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Autorita' per la Vigilanza sui Lavori
Pubblici - Fenomeno dei ritardati pagamenti negli appalti di lavori
pubblici.
(GU n. 95 del 23-4-2002)
Il Consiglio dell'Autorita' per la
Vigilanza sui Lavori Pubblici
Premesso che:
Il
Consiglio dell'autorita', nell'ambito dell'indagine conoscitiva e del relativo
approfondimento sul fenomeno dei ritardati pagamenti da parte delle
amministrazioni aggiudicatrici, avviato nel corso del 2001, ha ritenuto di
analizzare alcuni aspetti della problematica, indicendo apposita audizione e
sottoponendo le questioni emergenti all'attenzione dei firmatari dei protocolli
d'intesa. In particolare i profili di approfondimento riguardano le seguenti problematiche:
1)
l'applicabilita' delle norme contenute nell'art. 1194 del codice civile secondo
cui "il debitore non puo' imputare il pagamento al capitale, piuttosto che
agli interessi e alle spese, senza il consenso del creditore" (comma 1) e
"il pagamento fatto in conto di capitale e d'interessi deve essere
imputato prima agli interessi"
(comma 2);
2)
gli ambiti di applicabilita' dell'art. 1224, secondo comma, del codice civile
che disciplina l'ipotesi del maggior danno nel caso di ritardi riconducibili a
comportamenti delle stazioni appaltanti nell'esecuzione dei pagamenti;
3)
l'applicabilita' di tassi di interesse differenziati in relazione alla durata dei
ritardi e di quanto disposto dalla
direttiva 35/2000/CE al settore dei lavori
pubblici;
4)
eventuale computabilita' dei tempi della Cassa depositi e prestiti ai fini del calcolo
del tempo contrattuale medio per la decorrenza degli interessi di ritardato
pagamento;
5)
verifica delle problematiche connesse agli aspetti organizzativi e gestionali
delle stazioni appaltanti.
Ritenuto in diritto:
Occorre
preliminarmente analizzare il quadro normativo vigente in materia.
L'art.
26, comma 1, della legge quadro, come modificata dalla legge n. 415/1998, stabilisce
che "in caso di ritardo nell'emissione dei certificati di pagamento o dei
titoli di spesa relativi agli acconti, rispetto alle condizioni o ai termini stabiliti
nel capitolato speciale che non devono comunque superare quelli fissati dal capitolato
generale, spettano all'esecutore dei lavori gli interessi legali e
moratori...".
Resta
ferma la facolta' dell'esecutore medesimo, "trascorsi i termini di cui
sopra, ovvero nel caso in cui l'ammontare delle rate di acconto per le quali non
sia stato tempestivamente emesso il certificato o il titolo di spesa raggiunga
il quarto dell'importo netto contrattuale di agire ai sensi dell'art. 1460 del
codice civile ovvero, previa costituzione in mora dell'amministrazione e,
trascorsi sessanta giorni dalla data della costituzione stessa, di promuovere il
giudizio arbitrale per la dichiarazione di risoluzione di contratto".
Per
quanto invece riguarda il pagamento della rata di saldo, l'art. 28, comma 9 della
legge quadro prevede che lo stesso "deve essere effettuato non oltre il novantesimo
giorno dalla emissione del certificato di collaudo provvisorio ovvero del certificato
di regolare esecuzione", purche' sia stata presentata la prevista polizza
fideiussoria.
L'art.
116 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999, al comma 1, rinvia
all'art. 26 della legge quadro per quanto attiene il ritardato pagamento delle rate
di acconto e, al comma 2, per quanto riguarda la
rata di saldo dei lavori, estende alla
stessa la disciplina sugli interessi per il ritardo nel pagamento degli
acconti.
La
stessa norma al comma 3, dispone che nel caso di concessioni di lavori pubblici,
ove sia previsto il pagamento di un prezzo "in piu' rate annuali",
sara' il disciplinare di concessione a dover prevedere la decorrenza degli
interessi per ritardato pagamento.
L'art.
116, comma 4, infine stabilisce che "l'importo degli interessi per ritardato
pagamento viene computato e corrisposto in occasione del pagamento in conto e a
saldo immediatamente successivo a quello eseguito in ritardo, senza necessita'
di apposite domande o riserve".
