annuo di 215 mm (pari a 8.6 Mmc/anno) contro gli 871 mm di precipitazione.
La stazione sul T. Senore a Finocchiara, posta a 126 m.s.m., sottende un bacino di circa 77 Kmq, avente una altitudine media di 422 m.s.m. In base a 15 anni di osservazioni (dal 1961 al 1975) risulta un deflusso medio annuo di 160 mm (pari a 12.3 Mmc/anno) contro i 647 mm di precipitazione. La stazione sul F. Belice a Belice, posta a 58.5 m.s.m., sottende un bacino di circa 807 kmq, avente un'altitudine media di 467 m.s.m.
In base a 19 anni di osservazioni (dal 1955 al 1965 e dal 1968 al 1975) risulta un deflusso medio annuo di 161 mm (pari a 130 Mmc/anno) contro i 701 mm di precipitazione.
Il dissesto idrogeologico
Montevago (AG)
Il Comune segnala danni, in seguito alle abbondanti piogge del 1995, in tutto il centro abitato e frane lungo le strade esterne. Si segnalano inoltre straripamenti del F. Belice nei pressi delle terme "Acqua Pia".
Poggioreale (TP)
Nel Comune sono stati censiti (98/99) 4 fenomeni franosi: due di questi ricadono a NO e a SO del nuovo centro abitato, a fondo valle; gli altri due sono ubicati in c.da Carbone e in c.da Spinaluce, rispettivamente sulla destra e sulla sinistra idrografica del Belice destro.
Salaparuta (TP)
Nel territorio comunale risultano segnalati danni in seguito allo straripamento del F. Belice, ma non si indicano tronchi interessati. Il Comune ha trasmesso 3 schede di censimento frane con danni da lievi a funzionali a strade comunali e provinciali e ad edifici privati.
S. Margherita Belice (AG)
Vedasi quanto riportato nel bacino del F. Carboi.
10a - Sottobacino del FIUME BELICE DESTRO
Generalità
Versante: Meridionale
Provincia: Palermo, Trapani
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Belice
Recapito del corso d'acqua: F. Belice
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 262,5
Affluenti: Fosso Fazio, Fosso della Patria, V.ne di Borragine, V.ne di Ravanusa
Serbatoi ricadenti nel bacino: Piana degli Albanesi
Altitudine minima (m.s.m.): 123
Altitudine massima (m.s.m.): 1.333
Altitudine media (m.s.m.): 446
Lunghezza dell'asta principale (Km): 55

