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A.I.B.   

Commentario di giurisprudenza

 

 

Sommario:  

a) Redazione di p.r.g. e piani paesistici;  

b) Definizione di Bosco - tutela...;  

c) Incendio - servizi antincendi;  

d) Taglio del bosco - rimboschimento...;

e) Vincolo idrogeologico e altri vincoli...;

f) Autorizzazioni - concessioni...;   

g) Sanzioni;

In Evidenza;

 bibliografia

 


 

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Indice       Pagina successiva

 

 

 

 A) REDAZIONE DI P.R.G. E PIANI PAESISTICI.

 

INCENDI - BOSCHI E FORESTE - Realizzazione di costruzioni in soprasuoli percorsi dal fuoco - Specifica localizzazione dell'area antecedente all'incendio dagli strumenti urbanistici - Art. 10 L. n. 353/2000. L'articolo 10 della Legge n. 353/2000, laddove consente la realizzazione di edifici, strutture ed infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive nei soprassuoli percorsi dal fuoco nei casi in cui la realizzazione sia stata prevista in data antecedente all'incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data, si riferisce alla specifica localizzazione dell'area riservata all'intervento da parte dello strumento urbanistico e non anche alla previsione di zona, con la conseguenza che non rileva, ai fini della speciale deroga, la generica compatibilità dell'intervento con la destinazione dell'area, essendo al contrario richiesto che l'area medesima sia già riservata dallo strumento urbanistico alla realizzazione delle predette opere.(conferma ordinanza del 16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro) Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric. Siracusa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011) Sentenza n. 16592

INCENDI - BOSCHI E FORESTE - Aree percorse dal fuoco - Divieto decennale di inedificabilità - Applicazione e limiti - Localizzazione di area e PRG - Art. 7 L. n. 1150/1942 - Art. 27 L. n. 457/1978 - Art. 10 L. n. 353/2000. In tema di aree percorse dal fuoco, ai sensi dell'articolo 10 della Legge 21 novembre 2000, n. 353, l'ipotesi di esclusione del divieto decennale di inedificabilità deve essere affrontata e risolta tenendo presente che il richiamo alla previsione della realizzazione delle infrastrutture, in data precedente l'incendio, dagli strumenti urbanistici vigenti - non si riferisce ad una previsione di zona, bensì ad una localizzazione di area (Cass. Sez. III n. 7608, 25/02/2010). In particolare, il riferimento riguarda l'articolo 7 della Legge 17 agosto 1942, n. 1150, il quale indica i contenuti essenziali dello strumento urbanistico generale. Tali contenuti sono individuati, per quanto attiene alla localizzazione: - nella rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti; - nelle aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali servitù; - nelle aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico nonché ad opere ed impianti di interesse collettivo o sociale. Sono invece contenuti riferiti alla zonizzazione: - la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all'espansione dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona; - i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico; - le norme per l'attuazione del piano. Ad essi deve aggiungersi, inoltre, l'individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente di cui tratta l'articolo 27 della Legge 5 agosto 1978, n. 457 recante "Norme per l'edilizia residenziale". (conferma ordinanza del 16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro) Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric. Siracusa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011) Sentenza n. 16592

 

BOSCHI E FORESTE - INCENDI - DIRITTO URBANISTICO - Zona boscata - Natura e tutela - Art. 142, c.1°, lett. g) D. L.vo n. 42/2004. La natura di zona boscata, comporta la sua collocazione nelle aree tutelate per legge, in ragione di quanto disposto dall'articolo 142, comma primo, lettera g) D. L.vo n. 42/2004. (conferma ordinanza del 16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro) Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric. Siracusa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011) Sentenza n. 16592

 

BOSCO - Costruzione abusiva in area boscata - Richiesta di rilascio di concessione sanatoria - Nulla-osta dell’organismo preposto alla tutela del vincolo - Necessità - Demolizione del manufatto e ripristino dello stato dei luoghi. In materia edilizia, una costruzione che insiste in area inclusa in zona di PRG classificata a bosco è sottoposta a vincolo di tutela ambientale e per ciò stesso, ogni richiesta di rilascio di concessione sanatoria deve necessariamente conseguire il nulla-osta dell’organismo preposto alla tutela del vincolo, (che nella specie, per quanto attiene alla Provincia di Trento, è da identificare nella Commissione provinciale per la tutela paesaggistico-ambientale (CTP) rivelandosi, l’acquisizione del relativo parere, una fase procedimentale del tutto insostituibile) (Cons Stato Sez. VI 3/5/2007 n.1944). Pertanto, il carattere abusivo delle opere, la non compatibilità ambientale delle stesse costituisce legittima giustificazione delle determinazioni di rigetto della chiesta sanatoria e di irrogazione della sanzione della completa demolizione del manufatto e ripristino dello stato dei luoghi. (conferma sentenza del T.R.G.A. - DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 00170/2002) - Pres. Trotta - Rel. Migliozzi - Nardelli (avv.ti Devigili e Romanelli) c. Provincia Autonoma di Trento (avv.ti Iemma, Pedrazzoli, Stella Richter). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16/07/2010, Sentenza n. 4591

 

URBANISTICA E EDILIZIA - INCENDI BOSCHIVI - Rilascio di proroga del permesso di costruire - Sopravvenute previsioni urbanistiche - Compatibilità con la nuova disciplina - Necessità - Art. 15 T. Unico D.P.R. 380/2001 - Fattispecie: vincolo sopravvenuto di inedificabilità ai sensi dell'art. 10 legge 21.11.2000 n. 353 (Area boscata percorsa da fuoco). Le norme sulla proroga del permesso a costruire, che consentono di prolungare il termine ordinario di tre anni per l’esecuzione delle opere, devono considerarsi di stretta interpretazione. Pertanto, secondo l’art. 15, comma quarto, del T.U. approvato con d.P.R. n. 380 del 2001, l’abilitazione a costruire “decade con l’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio” (comma 4), ricavandosi la conseguenza che l'istituto della proroga non può più essere applicabile allorquando siano sopravvenute previsioni urbanistiche incompatibili con l’intervento assentito. Inoltre, ben può il giudice penale accertare la conseguente mancanza dei presupposti legali per l’esercizio discrezionale della proroga e ritenere quindi la intervenuta decadenza del permesso a costruire. Presidente E. Altieri, Relatore P. Onorato. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 12/05/2008 (Ud. 19/03/2008), Sentenza n. 19101

 

Incendi - L. 353/2000 - Art. 10 - Catasto dei terreni percorsi da incendio - Possibilità di subordinare l’operatività dei divieti all’effettiva redazione del catasto - Esclusione - Mera attività di certificazione. L’operatività dei divieti di cui all’art. 10 della legge quadro sugli incendi boschivi (L. 353/2000) e, più in generale, delle prescrizioni fondamentali della norma, peraltro caratterizzati dalla sanzione penale in caso di violazione, non può essere subordinata all’effettivo adempimento dell’attività di censimento dei soprassuoli percorsi dal fuoco tramite apposito catasto, attività amministrativa di mera certificazione ed elencazione, e perciò di carattere dichiarativo e non costitutivo. Pres. Santoro, Est. Cerreto - M. s.r.l. (Avv.ti Chiti e Giannini) c. T.M. e altri (Avv.ti Maceri e Romanelli) e altri (n.c.) - (Conferma T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 225/2003) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 1 luglio 2005 (C.C. 18.3.2005), Sentenza n. 3674 (vedi: sentenza per esteso)

Incendi - L. 353/2000 - Prevalenza rispetto alla normativa regionale - Fondamento - Valore ambiente. Le norme di cui alla L. 353/2000, sono prevalenti rispetto alle disposizioni regionali, atteso che la materia degli incendi boschivi appare riconducibile, da un lato, alla tutela dell’ambiente (rappresentato in particolare dal patrimonio boschivo nazionale), di esclusiva competenza statale ai sensi dell’art. 117, comma 2 lett. s), Cost., dall’altro costituisce principio fondamentale ex art. 117, comma 3, Cost. per gli ambiti di competenza concorrente (in quanto incidente anche su governo del territorio e valorizzazione dei beni ambientali). Il valore ambiente protetto con la disposizione in esame, dettata nell’ambito delle scelte discrezionali del legislatore, ed i relativi principi, non possono che investire anche gli ambiti eventualmente rimessi alla potestà normativa regionale: quest’ultima non può pertanto derogare alle indicazioni fondamentali connesse alla tutela del valore suddetto. Pres. Santoro, Est. Cerreto - M. s.r.l. (Avv.ti Chiti e Giannini) c. T.M. e altri (Avv.ti Maceri e Romanelli) e altri (n.c.) - (Conferma T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 225/2003) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 1 luglio 2005 (C.C. 18.3.2005), Sentenza n. 3674 (vedi: sentenza per esteso)

 

Incendi - Caccia - Piano faunistico venatorio - Omessa individuazione delle aree percorse dal fuoco - Illegittimità. Viola l’art. 10, comma 1, L. 353/2000, il piano faunistico venatorio che ometta di indicare le aree e le superfici percorse da incendio ove vige divieto di caccia per 10 anni. La subordinazione dell’inclusione delle aree percorse da incendi nell’ambito delle zone in cui vige il divieto di caccia all’espletamento della mappatura da parte dei Comuni realizza una sostanziale vanificazione del termine di divieto previsto dalla legge 353/2000. Pres. Arosio, Est. Morbelli - W.W.F., L.A.V., L.A.C., E.N.P.A. (Avv. Granara) c. Provincia di Genova (Avv.ti Giovanetti, Scaglia e Manzone) - TAR LIGURIA, Sez. II, 1° settembre 2004 (C.C. 1 luglio 2004), Sentenza n. 1340 (vedi: sentenza per esteso)


Incendi boschivi - la assoluta inedificabilità per dieci anni sui terreni “boscati” - rilascio di una concessione edilizia in violazione di norme di legge 353/00 - sequestro preventivo del cantiere (degli edifici e delle strutture ed infrastrutture) - legittimità - rilascio della concessione edilizia - dirigente - abuso di potere - responsabilità penali. Al fine di rendere possibile in concreto l’applicazione del nuovo regime ai boschi già distrutti legge 353/00 (Legge-quadro in materia di incendi boschivi), all’articolo 10 comma 2 è stata prevista la ricognizione dei terreni boschivi già incendiati, nei cinque anni antecedenti all’entrata in vigore della legge, con la costituzione di un apposito catasto. È una norma che tende a rendere applicabile il divieto, a tutti i terreni boschivi distrutti da incendi, ed a tal fine, inserisce un preciso dovere di ricognizione, per gli amministratori pubblici che abbiano nel loro territorio soprassuoli, che possano essere oggetto del divieto. La mancata attuazione della ricognizione e della stesura dell’apposito catasto, non è può essere confusa con la mancata realizzazione di una condizione sospensiva dell’efficacia della legge, poiché non è pensabile, senza contraddire con la lettera ed il fine della nuova norma, che la sua attuazione, sia affidata alla solerzia di qualche funzionario. Appare quindi evidente la vigenza e l’immediata operatività del divieto di edificazione. Le argomentazioni relative alla definizione, della nozione di “bosco”, ed alla possibilità di applicarla in concreto al territorio oggetto dell’insediamento edilizio, costituisce una valutazione di fatto che potrà essere oggetto delle fasi di merito del procedimento penale, ma che non può essere proposta in questa sede di legittimità. Deve infine, osservarsi che in specie: essendo stata rilasciata la concessione edilizia il 31.7.2002, l’ipotesi, che tale atto sia stato posto in essere con abuso di poteri consistenti nella violazione del divieto di edificazione precedentemente stabilito dall’articolo 10 della citata legge 353/00, appare del tutto compatibile con la situazione di fatto rappresentata. Ed il sequestro ha la funzione di evitare che la libera disponibilità dei beni, determini la prosecuzione dell’attività di edificazione, con aggravamento dell’attuale stato dei luoghi. Ciò è sufficiente per considerare il sequestro preventivo legittimamente disposto. Sarà, successivamente il giudice del merito ad affrontare le altre questioni proposte dalle parti in fatto, ed ad evidenziare le eventuali responsabilità penali in ordine al reato contestato. Corte di Cassazione Sez. V, 27 giugno 2003, sentenza n. 27799

 

La disciplina del piano territoriale "in itinere" di cui all'art. 18 l. reg. Lombardia 30 novembre 1983 n. 86 e succ. mod.. Secondo la disciplina del piano territoriale "in itinere" di cui all'art. 18 l. reg. Lombardia 30 novembre 1983 n. 86, coma modificato dalla l. reg. Lombardia 13 febbraio 1988 n. 6, fino all'entrata in vigore della legge di approvazione del piano e, comunque, per non oltre due anni dalla data di pubblicazione nel B.u.r.l. dell'avviso di ricevimento da parte della giunta regionale della proposta del piano, è vietato ogni intervento in contrasto con le previsioni del piano medesimo. Consiglio Stato, sez. VI, 3 novembre 1998, n. 1509

 

Violazione dei piani paesaggistici. La mancanza della autorizzazione, prescritta per la realizzazione di opere che - seppur pubbliche o di pubblico interesse, anche insistenti su beni demaniali - trasformano, o comunque, alterano l'assetto idrogeologico di zone sottoposte a vincoli paesaggistici, integra la fattispecie di reato ex art. 1 sexies, l. n. 431 del 1985, sanzionato ai sensi dell'art. 20 lett. c) l. n. 47 del 1985. Considerato, inoltre, che il soggetto attivo del reato, in quanto inserito nel settore edilizio, e' tenuto alla conoscenza della succitata normativa, non si puo' ritenere che possa addurre, quale scusante della propria condotta illecita, la presenza di un mero nulla osta regionale, anche se contenuto in un provvedimento concessorio del sindaco inerente le zone interessate dal vincolo. Cassazione penale sez. III, 6 giugno 1997, n. 8774

 

P.r.g. e vincolo idrogeologico. L'imposizione del vincolo idrogeologico ha un effetto conformativo anche sull'attività urbanistico edilizia, per cui e' irrilevante la coerenza di un intervento edilizio con le prescrizioni del piano regolatore generale, se lo stesso non è al contempo conforme alle esigenze di tutela ambientale, stante l'insopprimibile differenza di contenuto e finalità tra quest'ultima e la pianificazione territoriale. Consiglio Stato sez. V, 28 gennaio 1997, n. 89

 

La tutela derivante dal vincolo idrogeologico s'estende a tutti gli interventi edificatori interessanti terreni non boschivi, purché compresi all'interno dell'area vincolata, per cui la trasformazione dei terreni, cui fa riferimento l'art. 7, r.d. 16 maggio 1926 n. 1126 (regolamento d'esecuzione del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267) ed i lavori di trasformazione, previsti dal successivo art. 21 consentono alla p.a. di adottare non già mere prescrizioni operative, bensì misure restrittive e anche impeditive di ogni tipo d'intervento che, per le caratteristiche sue proprie e per la natura dei mezzi impiegati, incidano sul territorio in modo non dissimile dalle utilizzazioni per scopi agricoli (nella specie, e' legittimo l'atto impeditivo della costruzione di un fabbricato su area vincolata per il suo impatto negativo sulla stabilità del suolo e sulle falde acquifere sottostanti e la possibilità del danno e' di per sé sufficiente a giustificare la prescrizione, stante il carattere preventivo della tutela). Consiglio Stato sez. V, 28 gennaio 1997, n. 89

 

Violazione di piani regolatori e di regolamenti edilizi comunali condono edilizio. Mentre l'art. 33 l. 28 febbraio 1985 n. 47 fa riferimento a vincoli che meglio possono essere definiti come divieti di edificazione o prescrizioni di inedificabilità, il precedente art. 32 concerne piuttosto vincoli di salvaguardia di interessi o valori peculiari (e, come tali, tipizzati da specifiche norme) alla cui tutela è preposta un'amministrazione che può rilasciare un'autorizzazione (o nulla-osta) all'esercizio dell'attività edilizia, fermo restando che entrambe le specie di vincoli riguardano soltanto le costruzioni future e non toccano quelle già esistenti. Ai fini del condono edilizio per fabbricati abusivi costruiti su aree soggette a regioni vincolistici, quelli edificati in violazione di prescrizioni generali di inedificabilità non sono condonabili se il vincolo preesiste alla costruzione, mentre quelli situati nelle aree protette possono conseguire la sanatoria in subordine al giudizio di compatibilità delle opere da parte dell'amministrazione preposta al vincolo, indipendentemente dalla circostanza che quest'ultimo preesista, o meno alle opere stesse. Consiglio Stato sez. V, 4 maggio 1995, n. 696

 

Divieto di sanatoria e cambio di destinazione dei terreni boscati distrutti o danneggiati per qualsiasi causa. Particolarmente significativa, ai fini della tutela dell’ambiente e delle misure deterrenti contro gli incendi del soprassuolo boscato e contro gli incendi del territorio in genere, appare la norma dell’art. 2, comma 6, del decreto-legge 26 luglio 1995, n. 310 recante misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell’edilizia privata, che ha escluso dalla sanatoria di cui all’art. 39 della legge n. 724 del 1994 le costruzioni abusive realizzate sopra o sotto il soprassuolo boschivo distrutto o danneggiato per cause naturali o atti volontari. Da sottolineare che la previsione contempla come esclusione oggettiva le zone boschive distrutte o danneggiate per qualsiasi causa e con qualsiasi mezzo (oltre che da fuoco o incendio, anche a seguito di calamità naturale o abbattimento volontario o atto vandalico). In tale modo si garantisce la possibilità di ricostituzione del bosco e si contribuisce a scoraggiare gli incendi o le distruzioni dolose, mentre restano confermati per le stesse zone boschive distrutte o danneggiate dal fuoco sia il divieto di cambio di destinazione e, in via di salvaguardia fino alla approvazione dei piani regionali, sia il divieto di insediamento (di nuove) costruzioni di qualsiasi tipo (art. 2, comma 6, del d.l. 26 luglio 1995, n. 310, in riferimento all’art. 9, commi quarto e quinto, della legge 1° marzo 1975, n. 47 (Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi), nel testo risultante a seguito dell’art. 1-bis del d.l. 30 agosto 1993, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 428. - Pres. Baldassarre, Red. Chiappa. CORTE COSTITUZIONALE - 12 settembre 1995 n. 427

 

La identificazione spaziale delle zone vincolate e quindi anche dei territori coperti da bosco deve avvenire in sede di redazione dei piani paesistici ed urbanistici territoriali ma, in attesa della loro approvazione, possono costituire un riferimento per l'interprete i criteri desumibili dalla legislazione in materia, emanata dalle regioni, il cui contributo per la tutela del vincolo è imprescindibile in un rapporto di leale cooperazione con lo Stato. Cassazione penale sez. III, 31 marzo 1994

 

Costituzione Repubblica art. 117. Non spetta allo Stato la competenza ad istituire la riserva naturale bosco World Wildlife Fund (W.W.F.) di Vanzago; va pertanto annullato il decreto del ministro dell'agricoltura e foreste emanato in data 13 agosto 1980. Corte costituzionale 25 luglio 1984 n. 223

 

Trasformazione di un bosco. Costituisce reato ai sensi dell'art. 17 della l. 28 gennaio 1977 n. 10, la trasformazione di un bosco ceduo in normale terreno agricolo, mediante il taglio delle piante preesistenti, effettuata in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico - "conservazione dei boschi esistenti" e "destinazione dell'area a parco nazionale" - (nella specie p.r.g. del comune di Rivoli). Il mutamento di un'area boscata vincolata dai piani regolatori a bosco, in terreno agricolo coltivato ad orto e frutteto, costituisce una trasformazione urbanisticamente rilevante ed è subordinata all'obbligo della preventiva concessione la cui mancanza rende applicabile la sanzione prevista dall'art. 17 lett. b)legge n. 10 del 1977. Pretura Torino 24 maggio 1982

 

 

 

 B) DEFINIZIONE GIURIDICA DI BOSCO.

