Sito giuridico ambientale
R/269 –
R/143-2000 – U.S. 20
“Criteri di designazione dell’organo di collaudo e compenso per la collaudazione di lavori pubblici”.
In
data 23 marzo 2000, si è tenuta presso l’Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici una audizione relativa alle problematiche connesse alla nomina dei
collaudatori nel caso di lavori ammessi a finanziamento pubblico, con
riferimento all’applicazione dell’art. 28, comma 4, della legge 11 febbraio 1994,
n. 109 e successive modificazioni.
Con
nota del 30 settembre 1999, il Consorzio per lo sviluppo industriale della
provincia di Matera, nella qualità di amministrazione aggiudicatrice di lavori
finanziati dal Ministero del tesoro, segnalava di avere provveduto
all’individuazione dei collaudatori, in applicazione del disposto di cui
all’art. 28, comma 4, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive
modificazioni, nonostante che nell’atto di finanziamento il Ministero se ne
fosse, invece, direttamente riservata la nomina.
Questione
analoga veniva segnalata dal comune di Cassano Irpino il quale, con nota del 9
marzo 2000, chiedeva l’avviso della Autorità in ordine alla legittimità della
nomina da parte del presidente della regione Campania del collaudatore tecnico
amministrativo per lavori da esso appaltati e finanziati dall’ente regione, ed
alla ammissibilità del collaudo nel caso in cui la verifica finale poteva
essere attuata mediante la sola certificazione di regolare esecuzione.
In
base a quanto disposto dal comma 4 dell’art. 28 della legge 11 febbraio 1994,
n. 109 e successive modificazioni, la competenza alla gestione delle operazioni
di collaudo dei lavori pubblici spetta alle amministrazioni aggiudicatrici, che
“nominano da uno a tre tecnici di elevata e specifica qualificazione con
riferimento al tipo di lavori, alla loro complessità e all’importo degli
stessi”.
Consegue
evidente l’incompatibilità con l’indicata normativa, di immediata applicazione
e vincolante per tutte le nomine da effettuarsi successivamente alla sua
entrata in vigore, della previsione contenuta nelle convenzioni di
finanziamento cui si è fatto in precedenza riferimento e che riservano, invece,
al soggetto finanziatore la facoltà della individuazione dell’organo di
collaudo. Oltre che con il dato letterale della norma, come in precedenza
definito, la riserva indicata si pone, infatti, in palese contrasto con la
stessa finalità del collaudo, che è quella di verificare, nell’ambito del
contratto di appalto, cui è estraneo l’ente finanziatore, la regolare
esecuzione dei lavori e di determinare il credito finale dall’appaltatore.
Più
specificamente, il collaudo ha lo scopo di accertare e certificare che l’opera
o il lavoro è stato eseguito a regola d’arte e secondo le prescrizioni tecniche
prestabilite, in conformità del contratto, delle sue eventuali varianti e dei
conseguenti atti di sottomissione o aggiuntivi debitamente approvati. Esso
persegue, altresì, la finalità di verificare che i dati risultanti dalla
contabilità e dai documenti giustificativi corrispondono tra loro e con le
risultanze di fatto, non solo per dimensioni, forma e quantità, ma anche per
qualità dei materiali, dei componenti e delle provviste, e che le procedure
espropriative poste a carico dell’appaltatore sono state espletate
tempestivamente e diligentemente.
Le
operazioni di collaudo attengono ancora a tutte le verifiche tecniche previste
dalla normativa di settore e concernono, infine, l’esame delle riserve
dell’appaltatore, sulle quali non sia intervenuta una risoluzione definitiva in
via amministrativa, ove siano state iscritte nel registro di contabilità e nel
conto finale nei termini e nei modi stabiliti dal regolamento. Il collaudo,
poi, va approvato dall’amministrazione committente la quale fa in tal modo
proprio l’operato, il giudizio e le conclusioni del collaudatore, esprimendo
sostanzialmente la volontà di accettare l’opera e liquidando il credito
dell’appaltatore previo accertamento del valore economico di quanto eseguito.