Il
nuovo capitolato generale d'appalto, approvato con decreto ministeriale 19 aprile
2000, n. 145, infine, all'art. 29 fissa i tempi per il pagamento di acconti e
saldo ed all'art. 30 dispone in ordine all'entita' degli interessi in caso di
ritardati pagamenti.
A partire
dalla maturazione di ogni stato di avanzamento dei lavori, infatti, il termine per
l'emissione dei certificati di pagamento relativi agli acconti non puo'
superare i quarantacinque giorni. Una volta emesso il certificato, il pagamento
va disposto mediante specifico ordine (mandato) entro i trenta giorni
successivi. Ove il certificato venga emesso oltre i quarantacinque giorni suddetti,
vanno riconosciuti all'appaltatore gli interessi corrispettivi al tasso legale sulle
somme dovute. Se il ritardo supera i sessanta giorni, dovranno essere
corrisposti dal giorno successivo gli interessi moratori. Qualora il pagamento sia
effettuato oltre i trenta giorni dalla data di emissione del certificato, gli
interessi legali scattano dal giorno successivo fino al sessantesimo giorno di
ritardo, data a partire dalla quale sono dovuti gli interessi di mora.
Presupposto essenziale e' comunque che il ritardo sia imputabile all'amministrazione.
Per
quanto concerne il pagamento della rata di saldo il capitolato generale
ribadisce il temine, previsto dall'art. 28, comma 9 della legge quadro, dei
novanta giorni successivi all'emissione del certificato di collaudo provvisorio
ovvero del certificato di regolare esecuzione, a sua volta da emettersi
rispettivamente entro sei mesi ed entro tre mesi dall'ultimazione dei lavori.
Sempre
ai sensi del Capitolato generale, ove l'appaltatore non abbia preventivamente presentato
la garanzia fidejussoria prevista dall'art. 28, comma 9 della legge a copertura
della stessa rata di saldo, il termine di novanta giorni decorre dalla data della
presentazione della stessa; se si verificano ritardi rispetto a tale termine, scattano
gli interessi legali e quindi, dal sessantesimo giorno di ritardo, quelli di
mora.
Inoltre,
il saggio degli interessi di mora e' comprensivo del maggior danno ai sensi
dell'art. 1224, comma 2 del codice civile.
Relativamente
ai profili di cui alle premesse si formulano le seguenti osservazioni:
1.
In ordine alla problematica concernente l'applicabilita' del disposto di cui all'art.
1194 del codice civile in materia di "imputazione del pagamento" nei casi
di pagamento effettuato con ritardo dalla pubblica amministrazione, si ritiene
che la disciplina della tardiva emissione dei certificati di pagamento e dei
titoli di spesa e' da ricondursi nell'ambito delle previsioni codicistiche, nella
scia del riconoscimento, gia' effettuato dalla giurisprudenza, di una sostanziale
parita' fra pubblica amministrazione e soggetti privati nei rapporti contrattuali.
Ne discende che, ove non diversamente e pattiziamente statuito, trova
applicazione il disposto di cui all'art. 1194 del codice civile, che prevede
che il pagamento stesso non possa essere imputato al capitale senza il consenso
del creditore e che il pagamento fatto in conto di capitale ed interessi debba
essere imputato prima agli interessi.
L'applicabilita'
della norma in questione presuppone chiaramente la contemporanea esigibilita' del
credito sia per il capitale che per gli interessi e le spese, nel senso di
infruttuoso decorso dei termini fissati per l'amministrazione per provvedere ai
pagamenti stessi.
2.
Per quanto concerne l'ambito applicativo dell'art. 1224, secondo comma del
codice civile si osserva quanto segue. L'art.