 

BOSCHI E FORESTE - INCENDI - DIRITTO URBANISTICO - Zona boscata - Natura e tutela - Art. 142, c.1°, lett. g) D. L.vo n. 42/2004. La natura di zona boscata, comporta la sua collocazione nelle aree tutelate per legge, in ragione di quanto disposto dall'articolo 142, comma primo, lettera g) D. L.vo n. 42/2004. (conferma ordinanza del 16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro) Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric. Siracusa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011) Sentenza n. 16592

BOSCHI E FORESTE -  Area boscata e aree assimilate - Definizione - Riferimenti normativi. La qualificazione di una zona come area boscata é rilevante ai fini della disciplina paesaggistica in quanto rientrante tra i beni soggetti a tutela in base alla legge, perché rientranti tra quelli individuati dal Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 142, comma 1, segnatamente, dalla lettera g) che contempla "i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dal Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 227, articolo 2, commi 2 e 6".Il Decreto Legislativo 18 maggio del 2001, n. 227 articolo 2, comma 6 fornisce, a sua volta, una definizione di bosco ed assimila al bosco altre aree. Ciò posto si osserva che il bosco, così come definito, é caratterizzato dalla presenza di vegetazione e da un'estensione minima, mentre per le radure e le altre superfici che interrompono il bosco, rientranti tra le "aree assimilate", é previsto un limite massimo di estensione superato il quale viene meno l'assimilazione. Dette aree vengono, appunto, assimilate al bosco perché non posseggono le caratteristiche indicate nella definizione. Le radure, in particolare, presentano, evidentemente, l'assenza di vegetazione del tipo di quella che caratterizza il bosco altrimenti, come le altre aree indicate, non potrebbero interromperlo. Tale distinzione, peraltro, ha un senso evidente con riferimento alla tutela che la legge intende assicurare ad aree di particolare pregio paesistico che non sarebbe giustificata per superfici estranee, per caratteristiche, ai boschi ed alle foreste. Conferma sentenza emessa il 25 novembre 2009 dalla Corte d'Appello di Lecce. Pres. Ferrua - Est. Ramacci - P.M. Passacantando - Ric. Tu. Al. Gi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10 marzo 2011, n. 9690

BOSCHI E FORESTE - Area boscata e aree assimilate - Macchia mediterranea - Distinzione tra "macchia alta" e "macchia bassa" - Irrilevanza. Non spetta al proprietario dell'area procedere ad una soggettiva valutazione delle caratteristiche della vegetazione al fine di individuarne la riconducibilità alla definizione di "macchia mediterranea". La formulazione letterale della definizione di cui al Decreto Legislativo 18 maggio del 2001, n. 227, fa rientrare nella nozione di bosco sia la vegetazione arborea, sia la macchia mediterranea come tale, indipendentemente dal suo carattere arboreo o arbustivo (Sez. 3, n. 1874, 23 gennaio 2007), sicché non si dovrebbe più distinguere tra "macchia alta", di predominanza arborea, e "macchia bassa", di natura arbustiva (contra Sez. 3 n. 6011, 14 dicembre 2001 e n. 48118, 4 novembre 2011). Conferma sentenza emessa il 25 novembre 2009 dalla Corte d'Appello di Lecce. Pres. Ferrua - Est. Ramacci - P.M. Passacantando - Ric. Tu. Al. Gi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10 marzo 2011, n. 9690

BOSCHI E FORESTE – Misure normative a tutela dei boschi – Estensione – Limitazione alle sole ipotesi riconducibili ad alberi di alto fusto – Esclusione – Lettura sistematica della normativa – Artt. 2 e 3 L. n. 353/2000 – Art. 2, c. 1 d.lgs. n. 227/2001 - Alberi di olivo – D.lt. 475/1945 – Divieto di abbattimento. Da una lettura sistematica della normativa in materia di boschi e dalle specifiche finalità di salvaguardia del territorio perseguite dalla legge, emerge con chiarezza che nell'ambito delle misure protettive dei boschi sono indubbiamente ricomprese numerose ipotesi di vegetazione non soltanto riconducibile a quella degli alberi di alto fusto, includendosi anche la vegetazione qualificabile come macchia, oltreché coltivazioni da frutto di vario genere (cfr. artt. 2 e 10 L. n. 353/2000, art. 2, c. 1 d.lgs. n. 227/2001): con specifico riferimento agli alberi di olivo, che come è noto possono raggiungere volumi ed altezze considerevoli e che, sotto tale profilo, possono già di per sé accomunarsi agli alberi di alto fusto, è tuttora vigente la disciplina dettata dal decreto luogotenenziale 27 luglio 1945, n. 475, recante il divieto di abbattimento di tali alberi se non in numero limitato e con specifica autorizzazione delle autorità competenti. Pres. f.f. Maruotti, Est. Lodi – Comune di Ariccia (avv.ti Bellini, Brugnoletti e Michetti) c. A. s.r.l. (avv.ti Ragazzo, Sanino e Funari) – (Annulla T.a.r. Lazio,Roma, n. 11242/2009) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV – 9 luglio 2010, n. 4457

BOSCHI E FORESTE – INCENDI – Aree percorse dal fuoco - Divieto di modificazione della destinazione urbanistica –Uliveto – Zona arborata – Inapplicabilità del divieto di cui all’art. 10, c. 1 L. n. 353/2000 – Inconfigurabilità – Ragioni.
Le finalità di salvaguardia del territorio e delle sue entità naturalistiche indispensabili alla vita (fattispecie relativa al divieto di modificazione della destinazione urbanistica, ai sensi dell’art. 10, c. 1 della L. n. 353/2000, di area coltivata ad uliveto percorsa dal fuoco) non possono essere ristrette a limitate ipotesi di particolari tipi di bosco e di pascoli, ponendosi una simile conclusione non solo in stridente contrasto, nella specie, con la normativa riguardante la speciale salvaguardia degli uliveti, ma pure in evidente contraddizione con la vigente disciplina generale in materia forestale, che ammette l'estensione della tutela addirittura alla sola sterpaglia, come ben messo in evidenza anche dalla giurisprudenza del giudice penale (cfr. Cass. Sez. I. penale, 4 marzo 2008, n. 14209). Pres. f.f. Maruotti, Est. Lodi – Comune di Ariccia (avv.ti Bellini, Brugnoletti e Michetti) c. A. s.r.l. (avv.ti Ragazzo, Sanino e Funari) – (Annulla T.a.r. Lazio,Roma, n. 11242/2009) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV – 9 luglio 2010, n. 4457

BOSCHI E FORESTE - INCENDI BOSCHIVI - Reato ex art. 423 bis c.p. - Tipo di vegetazione esistente sul terreno - Irrilevanza. Ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 423 bis c.p. è irrilevante il tipo di vegetazione esistente sul terreno quando questo rientri in area boschiva. La norma, infatti, si riferisce a qualunque estensione di terreno sia che su di essa insista boscaglia, sterpaglia o altra vegetazione, dal momento che l’intento perseguito dal legislatore è quello di dare tutela ad entità naturalistiche la cui distruzione incide su un bene primario insostituibile della vita la cui natura determina per ciò stesso una maggiore pericolosità di diffusione delle fiamme. Del resto lo stesso art. 2 l. 21/11/2000 n. 353 (che ha introdotto la fattispecie dell’art. 423 bis c.p.) ha definito l’incendio boschivo come un fuoco con suscettività di espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, nonché su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi alle dette aree, così espressamente ricomprendendo nell’evento sanzionato non solo l’incendio che incida sulle piante da fusto, ma anche quello che riguardi qualunque forma di vegetazione ricadente nell’area boschiva (cfr. Cass. 30/4/2001, n. 25935). Giud. Arena - Imp. Lombardo Pontillo. TRIBUNALE DI MESSINA, Sez. GIP - 13 agosto 2008, n. 248

BOSCHI E FORESTE - INCENDI BOSCHIVI - Reato ex art. 423 bis c.p. - Proprietà del terreno - Irrilevanza. Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 423 bis c.p. è irrilevante se la proprietà del terreno sia ascrivibile esclusivamente all’autore del fatto, o meno. Infatti, in presenza di incendio in area boschiva, la norma non fa alcuna distinzione in ordine alla proprietà. Del resto lo stesso art. 423 c.p. prevede la rilevanza penale dell’incendio della cosa propria, quando questo determini pericolo per la pubblica incolumità. Giud. Arena - Imp. Lombardo Pontillo. TRIBUNALE DI MESSINA, Sez. GIP - 13 agosto 2008, n. 248

BOSCHI E FORESTE - Aree boschivi - Costruzione abusiva - Nozione di bosco - Vincolo ambientale - Fattispecie - D.Lgs n. 227/2001 - Art. 44 lett. C d.p.r. n. 380/2001. Al fine di individuare i territori boschivi protetti da vincolo, dopo l'entrata in vigore del d.lgs 18 maggio 2001, n. 227, deve qualificarsi come bosco, ogni terreno coperto da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva, da castagneti, da sughereti o da macchia mediterranea (Cass. pen. sez. 1111 sent. 16/11/2006, n. 1874). Sicché, nei casi di riscontro positivo del vincolo è corretto applicare l'art 44 lettera C del d.p.r. n. 380 del 2001 che sanziona la violazione del vincolo ambientale. Nella specie, la zona in cui era stata eseguita la costruzione abusiva, in ragione delle colture arboree in esse esistenti, era naturalmente sottoposta a vincolo boschivo in quanto interamente coperta da sughereta, consociata con roverella, precisando che l'ispezione dei luoghi aveva evidenziato che erano stati eseguiti lavori sul terreno dal quale erano stati rimossi massi di basalto ed altro materiale roccioso e al contempo estirpati ceppi vitali di sughera, roverella, lentisco, olivastro ed altre piante tipiche della macchia mediterranea che, in precedenza, erano stati danneggiati da un violento incendio e che erano in fase di crescita. Pres. Altieri, Est. Marmo, P.M. Geraci, Ric. Oppo. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 10/06/2008 (Ud 03/04/2008), Sentenza n. 23071

BOSCHI E FORESTE - Nozione di bosco - Aree assimilate al bosco - Presupposti - Art. 2 c. 6 d.lgs. n. 227/2001 - Reato di cui agli art. 44 letto c) d.P.R. n. 380/2001 e 142 lett. g) del d. lgs. n. 42/2004. Il bosco è definito nel comma 6 dell'art. 2 del d.lgs.18.05.2001 n. 227 e coincide con ogni terreno coperto da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, da castagneti, sughereti o da macchia mediterranea, purché avente estensione non inferiore ai 2.000 metri quadrati, larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento. Al bosco sono assimilate anche altre superfici di estensione inferiore a 2.000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco medesimo. Fattispecie: lavori edilizi d'urbanizzazione primaria, su un terreno sottoposto a vincolo paesaggistico, senza avere preventivamente ottenuto il prescritto nulla osta dalla competente autorità e conseguente sequestro preventivo dell'area soggetta avente le caratteristiche di area boscata. Pres. Postiglione Est. Teresi Ric. Rosati. (Conferma Ordinanza del Tribunale di Roma in data 30.10.2006). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 20/06/2007, (Cc 10/05/2007), Sentenza n. 24258

BOSCHI E FORESTE - Nozione di bosco - Aree parzialmente boscate - Presenza di muri di cinta. In assenza di una più precisa definizione normativa, la nozione di bosco deve essere riferita non soltanto ai terreni completamente coperti da boschi o foreste, ma anche, per identità di ratio, a tutte le aree parzialmente boscate, a condizione che siano concretamente inserite in un contesto forestale e senza che possa assumere alcun rilievo la costruzione di eventuali muri di cinta o analoghi manufatti che delimitino una parte più o meno estesa del bosco medesimo (nella specie, è stato ritenuto che la zona oggetto di contestazione, limitrofa al bosco, ma caratterizzata da sporadici alberi di alto fusto in un contesto di edifici residenziali, non potesse essere considerata area boscata). Pres. Gomez de Ayala, Est. Goso - A.F. e altro (avv.ti Scialuga e Goria) c. Comune di Roletto (n.c.) - T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 10 marzo 207, n. 1174

BOSCHI E FORESTE - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Nozione di "territorio coperto da bosco" - Zona boscata - Natura. La nozione di "territorio coperto da bosco", ai fini della sottoposizione a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 1 lett. g) della legge 08/08/1985 n. 431 e s.m., non può assumere una portata riduttiva (Sez. 3, n. 1551 del 10/04/2000 Rv. 216980), sicché la natura di zona boscata è determinata dalla presenza effettiva di bosco fitto di alto fusto o di bosco rado indipendentemente dal dato che la zona sia riportata come tale dalla Carta tecnica regionale (Sez. 3, n. 17060 del 21/03/2006 Rv. 234318). Pres. Grassi - Est. Sarno - Ric. P.M. in proc. Tozzi ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 25 gennaio 2007 (Ud. 14/12/2006), Sentenza n. 2864

BOSCHI E FORESTE - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Macchia mediterranea - Zona boscata - Tutela. La macchia mediterranea interessata dalla predominanza, rispetto ai sottostanti cespugli, di alberi di medio fusto o di essenze arbustive di elevato sviluppo - e non avente, quindi, caratteristiche di macchia bassa o rada - rientra nella previsione dell'art. 1 lett. g) della legge 08/08/1985 n. 431 e s.m. (da ultimo Sez. 3, n. 48118 del 04/11/2004 Rv. 230483). Pres. Grassi - Est. Sarno - Ric. P.M. in proc. Tozzi ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 25 gennaio 2007 (Ud. 14/12/2006), Sentenza n. 2864

BOSCHI E FORESTE - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Area boscata - Nozione - Qualifica di bosco - Presupposti - Inclusione negli elenchi - Necessità - Esclusione - Art. 163 D. Lgs n. 490/99 - Art. 181 D. Lgs n. 42/2004. Il taglio del bosco eseguito con tecnica a raso e non culturale configura il reato dell'articolo 163 d lgs n. 490/99, ora sostituito dall'articolo 181 del D. Lgs n. 42 della 2004 (Sez. 3 n 18695 dell'11.3.2004, rv 228452). Un’area boscata è qualificabile dalla presenza effettiva del bosco quando un terreno coperto da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, abbia i requisiti indicati dalla normativa in materia, (ad es. estensione, copertura, ecc). e ciò indipendentemente dal dato che la zona sia riportata come tale in specifici elenchi. Sicché, ai fini della sottoposizione a vincolo paesaggistico non può assumere una portata riduttiva la nozione di "territorio coperto da bosco". Pres. Grassi - Est. Sarno - Ric. P.M. in proc. Tozzi ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 25 gennaio 2007 (Ud. 14/12/2006), Sentenza n. 2864

BOSCHI E FORESTE - Nozione di bosco - Fattispecie giuridica di "bosco" - Giurisprudenza - Art. 2 del D.Lgs. 227/2001. Nella nozione di bosco rientra sia la vegetazione arborea, sia la macchia mediterranea come tale, indipendentemente dal suo carattere arboreo o arbustivo, sicché non si dovrebbe più distinguere tra "macchia alta", di predominanza arborea, e "macchia bassa", di natura arbustiva. In tal senso non si può condividere Cass. Sez. III, n. 6011 del 14.12.2001, Martella, rv. 221164 (poi seguita da Cass. Sez. III, n. 48118 del 4.11.2004, Cani, rv. 230483), che ha il merito di aver rigorosamente distinto, secondo criteri botanici, le nozioni di macchia alta, macchia bassa e macchia rada o "gariga", ma anche il difetto di aver del tutto ignorato la definizione da poco formulata dal legislatore con l'art. 2 del D.Lgs. 227/2001. (In relazione a tale definizione, si potrebbe plausibilmente sostenere che dei tre tipi di macchia individuati nella sentenza Martella, solo la "gariga", cioè la scarna coltre vegetale dei suoli più poveri, resti estranea alla nozione legislativa di bosco). Alla luce dei principi su esposti, del tutto correttamente il giudice del riesame ha ritenuto che nel caso di specie ricorresse la fattispecie giuridica di "bosco", come tale vincolata a fini paesaggistici, atteso che il terreno sul quale era in corso di realizzazione l'intervento de quo era coperto da macchia mediterranea c.d. alta, composta da tipica vegetazione arborea, associata a vegetazione arbustiva. Pres. Lupo - Est. Onorato - Ric. Monni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c. 16/11/2006), Sentenza n. 1874