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

93% 


Comuni ricadenti nel bacino: Camporeale, Piana degli Albanesi, Poggioreale, Roccamena, S. Cristina Gela
Descrizione
Il bacino del F. Belice Destro ricade nel versante meridonale della Siciia e si estende per circa 263 Kmq interessando i territorio delle province di Paermo e Trapani.
Il F. Belice Destro un sottobacino de F. Beice o Basso Beice che comprende anche il F. Belice Sinistro. Il ramo destro trae la propria origine nella zona settentrionale del bacino del Belice, nel circondario dei Comuni di S. Cristina Gela e Piana degli Albanesi. In questa parte del bacino, nella stretta tra i monti di Kumeta e Maganoce, è stata costriuta una diga che forma l'invaso di Piana degli Albanesi.
Il corso d'acqua, sotto il nome di F. Grande, scorre verso valle e, dopo aver ricevuto gli apporti di alcuni piccoli affluenti e aver superato la stretta di Piano del Campo, prende il nome di F: Pietralunga. In questo tratto il fiume, che si sviluppa per complessivi 55 Km riceve numerosi torrenti, il più importante dei quali è il Fosso della Patria.
Più a sud, in sponda destra, confliuscono il V.ne di Borragine e il V.ne di Ravanusa.
Il bacino si colloca nel settore più occidentale della Sicilia, ove la serie solfifera cede definitivamente alle formazioni sedimentarie delle dorsali calcaree e calcareo-dolomitiche dei monti del Palermitano e alle formazioni sedimentarie dei vari tipi geolitologici più recenti che succedono al Miocene.
Nel bacino ricadono i centri abitati di Piana degli Albanesi, S.Cristina Gela, Camporeale, Roccamena e una parte di Poggioreale.
Il Lago Piana degli Albanesi è il più antico serbatoio della Sicilia; il bacino imbrifero diretto sotteso dalla sezione di chiusura del lago si estende per 37.6 Kmq, mentre risultano allacciate due gronde del F. Eleuterio per una superficie complessiva di 3.75 Kmq. La capacità utile di progetto del serbatoio è di 24.6 Mmc, mentre oggi a causa del notevole interrimento, secondo i dati forniti dall'ENEL, risulta una capacità utile di 17.9 Mmc.
Nel 1960, per soddisfare la crescente richiesta di energia elettrica, si costruì a valle della diga l'invaso Guadalami, con capacità di 1.0 Mmc, e gli annessi impianti di produzione idroelettrica e di pompaggio.
Caratteristiche idrologiche
Sul F. Belice Destro è funzionante dal 1955 una stazione idrometrica a Sparacia. La stazione, posta a 250 m.s.m., sottende un bacino di circa 116 Kmq avente una altitudine media di 555 m.s.m. Il deflusso medio annuo misurato in base a 21 anni di osservazioni (dal 1955 al 1975) risulta di 231 mm (pari a 26.8 Mmc/anno, mentre la precipitazione risulta pari a 725 mm.
Il dissesto idrogeologico
Camporeale (PA)
Il comune comunica, che in seguito alle piogge eccezionali dell'ottobre 1998, diversi movimenti franosi hanno interessato una zona interna al centro abitato: Via Pascoli, via Minghetti, Via Meli e la zona lavanche di Salvo. Inoltre si sono verificati smottamenti in aree esterne (c.da Vadibella - Zuccari strada Curbici) che hanno interessato sedi varie.
10b - Sottobacino del FIUME BELICE SINISTRO
Generalità
Versante: Meridionale
Provincia: Palermo, Trapani
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Belice
Recapito del corso d'acqua: F. Belice
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 407,3
Affluenti: V.ne di Giusina, Fosso di Bicchinello, T. di Corleone, V.ne Ficarazza, T. Batticano, T. di Realbate, V.ne Petraro, V.ne di Vocarizzo.
Serbatoi ricadenti nel bacino: Garcia
Altitudine minima (m.s.m.): 123
Altitudine massima (m.s.m.): 1.613
Altitudine media (m.s.m.): 542
Lunghezza dell'asta principale (Km): 57