26 della legge n. 109/1994 e successive modifiche ed integrazioni prevede che gli
interessi sono dovuti "in caso di ritardo" da parte
dell'amministrazione ed il loro importo, ai sensi del comma 4 dell'art. 116 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999, viene "corrisposto in
occasione del pagamento, in conto e a saldo, immediatamente successivo a quello
eseguito in ritardo, senza necessita' di apposite domande o riserve": la
previsione dell'automatica decorrenza degli interessi moratori, sia pure nel presupposto
di cui al primo comma dell'art. 30 del capitolato generale "della causa
imputabile alla stazione appaltante, una volta scaduto il termine previsto dal
capitolato speciale o, in mancanza di specifica previsione, da quello generale,
costituisce una deroga all'art. 1219 del codice civile in ordine all'onere
della previa costituzione in mora.
La
disciplina codicistica sull'inadempimento delle obbligazioni trova previsioni derogatorie
nelle norme del capitolato generale, innanzitutto nella previsione dei termini
per l'emissione dei titoli di liquidazione e di spesa, ai sensi dell'art. 29
dello stesso capitolato, che tengono conto dei fisiologici tempi necessari all'organizzazione
e all'attivita' procedimentale della pubblica amministrazione. Inoltre, la normativa
citata prevede che l'inosservanza dei termini fissati per causa imputabile alla
stazione appaltante comporta il pagamento all'appaltatore degli interessi corrispettivi
al tasso legale sulle somme dovute, nonche' qualora il ritardo superi i
sessanta giorni, il riconoscimento degli interessi moratori determinati annualmente
con apposito decreto ministeriale;
detti ultimi interessi moratori sono
dovuti dal giorno successivo e sono comprensivi del maggior danno ai sensi
dell'art. 1224, comma 2 del codice civile.
Al
riguardo si osserva che, in primo luogo, il solo presupposto oggettivo del ritardo
non e' sufficiente a determinare l'obbligo della corresponsione degli
interessi, dovendosi inoltre verificare la condizione dell'imputabilita' alla stazione
appaltante del ritardo stesso. Da cio' consegue che sono improduttivi di
interessi a carico della stazione appaltante i ritardi imputabili ad eventi non
dipendenti dal committente, quali l'ipotesi di causa di forza maggiore ovvero fattispecie
riconducibili a fatto dello stesso appaltatore.
In
secondo luogo, occorre rilevare che il legislatore, disponendo che gli interessi
di mora comprendono anche il risarcimento dell'eventuale maggior danno ex art.
1224, comma 2 del codice civile, ha inteso preventivamente determinare in via
forfetaria e con criteri certi l'ammontare del danno da ritardo nei pagamenti.
Occorre
ora chiedersi se detta quantificazione preventiva estingua in toto la pretesa
risarcitoria dell'appaltatore per danno abnorme ovvero se gli interessi di mora
comprensivi del maggior danno ex art. 1224, comma 2 del codice civile non siano
di per se' idonei a coprire tutte le possibili variabili sottese alle singole
fattispecie, quali le dimensioni e la situazione economica dell'impresa
appaltatrice, l'entita' dei lavori oggetto dell'appalto, l'entita' del tasso di
inflazione.
Al
riguardo si ritiene che, anche in tali ipotesi, sussista la piena operativita'
dell'art. 1224, comma 2 del codice civile, assunto che trova conferma nella
recente decisione della Corte di cassazione (sentenza 9653 del 17 luglio 2001)
che ha posto fine al contrasto della giurisprudenza sulla questione se la somma
liquidata a titolo di interessi per il ritardo del pagamento di somma capitale
ai sensi degli articoli 35 e 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1063/1962
(oggi articoli 29 e 30 del decreto ministeriale n. 145/2000) per il ritardo del
pagamento degli acconti e del saldo degli appalti di opere pubbliche sia suscettibile
o meno di
rivalutazione monetaria. Le sezioni unite della Corte hanno stabilito
infatti che "a tutte le obbligazioni aventi ad oggetto originario il
pagamento di una somma di denaro sulla quale spettino interessi di qualsiasi
natura, compresi quelli di cui agli articoli 35 e 36 del capitolato generale di
appalto per le opere pubbliche approvato con decreto del Presidente della
Repubblica n. 1063/1962 e' applicabile, in mancanza di usi contrari, la regola
dell'anatocismo dettata dall'art. 1283 del codice civile, dovendo escludersi
che il debito per interessi, anche quando sia stata adempiuta l'obbligazione
principale, si configuri come una qualsiasi obbligazione pecuniaria, dalla
quale derivi il diritto agli ulteriori interessi dalla mora nonche' al
risarcimento del maggior danno ex art. 1224, secondo comma del codice
civile". In conclusione, quindi,
si ritiene che la disciplina in materia di ritardati pagamenti contenuta
nell'art. 26 della legge n. 109/1994 e successive modifiche ed integrazioni e
negli articoli 29 e 30 del decreto ministeriale n. 145/2000 copre ogni ipotesi
di conseguente danno, in concreto derivatone, e puo' essere validamente opposta
ad ogni ulteriore pretesa risarcitoria. In alternativa al sistema sopra delineato di preventiva determinazione
dell'ammontare del danno per ritardati pagamenti, l'art. 26, comma 1 della legge
quadro, fa salva la facolta' dell'appaltatore di agire ai sensi dell'art. 1460
del codice civile che consente allo stesso, indipendentemente dalle ragioni del
ritardo, purche' ascrivibile all'amministrazione, di adottare l'eccezione di inadempimento,
interrompendo l'esecuzione dei lavori con le conseguenze da cio' derivanti in
termini di diseconomicita' dell'intervento.