BOSCHI E FORESTE - Nozione di bosco - Tutela paesaggistica - Competenze dello Stato e delle Regioni - Lotta contro gli incendi boschivi - Art. 2 c. 6, D.Lgs. n. 227/2001. La definizione della nozione di bosco ai fini della tutela paesaggistica spetta solo allo Stato, che l'ha esercita attraverso il comma 6, dell'art. 2 del D.Lgs. 18.5.2001 n. 227, mentre spetta alle Regioni stabilire eventualmente un diverso concetto di bosco per i territori di loro appartenenza, solo per fini diversi, attinenti per esempio allo sviluppo dell'agricoltura e delle foreste, alla lotta contro gli incendi boschivi, alla gestione dell'arboricoltura da legno etc.. E' evidente che se le Regioni formulassero una diversa definizione di bosco avente efficacia anche per la individuazione dei territori boschivi protetti dal vincolo paesaggistico finirebbero per interferire sulla estensione della tutela dell'ambiente, che per precisa scelta costituzionale è riservata allo Stato. (Legge costituzionale 18.10.2001 n. 3, che ha modificato la ripartizione delle competenze regionali tra Stato e Regioni). Pres. Lupo - Est. Onorato - Ric. Monni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c. 16/11/2006), Sentenza n. 1874

FAUNA E FLORA - BOSCHI E FORESTE - Tutela dei boschi - Concetto di bosco - Fattispecie. Il D.Lgs. 18.5 2001 n. 277, all'art. 2, stabilisce una definizione generale, valevole per ogni normativa che si riferisca ai boschi ed espressamente per la normativa ambientale che tutela i boschi, quale è l'art. 146, comma 1. lett. g) D.Lgs. 490/1999, ora sostituito dall'art. 142 comma 1, lett. g) D.Lgs. 22.1.2004 n. 42. Tale generale definizione vale sino a che le regioni, per gli stessi fini previsti dalle norme nazionali, non provvedano a definire il concetto di bosco relativamente al territorio di loro competenza, e a meno che le stesse regioni non abbiano diversamente già definito il concetto per gli stessi fini previsti dalle leggi nazionali. Nella specie, il concetto di bosco definito dal piano regionale della Sardegna approvato allo specifico fine della prevenzione e repressione degli incendi boschivi, non può sostituire la definizione di bosco formulata nel comma 6 dell'art. 2 su riportato valevole al fine della tutela paesaggistica. Pres. Lupo - Est. Onorato - Ric. Monni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c. 16/11/2006), Sentenza n. 1874

BOSCHI E FORESTE - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Individuazione dei territori boschivi protetti dal vincolo paesaggistico - Nozione di bosco. La nozione di bosco ai fini della individuazione dei territori boschivi protetti dal vincolo paesaggistico è stata definita nel comma 6 dell'art. 2 del D.Lgs. 18.5.2001 n. 227 e coincide con ogni terreno coperto da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, da castagneti, sugherete o da macchia mediterranea, purché avente estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati, larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento. Inoltre, sono assimilati al bosco i fondi gravati dall'obbligo di rimboschimento per fini di tutela ambientale, nonché le radure e le altre superfici di estensione inferiore a 2.000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco. Pres. Lupo - Est. Onorato - Ric. Monni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c. 16/11/2006), Sentenza n. 1874

BOSCHI E FORESTE - Bosco - Realizzazione di recinzione in legno e rete metallica - Mancanza di autorizzazione - Reato di cui all'art. 181 D.Lgs. n. 42/2004 - Configurabilità. La realizzazione, all'interno di un bosco e in difetto della preventiva autorizzazione, di una recinzione con traverse di legno e rete metallica, incide in modo giuridicamente rilevante sull'assetto paesaggistico della zona, configurando il reato di esecuzione di lavori su beni paesaggistici, di cui all'art. 163 del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490 (ora sostituito dall'art. 181 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42). Sicché è necessario per la realizzazione dell’opera l'autorizzazione dell'Ente preposto alla tutela ambientale, ex art. 150 D.L.vo 490/99 (norma ora riprodotta nell'art. 146 comma 2° D.L.vo 42/04). Pres. Vitalone C., Est. Gentile M., Imp. Cocchi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 Novembre 2006 (Ud. 12/10/2006), Sentenza n. 39355

Boschi - Area boscata - Caratteristiche - Definizione di bosco - Sopralluogo dell’Ispettorato Forestale - Funzione - Vincolo - Effetti - Potestà del giudice - Limiti - D. L.vo 227/2001. Ai sensi dell’art. 2, c. 6 del d.lvo 18 maggio 2001, n. 227, nelle more dell’approvazione delle norme regionali ivi previste, si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, con estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti. A tal fine, il tribunale non può non tener conto delle risultanze del sopralluogo effettuato dall’Ispettorato Dipartimentale Foreste, sulla base delle quali deve ritenersi acclarata l’effettiva presenza di una vegetazione che, per la sua consistenza ed estensione, è tale da far considerare il terreno come un’area boscata, da tutelare e salvaguardare. Pres. ed Est. Urbano - D.L.M. (Avv.ti Menchise e Perilli) c. Regione Puglia (Avv. Sisto) e Comune di Fasano (Avv. Carparelli) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - novembre 2004, n. 5237

 

Territorio coperto da bosco - nozione - il bosco ai fini della sottoposizione a vincolo paesaggistico. La nozione di "territorio coperto da bosco" ai fini della sottoposizione a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 1 lett. g) del D.L. 27 giugno 1985 n. 312, convertito in legge 8 agosto 1985 n. 431, ed ora sostituito dall'art. 146, comma 1 lett g) del D. Lgs 29 ottobre 1999 n. 490, comprende sia il bosco naturale che quello artificiale, atteso che l'eventuale attivita' di esproprio di terreni ed inserimento di piantagioni boschive non incide sulla natura del suolo quale territorio coperto da bosco. Vedi anche: C. Cass. 1999 n. 12108; C. Cass. Pen. 2000 n. 1551; C. Cass. 2000, n. 6871; C. Cass. 2002 n. 6011. Corte di Cassazione, Sez. III del 12/07/2002 (UD.17/05/2002) Sentenza n. 26601

 

La nozione di bosco nella Regione Lombardia - legge 8 agosto 1985 n. 431 (ora D. L.vo n.490/99). La nozione di bosco, invocata dalle parti appellanti a sostegno dei propri appelli e sulla quale il Corpo forestale dello Stato ha fondato il proprio parere, è stata ricavata dall’articolo 1 ter della legge regionale Lombardia 5 aprile 1976 n. 8, secondo cui sono da considerare boschi “a tutti gli effetti di Legge, i popolamenti arborei od arbustivi, a qualunque stadio di età, di origine naturale o artificiale, con esclusione delle fattispecie previste dal successivo terzo comma e comunque determinate ai sensi del successivo quarto comma”. Dalla attenta lettura di tale norma emerge che la relativa nozione di bosco non è assoluta, ma è funzionale agli effetti della “Legge” e cioè della stessa legge 5 aprile 1976 n. 8, le cui finalità sono delineate nel primo comma dell’articolo 1 laddove si afferma solennemente che: “La presente legge, in attuazione dell’articolo 3 dello statuto della regione Lombardia, promuove la piena valorizzazione delle risorse sociali ed economiche del settore agro - silvo - pastorale, il miglioramento delle condizioni di vita e di sicurezza delle popolazioni di montagna e l’attiva salvaguardia dei valori naturali ed umani, mediante una politica di programmazione che assicuri la razionale utilizzazione dei terreni, l’incremento della produzione legnosa e delle altre attività economiche connesse, la prevenzione e l’eliminazione delle cause di dissesto idrogeologico, la realizzazione di interesse regionale per la difesa del suolo ed il potenziamento del verde”. Ciò trova conferma proprio nelle disposizioni contenute nel terzo e nel quarto comma del già citato articolo 1 ter che, per un verso, escludono da quella nozione di bosco, tra l’altro, “le piantagioni arboree e dei parchi urbani” (comma 3, lett. d), e, per altro verso, ammettono che anche i popolamenti previsti dal precedente terzo comma (tra cui le citate piantagioni arboree e parchi urbani) possano essere assoggettati alla speciale disciplina dei boschi, previa adozione da parte del Consiglio regionale di apposito regolamento qualora sussistano motivate ragioni di ordine ambientale o di protezione del suolo. Nel caso di specie, proprio dalle risultanze della verificazione, è emerso che l’area oggetto della variante in discussione è (ed era anche al momento della approvazione della variante da parte della Giunta regionale) compresa indiscutibilmente in un contesto urbano, tant’è che su parte di essa, quella di circa 12.900 metri quadrati (o meglio di 13.277 metri quadrati), sono stati riscontrati anche elementi indicativi di servizi e sottoservizi tipicamente urbani, quali le fognature e la metropolitana. In tal senso è indicativo non solo che tutta l’area in esame confina con altra area a verde urbano per la quale non è stato neppure ipotizzata la sua riconducibilità alla nozione di bosco, per quanto un’ampia porzione della stessa area in esame, pari a circa 9.100 metri quadrati (o meglio 11.880 metri quadrati), è stata ritenuta pacificamente da tutte le parti in causa e dallo stesso Corpo Forestale dello Stato quale “verde urbano”: non è ragionevole, in mancanza di altri elementi di valutazioni, ritenere che nell’ambito di una stessa area, tutta collocata nello stesso ambito urbano, una parte possa essere considerata “verde urbano” ed un’altra sia invece considerata bosco. Peraltro, oltre a non essere comprensibili e rinvenibili logicamente con riguardo alla consistenza arborea rinvenuta sulla area di maggiore consistenza, proprio in ragione della sua collocazione geografica e geopolitica, quelle specifiche finalità indicate nell’articolo 1 della legge 5 aprile 1976 n. 8 solo in funzione delle quali si può apprezzare la nozione di bosco delineata nel successivo articolo 1 ter, non può sottacersi che, come peraltro acutamente evidenziato dalla parte appellata, la consistenza arborea accertata sulla seconda parte dell’area in esame (contraddistinta con lettere X, Y e Z), non occupa neppure tutta la sua estensione, ma riguarda soltanto circa 4.900 metri quadrati e cioè meno della metà dell’estensione della sub area e complessivamente circa un quinto dell’intera zona oggetto della variante, se si considera la effettiva estensione di circa 25.000 metri quadrati stimata dalle misure catastali al 31 maggio 1999 ovvero un quarto se rapportato ai circa 22.000 metri quadrati, indicati nella delibera di adozione ed in quella di approvazione della variante. Alla stregua di tali considerazioni deve quindi negarsi che la consistenza arborea in esame possa integrare la nozione di bosco, così che sotto tale profilo la sentenza di prime cure non merita le censure che le sono state rivolte. Tuttavia il fatto che sull’area oggetto della variante in argomento non insista una consistenza arborea idonea a configurare la nozione (anche meramente giuridica) di bosco esclude poi che l’area stessa potesse considerarsi sottoposta ad automatico vincolo paesaggistico, per effetto della lettera g) del quinto comma dell’articolo 82 del D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, come modificato dal decreto legge 27 giugno 1985 n. 312, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985 n. 431. Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 maggio 2002, n. 2914.

 

Costituisce bosco ex R.D. 3267-1923 il terreno vincolato a scopi idrogeologici. Secondo quanto previsto dal R.D. 3267-1923, costituisce bosco il terreno vincolato a scopi idrogeologici, nel quale si trovano piante forestali già adulte o in via di accrescimento in numero adeguato, a prescindere dalla densità delle medesime.  Cassazione civile, sez. III, 25 maggio 2000, n. 6871

 

La nozione di "territorio coperto da bosco" ai fini della sottoposizione a vincolo paesaggistico. La nozione di "territorio coperto da bosco", ai fini della sottoposizione a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 1 lett. g) l. 8 agosto 1985 n. 431, non può assumere una portata riduttiva, così da farvi rientrare solo i boschi in senso naturalistico, ma va intesa anche in senso normativo, perciò con riferimento agli elementi idonei ad individuare il suddetto territorio ricavabile da provvedimenti legislativi, nazionali e regionali, e da atti amministrativi generali e particolari. “La definizione di bosco e foresta deve essere ricavata non solo da elementi di carattere naturalistico ma anche indici normativi, riferendosi a provvedimenti legislativi nazionali e regionali e ad atti amministrativi generali o particolari, così si è espressa la Cassazione penale, sez. III, 24 settembre 1999, n. 12108”. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la sottoposizione a vincolo paesaggistico anche dell'area limitrofa al bosco, per un'ampiezza di 100 m., secondo quanto in proposito disposto dalla l. reg. Puglia, l'11 maggio 1990 n. 30). Cassazione penale, sez. III, 10 aprile 2000, n. 1551

 

Definizione normativa della nozione di "bosco". In mancanza di una precisa definizione normativa della nozione di "bosco", cui fa riferimento l'art. 1 comma 1 lett. g), d.l. 27 giugno 1985 n. 312, conv. con modificazioni in l. 8 agosto 1985 n. 431, (legge recepita con Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 490), e dovendosi comunque escludere che nella detta nozione possa rientrare un piccolo gruppo di alberi ovvero che possano rientrarvi i frutteti (siccome privi di caratteristiche "forestali"), mentre non è richiesto, per converso, che gli alberi debbano essere di alto fusto nè che siano particolarmente fitti (avuto anche riguardo al testo normativo che si riferisce a "territori coperti da foreste o da boschi", da riguardarsi, quindi, come ecosistemi ed entità paesaggistiche comprensive anche di radure e parti rocciose, purché non escludenti una considerazione unitaria dell'insieme), deve ritenersi consentito, quando ciò sia possibile, mutuare la definizione in questione dalla normativa e dagli atti amministrativi regionali. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C., nel cassare con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto come " bosco " l'insieme di tre alberi limitrofi ad una costruzione assunta come abusiva, ha affermato che, trattandosi di fatto accertato nel territorio della regione Sardegna, ben si sarebbe potuto fare riferimento alle indicazioni ricavabili dal piano regionale per la difesa dei boschi dagli incendi nonché dalla relativa circolare esplicativa). Cassazione penale, sez. III, 24 settembre 1999, n. 12108

 

Qualificazione di un’area boscata. Non è dato rinvenire nel tessuto normativo un criterio univoco inteso alla definizione dei parametri ai quali agganciare la qualificazione di un'area come boschiva. In assenza di un criterio vincolante non appare irragionevole la valutazione, sottesa al provvedimento reiettivo impugnato, recepita dall'inventario forestale nazionale, che segnala un rapporto piante - superficie di 455 per ettaro ed un'area di insistenza delle chiome superiore al 20%. Consiglio Stato sez. VI, 15 luglio 1998, n. 1095

 

Concetto di bosco. Nel concetto di territorio coperto da bosco, cui fa riferimento la legge che tutela le bellezze naturali, rientra non solo la superficie sulla quale insistono i popolamenti arborei, ma anche le aree limitrofe che servono per la salvaguardia e l'ampliamento. (Nella specie, relativa, a rigetto di ricorso con il quale l'imputato, condannato per avere estirpato un bosco ceduo di robinia pseudoacacia di circa 600 mq. in zona soggetta a vincolo paesaggistico senza avere ottenuto l'autorizzazione prevista dall'art. 7 l. 29 giugno 1939 n. 1497, aveva incentrato la sua censura tenendo presente la nozione di "bosco" delineata dalla normativa regionale, la Corte ha osservato che non era consentito adottare, nel caso in esame, la restrittiva nozione di "bosco" contenuta in detta normativa, sicché territorio coperto da bosco non era soltanto l'area di circa 600 mq., da cui l'imputato aveva estirpato le acacie senza autorizzazione, dovendosi, invece, considerare quella complessiva di mq. 700, tanto più che nella zona limitrofa vi era tale vegetazione). Cassazione penale sez. III, 26 marzo 1997, n. 3975.

 

Regione Lombardia - tutela dei boschi. Nella Regione Lombardia, la L. Regione Lombardia 27 gennaio 1977, n. 9 è indirizzata alla tutela dei boschi e ne disciplina l'eliminazione radicale, ma anche il taglio, sia pure parziale; pertanto, è illegittimo l'intervento edilizio che abbia comportato il taglio anche solo di pochi elementi di un bosco, compiuto in violazione della predetta legge. Consiglio di Stato, sez. VI, 04 dicembre 1996, n. 1679

 

Definizione giuridica di bosco, ai sensi della tutela imposta dal vincolo della l. n. 431 del 1985, e' quel terreno sul quale esista o venga comunque a costituirsi, per via naturale o artificiale, un popolamento di specie prevalentemente legnose forestali arboree e arbustive che crei un ecosistema tale che la superficie coperta dalle chiome risulti almeno meta' dell'area totale. Il pioppeto che, genericamente, rientra nella categoria della silvicoltura esente da vincoli, quando e' presente in formazioni spontanee e sorge su un'area territoriale già soggetta di per se' a vincoli paesaggistici, può costituire un vero e proprio bosco ripariale; in questo caso, il taglio dei pioppi e' sottoposto al vincolo della legge Galasso, poiché pregiudicherebbe l'ambiente da un punto di vista paesaggistico (estetico) e ambientale (biologico), andando ad incidere sugli elementi costitutivi del paesaggio - ambiente. Pretura Terni, 16 aprile 1996.