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

93% -  Prato e pascolo

16% 


Comuni ricadenti nel bacino: Bisacquino, Campofiorito, Contessa Entellina, Corleone
Descrizione
Il bacino del F. Belice Sinistro ricade nel versante meridionale della Sicilia e si estende per circa 407 Kmq interessando il territorio delle province di Palermo e Trapani. Il F. Belice Sinistro appartiene al bacino del F. Belice o Basso Belice come il F. Belice Destro.
Il ramo sinistro del F. Belice trae la propria origine dalle pendici del M. Leardo e dalla Rocca Bisambra con il nome di F. di Frattina ed è alimentato da alcuni piccoli torrenti tra i quali il Fosso di Bicchinello in territorio di Corleone. Dallo stesso circondario confluisce, sempre in sinistra idrografica, il T. Corleone che trae origine dalla zona settembre di M. Cardellia e attraversa il centro abitato di Corleone. Successivamente il corso d'acqua prende il nome di Belice Sinistro e riceve i maggiori affluenti: il T. Batticano e il T. Realbate.
Il T. Batticano proviene dal circondario di Campofiorito e nasce dalle pendici di montagna Vecchia e M. Barracù. Il T. di Realbate raccoglie le acque provenienti dal territorio di Campofiorito e Contessa Entellina e trae origine dalle pendici settentrionali della Rocca Rossa e di Portella Balata, alle pendici di M. Genuardo.
Il F. Belice Sinistro, prima della confluenza col ramo destro, riceve di apporti del V.ne di Petraro e del V.ne di Vaccarizzo, proveniente quest'ultimo dal circondario di Contessa Entellina e di Borgo Cavaliere.
L'intero bacino del F. Belice si colloca nel settore occidentale della Sicilia ove la serie solfifera cede definitivamente alle formazioni sedimentarie delle dorsali calcaree e calcareo-dolomitiche dei monti del palermitano e alle formazioni sedimentarie dei vari tipi geolitologici più recenti che succedono al Miocene.
I centri abitati ricadenti nel bacino sono quelli di Corleone, Bisacquino, Contessa Entellina e Campofiorito.
Caratteristiche idrologiche
Nel bacino del F. Belice Sinistro hanno funzionato, in periodi diversi, due stazioni idrometriche: la stazione sul T. Corleone a Piano Scala e quella sul F. Belice Sinistro a Case Balate.
La stazione a Piano Scala ha funzionato dal 1958 al 1963; posta a 600 m.s.m., la stazione sottende un bacino di 27.3 Kmq avente una altitudine media di 810 m.s.m. Il deflusso medio annuo rilevato in 6 anni di osservazioni dal 1958 al 1963) risulta di 300 mm (pari a circa 10.9 Mmc/anno), mentre la precipitazione risulta pari a 811 mm.
La stazione a Case Balate ha funzionato dal 1955 al 1978; posta a 178.8 m.s.m., la stazione sottende circa 342 Kmq di bacino avente una altitudine media di 578 m.s.m. Il deflusso medio annuo rilevato in 21 anni di osservazioni (dal 1955 al 1975) risulta di 195 mm (pari a circa 66.7 Mmc/anno); mentre la precipitazione risulta pari a 728 mm.
Il dissesto idrogeologico
Contessa Entellina (PA)
Nel territorio risulta un esposto di un privato sui danni conseguenti a fenomeni franosi superficiali avvenuti in seguito am piogge eccezionali dell'autunno del 1993. L'area segnalata comprende le contrade Vaccarizzo, Contessa, Carrabba Nuova, Mazzaporro e Cavallaro.
11 - Bacino idrografico principale: FIUME CARBOI (Rincione)
Generalità
Versante: Meridionale
Provincia: Agrigento, Palermo
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Carboi
Recapito dei corso d'acqua: Mare Mediterraneo
Superficie totale dei bacino imbrifero (Kmq): 212,3
Affluenti: Torrente Rincione, Vallone Cava, Vallone Caricagiachi
Serbatoi ricadenti nel bacino: Arancio (Carboi)
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 1.180
Altitudine media (m.s.m.): 379
Lunghezza dell'asta principale (Km): 23