3.
In ordine alla possibilita' di prevedere in contratto tassi di interesse differenziati
in relazione alla durata dei ritardi ed alla relativa incidenza sull'importo contrattuale,
si ritiene che cio' rientri nell'ambito dell'autonomia negoziale delle parti
che possono sempre derogare al saggio legale fissando il tasso d'interesse in misura
superiore od inferiore (cd. interessi convenzionali).
A tal
fine occorrerebbe prevedere nel capitolato speciale uno scadenzario sulla base
del quale differenziare i tassi di interesse per i pagamenti in ragione del
ritardo accumulatosi.
Sulla
questione, tuttavia, occorre anche tener conto della direttiva 35/2000/CEE del
29 giugno 2000, relativa alla "Lotta contro i ritardi di pagamento nelle
transazioni commerciali", che prevede che i termini di pagamento debbano essere
fissati, di norma, in trenta giorni, superati i quali la misura degli interessi
di mora e' pari al tasso d'interesse praticato dalla Banca centrale europea nelle
operazioni di rifinanziamento, maggiorato di almeno sette punti percentuali.
Per
quanto attiene la direttiva comunitaria in questione, la stessa si caratterizza
per due principi fondamentali: il riconoscimento della liberta' contrattuale
delle parti, da un lato, e l'introduzione di regole comuni per le transazioni
commerciali fra privati e nei rapporti con la pubblica amministrazione
dall'altro. Sono previsti, tra l'altro, termini di pagamento piu' brevi,
l'ammontare degli interessi di mora rimesso alla libera contrattazione delle
parti, la previsione per il creditore di chiedere, oltre agli interessi di mora,
ulteriori risarcimenti proporzionali al danno subito per il recupero crediti.
La
direttiva non e' pero' direttamente applicabile alla materia dei lavori pubblici,
dato che il suo ambito e' limitato ai pagamenti effettuati a titolo di
corrispettivo per le transazioni commerciali fra imprese e fra imprese e
pubblica amministrazione, laddove per transazioni commerciali si intendono i
contratti che "comportano la
consegna di merci o la prestazione di
servizi contro pagamento di un prezzo".
Si
ritiene che l'ipotesi di una applicazione estensiva della direttiva agli
articoli 29 e 30 del decreto ministeriale n. 145/2000 non sia percorribile, in quanto
se da un lato per interpretazione estensiva si intende l'accoglimento di un
significato che si estende fino ai limiti massimi della portata semantica, secondo
l'uso linguistico generale, dell'espressione da interpretare, dall'altro si ricorre
al procedimento analogico nel caso di lacuna dell'ordinamento.
Tuttavia,
la strada percorsa dalla direttiva appare in linea con l'attuale orientamento dottrinale
e giurisprudenziale che sempre maggiormente si risolve nel riconoscimento di
una par condicio fra amministrazione e privati con applicazione quindi di
regole paritarie e di abbandono di quella posizione di supremazia riconosciuta
in passato all'Autorita' pubblica in nome della prevalenza dell'interesse
pubblico rispetto a quello privato.