 

Concetto di territorio coperto da boschi e vincolo paesaggistico. In relazione al concetto di territorio coperto da boschi e foreste, soggetto il vincolo paesaggistico - ambientale sulla base dell'art. 1 D.L. n. 431 del 1985, va ben differenziato il territorio coperto da alberi, che forma pertanto un bosco o una foresta, dal territorio coperto da elementi minori quali arbusti, seppur di notevole rilievo costitutivo e visivo: un albero è una pianta legnosa con fusto perenne ben definito che a pieno sviluppo presenta un asse principale prevalente sulla massa delle ramificazioni, il quale raggiunga un diametro di almeno 5 centimetri ad altezza di petto ed un'altezza di almeno 5 metri mentre i rami si sviluppano in alto sul tronco; sono invece arbusti quelle piante legnose che si presentano ramificate per lo più sin dalla base, nelle quali la massa dei rami predomina sull'asse principale e il fusto primario può non superare in dimensione i fusti secondari sicché la pianta assume un aspetto cespuglioso. Conseguentemente i territori coperti da boschi e foreste ai fini della l. n. 431 del 1985 sono aree formate da soprassuoli di formazioni vegetali di piante soprattutto arboree, ma anche arbustive ed erbacee in equilibrio dinamico evolutivo tra loro in un ecosistema che comprenda in via principale gli alberi di una sola o più specie, e nel contempo gli arbusti, le piante erbacee, la crittogame, le foglie morte e gli altri detriti vegetali ed animali, nonché la fauna e microfauna che trovano condizioni di vita nel territorio boscato stesso. Pretura Terni, 16 aprile 1996.

 

Intangibilità delle aree boscate. Nella reg. Lombardia, la l. reg. 27 gennaio 1977 n. 9, impone l'intangibilità delle aree boschive, limitando le operazioni di taglio, anche se relative a singoli elementi, al fine di non compromettere l’unitarietà e l'equilibrio dell'impianto, per cui è illegittimo l'intervento edilizio che abbia comportato l'eliminazione di alcune essenze del bosco. Consiglio Stato sez. VI, 4 dicembre 1996, n. 1679.

 

Un territorio coperto da bosco è sottoposto a vincolo "ex lege" - in mancanza della prescritta autorizzazione regionale s'integra il reato di cui all'art. 1 sexies l. n. 431 del 1985. Il sistema di tutela ambientale delineato dalla l. n. 431 del 1985 prevede, per determinate categorie di beni, l'imposizione di un vincolo "ex lege". Pertanto, il piano paesistico regionale non è in grado di costituire o escludere il vincolo ambientale, perché questo deriva direttamente dalla legge. Un territorio coperto da bosco è da ritenere sottoposto a vincolo, ancorché non incluso tra i boschi dal bosco paesistico regionale. L'intervento in tali zone senza la prescritta autorizzazione regionale integra pertanto il reato di cui all'art. 1 sexies l. n. 431 del 1985. L'esistenza del vincolo deve essere esclusa se il bosco risulta incluso come area edificabile nel piano triennale di attuazione del piano regolatore generale vigente prima dell'entrata in vigore della c.d. legge Galasso. Cassazione penale, sez. III, 6 dicembre 1995, n. 4319.

 

Attività di rimboschimento. Legittimamente non è considerata attività di rimboschimento e, in applicazione analogica delle norme sull'apertura di cave, è negata la relativa autorizzazione, nel caso in cui l'attività di rimboschimento venga effettuata mediante terrazzamenti comportanti l'escavazione di ingenti quantitativi di materiale. Consiglio Stato, sez. II, 23 novembre 1994, n. 649.

 

La nozione di territorio coperto da bosco nella legislazione paesaggistica ed in particolare nella legge n. 431 del 1985 ora inserita nel testo del D. Lgs. 1999 n. 490, deve essere ricavata non solo in senso naturalistico ma anche normativo, riferendosi a provvedimenti legislativi, nazionali e regionali, ed ad atti amministrativi generali o particolari, sicché non è possibile adottare, alla luce della "ratio" della legge n. 431 del 1985 (D. Lgs. 1999 n. 490), una concezione quantitativa e restrittiva di bosco, dovendosi includere anche le aree limitrofe che servono per la salvaguardia e l'ampliamento, attesa la significativa differenza tra bosco e territorio coperto da bosco, che implica un elemento tipizzante quella zona. Cassazione penale, sez. III, 09.06.1994, n. 7556.

 

Estensione della definizione di bosco a territori non boscati idonei alla tutela del bosco. L'adozione da parte del legislatore della formula "territori coperti da foreste e boschi", in luogo di quella prevista dal D.M. 1 settembre 1984, che sottoponeva a generalizzato vincolo paesaggistico "i boschi e le foreste", implica il riferimento ad una nozione normativa di bosco che non è circoscritta ai soli terreni boscati, ma ad un elemento tipizzante il territorio che non può essere ricoperto da alberi e può servire per salvaguardare il bosco. Cassazione penale sez. III, 31 marzo 1994.

 

Definizione di principio della nozione di "zona boscata". In tema di boschi, la l. reg. Valle d'Aosta 15 giugno 1978 n. 14, modif. dalla l. reg. 9 giugno 1981 n. 32, ha proceduto ad una puntuale definizione di principio della nozione di "zona boscata". Ad essa deve fare seguito una semplice ricognizione cartografica. Il dato catastale deve quindi conformarsi alla previsione normativa regionale. Ne deriva che le amministrazioni locali devono attenersi alla disciplina regionale. Cassazione penale, sez. III, 7 marzo 1994

 

 Il "concetto" di bosco deve essere riguardato come patrimonio naturale con una propria individualità, un ecosistema completo, comprendente tutte le componenti quali suolo e sottosuolo, acque superficiali e sotterranee, aria, clima e microclima, formazioni vegetali (non solo alberi di alto fusto, di una o più specie, anche erbe e sottobosco), fauna e microfauna, nelle loro reciproche profonde interrelazioni, e quindi non solo l'aspetto estetico-paesaggistico di più immediata percezione del comune sentimento. Il bosco e' una realtà naturale vivente cioè qualcosa di più di una proiezione estetica. Cassazione penale sez. III, 12 febbraio 1993.

La tutela del bosco nella Regione Marche. L'art. 5 comma 1 l. reg. Marche 13 marzo 1985 n. 7 non è diretto a tutelare il bosco, in quanto terreno sul quale insiste una consistente concentrazione di alberi, ma piuttosto a salvaguardare determinate specie di flora locale, il cui abbattimento è subordinato alla preventiva acquisizione di autorizzazione dell'ufficio regionale delle foreste, competente per territorio, assicurando così un tipo di tutela, essenzialmente floristica, diversa da quella discendente dalla l. 29 giugno 1939 n. 1497, atteso che la prima non è preordinata a salvaguardare l'intero territorio coperto dal bosco, qualificato come bellezza d'insieme, ma soltanto gli alberi di specie protette ricompresi nel bosco, al fine di controllarne l'abbattimento. T.A.R. Marche, 18 dicembre 1992, n. 753

La funzione e la tutela del bosco. Ai fini della necessità dell'autorizzazione prescritta dall'art. 21 r.d. 16 maggio 1926 n. 1126 per bosco deve intendersi un terreno sul quale insistono una serie di alberi che esplicano l'essenziale funzione di evitare che il terreno stesso possa "con danno pubblico subire denudazioni, perdere stabilità e turbare il regime delle acque" come stabilisce l'art. 1 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267. Consiglio Stato sez.V, 25 ottobre 1989 n. 671.

Definizione di bosco ex artt. 423 e 425 n.. 5 cod. pen.. Ai fini del delitto di cui agli artt. 423 e 425 n.. 5 cod. pen., per " bosco " deve intendersi una superficie di notevole estensione sulla quale crescono, naturalmente o con processo artificiale, alberi o frutici, cedui e non cedui, talché in detto termine vanno ricomprese anche le macchie. Cassazione penale, sez. I, 11 ottobre 1987, n. 742

In relazione alla definizione e qualificazione dei "territori coperti da foreste e boschi" rilevanti ai fini dell'applicazione della legge n. 431 del 1985, il territorio boscato deve essere inteso e considerato come un ecosistema completo, e cioè come una formazione vegetale che comprende gli alberi di una sola o più specie, gli arbusti, le piante erbacee, le crittogame, le foglie morte e gli altri detriti vegetali ed animali, nonché la fauna e microfauna che trovano condizioni di vita nel territorio boscato stesso. Riguardo all'estensione, non si può parlare di territorio boscato se la superficie coperta dalle chiome è minore della metà dell'area totale, poiché, in tal caso, più che di territorio boscato dovrà parlarsi di pascolo, di prato, o di altra qualsiasi coltura arborale. Pretura Amelia 15 ottobre 1986,

 

 

 C) INCENDIO.

INCENDI BOSCHIVI - DIRITTO URBANISTICO - Inedificabilità delle aree percorse dal fuoco - Art. 1 bis d.l. n. 332/1993 - Modifica all’art. 9, c. 4 della L. n. 47/75 - Funzione meramente ricognitiva di un principio immanente nell’ordinamento - Tutela del patrimonio boschivo - Tipizzazione urbanistica preesistente all’evento incendiario - Irrilevanza - L. n. 353/1990. La modifica apportata all’art. 9, c. 4 della L. n. 47/75 dall’art. 1 bis d. l. 30 agosto 1993 n. 332, convertito con l. 29 ottobre 1993 n. 428, a mente delle cui indicazioni “fino all’approvazione dei piani di cui all’articolo 1, in tutte le zone i cui soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati dal fuco è vietato l’insediamento di qualsiasi tipo”, risulta meramente ricognitiva ed esplicativa di un principio immanente alle finalità conclamate di tutela del patrimonio boschivo, e cioè quello dell’assoluta inedificabilità delle aree in questione, a prescindere dalla loro tipizzazione urbanistica preesistente all’evento incendiario, siccome intesa a prevenire fenomeni speculativi e ad assicurare la rigenerazione del “bosco…considerato nella sua entità unitaria di ecosistema complesso” e la tutela del patrimonio boschivo nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita. Non a caso la successiva normativa di riforma (legge quadro in materia di incendi boschivi n. 353 del 1990) esclude in radice radice la possibilità di edificazione delle aree percorse da incendio sulla base della mera previsione che dette aree fossero edificabili prima dell’evento incendiario (art. 10 comma 1). Pres. Esposito, Est. Gaudieri - R.A. (avv.ti Brancaccio e Accarino) c. Comune di Montecorice (avv. Jovino), Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. II - 25 marzo 2010, n. 2353

BOSCHI E FORESTE - INCENDI BOSCHIVI - Reato ex art. 423 bis c.p. - Tipo di vegetazione esistente sul terreno - Irrilevanza. Ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 423 bis c.p. è irrilevante il tipo di vegetazione esistente sul terreno quando questo rientri in area boschiva. La norma, infatti, si riferisce a qualunque estensione di terreno sia che su di essa insista boscaglia, sterpaglia o altra vegetazione, dal momento che l’intento perseguito dal legislatore è quello di dare tutela ad entità naturalistiche la cui distruzione incide su un bene primario insostituibile della vita la cui natura determina per ciò stesso una maggiore pericolosità di diffusione delle fiamme. Del resto lo stesso art. 2 l. 21/11/2000 n. 353 (che ha introdotto la fattispecie dell’art. 423 bis c.p.) ha definito l’incendio boschivo come un fuoco con suscettività di espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, nonché su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi alle dette aree, così espressamente ricomprendendo nell’evento sanzionato non solo l’incendio che incida sulle piante da fusto, ma anche quello che riguardi qualunque forma di vegetazione ricadente nell’area boschiva (cfr. Cass. 30/4/2001, n. 25935). Giud. Arena - Imp. Lombardo Pontillo. TRIBUNALE DI MESSINA, Sez. GIP - 13 agosto 2008, n. 248

BOSCHI E FORESTE - INCENDI BOSCHIVI - Reato ex art. 423 bis c.p. - Proprietà del terreno - Irrilevanza. Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 423 bis c.p. è irrilevante se la proprietà del terreno sia ascrivibile esclusivamente all’autore del fatto, o meno. Infatti, in presenza di incendio in area boschiva, la norma non fa alcuna distinzione in ordine alla proprietà. Del resto lo stesso art. 423 c.p. prevede la rilevanza penale dell’incendio della cosa propria, quando questo determini pericolo per la pubblica incolumità. Giud. Arena - Imp. Lombardo Pontillo. TRIBUNALE DI MESSINA, Sez. GIP - 13 agosto 2008, n. 248

INCENDI - Nozione di bosco - Tutela paesaggistica - Competenze dello Stato e delle Regioni - Lotta contro gli incendi boschivi - Art. 2 c. 6, D.Lgs. n. 227/2001. La definizione della nozione di bosco ai fini della tutela paesaggistica spetta solo allo Stato, che l'ha esercita attraverso il comma 6, dell'art. 2 del D.Lgs. 18.5.2001 n. 227, mentre spetta alle Regioni stabilire eventualmente un diverso concetto di bosco per i territori di loro appartenenza, solo per fini diversi, attinenti per esempio allo sviluppo dell'agricoltura e delle foreste, alla lotta contro gli incendi boschivi, alla gestione dell'arboricoltura da legno etc.. E' evidente che se le Regioni formulassero una diversa definizione di bosco avente efficacia anche per la individuazione dei territori boschivi protetti dal vincolo paesaggistico finirebbero per interferire sulla estensione della tutela dell'ambiente, che per precisa scelta costituzionale è riservata allo Stato. (Legge costituzionale 18.10.2001 n. 3, che ha modificato la ripartizione delle competenze regionali tra Stato e Regioni). Pres. Lupo - Est. Onorato - Ric. Monni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c. 16/11/2006), Sentenza n. 1874

INCENDI boschivi - Elaborazione dei piani regionali - Competenza regioni - Limiti. In materia di incendi boschivi, la legge 21.11.2000 n. 353 (legge quadro in materia di incendi boschivi), affida alle regioni il compito di elaborare piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, sulla base di linee guida e direttive deliberate dal Consiglio dei ministri. Pres. Lupo - Est. Onorato - Ric. Monni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 gennaio 2007 (c.c. 16/11/2006), Sentenza n. 1874

 

Incendi - Caccia - Piano faunistico venatorio - Omessa individuazione delle aree percorse dal fuoco - Illegittimità. Viola l’art. 10, comma 1, L. 353/2000, il piano faunistico venatorio che ometta di indicare le aree e le superfici percorse da incendio ove vige divieto di caccia per 10 anni. La subordinazione dell’inclusione delle aree percorse da incendi nell’ambito delle zone in cui vige il divieto di caccia all’espletamento della mappatura da parte dei Comuni realizza una sostanziale vanificazione del termine di divieto previsto dalla legge 353/2000. Pres. Arosio, Est. Morbelli - W.W.F., L.A.V., L.A.C., E.N.P.A. (Avv. Granara) c. Provincia di Genova (Avv.ti Giovanetti, Scaglia e Manzone) - TAR LIGURIA, Sez. II, 1° settembre 2004 (C.C. 1 luglio 2004), Sentenza n. 1340 (vedi: sentenza per esteso)

 

Tutela del paesaggio - territori coperti da boschi - esecuzione di attivita' ed opere di bonifica, antincendio e conservazione in assenza di autorizzazione forestale - reato di cui all'art. 1 sexies d. l. n. 312 del 1985 - configurabilità - fondamento. In tema di tutela del paesaggio, il reato si cui all'art. 1 sexies del D. L. 27 giugno 1985 n. 312, convertito in legge 8 agosto 1985 n. 431 (ora sostituito dall'art. 163 del D. Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490), ricomprende anche le ipotesi di esecuzione, in territori coperti da boschi ed in difetto della prescritta autorizzazione forestale prevista dal comma quarto del citato art. 1 sexies, di attivita' ed opere di bonifica, antincendio e di conservazione qualora tale intervento comporti una apprezzabile modificazione dello stato dei luoghi, non essendo richiesto un concreto pregiudizio del bene protetto, atteso che la "ratio" della disposizione e' quella di escludere la liceita' di qualsiasi intervento modificativo effettuato senza una preventiva valutazione dell'operazione da parte dell'autorita' preposta. Corte di Cassazione Sez. III del 15 aprile 2002, sentenza, n. 14292

 

Definizione d'incendio boschivo - l'incendio di "boscaglia" - l’esigenza di tutela del patrimonio boschivo nazionale - la repressione degli incendi boschivi. Integra il reato di cui all'art. 423 bis c.p., introdotto all'art. 1 comma 1, d.l. 4 agosto 2000 n. 220, conv. in l. 6 ottobre 2000 n. 275, l'incendio di "boscaglia" tale intendendosi il bosco incolto, fitto, intricato e folto costituito anche da alberi di diversa specie. Siffatta ricostruzione esegetica della lettera della norma incriminatrice, oltre ad essere rispettosa della ratio legis posta dal legislatore a fondamento dell’aggravamento sanzionatorio - l’esigenza di tutela del patrimonio boschivo nazionale, quale bene primario e insostituibile per la qualità della vita, mediante la repressione degli incendi boschivi - risulta altresì coerente, sul piano logico-sistematico, con l’invero ampia definizione di “incendio boschivo” racchiusa nell’art. 2 della successiva legge-quadro in materia, l. 21.11.2000 n. 353, della quale non può negarsi la rilevanza penalistica atteso che l’art. 11.1 della stessa riproduce nuovamente il medesimo testo dell’art. 423-bis c.p., già introdotto con le misure emergenziali del citato decreto-legge n. 220 del 2000 per la repressione degli incendi boschivi. Orbene, ai sensi del citato art. 2 l. 353 del 2000, “per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all’interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree”. Corte di Cassazione - I sezione penale - Sentenza del 26 giugno 2001, n. 25935