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

57% -  Prato e pascolo

26% -  Colture arboree

10% 


Comuni ricadenti nel bacino: Menfi, Santa Margherita Belice, Sambuca di Sicilia, Sciacca
Descrizione
Il bacino idrografico del F. Carboi ricade nel versante meridionale della Sicilia e si estende per circa 212 Km, dal centro abitato di S. Margherita Belice sino al Mar Mediterraneo in Contrada Maragani, al confine tra il territorio di Menfi e quello di Sciacca. Esso si inserisce tra il bacino del F. Belice ad est ed il bacino del F. Verdura ad ovest e ricade quasi completamente nel territorio della provincia di Agrigento, ad eccezione della parte settentrionale del bacino che ricade in territorio della provincia di Palermo. Nel bacino del F. Carboi ricade il centro abitato di Sambuca di Sicilia e una parte del centro abitato di S. Margherita Belice.
L'altitudine massima del bacino è di 1.180 m.s.m. (M. Genuardo in territorio di Sambuca di Sicilia), mentre quella media è di circa 379 m.s.m. Sul corso del F. Carboi, che si sviluppa per circa 23 Km, nel tratto di monte denominato T. Rincione, è stato costruito nel periodo 1950 - 1951 il lago Arancio. Il bacino diretto sotteso del serbatoio si estende per circa 138 Kmq; all'invaso vengono inoltre addotti i deflussi del V.ne Caricagiachi, tramite una traversa che sottende circa 223 Kmq di bacino, i deflussi dei T. Senore, affluente del F. Belice, tramite una traversa che sottende circa 34 Kmq e i deflussi del T. Landori, affluente del F. Verdura, tramite una traversa che sottende circa 16 Kmq di bacino.
La capacità utile di progetto del serbatoio è di circa 32.8 Mm; l'interrimento risulta molto limitato in quanto le sistemazioni montane del bacino del F. Carboi sono state molteplici e ben realizzate.
Il bacino, nella parte meridionale e nord-orientale, è formato generalmente da terreni della serie rigida mesozoica costituiti prevalentemente da calcari. Nelle parti maggiormente esposte dei rilievi sono presenti terreni della serie argillosa pliocenica con lembi di calcareniti calabriane e quaternarie.
Caratteristiche idrologiche
Nel 1938, sul corso dei F. Carboi, a circa 14 Km dalla foce, ha funzionato una stazione idrometrica sino al 1940. Tale stazione sottende circa 138 Km2 di bacino avente un'altitudine media di 415 m.s.m. Nel periodo di disponibilità di dati (1938-1940) è risultato un deflusso medio annuo di 24 mm (pari a 3.3 Mm3) su un afflusso di 102 mm.
Il dissesto idrogeologico
Sambuca di Sicilia (AG)
Nel Luglio 1999, il Comune di Sambuca di Sicilia trasmette le descrizioni di tre aree ad elevato rischio idrogeologico:
a) zona 1, denominata "Cuvio": area in zona agricola con un fronte franoso di circa mt 300 nella cui direzione trovasi una strada comunale, già investita dal fenomeno franoso, che serve oltre la medesima località anche la zona di villeggiatura di Adragna;
b) zona 2, denominata "Passo Ogliaro": area in zona agricola con un iniziale fronte franoso di circa mt 200 che va ad ampliarsi nella sottostante località "Valli", interessa una strada interpoderale denominata "Fiuminello" che serve in maniera quasi esclusiva;
c) zona 3, denominata "pendici di Via Infermeria": area periferica del centro abitato vero e proprio, lato sud-est, detta appunto della adiacente Via Infermeria; pochi anni fa il Genio Civile di Agrigento è intervenuto con un progetto di consolidamento che però non è risultato risolutivo del problema franoso; la farna interessa un fronte di circa mt 600 ed una larghezza di di mt 40 circa, interessando anche fabbricati di civile abitazione.
Santa Margherita Belice (AG)
Il Comune segnala i danni conseguenti al nubifragio del 1993 che ha provocato straripamenti dei torrenti ricadenti nel territorio comunale, smottamenti delle sponde degli alvei e allagamenti nei campi e invasione di detriti e fanghi nelle sedi stradali.
I torrenti dei quali è stato possibile cartografare le aree esondabili sono: Valloni Gulfa - Mandrazzi, Iannazzo, Calcara, Bilella, Ballacci, Conceria, Tre Fontane, Gulfotta, Giacona, Guarnicciola, S. Nicola e i valloni delle C.de Alodio di Ficarazzi e Aquila ed il T.te Senore.
Sciacca (AG)
Il Comune segnala fenomeni erosivi dalla località Stazzone alla località Capo San Marco. Trasmette inoltre quattro tavole morfologiche del territorio, nelle quali sono rappresentate le aree franose e quelle soggette ad esondazioni.
Fra le prime risultano:
- versante orientale della Chiesa delle Gummare;
- versante meridionale della c.da Belvedere;
- versante meridionale della c.da San Marco;
- versante meridionale della c.da Perriera.
Tra le zone a rischio idrogeologico interessate da inondazioni nel passato recente, si segnalano:
- le zone edificate limitrofe alle sponde del t.te Causalamone ricadenti nell'area urbana;
- le zone edificate limitrofe alle sponde del t.te Foce di Mezzo.
12 - Bacino idrografico principale: FIUME VERDURA
Generalità
Versante: Meridionale
Provincia: Agrigento, Palermo
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: Fiume Verdura
Recapito del corso d'acqua: Mare Mediterraneo
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 421,5
Affluenti: Fiume Raia, Torrente Landori, V.ne Cottonaro
Serbatoi ricadenti nel bacino: Piano del Leone, Prizzi, Gammauta
Altitudine minima (m.s.m.): 0
Altitudine massima (m.s.m.): 1.438
Altitudine media (m.s.m.): 555
Lunghezza dell'asta principale (Km): 56

