acqua

 

REGIONE SICILIA

 

 

 

 

ASSESSORATO

 

DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI

 

E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

 

CIRCOLARE 1 marzo 1990, n. 577

G.U.R.S. 7 aprile 1990, n. 18

 

Opere di sistemazione idraulica.

 

Alle Soprintendenze per i beni culturali

ed ambientali

Sezioni per i beni paesaggistici, architettonici

e urbanistici

e, p.c.

Alla Presidenza della Regione Siciliana

Segreteria generale

All'Assessorato regionale del territorio

e dell'ambiente

All'Assessorato regionale dell'agricoltura

e delle foreste

All'Assessorato regionale dei lavori pubblici

All'Assessorato regionale degli enti locali

Al Ministero dei lavori pubblici

Direzione generale delle acque

e degli impianti elettrici

Alla Cassa per il Mezzogiorno

Alle Province regionali della Sicilia

All'Azienda foreste demaniali

Al Comitato tecnico amministrativo regionale

Al Provveditorato regionale opere pubbliche

All'Ispettorato tecnico dell'Assessorato regionale

dei lavori pubblici

All'Ente di sviluppo agricolo

Al Consiglio regionale dell'urbanistica

Al Consiglio regionale dei beni culturali

ed ambientali

 

Molti corsi d'acqua siciliani versano in una situazione di estremo degrado ambientale a seguito degli interventi di sistemazione idraulica operati.

Tale situazione ha portato, come è noto, l'Assemblea regionale a votare l'ordine del giorno n. 111 del 10 febbraio 1989, nel quale si chiede che vengano emanate direttive in materia per le Soprintendenze.

Nella considerazione che, nonostante il problema sia stato più volte preso in esame dall'Amministrazione regionale (circolare Assessorato del territorio e dell'ambiente n. 26356/87, note delle Soprintendenze per i beni culturali e ambientali, deliberazione del Consiglio regionale per i beni culturali e ambientali), continuano a pervenire richieste di chiarimenti in merito all'interpretazione delle norme vigenti, questo Assessorato ritiene di dover dare alcune indicazioni operative sui criteri di tutela dei corsi d'acqua, nel rispetto delle norme previste dalla legge n. 1497/39 e secondo lo spirito della legge regionale n. 80/77 e della legge n. 431/85.

A sottolineare la situazione critica prospettata, si aggiunge una inaccettabile diversificazione da provincia a provincia nell'attuazione della normativa vigente che può essere superata solo attraverso un approccio unitario alla tutela dei corsi d'acqua, la quale deve essere indirizzata non solo verso la componente estetica del paesaggio, ma anche verso le componenti naturalistiche (biotiche e abiotiche) che del paesaggio sono parte integrante attiva. Tutelare queste componenti significa anche preservare la bellezza del paesaggio e lasciare aperte le possibilità di fruirne culturalmente.

Secondo i progetti di sistemazione idraulico-forestale, gli interventi si fondano sulla necessità di controllare la velocità e la turbolenza dell'acqua, al fine di ridurre i fenomeni di erosione dell'alveo fluviale mediante la realizzazione di briglie, controbriglie, soglie, muri d'argine, ecc. Queste opere, qualunque sia il materiale con cui vengono realizzate, (c.a., pietrame, ecc.) portano, però, all'eliminazione della fauna acquatica, alla quale viene impedito in tal modo di risalire i corsi d'acqua e deporre le uova.

Viene così a mancare una loro caratteristica fondamentale: l'autodepurazione, un processo biologico che garantisce il mantenimento della qualità delle acque, attraverso filtrazione, ossigenazione, biossidazione, ecc., e che dipende da quei fattori fisici e biologici cui la circolare dell'Assessorato del territorio n. 26356/87 fa cenno. L'assenza di questo processo fondamentale determina la morte biologica del corso d'acqua.

Si ritiene qui opportuno accennare molto brevemente all'enorme valore ambientale delle biocenosi collegate ai sistemi idrici superficiali, costituite da innumerevoli specie di vegetali e invertebrati, le quali a loro volta costituiscono tutte insieme fonte di sopravvivenza per pesci ed uccelli acquatici.

L'equilibrio esistente all'interno delle biocenosi e fra biocenosi e ambiente circostante, è sempre molto precario ed è sufficiente che venga a mancare uno degli elementi biologici oppure che vari uno dei parametri fisico-chimici dell'ambiente (es. temperatura dell'acqua, portata, chimismo, ecc.) per stravolgere l'intero ecosistema, con la conseguente estinzione delle specie (spesso endemismi), che non possono mai più essere recuperate.