L'elemento oggettivo del reato di incendio boschivo - definizione d'incendio boschivo. L’elemento oggettivo del reato di incendio boschivo (art. 423 bis c.p., introdotto dal d.l. n. 220 del 2000, conv. nella l. n. 275 del 2000) è correttamente riferito anche a estensioni di terreno a "boscaglia", "sterpaglia" e "macchia mediterranea", atteso che la l. 21 novembre 2000 n. 353, che all'art. 11 ha riprodotto il testo dell'art. 423 bis c.p., all'art. 2 definisce l'incendio boschivo come un fuoco con suscettività ad espandersi su "aree boscate, cespugliate o arborate" nonché su "terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi alle dette aree". (In specie la vicenda, risulta cristallizzata nell’imputazione strutturata nei seguenti termini: “perché cagionava un incendio di una superficie collinare di circa trenta ettari, costituita da campi coltivati ad oliveto e da frutteti di varie specie [circa 5-6 ettari] nonché da boscaglia, sterpaglia e macchia mediterranea comprendente diverse essenze arboree, tra le quali delle querce”. Il riferimento fattuale ad un incendio di circa 24 ettari di “boscaglia”, “sterpaglia” e “macchia mediterranea” consente di ritenere corretto l’inquadramento dell’episodio nella fattispecie astratta disciplinata dall’art. 423-bis c.p., inserito dall’art. 1.1 d.l. 4.8.2000 n. 220, conv. In l. 6.10.2000 n. 275, che punisce più severamente chiunque cagiona un “incendio su boschi, selve o foreste”: s’intende infatti per “boscaglia”, nell’uso corrente, il bosco incolto, fitto, intricato, folto e costituito anche da alberi di specie diversa). Corte di Cassazione - I sezione penale- Sentenza del 26 giugno 2001, n. 25935

Appalto-concorso produzione del "nulla osta" di prevenzione incendi. Qualora la lettera d'invito ad una gara, da svolgersi mediante appalto-concorso, prescriva la produzione del "nulla osta" di prevenzione incendi, usa un'espressione generica comprensiva sia del certificato definitivo di prevenzione che dell'autorizzazione provvisoria: a detta richiesta - intesa secondo criteri letterali, di logica interpretativa e di senso comune - è, pertanto, da ritenere conforme la autodichiarazione ex art. 3 comma 5 d.P.R. 12 gennaio 1998 n. 37 munita del timbro di ricezione del comando provinciale dei vigili del fuoco. T.A.R. Molise, 14 maggio 2001, n. 121

 

Spegnimento degli incendi boschivi - servizio di guardia forestale - stato depressivo. Deve essere riconosciuta la dipendenza dal servizio di guardia forestale, fra l'altro impegnata nei servizi di spegnimento degli incendi boschivi dell'infermità "stato depressivo in soggetto con tratti schizoidi". C.Conti reg. Trentino Alto Adige, sez. giurisd., 25 settembre 2000, n. 385

 

Spegnimento di incendi boschivi - turno di disponibilità. Il compenso previsto dall'ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 febbraio 1986 n. 688 in favore degli equipaggi aerei impegnati nello spegnimento di incendi boschivi spetta anche ai membri degli equipaggi che nel turno di disponibilità non hanno partecipato alle operazioni di spegnimento per non essersi verificata durante il loro turno di servizio alcuna emergenza. Consiglio Stato, sez. IV, 2 giugno 2000, n. 3151

 

Compenso per gli equipaggi impegnati nel servizio antincendio. Il compenso per gli equipaggi impegnati nel servizio antincendio è giustificato dalla peculiarità e dalla continuità dei rischi connessi all'impiego nell'attività di spegnimento di incendi in atto; pertanto esso spetta solo ai membri degli equipaggi effettivamente impiegati nella lotta agli incendi boschivi e non ai membri degli equipaggi di volo addetti alla ricognizione. Consiglio Stato, sez. IV, 30 marzo 2000, n. 1833

 

L'elemento psicologico del delitto di cui all'art. 423 c.p. consiste nel dolo generico, cioè nella volontà di cagionare un incendio, inteso come combustione di non lievi proporzioni, che tenda ad espandersi e non possa facilmente essere contenuta e spenta; il reato di cui al successivo art. 424 è, invece, caratterizzato dal dolo specifico, consistente nel voluto impiego del fuoco al solo scopo di danneggiare, senza la previsione che ne deriverà un incendio con le caratteristiche prima indicate, o il pericolo di siffatto evento. Ne consegue che, nel caso di incendio commesso al fine di danneggiare, quando a detta ulteriore e specifica attività si associa la coscienza e volontà di cagionare un fatto di entità tale da assumere le dimensioni previste dall'art. 423 c.p., è applicabile questa norma, e non l'art. 424 dello stesso codice, nel quale l'incendio è contemplato come evento che esula dall'intenzione dell'agente. (In motivazione la S.C. ha precisato che l'esistenza e la natura del dolo, elemento appartenente all'interiorità psichica e, come tale, insuscettibile di diretta osservazione, devono essere desunte da elementi esteriori, in specie dallo svolgimento e dalle modalità esecutive del fatto, atti a dimostrare, secondo regole di esperienza consolidate e affidabili, l'atteggiamento psicologico dell'agente e la finalità da lui perseguita). Cassazione penale sez. I, 10 giugno 1998, n. 11026.

 

 Sono fattori idonei a configurare l'incendio di cui all'art. 424, comma 1, c.p., non solo le fiamme, ma anche tutti gli altri elementi che con le fiamme si pongono in rapporto di causa ad effetto, come il calore, il fumo, la mancanza di ossigeno, l'eventuale sprigionarsi di gas pericolosi dalle materie incendiate, in quanto, per effetto di tali conseguenze, si verifica ugualmente il pericolo per la pubblica incolumità - componente oggettiva della nozione giuridica di incendio -, senza soluzione di continuità e senza interruzione del nesso causale oggettivo e materiale e che, pertanto, debbono essere attribuite all'incendio come una qualsiasi azione od omissione è attribuita materialmente al soggetto che la compie. Cassazione penale sez. I, 10 gennaio 1998, n. 5251.

 

 Il reato di cui all'art. 424, comma 1, c.p.p. (danneggiamento seguito da incendio), a differenza dell'ipotesi aggravata di cui al comma 2, non richiede il verificarsi dell'incendio, ma anticipa la soglia della punibilità per motivi di politica criminale rinvenibili nell'intento di evitare che venga usato a scopo di danneggiamento un mezzo altamente insidioso quale il fuoco. Cassazione penale sez. I, 10 gennaio 1998, n. 5251.

 

 Definizione del delitto di incendio. Sussiste il delitto di incendio di cui all'art. 423 c.p. quando l'azione di appiccare il fuoco è finalizzata a cagionare l'evento con fiamme che per le loro caratteristiche e per la loro violenza tendano a propagarsi in modo da creare effettivo pericolo per la pubblica incolumità. Viceversa sussiste il delitto di danneggiamento seguito da incendio allorché il fatto viene realizzato con il solo intento e cioè con il dolo specifico di danneggiare la cosa altrui. Ne consegue che nell'ipotesi in cui l'agente, pur proponendosi di danneggiare la cosa altrui, tuttavia per i mezzi usati e per la vastità e le dimensioni del risultato raggiunto, ha realizzato un incendio di proporzioni tali da mettere in pericolo la pubblica incolumità, deve in ogni caso rispondere del delitto di incendio doloso e non già del meno grave reato di danneggiamento seguito da incendio. Cassazione penale sez. I, 14 marzo 1995.

 

 Divieto di sanatoria e cambio di destinazione dei terreni boscati percorsi dal fuoco. Particolarmente significativa, ai fini della tutela dell’ambiente e delle misure deterrenti contro gli incendi del soprassuolo boscato e contro gli incendi del territorio in genere, appare la norma dell’art. 2, comma 6, del decreto-legge 26 luglio 1995, n. 310 recante misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell’edilizia privata, che ha escluso dalla sanatoria di cui all’art. 39 della legge n. 724 del 1994 le costruzioni abusive realizzate sopra o sotto il soprassuolo boschivo distrutto o danneggiato per cause naturali o atti volontari. Da sottolineare che la previsione contempla come esclusione oggettiva le zone boschive distrutte o danneggiate per qualsiasi causa e con qualsiasi mezzo (oltre che da fuoco o incendio, anche a seguito di calamità naturale o abbattimento volontario o atto vandalico). In tale modo si garantisce la possibilità di ricostituzione del bosco e si contribuisce a scoraggiare gli incendi o le distruzioni dolose, mentre restano confermati per le stesse zone boschive distrutte o danneggiate dal fuoco sia il divieto di cambio di destinazione e, in via di salvaguardia fino alla approvazione dei piani regionali, sia il divieto di insediamento (di nuove) costruzioni di qualsiasi tipo (art. 2, comma 6, del d.l. 26 luglio 1995, n. 310, in riferimento all’art. 9, commi quarto e quinto, della legge 1° marzo 1975, n. 47 (Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi), nel testo risultante a seguito dell’art. 1-bis del d.l. 30 agosto 1993, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 428. CORTE COSTITUZIONALE - 427 - 12 settembre 1995 - Pres. Baldassarre, Red. Chiappa.

 

Definizione di incendio. Per incendio deve intendersi un fuoco distruggitore in atto di notevoli proporzioni e virulenza, che tende a diffondersi e non è agevole estinguere. Allorché tali condizioni ricorrano e l'incendio riguarda la cosa altrui, il pericolo per l'incolumità pubblica è presunto iuris et de jure. (Fattispecie in tema di danneggiamento seguito da incendio). Cassazione penale sez. I, 6 maggio 1994.

 

 Definizione del dolo e della colpa nei reati di incendio. Per la configurazione del reato di incendio di cui all'art. 423 c.p. è necessario che il soggetto agente abbia voluto cagionare l'incendio; mentre, quando il pericolo dell'incendio o addirittura l'incendio si siano verificati come conseguenza non voluta dell'azione sono configurabili rispettivamente il reato di cui all'art. 42 comma 1 c.p. (danneggiamento seguito da incendio) o l'ipotesi aggravata dello stesso reato prevista dal comma 2 del citato articolo. Pertanto, quello che distingue le ipotesi criminose previste dagli artt. 423 e 424 c.p., non è tanto l'entità delle conseguenze che si sono verificate, bensì l'elemento soggettivo del reato; nel senso che, nel reato previsto dall'art. 423 c.p., l'agente vuole cagionare l'incendio, mentre, in quello previsto dall'art. 424 c.p., il pericolo dell'incendio, o addirittura l'incendio, si verificano come conseguenza non voluta dell'azione commessa. Cassazione penale sez. I, 17 febbraio 1995.

Definizione di incendio - delitti colposi di danno. In tema di delitti colposi di danno, un fuoco di non lievi proporzioni che tenda ad espandersi e che non possa essere facilmente estinto costituisce incendio. (Nella specie la Corte ha ritenuto che non possono essere ravvisati gli estremi del delitto di cui all'art. 449 cod. pen. in un fuoco che interessò una superficie di quattro ettari, di cui due di bosco ceduo e due di terreno incolto, domato in venti minuti da una guardia forestale e da quattro operai sopraggiunti sul posto). Cassazione penale, sez. IV, 26 ottobre 1990, n. 3194.

 

 

D) TAGLIO DEL BOSCO - RIMBOSCHIMENTO...

BOSCHI - SICUREZZA SUL LAVORO - Obblighi del datore di lavoro - Operazioni di taglio alberi di alto fusto - Caduta anomala di un albero - Violazione della distanza di sicurezza dal raggio di caduta dell'albero - Infortunio e decesso del lavoratore - Mancata adozione di misure di protezione e di vigilanza - Responsabilità del datore di lavoro - Fondamento giuridico - Art. 2087 c.c. Il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurando anche l'adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all'attività lavorativa. Tale obbligo si riconduce, oltre che alle disposizioni specifiche, più generalmente, al disposto dell'articolo 2087 c.c., in forza del quale il datore di lavoro é comunque costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi all'obbligo di tutela, l'evento lesivo verificatosi in danno del lavoratore correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall'articolo 40 c.p., comma 2, (Cass., Sez. IV, 8 luglio 2009, Fontanella). Fattispecie in tema di omicidio colposo di un lavoratore durante operazioni di taglio di alberi di alto fusto per caduta anomala di un albero e violazione della distanza di sicurezza dal raggio di caduta dell'albero. (conferma sentenza n. 3784/2007 della Corte di Appello di Firenze, del 03/05/2010). Pres. Zecca - Est. Piccialli - P.G. Monetti - Ric. Ma. Ma. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 7/04/2011, Sentenza n. 13777

BOSCHI E FORESTE - DIRITTO URBANISTICO - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Taglio di bosco autorizzato - Danneggiamento ceppaie - Reato di cui all'art. 181 D.L.vo n 42/2004 - Configurabilità. In materia di tutela ambientale, qualsiasi modificazione del territorio, al di fuori delle ipotesi consentite, purché astrattamente idonea a ledere il bene protetto, configura il reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n 42 del 2004. Quindi anche il decespugliamento, il disboscamento, il taglio o la distruzione di ceppaie, al di fuori di qualsiasi pratica colturale ed in assenza di autorizzazione o in difformità da essa, configura il reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n 42 del 2004 (cfr Cass. n. 29483/2004, Cass. n. 35689/2004, Cass. n. 16036/2006). Il possesso dell’autorizzazione per il taglio di un bosco non legittima il danneggiamento delle ceppaie. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Somà. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 25/03/2009), Sentenza n. 20138

BOSCHI - Sanatoria paesaggistica - Art. 1 c. 37 L. n. 308/2004 - Certificato di compatibilità paesaggistica - Opere particolarmente aggressive dell'ambiente - Autorizzazione preventiva - Necessità - Fattispecie: taglio di un bosco e sistemazione di serbatoi. Sono suscettibili di sanatoria paesaggistica a norma dell'articolo 1 comma 37 della legge n.308/2004 solo le opere che in origine sarebbero assentibili perché compatibili con il paesaggio. Nella fattispecie il certificato di compatibilità paesaggistica era subordinato alla sistemazione dei serbatoi in un luogo privo di vegetazione ed al rinverdimento delle zone di manovra al termine delle operazioni. Orbene, il taglio di un bosco non può considerarsi sanato per effetto dell' imposizione dell' obbligo del rinverdimento trattandosi d'intervento che ha già deturpato il paesaggio e quindi non si può parlare d'intervento "ab origine" compatibile con il paesaggio. Le opere particolarmente aggressive dell'ambiente devono essere autorizzate preventivamente, in quanto è prima della loro realizzazione che l'autorità amministrativa deve essere posta in condizione di valutare l'effettiva loro necessità. L'autorizzazione al taglio ed all'allargamento del sentiero doveva essere chiesta preventivamente e poteva essere accordata solo previa comparazione degli eventuali interessi contrapposti I ricorrenti, anziché chiedere la preventiva autorizzazione, hanno preferito porre l'autorità di fronte al fatto compiuto. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Bucciarelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19081

BOSCHI - Taglio di un bosco ceduo ed estirpazione di ceppaie - Differenza - Ignoranza inevitabile della legge - Esclusione - Fondamento - Fattispecie: terreno coperto da boschi, taglio, lavori di dissodamento, livellamento e sradicamento di ceppaie. L'ignoranza inevitabile della legge non può essere invocata quando colui il quale intraprende un'attività ha l'obbligo di informarsi con diligenza sulla normativa che disciplina quell'attività e, nel caso di dubbio, di astenersi dal porre in essere la condotta (cfr Cass. 28397 del 2004). Nella specie, non può essere invocata l'ignoranza inevitabile della legge in quanto l'assenso al taglio del bosco da parte degli agenti del Corpo forestale , dedotto come causa dell'errore, riguardava il taglio del legname in un bosco ceduo che è cosa diversa dall'estirpazione delle ceppaie e quindi non può giustificare la condotta ascritta. Pres. Lupo - Est. Petti - Ric. Fagnoni. (conferma, Corte d'appello di Torino del 23/02/2005). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, del 4/4/2007 (Ud. 6/3/2007), Sentenza n. 13759

BOSCHI E FORESTE - Taglio di alberi - Riserva naturale delimitazione del territorio - Decreto istitutivo - Notorietà dell'imposizione del vincolo - Ininfluenza. L'eventuale mancanza di cartelli di segnalazioni circa la presenza di un vincolo non esclude l'elemento psicologico del reato paesaggistico qualora la natura stessa dell'intervento (nella fattispecie, sbancamento di roccia e taglio di alberi su una superficie di 11.000 mq). Inoltre il decreto istitutivo di una riserva naturale viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della regione con l'indicazione della delimitazione del territorio e quindi deve ritenersi noto ai proprietari dei suoli siti nella zona. Pres. De Maio - Est. Petti - Ric. Greco ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 7 febbraio 2007 (Ud. 19/12/2006), Sentenza n. 5022

BOSCHI E FORESTE - URBANISTICA E EDILIZIA - AREE PROTETTE - BENI CULTURALI E AMBIENTALI -  Lavori di sbancamento della roccia e taglio di alberi - Artt. 110 c.p. 146 lett. f) , 151 e 163 D. L.vo n 490/1999. Per la realizzazione di interventi in aree protette (parchi nazionali e regionali, riserve naturali ecc.) occorrono tre distinti ed autonomi provvedimenti autorizzativi: il permesso di costruire, l'autorizzazione paesaggistica e, ove necessario, il nulla osta dell'ente che gestisce la riserva naturale (nella specie, vincolo imposto da una riserva naturale alle prescrizioni urbanistiche). Invero il permesso di costruire é necessario tutte le volte che venga alterata la morfologia del territorio anche con scavi e sbancamenti diversi da quelli agricoli mentre gli le altre due autorizzazioni servono a valutare la compatibilità paesaggistica dell'intervento. Pres. De Maio - Est. Petti - Ric. Greco ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 7 febbraio 2007 (Ud. 19/12/2006), Sentenza n. 5022