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

62% -  Prato e pascolo

16% -  Colture arboree

12% 


Comuni ricadenti nel bacino: provincia di Palermo: Bisacquino, Chiusa Sclafani, Giuliana, Palazzo Adriano, Prizzi; provincia di Agrigento: Burgio, Calamonaci, Caltabellotta, Lucca Sicula, Ribera, Villafranca Sicula
Descrizione
Il bacino idrografico del F. Verdura ricade sul versante meridionale della Sicilia e si estende, per circa 422 Kmq, dai centri abitati di S. Stefano Quisquina e di Prizzi sino ai pressi di T.rre Verdura sul Mare Mediterraneo. Esso si inserisce tra il bacino del F. Carboi ad ovest ed il bacino del F. Magazzolo ad est e ricade quasi completamente nella provincia di Agrigento tranne una piccola parte della zona di monte che ricade nella provincia di Palermo. Nel bacino ricadono i centri abitati di Prizzi, Palazzo Adriano, Bisacquino, Chiusa Sclafani, Giuliana, Burgio, Villafranca Sicula, Lucca Sicula, Calamonaci, Ribera e una parte del centro abitato di Caltabellotta. Il F. Verdura nasce nella Serra del Leone in prossimità di S. Stefano di Quisquina presso Cozzo Confessionario con il nome di F. Sosio e si sviluppa per circa 56 Km. Lungo il suo percorso riceve le acque in piccoli affluenti tra i quali il T. Landori, o Valle di Landro, che nasce presso S. Maria del Bosco, e il V.ne Cottonaro, che nasce presso Case Pietragrosse. Ambedue i corsi d'acqua affluiscono, in sponda destra, al F. Verdura poco a monte della T.sa Favara presso Cozzo Castelluzzo. Nei pressi dei ruderi del Castello di Gristia, al confine tra la provincia di Palermo e quella di Agrigento, il fiume attraversa una strettissima gola, lunga circa 8 Km e profonda 300 m. Nell'ultimo tratto del F. Verdura sono presenti i pioppi e i salici. Nella parte alta del bacino sono stati costruiti tre invasi: il Lago Pian del Leone, il Lago di Prizzi ed il Lago di Gammauta. Il Lago Pian del Leone sottende un bacino di circa 23 Kmq. La capacità utile di progetto del serbatoio è di circa 4 Mmc ma a causa dell'interrimento della parte alta dell'invaso il volume risulta parzialmente ridotto.
Il Lago di Prizzi nasce dallo sbarramento di una gola del F. Raia, affluente del F. Verdura, presso contrada Molinello in provincia di Palermo. Lo sbarramento sottende un bacino imbrifero di circa 20 Kmq. All'invaso vengono addotti i deflussi di circa 10 Kmq di bacino del V.ne Di Margi, affluente del F. S. Leonardo. La capacità utile di progetto del serbatoio è di circa 8.4 Mmc. Anche in questo serbatoio si è verificato un notevole interramento. Il Lago di Gammauta nasce dallo sbarramento del F. Verdura presso la stretta di Gammauta; lo sbarramento sottende un bacino di circa 112 Km. A tale superficie deve però essere decurtata quella dei bacini sottesi dagli altri due laghi; pertanto la superficie sottesa del lago risulta di circa 69 Kmq. La capacità utile di progetto del serbatoio è di 1.5 Mmc; anche per questo lago si è però verificato un notevole interrimento che ha portato la capacità utile a circa 1 Mmc.