La scomparsa delle biocenosi è, pertanto, definitiva e rappresenta una perdita enorme, anche e soprattutto culturale. Un valore culturale che deriva dal valore storico, in quanto gli endemismi tra loro presenti sono testimonianza della storia dell'evoluzione del territorio in Sicilia.

La scomparsa di queste specie equivale alla eliminazione di un pezzo della storia.

Va sottolineato, anche, che esiste una stretta connessione tra comunità biotiche acquatiche e comunità biotiche ripariali e questa connessione garantisce l'esistenza stessa dell'ecosistema fluviale. Vale la pena ricordare, a questo proposito, che la presenza delle comunità biotiche ripariali dipende strettamente dalla presenza dell'acqua, per cui variazioni della portata (ad esempio, a causa di opere di captazione) influiscono negativamente su di esse.

Per questi motivi, ha soltanto senso estetico prescrivere, così come disposto dall'art. 13 della legge regionale n. 37/85, la cui interpretazione costituisce, oltretutto, motivo di contendere tra amministrazioni diverse, il rivestimento dei muri d'argine o di altre opere con pietrame a secco, oppure l'uso di gabbionate invece del c.a., o persino la piantumazione di essenze vegetali in prossimità dei manufatti.

Condizionare la realizzazione del progetto di sistemazione idraulica alla semplice osservanza dei criteri dettati dall'articolo appena citato, è un accorgimento che ottiene come unico risultato quello di “nascondere” il manufatto agli occhi di eventuali fruitori del paesaggio. Tanto varrebbe, a questo punto, scegliere opportune colorazioni mimetiche per le opere idrauliche.

Da qui l'individuazione indispensabile e improcrastinabile di strumenti di tutela e di metodologie operative diverse da quelle seguite finora, con maggiore riguardo verso gli ecosistemi e verso tutte le loro componenti naturali.

Innanzitutto, visto anche il parere del gruppo di lavoro per i beni naturali e naturalistici del Consiglio regionale per i beni culturali e ambientali espresso nella seduta del 21 marzo 1989 in merito ai problemi di salvaguardia dei corsi d'acqua in Sicilia, non deve essere consentita la realizzazione di progetti che prevedono:

- qualunque tipo di intervento in corpi idrici e valloni considerati di eccezionale interesse naturalistico o nei quali siano insediate comunità biotiche comprendenti endemismi ovvero dove sussistono delicati equilibri biologici;

- qualunque tipo di intervento in aree all'interno di riserve o parchi naturali, fatta salva la normativa specifica di ciascun parco o riserva;

- alterazione della vegetazione arborea e arbustiva ripariale;

- rettificazione dei corsi d'acqua e trasformazione di alvei e valloni in canali rivestiti di cemento;

- opere trasversali (briglie, controbriglie, soglie, ecc.) che impediscano la risalita della fauna o l'attecchimento della flora;

- interventi non suffragati da uno studio di valutazione di impatto ambientale che individui tutti gli effetti sull'ambiente innescati dall'intervento (e di cui si dirà più avanti);

- piantumazione di essenze vegetali alloctone.

Si conferma, inoltre, in linea generale, quanto già espresso dalla già citata circolare n. 26356/87 dell'Assessorato del territorio, “in quanto le modalità di intervento vanno valutate caso per caso, bacino per bacino, nel quadro di uno studio di valutazione di impatto ambientale, affinchè l'intervento da effettuare per risolvere un particolare problema non ne inneschi altri, anche se tipologicamente differenti”. Per altro, va ricordato che l'ordine del giorno n. 111, sopra richiamato, dell'Assemblea regionale siciliana impegna il Governo della Regione Siciliana a “non concedere finanziamenti per progetti di opere che non siano precedute da un'attenta valutazione d'impatto ambientale o che presentino, comunque, caratteristiche in contrasto con le esigenze di salvaguardia ambientale e paesaggistica dei corsi d'acqua siciliani”.

A tali disposizioni, tuttavia, non sono seguite norme più dettagliate sulla redazione degli studi di impatto ambientale per le sistemazioni idraulico-forestali ed, in particolare, sugli obiettivi e i contenuti di tali studi. Ne consegue che, nel caso di interventi in corsi d'acqua, la valutazione di impatto ambientale viene tuttora spesso ignorata, oppure affidata a professionisti senza esperienza alcuna nel settore, o, nei casi limite, redatta dallo stesso progettista.

Quanto ai contenuti, ci si limita ad una descrizione sommaria del tipo di intervento previsto; mancano totalmente analisi e quantificazione degli impatti, studi sull'ambiente prima dell'intervento e previsioni sul dopo. Assente, conseguentemente, qualunque cenno ad una minimizzazione degli impatti stessi.