TAGLIO DI BOSCHI - BOSCHI E FORESTE - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Area boscata - Nozione - Qualifica di bosco - Presupposti - Inclusione negli elenchi - Necessità - Esclusione - Art. 163 D. Lgs n. 490/99 - Art. 181 D. Lgs n. 42/2004. Il taglio del bosco eseguito con tecnica a raso e non culturale configura il reato dell'articolo 163 d lgs n. 490/99, ora sostituito dall'articolo 181 del D. Lgs n. 42 della 2004 (Sez. 3 n 18695 dell'11.3.2004, rv 228452). Un’area boscata è qualificabile dalla presenza effettiva del bosco quando un terreno coperto da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, abbia i requisiti indicati dalla normativa in materia, (ad es. estensione, copertura, ecc). e ciò indipendentemente dal dato che la zona sia riportata come tale in specifici elenchi. Sicché, ai fini della sottoposizione a vincolo paesaggistico non può assumere una portata riduttiva la nozione di "territorio coperto da bosco". Pres. Grassi - Est. Sarno - Ric. P.M. in proc. Tozzi ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 25 gennaio 2007 (Ud. 14/12/2006), Sentenza n. 2864

Boschi e foreste - Area boscata - Nozione di bosco ai sensi della L.R. Siciliana n. 16/96 - Bosco artificiosamente diviso in due tronconi ciascuno di estensione inferiore ai 10.000 mq - Mantenimento della qualificazione di bosco - Programma costruttivo che consente la realizzazione di edifici entro la fascia di rispetto di 50 metri - Illegittimità. Ai sensi dell’art. 4 della Legge della Regione Siciliana n. 16/1996, i terreni su cui sorge un bosco, temporaneamente privi della vegetazione arborea sia per cause naturali compreso l’incendio, sia per l’intervento antropico, non perdono la qualificazione di bosco. Ne consegue che un’area coperta da vegetazione arborea artificiosamente frazionata in due tronconi (ciascuno di estensione inferiore a 10.000 mq) attraverso incendi “intelligenti” e taglio di alberi, al fine di eludere le disposizioni di cui alla L.R. n. 16/96, mantiene la qualità di bosco e di ciò va tenuto conto in sede di approvazione del piano regolatore generale e dei successivi strumenti di attuazione. Sicchè è illegittima l’approvazione di un programma costruttivo per l’insediamento di edifici entro la fascia di 50 metri dal limite esterno di detta area, per violazione dell’art.4 e dell’art.10 della l.r. Siciliana 6.4.1996 n. 16, nel testo sostituito dall'art. 3 della L.R. 13 del 1999, modificato e integrato dall'art. 89, comma 8, della L.R. n. 6 del 2001e dall'art. 42 della L.R. n. 7 del 2003. Pres. Leo, Est. Salamone - Legambiente Comitato Regionale Siciliano e altro (avv. De Luca) c. Comune di san Gregorio di Catania (avv. Leonardi), Assessorato regionale Territorio e Ambiente (Avv. Stato) e Provincia Regionale di Catania (avv. Salemi) - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. III - 5 ottobre 2006, n. 1632

Taglio di boschi - Fondi gravati dall'obbligo di rimboschimento - D.Lgs. n. 227/2001 - Definizione di bosco - Requisiti minimi - Esclusione - Fattispecie. La disposizione dell’art. 2, comma 6, del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 227, riferisce i requisiti «estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti», soltanto alle formazioni vegetali ed ai terreni su cui esse sorgono al fine della loro qualificazione come boschi e non anche ai fondi gravati dall'obbligo di rimboschimento, per la cui assimilazione ai boschi non occorre anche la presenza dei detti requisiti, essendo sufficiente la presenza del provvedimento amministrativo o della disposizione normativa che abbia imposto il vincolo di rimboschimento per una delle finalità indicate. Nella specie, appare assolutamente inverosimile ed illogico il comportamento del proprietario di un terreno che, avvertito delle distruzione delle piantine di sua proprietà e pur a conoscenza del vincolo gravante sul terreno, non sporga immediatamente denuncia all'organo competente al quale sa bene di dover rendere conto della piantagione. Pres. Lupo - Est. Franco - Ric. De Nardis. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 settembre 2006 (Ud. 07/06/2006), Sentenza n. 32542

Taglio di boschi - Terreno sottoposto a vincolo di rimboschimento - Violazione delle norme di polizia forestale - L. n. 950/1956 - Art. D.L. n. 3267/1923 - Fattispecie. L'art. 1 della legge 9 ottobre 1956, n. 950, sanziona la violazione delle norme di polizia forestale contenute nei regolamenti di cui all'art. 10 del d.l. 30 dicembre 1923, n. 3267. Nella specie, è stato ritenuto che sussiste il vincolo ambientale non perché si tratta di un bosco (in senso stretto) bensì perché si tratta di terreno sottoposto a vincolo di rimboschimento. Ai sensi, dell'art. 146 del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (ora art. 142 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), alla lett. G), inserisce tra i beni ambientali tutelati per legge, oltre i territori coperti da foreste e da boschi, anche quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento. L'art. 142 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, alla lett. G) che sono soggetti a tutela ambientale «i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227». L'art. 2 del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 227, poi, prevede nel comma 2 che entro dodici mesi le regioni stabiliscano per il territorio di loro competenza la definizione di bosco (ed in particolare i valori minimi di larghezza, estensione e copertura), e nel comma 3 che sono assimilati al bosco, tra gli altri, «i fondi gravati dall'obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell'aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell'ambiente in generale». Pres. Lupo - Est. Franco - Ric. De Nardis. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 settembre 2006 (Ud. 07/06/2006), Sentenza n. 32542

Boschi e foreste - Taglio del bosco - Protezione delle bellezze naturali - Sequestro preventivo - Fattispecie: compatibilità del taglio del bosco col Piano di Riassetto Forestale e mancata conformità del taglio al progetto redatto. In tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del Tribunale del riesame e di questa Corte, non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito, dovendosi limitare alla verifica della compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria dell'antigiuridicità penale del fatto (SS.UU., 7 novembre 1992, Midolini), ne' sono estensibili alle misure cautelari reali le condizioni generali per l'applicabilità di quelle personali, indicate nell'art. 273 c.p.p., per cui è preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla gravità di essi ed alla colpevolezza dell'indagato (S.S U.U., 23 aprile 1993, Giufuni). Nella specie, non essendo contestata la sussistenza del vincolo paesaggistico sull'area in questione, thema decidendum è stabilire che tipo di taglio boschivo sia stato in concreto effettuato, e specificatamente se il detto intervento sul lotto "Col Negher" sia compatibile col Piano di Riassetto Forestale del Comune di Vallada Agordina o in contrasto con esso, posto che non risulta dalla gravata ordinanza la conformità del taglio al progetto redatto, ex art. 23 L.R. n. 52/1978, dal servizio forestale regionale. Pres. Savignano - Est. Grillo - Imputato Cont ed altri - Pm Esposito V. (Conf.) (Rigetta, Trib. riesame Belluno, 26 novembre 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 22 aprile 2004 (Ud. 11 marzo 2004), sentenza n. 18695

Urbanistica e edilizia - Piantagione di alberi - Trasformazione urbanistica ed edilizia - Esclusione. La piantagione di alberi non si configura come attività di "trasformazione urbanistica ed edilizia" del territorio ai sensi dell'art. 1, l. 28 gennaio 1977 n. 10. V. e altro c. Com. Cortina d'Ampezzo - CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 12 dicembre 2003, sentenza n. 8204

Violazione di norme tecniche sul taglio taglio dei boschi e al danno causato al bosco - bosco nel suo valore estetico-ambientale - principio di specialità. Il principio di specialità dettato dall'art. 9 l. n. 689 del 1981 presuppone identità del fatto previsto dalla norma penale e da quella che impone la sanzione amministrativa; l'identità va accertata in concreto, alla stregua del fatto imputato nella sede penale e amministrativa (nella specie l'identità è stata esclusa tra il fatto contestato in sede penale ai sensi della l. n. 431 del 1985 e dell'art. 734 c.p., in violazione alla salvaguardia del bosco bosco nel suo valore estetico-ambientale, e il fatto contestato in sede amministrativa ai sensi dell'art. 25 l. reg. Campania 7 maggio 1996, n. 11, in relazione alla violazione di norme tecniche sul taglio taglio dei boschi e al danno causato al bosco come complesso produttivo di materiale legnoso, per il taglio eseguito in difformità dell'autorizzazione). Tribunale Vallo Lucania, 13 novembre 2000

L'obbligo di corresponsione dell'indennizzo compensativo del mancato guadagno derivante dal divieto di taglio del bosco. L'obbligo di corresponsione dell'indennizzo previsto dall'art. 3 l. reg. Lazio 2 settembre 1974 n. 43 (compensativo del mancato guadagno derivante dal divieto di taglio del bosco) costituisce un debito di valuta e non di valore, non avendo, al pari di analoghe obbligazioni di indennizzo dei pregiudizi derivanti da atti legittimi (quali l'indennità di espropriazione e di occupazione legittima), funzione integralmente risarcitoria del patrimonio del danneggiato. Cassazione civile, sez. I, 17 marzo 2000, n. 3107

Operazioni di rimboschimento e consolidamento del terreno - l'occupazione temporanea  - risarcimento dei danni per occupazione illegittima. Qualora un'azienda forestale (nella specie l'Azienda delle foreste demaniali siciliane) abbia conseguito da un privato la disponibilità di un terreno boschivo a fini di forestazione, in forza di un atto di concessione gratuita denominato "atto di sottomissione", nel quale, pur essendosi prevista la temporaneità dell'occupazione del terreno ed un termine di scadenza della stessa, si sia fatto, tuttavia, esplicito riferimento alla disciplina del r.d. n. 3267 del 1923 in tema di occupazione in funzione di operazioni di rimboschimento, così configurandosi la posizione del privato in termini di interesse legittimo, la successiva instaurazione, da parte dell'amministrazione, di una procedura di espropriazione per pubblica utilità del bosco, in vista della sua acquisizione per il suo inserimento nel demanio (ritenuto opportuno per la salvaguardia dell'opera di forestazione), con emissione di un decreto dichiarativo della pubblica utilità ed inizio della procedura di occupazione d'urgenza, determina un'interversione del possesso, essendo l'occupazione temporanea ai fini del rimboschimento e consolidamento del terreno diversa dall'occupazione a fini espropriativi (che è diretta a divenire permanente), con la conseguenza che cessa il rapporto iniziato con il suddetto "atto di sottomissione" e sorge un nuovo rapporto, nell'ambito del quale dev'essere rispettata la regolamentazione dell'espropriazione per pubblica utilità. Ne discende che, ove successivamente al decreto dichiarativo della pubblica utilità non segua il completamento della procedura espropriativa, per il periodo compreso fra l'emissione di detto decreto e la data di emissione di un nuovo decreto che dia inizio ad una nuova procedura espropriativa, compete al privato il risarcimento dei danni per occupazione illegittima, in quanto il possesso insorto a seguito della suddetta interversione deve reputarsi illegittimo. (Nella specie le Sezioni Unite hanno disatteso il motivo di ricorso, con cui l'ente espropriante aveva sostenuto che, non essendo necessaria, ma facoltativa, l'occupazione d'urgenza ai fini dell'espropriazione, non era configurabile la descritta trasformazione del titolo dell'occupazione). Cassazione civile, sez. un., 21 dicembre 1999, n. 921

 

Diniego di autorizzazione al taglio di bosco nel piano regionale. E' sufficientemente motivato il diniego di autorizzazione al taglio di bosco nel piano regionale con il richiamo alla disciplina del piano "in itinere" di cui all'art. 18 l. reg. Lombardia 30 novembre 1983 n. 86, come modificato dalla l. reg. Lombardia 13 febbraio 1988 n. 6 che, tra l'altro, qualifica la zona interessata come boscata di pregio in cui non è ammessa la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali. Consiglio Stato sez. VI, 3 novembre 1998, n. 1509.

 

L'autorizzazione al taglio del bosco - interessi ambientali del parco. A norma dell'art. 6 l. reg. Lombardia 27 gennaio 1977 n. 9, sulla tutela della vegetazione dei parchi regionali, l'autorizzazione al taglio del bosco è consentita eccezionalmente in considerazione degli interessi ambientali del parco. Consiglio Stato, sez. VI, 3 novembre 1998, n. 1509

 

Estirpazione di un bosco di 600 mq in zona sottoposta a vincolo. Nel concetto di territorio coperto da bosco, cui fa riferimento la legge che tutela le bellezze naturali, rientra non solo la superficie sulla quale insistono i popolamenti arborei, ma anche le aree limitrofe che servono per la salvaguardia e l'ampliamento. (Nella specie, relativa, a rigetto di ricorso con il quale l'imputato, condannato per avere estirpato un bosco ceduo di robinia pseudoacacia di circa 600 mq. in zona soggetta a vincolo paesaggistico senza avere ottenuto l'autorizzazione prevista dall'art. 7 l. 29 giugno 1939 n. 1497, aveva incentrato la sua censura tenendo presente la nozione di "bosco" delineata dalla normativa regionale, la Corte ha osservato che non era consentito adottare, nel caso in esame, la restrittiva nozione di "bosco" contenuta in detta normativa, sicché territorio coperto da bosco non era soltanto l'area di circa 600 mq., da cui l'imputato aveva estirpato le acacie senza autorizzazione, dovendosi, invece, considerare quella complessiva di mq. 700, tanto più che nella zona limitrofa vi era tale vegetazione). Cassazione penale sez. III, 26 marzo 1997, n. 3975.

 

Taglio e utilizzazione di boschi. L'art. 130 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267, che assoggetta l'utilizzazione del patrimonio boschivo dei comuni e degli altri enti pubblici alla preventiva adozione di un piano economico, riguarda solo gli enti pubblici e non anche le persone giuridiche private. T.A.R. Umbria 2 dicembre 1997, n. 575.

 

Interventi senza autorizzazione in zone vincolate a bosco - aratura con totale estirpazione della vegetazione in zone sottoposte a vincolo paesistico - sussistenza di reato. Nelle zone sottoposte a vincolo paesistico ai sensi della D.L. 8 agosto 1985 n. 431, purché destinate a bosco (art. 1 lett g), non è consentito procedere all'aratura con totale estirpazione della vegetazione esistente per destinare l'area all'allevamento. L'aratura infatti, da annoverare a questi fini tra le opere civili inibite ai sensi dell'art. 1 comma 8 della l. 431/85 determina una profonda immutazione dello stato dei luoghi per il cui ripristino occorrono molti anni. Tale intervento, in zone vincolate a bosco, senza la prescritta autorizzazione non è consentito (nella specie l'attività agro - silvo - pastorale, volta all'allevamento di animali, consistente nell'aratura con la totale estirpazione della vegetazione).  Cassazione penale sez. III, 3 giugno 1997, n. 5961

 

Necessità di autorizzazione ex L. 8 agosto 1985 n. 431 art. 1 sexies l. Il taglio di piante, il dissodamento e successivo livellamento del terreno e l'estirpazione di ceppaie non possono ritenersi attività di mera conservazione del bosco; ne segue che esse, incidendo in zone paesisticamente vincolate, devono essere espressamente autorizzate, essendo in mancanza configurabile il reato di cui all'art. 1 sexies l. 8 agosto 1985 n. 431. Corte appello Torino, 21 marzo 1997.

 

Naturalizzazione di un bosco artificiale e conseguente vincolo paesaggistico. Il taglio di un pioppeto, rientrando quest'ultimo nell’arboricultura da legno quando sia coltivato con regolare sesto di impianto per servire le esigenze relative alla produzione di materiale legnoso, va considerato attività agro - silvo - pastorale esente dal vincolo imposto dalla l. n. 431 del 1985, purchè insista su cultura arborea e non su bosco o foresta ai fini della legge citata. Quando, tuttavia, il pioppeto è presente in formazioni spontanee può costituire veri e propri boschi ripariali; e in particolari situazioni anche una formazione impiantata artificialmente nel tempo può integrarsi nel paesaggio vegetale sì da assimilarsi ad una vera e propria formazione ripariale, il taglio della quale pregiudicherebbe da un punto di vista paesaggistico il valore estetico dell'ambiente. Pertanto, in quest'ultimo caso, se il pioppeto sorge su un'area territoriale già soggetta di per se stessa a vincolo paesaggistico - ambientale sulla scorta della legge Galasso, il vincolo assorbe i pioppi emergenti su detta area in quanto essi in quel punto rappresentano una struttura costitutiva del paesaggio visivo e dell'ambiente biologico tutelato nel suo insieme paesaggistico (estetico) e ambientale (biologico). Pretura Terni, 16 aprile 1996.

 

La l. 8 agosto 1985 n. 431 (c.d. legge Galasso) e le prescrizioni di massima e di polizia forestale (PMPF), pur incidendo ambedue sulle aree boscate, sono finalizzate a scopi e metodologie diverse (le prime inquadrano il bosco come entità economico - produttiva e gestiscono il corretto utilizzo dello stesso in detta ottica mentre la legge Galasso tutela il bosco come paesaggio ed ecosistema naturale). Conseguentemente un'attività di taglio conforme alle PMPF non sempre e', automaticamente in regola con la l. n. 431 del 1985 ed i livelli di violazione delle due norme sono diversi e non sovrapponibili. La polizia giudiziaria dovrà dunque, in sede di controllo, operare due valutazioni tecniche diverse in relazione a ciascuna normativa con conseguente denuncia penale di ogni violazione parziale e/o totale. Pretura Terni, 18 giugno 1996.

 

Comunità montane e compiti di controllo sul patrimonio boschivo. L'attribuzione agli organi delle comunità montane dei compiti di controllo sul patrimonio boschivo ubicato nelle loro circoscrizioni non preclude il potere del Corpo forestale regionale (nella specie, della regione Friuli Venezia Giulia) di procedere all'accertamento delle violazioni degli art. 130 e 26 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 per il taglio di piante in un bosco, atteso che l'art. 13 comma 4 l. 24 novembre 1981 n. 689, legittima all'accertamento delle violazioni punite con le sanzioni amministrative pecuniarie anche gli ufficiali di polizia giudiziaria, tra i quali rientrano anche gli agenti forestali. Cassazione civile sez. I, 2 febbraio 1995, n. 1223.