Dal
che appare evidente, come già rilevato, che tutte le operazioni di collaudo -
ancorché le si considerino esplicazione di attività unilaterale della stazione
appaltante cui l’appaltatore appresta o meno la propria adesione - attengono
comunque ed esclusivamente all’ambito ed all’esplicazione degli effetti del
contratto di appalto tra di essi intercorso, cui – ripetesi - è estranea
l’amministrazione che eventualmente ha finanziato i lavori e che ha altri mezzi
(nei casi in esame i “monitori” delle opere) a disposizione per controllare la
regolarità della spesa disposta. In questa prospettiva, va anche indicata la
possibilità di una funzionalizzazione dei dati sulla esecuzione e di quelli
finali che affluiscono all’Osservatorio, nelle sue articolazione regionali e
che possono essere utilizzati per un monitoraggio dei lavori da parte degli
enti finanziatori.
Ed è
proprio in considerazione delle indicate finalità e della precisata natura
delle operazioni di collaudo che alle stesse l’amministrazione aggiudicatrice
deve provvedere prioritariamente mediante i suoi tecnici (non quindi
amministrativi) interni che di essa sono diretta ed immediata espressione.
Soltanto in caso di accertata e dichiarata carenza di organico si può, infatti,
derogare a tale prescrizione, con la preclusione, tuttavia, in tale seconda
ipotesi, della possibilità di rivolgersi a liberi professionisti esterni
all’apparato pubblico complessivo.
Nel
caso di carenza di organico il regolamento generale prevede, infatti, che i
collaudatori siano scelti nell’ambito di elenchi istituiti presso il ministero
dei lavori pubblici, le regioni e le province autonome; elenchi in cui possono
essere iscritti, su domanda corredata da curriculum e da adeguata
documentazione, distinti per specializzazione e competenza, i soggetti laureati
in ingegneria, architettura e, limitatamente ad un solo componente della
commissione, in geologia, scienza agrarie e forestali, anche se dipendenti da
pubbliche amministrazioni, che siano abilitati all’esercizio della professione
e siano iscritti da almeno cinque anni nel relativo albo professionale (escluso
tale ultimo requisito per i dipendenti).
Per
quanto riguarda il compenso, per i collaudatori interni è prevista, poi, la
partecipazione al riparto del fondo incentivante dell’1,5%, previsto dall’art.
18 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 indicata, mentre per quelli esterni
alla struttura dell’amministrazione aggiudicatrice il corrispettivo deve essere
determinato sulla base di specifiche tariffe professionali.
Va
rilevato, infine, che, in base al disposto di cui al 3° comma dell’art. 28
della legge n. 109/94, “nel caso di lavori di importo sino a 200.000 EURO” non
si deve procedere a collaudo, dal momento che “il certificato di collaudo è
sostituito da quello di regolare esecuzione”.
Laddove,
invece, “per i lavori di importo superiore, ma non eccedenti il milione di ECU”
non vi è obbligo, ma solo facoltà (da esercitare discrezionalmente) del
“soggetto appaltante di sostituire il certificato di collaudo con quello di
regolare esecuzione”; certificato che deve essere “comunque emesso non oltre
tre mesi dalla data di ultimazione dei lavori”.
PERTANTO
La nomina di collaudatori spetta alle
amministrazioni aggiudicatrici. Tale competenza sussiste anche nel caso di
lavori finanziati da diversa amministrazione pubblica.
Nel caso di lavori di importo non
superiore a 200.000 EURO il certificato di collaudo è sostituito dal
certificato di regolare esecuzione. Per i lavori, invece, di importo superiore
a tale soglia, ma non eccedente il milione di EURO, è in facoltà
dell’amministrazione aggiudicatrice sostituire il certificato di collaudo con
quello di regolare esecuzione dei lavori.
I Consiglieri Il Presidente Il
Segretario