Al
riguardo l'Autorita' si riserva di effettuare apposita segnalazione al Governo
ed al Parlamento.
4.
In relazione alla eventuale computabilita' dei tempi della Cassa depositi e
prestiti ai fini del calcolo del tempo contrattuale medio per la decorrenza degli
interessi di ritardato pagamento, il comma 3.2 dell'art. 13 del decreto-legge 28
febbraio 1983, n. 55, convertito, con legge 26 aprile 1983, n. 131, prevede che
qualora la fornitura di beni e servizi venga effettuata con ricorso a mutuo della
Cassa depositi e prestiti, il calcolo del tempo contrattuale per la decorrenza degli
interessi di ritardato pagamento non tiene conto dei giorni intercorrenti tra
la spedizione della domanda di somministrazione e la ricezione del relativo
mandato di pagamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale,
purche' tale circostanza sia stata richiamata nel bando di gara. Al riguardo si osserva che, trattandosi di
norma derogatoria al generale principio della responsabilita' patrimoniale del
soggetto che incorre nel ritardo a corrispondere il pagamento, non sembra ad essa
applicabile un'interpretazione estensiva tale da renderla cogente anche per il
settore dei lavori pubblici.
5.
L'ipotesi di pagamento effettuato dalla stazione appaltante direttamente al subappaltatore
o al cottimista per l'importo dei lavori dagli stessi effettuati, quale sistema
per evitare a questi ultimi gli effetti negativi derivanti dai pagamenti
corrisposti in ritardo all'appaltatore principale, e' fattispecie espressamente
prevista dal comma 3-bis dell'art. 18 della legge n. 55/1990, nel testo vigente.
Si ritiene tuttavia, che tale previsione, volta a tutela delle imprese subappaltatrici,
nel comportare ulteriori incombenze alle amministrazioni, non aiuti a risolvere
la problematica dei ritardati pagamenti che trova una delle ragioni del fenomeno
in motivi legati ad aspetti organizzativi interni alle stazioni appaltanti.
In
relazione a questi ultimi ed, in particolare, per quanto attiene ai ritardi nei
pagamenti legati ai trasferimenti dei finanziamenti dal centro alle sedi
periferiche di gestione ed alla necessita' di regole chiare per la gestione dei
fondi, esigenza ormai non piu' procrastinabile, stante che la pubblica
amministrazione nei rapporti contrattuali non ha alcuna posizione differenziata
rispetto al privato contraente e non potendo quindi esimersi dall'assunzione di
responsabilita' legate a fattori organizzativi, appare necessaria l'adozione nelle
amministrazioni pubbliche di interventi gestionali ed organizzativi che realizzino
un'effettiva e reale razionalizzazione delle procedure al fine dell'informatizzazione
delle varie fasi della gestione amministrativa.
In
proposito l'Autorita' si riserva di effettuare apposita segnalazione al Governo
ed al Parlamento.
Dalle
considerazioni svolte segue che:
1)
ove non diversamente pattuito, l'art. 1194 del codice civile si applica in caso
di ritardo nei pagamenti da parte delle stazioni appaltanti con la conseguenza che
gli stessi non possano essere imputati al capitale senza il consenso del creditore
e che il pagamento fatto in conto di capitale ed interessi debba essere imputato
prima agli interessi;
2)
la disciplina in materia di ritardati pagamenti contenuta nell'art. 26 della legge
n. 109/1994 e successive modifiche ed integrazioni e negli articoli 29 e 30 del
decreto ministeriale n. 145/2000, copre ogni ipotesi di conseguente danno in concreto
derivatone e puo' essere validamente opposta ad ogni ulteriore pretesa
risarcitoria;
3)
l'art. 13, comma 3.2, del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con
legge 26 aprile 1983, n. 131, in quanto norma derogatoria al generale principio
della responsabilita' patrimoniale del soggetto che incorre nel ritardo a
corrispondere il pagamento, non e' applicabile, mediante interpretazione
estensiva, al settore dei lavori pubblici.
Roma,
27 marzo 2002
Il
presidente: Garri