 

Attività di rimboschimento. Legittimamente non è considerata attività di rimboschimento e, in applicazione analogica delle norme sull'apertura di cave, è negata la relativa autorizzazione, nel caso in cui l'attività di rimboschimento venga effettuata mediante terrazzamenti comportanti l'escavazione di ingenti quantitativi di materiale. Consiglio Stato, sez. II, 23 novembre 1994, n. 649.

 

Il taglio e lo sradicamento di alberi nelle zone paesisticamente vincolate, determinando un'alterazione del territorio, devono essere preventivamente autorizzati dall'autorità competente alla gestione del vincolo. Cassazione penale, sez. III, 31 gennaio 1994.

 

Il taglio colturale dei boschi cedui, non avente carattere di innovazione ed alterazione della caratterizzazione morfologica dei luoghi, non necessita dell'autorizzazione regionale previsto dall'art. 1 lett. b legge n. 431 del 1985. Per taglio colturale, ai sensi dell'art. 1 lett. g legge n. 431 del 1985, deve intendersi il taglio periodico non indiscriminato, ma effettuato secondo le prescrizioni della polizia forestale. In tema di taglio di boschi una delibera della giunta regionale non può essere presa in considerazione alla stregua delle norme penali cui fa richiamo l'art. 1 lett. g legge n. 478 del 1983. Pretura Avezzano, 21 settembre 1993

 

Il taglio totale delle piante, anche se ne sono state impiantate altre di specie diversa, non può essere qualificato taglio colturale poiché è idoneo per le sue caratteristiche ad esporre a pericolo il sistema ambientale interessato nelle sue molteplici componenti estetiche e naturalistiche. Cassazione penale, sez. III, 13 novembre 1992

 

Il taglio colturale di un territorio coperto da bosco o foresta è esente dal regime vincolistico previsto alla legge n. 431 del 1985 (c.d. "legge "Galasso") soltanto ove detto taglio sia effettuato nel rispetto dei parametri della autorizzazione rilasciata dal Corpo forestale dello Stato; ove, invece, il taglio in questione avvenga senza detta autorizzazione del Corpo forestale dello Stato oppure ove i lavori siano eseguiti in modo sostanzialmente difforme da tale atto autorizzatorio, l'attività rientra automaticamente nel regime vincolistico e pertanto soggiace al nulla-osta regionale previsto dalla legge n. 431 del 1985. Il taglio a raso, invece, per le sue particolari conseguenze sull'aspetto paesaggistico-visivo della zona e sulla struttura ambientale del territorio deve sempre considerarsi soggetto al regime vincolistico della legge n. 431 del 1985 e per operare in tal senso è necessario il nulla-osta regionale; questo indipendentemente dall'autorizzazione rilasciata dal Corpo forestale dello Stato in base alle prescrizioni di massima e di polizia forestale atteso che esse sono del tutto indipendenti dalla "legge Galasso" come finalità e come regime giuridico di fondo, tendendo le prime a garantire la corretta gestione del bosco come entità produttiva ed economica e la seconda a tutelare l'area boscata nel suo aspetto paesaggistico-visivo e biologico-ambientale. Pretura Terni, 19 ottobre 1992.

 

Boschi vincolati a scopi idrogeologici - l'art. 26 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267  - sanziona generiche - violazioni della normativa forestale - pianta sradicata in violazione dei regolamenti -  capo di bestiame immesso al pascolo in violazione dei divieti. L'art. 26 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 (che sanziona con pena pecuniaria dal doppio al quadruplo del danno commesso chi, nei boschi vincolati a scopi idrogeologici, o agli scopi previsti dal precedente art. 17, tagli o danneggi piante o arrechi danni in contravvenzione alle prescrizioni emanate dal comitato forestale ed alle prescrizioni emanate all'autorità) e l'art. 1 della l. 9 ottobre 1967 n. 950 (che sanziona generiche violazioni della normativa forestale con il pagamento di una somma fissa per ogni pianta sradicata in violazione dei regolamenti e per ogni capo di bestiame immesso al pascolo in violazione dei divieti stabiliti) tutelano interessi diversi, prendendo in esame condotte diverse e non sono in rapporto di specialità tra loro; ne consegue che in caso di violazione delle norme sopra indicate con un'unica azione, a norma dell'art. 8 della l. 24 novembre 1981 n. 689, va applicata la sanzione prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo. Cassazione civile, sez. I, 14 luglio 1992, n. 8555

Immobili singolarmente sottoposti a vincolo paesaggistico taglio di piante. Sugli immobili, anche singolarmente, sottoposti a vincolo paesaggistico, ogni attività compiuta è legislativamente definita come variazione essenziale (art. 8 cit., ultima parte) e punita ex art. 20 lett. c), in quanto ogni loro modificazione assume rilevanza sotto l'aspetto ambientale. In ogni altro caso l'illecito è configurabile come "inosservanza delle disposizioni previste dalla presente legge" (intendendosi la parola "presente", di cui alla lettera a) dell’art. 20 legge n. 47 del 1985, riferita alla legge n. 431 del 1985) e "delle prescrizioni e modalità esecutive previste" dall'autorizzazione paesaggistica (non più "concessione"). Vanno esclusi da sanzioni tutti gli interventi, che non pongono neppure astrattamente in pericolo il paesaggio (es. opere interne). (Nella specie la Corte ha ritenuto sussistente l'ipotesi di cui alla lettera c), trattandosi di taglio di 42 piante di robinia, ciliegio selvatico e frassino in bosco ad altro fusto, senza autorizzazione). Cassazione penale, sez. III, 05 maggio 1992, n. 6898.

Il taglio di piante in boschi vincolati - sanzione amministrativa. In tema di infrazioni amministrative per il taglio di piante in boschi vincolati, sono soggetti a sanzione amministrativa, per il coordinato disposto degli art. 8 e 26 del r.d.l. 30 dicembre 1923 n. 3267 (nella specie applicabile in virtù dell'art. 7 della l. reg. Friuli Venezia Giulia 8 aprile 1982 n. 22), coloro che, in mancanza della prescritta autorizzazione, abbiano tagliato le piante nei boschi suddetti in contravvenzione alle prescrizioni approvate dagli organi regionali competenti (in particolare, con decreto presidente giunta regionale Friuli Venezia Giulia 25 gennaio 1982 n. 26), senza che, al fine della sussistenza dell'infrazione, sia necessario che il taglio, integrante violazione delle dette (legittime) prescrizioni, sia anche idoneo, nel singolo caso, ad arrecare concreto danno al bosco. Cassazione civile, sez. I, 28 aprile 1992, n. 5050.

 

Disboscamento di una consistente area - taglio colturale e di bonifica da piante infestanti. È configurabile la violazione di cui all'art. 1 sexies legge n. 431 del 1985, quando venga eseguito il totale disboscamento di una consistente area con trasformazione in porto dell'area boschiva e con livellamento con materiale terroso. Dette opere non rientrano negli interventi di taglio colturale e di bonifica da piante infestanti, consentiti perché diretti alla conservazione e non alla distruzione del bosco. Cassazione penale, sez. III, 21 febbraio 1992

 

Il taglio di vegetazione in zona sottoposta a vincolo. Il taglio di vegetazione, non autorizzato ai sensi dell'art. 7 della l. 29 giugno 1939 n. 1497, in zona sottoposta a vincolo, in virtù di delibera regionale ed in ossequio all'art. 1 bis della l. 8 agosto 1985 n. 431, non concreta una figura di reato, non essendo richiesta l'autorizzazione di cui sopra per interventi di manutenzione, quali quello in esame, che si svolgono su un territorio non coperto da "foreste o boschi" e che non comportano alterazione permanente dello stato dei luoghi, avendo ad oggetto specie vegetali di rapida e spontanea ricrescita. Pretura Firenze, 27 settembre 1991

 

Il taglio a raso di un bosco di alto fusto sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 1, lett. g) della l. 8 agosto 1985, n. 431 abbisogna della prescritta autorizzazione e per la cui mancanza è prevista la pena dell'ammenda e l'obbligo del ripristino dello stato originario del luogo. Pretura Santhia', 15 dicembre 1988.

 

Il taglio colturale - sono assoggettati a vincolo paesaggistico i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento. I territori coperti da foreste e da boschi, ancorché danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, sono assoggettati a vincolo paesaggistico a norma dell'art. 1 della l. 8 agosto 1985 n. 431 e su di essi è consentito soltanto il taglio colturale, la forestazione e altre opere conservative, sempreché autorizzati preventivamente. Cassazione penale, sez. III, 30 novembre 1988

 

Taglio di alberi - art. 734 cod. pen. - operatività - esclusione - struttura della fattispecie - la gestione del vincolo. L'art. 734 cod. pen., nel punire la distruzione o l'alterazione delle bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione della autorità, con tale espressione adotta la tecnica del rinvio formale (non ricettizio) ad altra fonte, che fornisce così le regole di qualificazione di detta situazione, che è appunto quella che determina e regola la soggezione alla speciale protezione dell'autorità. Tale rinvio, implicitamente ma inequivocabilmente espresso a quel sottosistema dei beni culturali che è costituito dai beni ambientali e che è variamente articolato anche in ordine alle competenze, non può essere limitato irragionevolmente al solo momento in cui viene in essere la protezione, al momento cioè in cui è posto il vincolo e così individuato il bene ambientale, ma deve comprendere anche la gestione del vincolo attraverso la quale si attua la tutela. Pertanto, in presenza di un provvedimento dell'autorità amministrativa cui compete la gestione del vincolo posto a protezione del bene ambientale le opere autorizzate non possono integrare il reato di cui all'art. 734, perché l'autorizzazione costituisce un modo di gestione del vincolo sul luogo protetto secondo regole alle quali la norma penale effettua rinvio. (Fattispecie relativa a taglio di alberi di bosco vincolato, autorizzato dall'assessore al coordinamento per il territorio della regione lombardia per l'ampliamento di pista di discesa libera per i campionati mondiali di sci "valtellina 1985"). Cassazione penale, sez. III, 10 febbraio 1987, n. 5257.

Il trattamento "sistematico selettivo" in silvicoltura consiste nella eliminazione delle piante cimate, aduggiate, danneggiate e soprannumerarie, vale a dire in un tipo di taglio culturale che, mentre non mortifica le aspettative economiche del privato connesse con l'utilizzazione del legname, tende a riportare la struttura del bosco verso la fase dell'alto fusto-misto di specie vegetali diverse. L'autorizzazione alla effettuazione dei tagli annuali dei boschi non è prevista in Sicilia dalla l. reg. 8 maggio 1981 n. 98, bensì dalle prescrizioni di massima e di polizia forestale contenute negli art. 8, 9 e 10 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 e nel relativo regolamento di esecuzione, alla stregua delle quali l'unico organo competente a provvedere alle modalità di governo ed utilizzazione dei boschi è l'ispettorato ripartimentale delle foreste. Cons.giust.amm. Sicilia, 18 ottobre 1986, n. 181.

Codice penale art. 624, il furto di alberi - l’Ente Parco è abilitato costituirsi parte civile.. Nella configurazione del reato di furto, ciò che contraddistingue il possesso è la disponibilità fisica della cosa e l'autonomia del potere di disporre, indipendentemente dal diritto dominicale sulla cosa stessa. (Nella specie, si è ritenuto l'ente autonomo del parco nazionale di Abruzzo abilitato a chiedere, quale parte civile, il risarcimento del danno per il furto di un albero abbattuto in un bosco di proprietà comunale, e quindi non appartenente dominicalmente al detto ente, ma sottoposto a vincolo di controllo e di gestione in favore dell'ente stesso). Cassazione penale, sez. II, 14 ottobre 1983, n. 1854.

 

Il taglio di alberi, sottoposti a vincolo forestale eseguito a mezzo di dipendenti costituisce reato. Il taglio di alberi, sottoposti a vincolo forestale, costituisce reato ai sensi degli art. 8 e 26 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267, e successive modificazioni, anche se eseguito nella propria proprietà a mezzo di dipendenti. (Nella specie trattavasi di piante di pino domestico d'alto fusto in comune di Agropoli). Cassazione penale, sez. III, 7 ottobre 1980.

 

Bosco abbattimento. Quando su un suolo sottoposto a vincolo idrogeologico vi sia un bosco, sussiste l'obbligo dell'autorizzazione non solo per la trasformazione del bosco in altra coltura, ma anche per il suo abbattimento. Cassazione penale, sez. III, 5 novembre 1979.

 

 

 

  E) VINCOLO IDROGEOLOGICO.

 

BOSCHI E FORESTE - Aree boschivi - Costruzione abusiva - Nozione di bosco - Vincolo ambientale - Fattispecie - D.Lgs n. 227/2001 - Art 44 lett. C d.p.r. n. 380/2001. Al fine di individuare i territori boschivi protetti da vincolo, dopo l'entrata in vigore del d.lgs 18 maggio 2001, n. 227, deve qualificarsi come bosco, ogni terreno coperto da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva, da castagneti, da sughereti o da macchia mediterranea (Cass. pen. sez. 1111 sent. 16/11/2006, n. 1874). Sicché, nei casi di riscontro positivo del vincolo è corretto applicare l'art. 44 lettera C del d.p.r. n. 380 del 2001 che sanziona la violazione del vincolo ambientale. Nella specie, la zona in cui era stata eseguita la costruzione abusiva, in ragione delle colture arboree in esse esistenti, era naturalmente sottoposta a vincolo boschivo in quanto interamente coperta da sughereta, consociata con roverella, precisando che l'ispezione dei luoghi aveva evidenziato che erano stati eseguiti lavori sul terreno dal quale erano stati rimossi massi di basalto ed altro materiale roccioso e al contempo estirpati ceppi vitali di sughera, roverella, lentisco, olivastro ed altre piante tipiche della macchia mediterranea che, in precedenza, erano stati danneggiati da un violento incendio e che erano in fase di crescita. Pres. Altieri, Est. Marmo, P.M. Geraci, Ric. Oppo. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 10/06/2008 (Ud 03/04/2008), Sentenza n. 23071

 

VINCOLI (IDROGEOLOGICI) - ACQUE - Corso d'acqua - Esecuzione di opere di difese spondili - Testo unico delle leggi sulle opere idrauliche R.D. 523/1904 - Divieti di cui all’art. 96 c. 1 lett. f) e lett. G) - Reato di pericolo e di danno - Differenza - Accertamento - Configurabilità - Fondamento. Ha natura di reato di pericolo, il reato di cui all'art. 96 lett. f) del R.D. 25 luglio 1904 n. 523 che vieta “le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline, a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento del terreno e di metri dieci per le fabbriche e per gli scavi”. Sicché, per la sussistenza della fattispecie contravvenzionale, essendo puniti comportamenti ritenuti dal legislatore potenzialmente lesivi dell'assetto idrogeologico del territorio e, quindi, del corrispondente interesse pubblico, non occorre l'ulteriore verifica che l'azione illecita abbia recato nocumento all'alveo del corso d'acqua o alle sue sponde. Mentre, configura un'ipotesi di reato di danno, ai sensi del R.D. 25 luglio 1904, n. 523, art. 96, comma 1, lett. g), del cui disposto è sanzionata l'esecuzione di "qualunque opera o fatto che possa alterare lo stato la forma, le dimensioni, la resistenza e la convenienza all'uso, a cui sono destinati gli argini e loro accessori, e manufatti attinenti". In questi casi, per la configurazione del reato, sussiste la necessità di un concreto accertamento del danno arrecato agli argini e loro accessori, dovendosi escludere la sussistenza del reato ogniqualvolta l'esecuzione delle opere non abbia alterato in alcun modo il regime del corso d'acqua. Pres. Teresi A., Est. Lombardi AM., Imp. Ranzuglia, (Rigetta, App. Ancona, 24 Novembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 3/11/2006 (Ud. 21/9/2006), Sentenza n. 36502

 

Vincolo idrogeologico - Circolazione fuori strada di veicoli a motore - L.R. Toscana n. 48/1994 - Circuiti preesistenti - Verifica di compatibilità - E’ necessaria. La Legge della Regione Toscana n. 48/1994 ha regolamentato compiutamente l’attività di gestione e di esercizio dei circuiti fissi in cui sia consentita la circolazione fuori strada di veicoli a motore; dall’osservanza di tale disciplina non sono esclusi gli impianti preesistenti, che devono essere sottoposti ad una verifica di compatibilità alla luce della nuova normativa (cfr. art. 11 L.R. 48/94), tenuto conto che i divieti di installare impianti fissi e di allestire tracciati o percorsi per gare nelle zone ed aree individuate all’art. 2 (zone soggette a vincolo idrogeologico ex R.D. 3267/1923) della legge sono imposti per preservare dal dissesto ambientale territori di particolare valore, la cui salvaguardia resta affidata a precisi vincoli di tutela, che devono riguardare necessariamente tutti gli impianti esistenti. Pres. Vacirca, Est. Del Guzzo - S.I.V. s.a.s e Associazione Motociclistica Pontederese (Avv.ti Chiarini, Tortorella e Guardavaccaro) c. Comune di Palaia (Avv. Barese) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 1 settembre 2005, n. 4287

 

Vincolo idrogeologico e forestale - R.D. 3267/23 - Inedificabilità assoluta - Inconfigurabilità - Diniego di autorizzazione - Idonea istruttoria in ordine alla compromissione dei valori ambientali - Necessità. Il vincolo idrogeologico e forestale disciplinato dal Regio Decreto n. 3267/23 (C.d.S. Sez. V decisione n. 832/1995; T.A.R. Toscana, Sez. III, nn. 158/97 e 251/97) non interdice in modo assoluto l’attività edificatoria, ma richiede soltanto che l'intervento progettato sia espressamente autorizzato dalla autorità preposta alla tutela del vincolo stesso, per cui non ogni opera edilizia in zona vincolata arreca pregiudizio all'interesse pubblico tutelato ma solo quelle che, a seguito di puntuale accertamento, da condursi caso per caso, risultino con esso pubblico interesse in effettivo contrasto. Ne deriva che, nell’esercizio dei poteri discrezionali, l’autorità è tenuta ad un’idonea istruttoria e ha l’obbligo di motivare le sue determinazioni in modo esauriente sull’eventuale compromissione della stabilità del terreno e sul depauperamento dell’ambiente. Pres. Ravalli, Est. Bini - T. s.r.l. (Avv. Fanelli) c. Regione Puglia (Avv. Salvatore) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 24 agosto 2005, n. 4122