Nel bacino è presente una successione prevalentemente carbonatica comprendente livelli databili dal Trias al Miocene. Dal Trias al Cretaceo Superiore sono presenti sedimenti di piattaforme instabili; successivamente, dall'Eocene Superiore al Quaternario, si instaura una sedimentazione neritica. La successione stratigrafica inizia, dal basso, con un complesso di età triassica di dolomia e calcari dolomitici bianco-rossi, cristallini, a stratificazione poco evidente, spesso fratturati e con cavità di dissoluzione; nella parte più alta i calcari contengono frequenti liste e noduli di selce. Seguono, verso l'alto, dei calcari liassici, generalmente, ben stratificati, cristallini, intercalanti con calcari marnosi; nella parte medio bassa contengono noduli di selce mentre, verso l'alto, si rinvengono livelli di argille grigio-brune e scisti silicee. La serie continua superiormente con dei calcari giurassici bianchi marnosi ben stratificati che nel Cretaceo passano a calcari bianco-rosei compatti a grana fine. La parte carbonatica della successione si chiude nell'Eocene con dei calcari sub-cristallini o marnosi con intercalazioni di calcareniti. Gli affioramenti calcarei sono ricoperti di argille scagliose e da depositi post-miocenici.
Caratteristiche idrologiche
Sul F. Verdura hanno funzionato negli anni passati due stazioni idrometriche. La prima, denominata Sosio, ha funzionato nel periodo 1930-1946 ed è posta vicino al centro abitato di San Carlo a quota 520 m.s.m. I bacino sotteso ha una estensione di 103 Kmq ed una altitudine media di 847 m.s.m. Nel periodo di disponibilità di dati (1930-1942) è risultato un deflusso medio annuo di 441 mm (pari a 45.4 Mmc/anno) e un afflusso di 899 mm. La seconda stazione, denominata Poggio Diano, ha funzionato nel Periodo 1934-1939. Posta nei pressi della foce, la stazione sottende un bacino di 375 Kmq avente un'altitudine media di 602 m.s.m. Nel periodo di disponibilità di dati (1934-1939) è risultato un deflusso medio annuo di 312 mm (pari a 117 Mmc/anno) su un afflusso di 857 mm.
Il dissesto idrogeologico:
Caltabellotta (AG)
Il Comune segnala una situazione di dissesto diffuso in tutto il centro abitato.
Bisacquino (PA)
Il Comune trasmette quattro schede di censimento di frane, tre delle quali ricadono all'interno del centro abitato ed hanno provocato danni ad edifici ed infrastrutture.
Palazzo Adriano (PA)
Nel territorio comunale risulta una sola segnalazione, da parte di un privato, di frane in c.da Minorva che hanno provocato danni alle coltivazioni.
Ribera (AG)
Il Comune segnala una frana in loc. Giardinello - Borgo Bonsignore. Il Comune segnala inoltre che all'interno della frazione di Seccagrande vi è un fenomeno di dissesto che interessa un costone costituito da marne argillose ed in parete subverticale.
13 - Bacino idrografico principale: FIUME MAGAZZOLO
Generalità
Versante: Meridionale
Provincia: Agrigento, Palermo
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Magazzolo
Recapito del corso d'acqua: Mare Mediterraneo
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 219,3
Affluenti: Vallone di Gebbia
Serbatoi ricadenti nel bacino: Castello (in costruzione)
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 1.436
Altitudine media (m.s.m.): 466
Lunghezza dell'asta principale (km): 36