Come si vede, l'assenza di una regolamentazione in materia non può che avere effetti negativi su quei delicati equilibri caratteristici degli ecosistemi fluviali, cui si accennava prima. Ne ha già risentito la qualità degli ambienti fluviali ove sono state realizzate, o sono in corso di realizzazione, opere di sistemazione idraulico-forestale. Ne ha risentito il paesaggio che dalla stessa qualità dipende fortemente.

In attesa che possano essere definite norme legislative regionali in materia, e stante la necessità da parte di quest'Assessorato di mettere un freno allo scempio finora perpetrato di autentiche oasi naturalistiche, viene qui sintetizzato uno schema di valutazione di impatto ambientale che le SS.LL. avranno cura di far rispettare, dandone conoscenza agli enti interessati e che deve accompagnare gli elaborati del progetto definitivo dell'intervento proposto.

Tale schema, conforme alle disposizioni della legge n. 349/86 e del successivo D.P.C.M. n. 377 del 10 agosto 1988, nonchè del D.P.C.M. del 27 dicembre 1988, definisce in via generale i contenuti degli studi, è così articolato:

- caratteristiche dell'intervento, opere di cantiere e riflessi sull'occupazione;

- vulnerabilità del sito;

- verifica dell'opera in rapporto alla normativa territoriale vigente;

- uso attuale e futuro del sito in armonia con la pianificazione in atto;

- definizione della qualità dell'ambiente;

- identificazione e quantificazione degli impatti;

- gerarchizzazione degli impatti e delle risorse interessate;

- quantificazione dell'impatto globale dell'opera;

- dichiarazione di impatto ambientale.

Le analisi di impatto ambientale saranno condotte con i criteri di cui al citato decreto del 27 dicembre 1988, il quale stabilisce, tra l'altro, anche che “l'esattezza delle allegazioni è attestata da apposita dichiarazione giurata resa dai professionisti iscritti agli albi professionali, ove esistenti, ovvero dagli esperti che firmano lo studio d'impatto” (art. 2). Questo consente di individuare una categoria di professionisti “esperti in impatto ambientale” cui il progettista deve affidare gli studi, ma gli stessi potrebbero essere condotti da equipès multidisciplinari o da docenti universitari esperti in materia.

Alle SS.LL. spetta il compito di decidere, esaminato il progetto delle opere e la documentazione relativa all'impatto ambientale, la conformità dell'intervento alla tutela degli ecosistemi fluviali e della qualità dell'ambiente, ai vincoli cui è soggetta l'area interessata alla pianificazione paesistica (quando questa sarà attuata), e ad ogni altra forma di tutela sul territorio di propria competenza.

In conclusione, si ritiene utile osservare, come sottolineato da recenti studi, che esistono evidenti correlazioni tra il degrado dell'ambiente e il peggioramento della qualità della vita: gli interventi di sistemazione idraulico-forestale portano, inevitabilmente, alla sparizione di indicatori ecologici, che costituiscono un vero e proprio termometro della qualità dell'ambiente e ciò che fa riflettere maggiormente è che, secondo gli stessi studi, spesso il danno più grave non viene tanto dalle opere realizzate, quanto dai lavori di cantiere, dal passaggio di mezzi e dal movimento di materiali che insieme contribuiscono a modificare quelle caratteristiche chimico-fisiche delle acque e dell'ambiente che avevano garantito fino a quel momento la sopravvivenza di specie che mai più si ricostituiranno. Nell'attuare le forme di tutela previste per i fiumi, si dovrà tenere conto anche di questo.

Questo Assessorato è, altresì, dell'opinione che a breve termine si debba provvedere alla programmazione di un piano di recupero ambientale per il ripristino dei valori naturali e paesaggistici propri degli ambienti fluviali, secondo criteri e obiettivi, possibilmente concordati tra gli istituti preposti alla salvaguardia e gestione dei bacini idrici, derivati dalla normativa per la pianificazione paesistica (legge n. 1497/39, legge 431/85) e per la difesa del suolo (legge n. 183/89).

Si resta in attesa di un cortese cenno di riscontro alla presente, confermando nel contempo la disponibilità di questo Assessorato a fornire ulteriori chiarimenti e, qualora venga richiesta, la collaborazione tecnica dei propri uffici nell'attuazione delle forme di tutela.

L'Assessore: LOMBARDO

 

 

________

 

þ[VA000]vedi anche:

 

Circ. 13/93 ASS. BB. CC. - Individuazione strumenti opere sistemazione idraulica