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

76% - Prato e pascolo

12% -  Colture arboree

10% 


Comuni ricadenti nel bacino: Alessandria della Rocca, Bivona, Calamonaci, Ribera, S. Stefano di Quisquina
Descrizione
Il bacino del F. Magazzolo ricade nel versante meridionale della Sicilia e si estende per circa 220 Kmq interessando il territorio delle provincie di Agrigento e Palermo. Esso si inserisce tra il bacino del S. Verdura ad ovest ed il bacino del F. Platani ad est. Il F. Magazzolo trae origine dalle pendici di M. Castelluzzo nel territorio del Comune di S. Stefano Quisquina. Il fiume si sviluppa per circa 36 Km e lungo il percorso attraversa il territorio dei Comuni di S. Stefano Quisquina, Bivona, Alessandria della Rocca, Calamonaci e Ribera, per poi sfociare nel Mar Mediterraneo. L'unico affluente di una certa importanza è il vallone Gebbia che sottende un bacino di circa 54 Kmq. Il bacino del F. Magazzolo può considerarsi, in seguito alle numerose sorgenti ed alla presenza del massiccio dei Monti Sicani (uno dei rilievi montuosi più importanti della Sicilia meridionale), sufficientemente dotato di risorse idriche perenni.
Caratteristiche idrologiche
Nel bacino del F. Magazzolo ha funzionato dal 1972 al 1976 una stazione idrometrica denominata Corvo. La stazione è posta a 114 m.s.m. e sottende un bacino di circa 198 Kmq avente una altitudine media di 498 m.s.m. Il deflusso medio annuo, rilevato in base a 4 anni di osservazioni (dal 1971 al 1975), risulta di 164 mm (pari a 32.4 Mmc/anno), mentre la precipitazione risulta pari a 679 mm. Nello stesso periodo la portata solida minima, media e massima misurata è stata rispettivamente di 2,469 e 1740 T/Km.
Il dissesto idrogeologico
Alessandria della Rocca (AG)
Il Comune invia lo studio geologico del territorio comunale a supporto del P.R.G. In esso sia la carta geomorfologica che la carta della pericolosità geologica, individuano le aree franose e le aree soggette ad esondazioni. Le prime, che ricadono soprattutto fuori dal centro abitato, in pochi casi investono strutture; le aree esondabili riguardano il f. Platani e il F. Magazzolo.
In data 27 settembre 1999, il Comune trasmette schede di censimento frane, segnalando le zone con maggiore vulnerabilità del territorio: c.da Noro - Carragià, c.da Cabibbi - Boschetto, a valle della S.S. 118 in c.da Scillonato.
S. Stefano Quisquina (AG)
L'Acquedotto Consorziale Promiscuo delle Tre Sorgenti invia la ubicazione di un fenomeno di dissesto che si è verificato in aree interessate dalle condotte nel territorio comunale di S. Stefano Quisquina nella loc. Voltano, dovuto al distacco di un ammasso roccioso di circa 200 mc che ha danneggiato il punto di riunione e le condotte.
Ribera (AG)
Vedasi quanto descritto nel bacino del F. Verdura.
14 - Bacino idrografico principale: FIUME ORETO
Generalità
Versante: Settentrionale
Provincia: Palermo
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Oreto
Recapito del corso d'acqua: Mare Tirreno
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 111,1
Affluenti: -
Serbatoi ricadenti nel bacino:
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 1.333
Altitudine media (m.s.m.): 483
Lunghezza dell'asta principale (Km): 20

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

38% -  Prato e pascolo

30% -  Colture arboree

29% 


Comuni ricadenti nel bacino: Altofonte, Monreale, Palermo
Descrizione
Il bacino idrografico del F. Oreto ricade nel versante settentrionale della Sicilia e si estende, per circa 111 Kmq, dal M. La Pizzuta e dal M. Gibilmesi sino al M. Tirreno presso la stazione di Erasmo delle FF.SS. alla periferia sud del centro abitato di Palermo. Esso confina tra il bacino del F. Jato a sud-ovest, il bacino del F. Belice destro a sud ed il bacino del F. Eleuterio ad est e ricade nel territorio della provincia di Palermo. Nel bacino ricadono i centri abitati di Altofonte e Monreale, e una parte del centro abitato di Palermo.
Il corso del F. Oreto si sviluppa per circa 20 Km e riceve lungo il suo percorso le acque di piccoli affluenti.
Caratteristiche idrologiche
Dal 1924 è in funzione la Stazione idrometrica di Parco che sottende circa 76 Kmq di bacino avente un'altitudine media di circa 608 m.s.m. Nel periodo di disponibilità di dati (1924-1975) è risultato un deflusso medio annuo di 497 mm. (pari a 37.6 Mmc) su un afflusso di 1.072 mm.
Il dissesto idrogeologico
Altofonte (PA)
Il Comune ha trasmesso una relazione descrittiva sui danni verificatisi nel territorio comunale in seguito al nubifragio del settembre 1997. Dalla relazione risultano allagamenti in edifici pubblici e privati danni alla viabilità interna ed esterna, frane e smottamenti in tutto il territorio, incluso il crollo di un edificio di civile abitazione.
Monreale (PA)
Il Comune segnala:
- caduta massi in loc. Bosco Marchese, strada intercomunale n. 18;
- movimento franoso in prossimità della confluenza dei t.ti La Monica, Rigolina e F. Oreto;
- frana in c.da Grambascio sul Vallone Derisa affluente del F. Jato che ha deviato il suo percorso.
Palermo
Cusimano G. e Di Cara A. (1995) nella "Carta della Pericolosità Ambientale del territorio Comunale di Palermo", oltre alla descrizione e cartografazione dei terreni litologici, individuano gli elementi di pericolosità geomorfologica, da inondazione e da inquinamento.
Ai fini dell'attuazione della perimetrazione di aree a rischio idrogeologico e da alluvioni, sono state prese in considerazione e quindi riportate su carte in scala 1:50.000 le aree soggette ad inondazione che, in alcuni casi, coincidono con zone a superficie piezometrica affiorante, e le aree interessate da fenomeni di crollo e da colate di fango miste a detriti.
Risulta così che tutta la piana di Palermo è soggetta ad esondazioni, le cui tracce coincidono in genere con le arterie principali della città.
Per quanto riguarda le aree franose, vengono individuati fenomeni di crollo lungo i versanti Nord-occidentali di M.te Pellegrino, ad Est del paese di Sferracavallo, alle falde di P:zo Impiso, ad Ovest di Tommaso Natale.
Tre grosse frane di colata sono state cartografate a Piano della Castellana e dintorni, nella periferia Ovest della città di Palermo.
Il Comune di Palermo ha trasmesso due schede di censimento che riguardano i fenomeni franosi verificatisi lungo i versanti di Monte Pellegrino: uno in corrispondenza di Via Ercta, l'altro in corrispondenza di Via Bonanno.
Il fenomeno franoso di Via Ercta è stato oggetto di uno studio progettuale esecutivo finanziato con il Programma di Interventi urgenti 1998, ai sensi del D.L. 180/98, art. 1 comma 2.
Il Comune trasmette inoltre una relazione tecnica redatta a supporto del PRG, nella quale si individuano le aree a rischio idrogeologico che sono state opportunamente riportate in una carta delle pericolosità geologiche, in scala 1:25000.
In tale carta, molto simile a quella già descritta precedentemente e redatta da Cusimano G. e Di Cara A. (1995), vengono distinti tre tipi di pericolosità che sono più rappresentati nel territorio di Palermo: la pericolosità geomorfologica, quella da inondazione e la pericolosità da iinquinamento delle falde idriche.
La pericolosità geomorfologica, oltre che derivare dai fenomeni gravitativi in senso stretto - che consistono essenzialmente in crolli e ribaltamenti di masse lapidee e che sono diffusi in alcuni settori dei rilievi calcarei e calcareo-dolomitici che delimitano la "Coca d'Oro" ed in particolare in alcune zone di Monte Pellegrino, Monte Gallo, Tommaso Natale e Boccadifalco -, deriva da cedimenti e ribassamenti del suolo, sprofondmenti e crolli per la presenza di cavità sotterranee antropiche, di cui si trova una vasta descrizione, anche storica, nella citata relazione.
I fenomeni di inondazione attualmente sono modesti, in quanto non dovuti a straripamenti di corsi d'acqua, ormai incanalati ed inattivi. Zone a rischio per pericolo di inondazione si individuano in corrispondenza delle conoidi alluvionali, localizzate alla base di molti valloni, la zona di Mondello e quella che comprende l'abitato di Sferracavallo.
Bisogna ricordare, tuttavia, che sin dal 1957 e fino al 1997, ripetute inondazioni ed alluvioni a seguito di eventi pluviometrici eccezionali hanno ripetutamente colpito la città che rimane tuttora idraulicamente indifesa nelle zone del F. Oreto, del T.te Passo di Rigano, dei rioni Noce, Perpignano, Olivuzza, Corso Finocchiaro Aprile ed il centro storico, nonchè Boccadifalco, e borgo Danisinni.
15 - Bacino idrografico principale: FIUME ELEUTERIO
Generalità
Versante: Settentrionale
Provincia: Palermo
Compartimento idrografico: Palermo
Bacino idrografico principale: F. Eleuterio
Recapito del corso d'acqua: Mare Tirreno
Superficie totale del bacino imbrifero (Kmq): 201
Affluenti: Vallone Rossella, Vallone Acqua di Masi, Vallone Buscesci, Vallone Corvo Vallone Arcera, Vallone di Landro (Rigano), Vallone Montagnola
Serbatoi ricadenti nel bacino: Lago nello Scanzano
Altitudine minima (m.s.m.): 0,00
Altitudine massima (m.s.m.): 1.613
Altitudine media (m.s.m.): 493
Lunghezza dell'asta principale (Km): 32

Utilizzazione prevalente del suolo: -  Seminativo 

44% -  Bosco

20% -  Prato e pascolo

17% -  Colture arboree

15%