 

Incendi - L. 353/2000 - Art. 10 - Catasto dei terreni percorsi da incendio - Possibilità di subordinare l’operatività dei divieti all’effettiva redazione del catasto - Esclusione - Mera attività di certificazione. L’operatività dei divieti di cui all’art. 10 della legge quadro sugli incendi boschivi (L. 353/2000) e, più in generale, delle prescrizioni fondamentali della norma, peraltro caratterizzati dalla sanzione penale in caso di violazione, non può essere subordinata all’effettivo adempimento dell’attività di censimento dei soprassuoli percorsi dal fuoco tramite apposito catasto, attività amministrativa di mera certificazione ed elencazione, e perciò di carattere dichiarativo e non costitutivo. Pres. Santoro, Est. Cerreto - M. s.r.l. (Avv.ti Chiti e Giannini) c. T.M. e altri (Avv.ti Maceri e Romanelli) e altri (n.c.) - (Conferma T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 225/2003) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 1 luglio 2005 (C.C. 18.3.2005), Sentenza n. 3674 (vedi: sentenza per esteso)

Incendi - L. 353/2000 - Prevalenza rispetto alla normativa regionale - Fondamento - Valore ambiente. Le norme di cui alla L. 353/2000, sono prevalenti rispetto alle disposizioni regionali, atteso che la materia degli incendi boschivi appare riconducibile, da un lato, alla tutela dell’ambiente (rappresentato in particolare dal patrimonio boschivo nazionale), di esclusiva competenza statale ai sensi dell’art. 117, comma 2 lett. s), Cost., dall’altro costituisce principio fondamentale ex art. 117, comma 3, Cost. per gli ambiti di competenza concorrente (in quanto incidente anche su governo del territorio e valorizzazione dei beni ambientali). Il valore ambiente protetto con la disposizione in esame, dettata nell’ambito delle scelte discrezionali del legislatore, ed i relativi principi, non possono che investire anche gli ambiti eventualmente rimessi alla potestà normativa regionale: quest’ultima non può pertanto derogare alle indicazioni fondamentali connesse alla tutela del valore suddetto. Pres. Santoro, Est. Cerreto - M. s.r.l. (Avv.ti Chiti e Giannini) c. T.M. e altri (Avv.ti Maceri e Romanelli) e altri (n.c.) - (Conferma T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 225/2003) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 1 luglio 2005 (C.C. 18.3.2005), Sentenza n. 3674 (vedi: sentenza per esteso)

 

Vincolo idrogeologico - Compromissione della stabilitò del suolo e della libera circolazione delle acque - Apprezzamenti tecnici - Sindacabilità del giudice - Limiti. Sono inammissibili, perchè coinvolgono apprezzamenti tecnici, sindacabili dal Giudice di legittimità soltanto in caso di evidente illogicità o irrazionalità, le doglianze in merito alle affermazioni dell’Ispettorato Dipartimentale delle Foreste circa la compromissione della stabilità del suolo e della libera circolazione delle acque ad opera dei lavori da eseguirsi in area soggetta a vincolo idrogeologico, per i quali si chiede l’autorizzazione. Pres. ed Est. Urbano - D.L.M. (Avv.ti Menchise e Perilli) c. Regione Puglia (Avv. Sisto) e Comune di Fasano (Avv. Carparelli) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 13 novembre 2004, n. 5237

Vincolo idrogeologico - Movimento di terreni - L. 1126/1926 - Amministrazione - Indicazione delle modalità e delle cautele da adottare - Necessità - Solo per il caso di terreni non boschivi e per finalità diverse dalla trasformazione di colture. Ai sensi dell’art. 20 l. 1126/1926, l’amministrazione, in luogo del rifiuto dell’autorizzazione, è tenuta a dettare modalità e cautele per il solo caso di domande di movimento di terreni non boschivi soggetti a vincolo idrogeologico, per finalità diverse da quello della trasformazione di colture. Pres. ed Est. Urbano - D.L.M. (Avv.ti Menchise e Perilli) c. Regione Puglia (Avv. Sisto) e Comune di Fasano (Avv. Carparelli) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 13 novembre 2004, n. 5237

Caccia - Incendi - Aree percorse dal fuoco - Divieto di caccia per 10 anni - Sussiste - L. n. 353\2000 - mancanza di mappatura - Ininfluenza - P.F.V.P. - Illegittimo. E’ illegittima l’esclusione, dal piano faunistico venatorio provinciale (P.F.V.P.), delle aree percorse dal fuoco per mancanza di mappatura delle zone da sottrarre alla caccia per 10 anni ai sensi della legge 353\2000: in primo luogo perché l’intervento per lo spegnimento dell’incendio cui la provincia è parte fondamentale per le competenze attribuite le dalla legge fa sì che la stessa non possa non conoscere il territorio da sottrarre alla caccia perché danneggiato dal fuoco; in secondo luogo la indeterminatezza della previsione (in attesa della mappatura delle aree) oltre a denunciare il difetto di istruttoria e di motivazione del piano, lascia prive di destinazione le stesse cioè con un’assenza di regolamentazione voluta invece dal legislatore. Pres. AROSIO - Est. PUPILELLA - Ass. WWF, Italia Nostra e LIPU (avv. Granara) c. Provincia di Imperia (Avv.ti Romani e Pellerano). TAR LIGURIA, Sez. II - 06 dicembre 2003, Sentenza n. 1629  (vedi: sentenza per esteso)

 

La assoluta inedificabilità per dieci anni sui terreni “boscati” - rilascio di una concessione edilizia in violazione di norme di legge 353/00 - sequestro preventivo del cantiere (degli edifici e delle strutture ed infrastrutture) - legittimità - rilascio della concessione edilizia - dirigente - abuso di potere - responsabilità penali. Al fine di rendere possibile in concreto l’applicazione del nuovo regime ai boschi già distrutti legge 353/00 (Legge-quadro in materia di incendi boschivi), all’articolo 10 comma 2 è stata prevista la ricognizione dei terreni boschivi già incendiati, nei cinque anni antecedenti all’entrata in vigore della legge, con la costituzione di un apposito catasto. È una norma che tende a rendere applicabile il divieto, a tutti i terreni boschivi distrutti da incendi, ed a tal fine, inserisce un preciso dovere di ricognizione, per gli amministratori pubblici che abbiano nel loro territorio soprassuoli, che possano essere oggetto del divieto. La mancata attuazione della ricognizione e della stesura dell’apposito catasto, non è può essere confusa con la mancata realizzazione di una condizione sospensiva dell’efficacia della legge, poiché non è pensabile, senza contraddire con la lettera ed il fine della nuova norma, che la sua attuazione, sia affidata alla solerzia di qualche funzionario. Appare quindi evidente la vigenza e l’immediata operatività del divieto di edificazione. Le argomentazioni relative alla definizione, della nozione di “bosco”, ed alla possibilità di applicarla in concreto al territorio oggetto dell’insediamento edilizio, costituisce una valutazione di fatto che potrà essere oggetto delle fasi di merito del procedimento penale, ma che non può essere proposta in questa sede di legittimità. Deve infine, osservarsi che in specie: essendo stata rilasciata la concessione edilizia il 31.7.2002, l’ipotesi, che tale atto sia stato posto in essere con abuso di poteri consistenti nella violazione del divieto di edificazione precedentemente stabilito dall’articolo 10 della citata legge 353/00, appare del tutto compatibile con la situazione di fatto rappresentata. Ed il sequestro ha la funzione di evitare che la libera disponibilità dei beni, determini la prosecuzione dell’attività di edificazione, con aggravamento dell’attuale stato dei luoghi. Ciò è sufficiente per considerare il sequestro preventivo legittimamente disposto. Sarà, successivamente il giudice del merito ad affrontare le altre questioni proposte dalle parti in fatto, ed ad evidenziare le eventuali responsabilità penali in ordine al reato contestato. Corte di Cassazione Sez. V, 27 giugno 2003, sentenza n. 27799

 

Territorio coperto da bosco - nozione - il bosco ai fini della sottoposizione a vincolo paesaggistico. La nozione di "territorio coperto da bosco" ai fini della sottoposizione a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 1 lett. g) del D.L. 27 giugno 1985 n. 312, convertito in legge 8 agosto 1985 n. 431, ed ora sostituito dall'art. 146, comma 1 lett g) del D. Lgs 29 ottobre 1999 n. 490, comprende sia il bosco naturale che quello artificiale, atteso che l'eventuale attivita' di esproprio di terreni ed inserimento di piantagioni boschive non incide sulla natura del suolo quale territorio coperto da bosco. Vedi anche: C. Cass. 1999 n. 12108; C. Cass. Pen. 2000 n. 1551; C. Cass. 2000, n. 6871; C. Cass. 2002 n. 6011. Corte di Cassazione, Sez. III del 12/07/2002 (UD.17/05/2002) Sentenza n. 26601

 

Tutela del paesaggio - territori coperti da boschi - esecuzione di attivita' ed opere di bonifica, antincendio e conservazione in assenza di autorizzazione forestale - reato di cui all'art. 1 sexies d. l. n. 312 del 1985 - configurabilità - fondamento. In tema di tutela del paesaggio, il reato si cui all'art. 1 sexies del D. L. 27 giugno 1985 n. 312, convertito in legge 8 agosto 1985 n. 431 (ora sostituito dall'art. 163 del D. Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490), ricomprende anche le ipotesi di esecuzione, in territori coperti da boschi ed in difetto della prescritta autorizzazione forestale prevista dal comma quarto del citato art. 1 sexies, di attivita' ed opere di bonifica, antincendio e di conservazione qualora tale intervento comporti una apprezzabile modificazione dello stato dei luoghi, non essendo richiesto un concreto pregiudizio del bene protetto, atteso che la "ratio" della disposizione e' quella di escludere la liceita' di qualsiasi intervento modificativo effettuato senza una preventiva valutazione dell'operazione da parte dell'autorita' preposta. Corte di Cassazione Sez. III del 15 aprile 2002, sentenza, n. 14292

 

Lavori di miglioramento in un fondo sottoposto a vincolo idrogeologico senza autorizzazione - l'estirpazione delle piante boschive e l'aratura del terreno. Secondo quanto previsto dal R.D. 3267-1923, costituisce bosco il terreno vincolato a scopi idrogeologici, nel quale si trovano piante forestali già adulte o in via di accrescimento in numero adeguato, a prescindere dalla densità delle medesime. Pertanto, concreta una trasformazione culturale rilevante a norma dell'art. 7 r.d.l. n. 3267 del 1923 l'estirpazione delle piante boschive e l'aratura del terreno, comportando sostituzione della coltura in atto con altra, che non deve necessariamente essere arborea, ma può ben essere di qualsiasi genere. (Nel caso di specie la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza del pretore che aveva respinto l'opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione con la quale era stata applicata una sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione consistente nell'avere eseguito lavori di miglioramento in un fondo sottoposto a vincolo idrogeologico senza autorizzazione, arandolo ed estirpando 420 piantine di sughera). Cassazione civile, sez. III, 25 maggio 2000, n. 6871

 

La nozione di "territorio coperto da bosco" ai fini della sottoposizione a vincolo paesaggistico. La nozione di "territorio coperto da bosco", ai fini della sottoposizione a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 1 lett. g) l. 8 agosto 1985 n. 431, non può assumere una portata riduttiva, così da farvi rientrare solo i boschi in senso naturalistico, ma va intesa anche in senso normativo, perciò con riferimento agli elementi idonei ad individuare il suddetto territorio ricavabile da provvedimenti legislativi, nazionali e regionali, e da atti amministrativi generali e particolari. “La definizione di bosco e foresta deve essere ricavata non solo da elementi di carattere naturalistico ma anche indici normativi, riferendosi a provvedimenti legislativi nazionali e regionali e ad atti amministrativi generali o particolari, così si è espressa la Cassazione penale, sez. III, 24 settembre 1999, n. 12108”. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la sottoposizione a vincolo paesaggistico anche dell'area limitrofa al bosco, per un'ampiezza di 100 m., secondo quanto in proposito disposto dalla l. reg. Puglia, l'11 maggio 1990 n. 30). Cassazione penale, sez. III, 10 aprile 2000, n. 1551

 

Il duplice aspetto del vincolo idrogeologico. Nella legislazione urbanistica, il termine "vincolo" è adoperato con un duplice significato: il primo, relativo alla inedificabilità dei suoli, comportante divieti o prescrizioni, il secondo, comportante la sottoposizione di determinate aree alla tutela di alcuni interessi regionali, come quelli paesaggistico, idrico, idrogeologico, storico e simili, con la conseguenza che l'esecuzione di opere edilizie è subordinata all'autorizzazione e al nulla - osta dell'autorità preposta alla cura dell'interesse generale considerato. Cons.giust.amm. Sicilia sez. giurisd., 15 febbraio 1999, n. 24.

 

Violazione dei piani paesaggistici e dei vincoli idrogeologici. La mancanza della autorizzazione, prescritta per la realizzazione di opere che - seppur pubbliche o di pubblico interesse, anche insistenti su beni demaniali - trasformano, o comunque, alterano l'assetto idrogeologico di zone sottoposte a vincoli paesaggistici, integra la fattispecie di reato ex art. 1 sexies, l. n. 431 del 1985, sanzionato ai sensi dell'art. 20 lett. c) l. n. 47 del 1985. Cassazione penale sez. III, 6 giugno 1997, n. 8774.

 

Vincolo idrogeologico e P.R.G.. L'imposizione del vincolo idrogeologico ha un effetto conformativo anche sull'attività urbanistico edilizia, per cui e' irrilevante la coerenza di un intervento edilizio con le prescrizioni del piano regolatore generale, se lo stesso non è al contempo conforme alle esigenze di tutela ambientale, stante l'insopprimibile differenza di contenuto e finalità tra quest'ultima e la pianificazione territoriale. Consiglio Stato sez. V, 28 gennaio 1997, n. 89.

 

Vincolo idrogeologico violazione. Nel giudizio di opposizione ad ordinanza - ingiunzione, irrogativa di sanzione amministrativa pecuniaria per violazione degli art. 7 e 24 r.d. n. 3267 del 1923, consistente nel dissodamento di parte di un terreno sito in zona sottoposta a vincolo idrogeologico, le carte topografiche, prodotte nel giudizio medesimo, costituiscono prova idonea dell'esistenza del vincolo, dato che l'attività amministrativa di imposizione del vincolo si concreta proprio nell'indicazione su di una mappa catastale, o, in mancanza, su di una carta dell'Istituto geografico militare (possibilmente in scala da 1 a 10.000), dei terreni da comprendersi nella zona da vincolare, descrivendone i confini. Cassazione civile sez. I, 22 febbraio 1996, n. 1396.

 

Zone assoggettabili a vincolo idrogeologico Ai sensi dell'art. 1 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 sono assoggettabili a vincolo idrogeologico i terreni di qualsiasi natura e destinazione, e quindi non solo quelli caratterizzati da pendenza ed interessati dal deflusso di acque meteoriche e boschivi, ma anche quelli pianeggianti, non attraversati da corsi d'acqua superficiali e pressocché spogli di vegetazione. Ai sensi dell'art. 2 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 possono essere oggetto di vincolo idrogeologico non solo i terreni ricadenti in un bacino fluviale o addirittura nel tratto montano di detto bacino, ma tutti i terreni, di qualsiasi natura e destinazione, che in conseguenza di forme di utilizzazione contrastanti con le limitazioni e le prescrizioni dettate dagli art. 7-9 dello stesso decreto, possono subire compromissioni sotto forma di denudazioni, perdita di stabilita' e turbativa del regime delle acque. I provvedimenti adottati nell'esercizio del potere di cui all'art. 13 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 si caratterizzano per il fatto che contengono un giudizio specifico ed esplicito sulla attuale permanenza della situazione di pericolo di danno idrogeologico che a suo tempo aveva determinato l'imposizione del vincolo. T.A.R. Puglia sez. II, Lecce, 22 febbraio 1995, n. 49.

 

Silenzio assenso - impedimento. In tema di concessione edilizia, ai fini della formazione del silenzio-assenso, occorre che la relativa domanda contenga, tra i documenti richiesti a suo corredo, l'autorizzazione dell'autorità competente relativamente alla rimozione del vincolo idrogeologico di cui al r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 e successive modificazioni, altrimenti resta impedito lo stesso deposito della domanda. Consiglio Stato sez. V, 9 aprile 1994, n. 265.

 

Le norme di tutela paesaggistica e urbanistica dei boschi e delle foreste fanno riferimento non ad una qualsiasi superficie coperta da alberi, ma a terreni sottoposti ad una particolare disciplina o perché rientranti nel patrimonio pubblico forestale o perché comunque sottoposti a vincoli, ai sensi del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267, che ne garantiscano la stabile destinazione. Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 5 maggio 1993, n. 158

 

Il vincolo sui boschi - la protezione di un bene giuridico inteso come ecosistema - ambiente biologico naturale - habitat vivente vulnerabili anche per attività svolte nel sottosuolo. Il vincolo sui boschi è finalizzato non soltanto alla conservazione statica di un valore estetico-visivo, ma, sulla base di una più profonda evoluzione culturale e giuridica, alla protezione di un bene giuridico inteso come ecosistema, ossia ambiente biologico naturale, comprensivo di tutta la vita vegetale ed animale ed anche degli equilibri tipici di un habitat vivente, spesso vulnerabili anche per attività svolte nel sottosuolo, come trivellazioni, scavi, prelevamenti di materiali o di acqua. Cassazione penale, sez. III, 4 febbraio 1993

 

Imposizione del vincolo idrogeologico. La tutela idrogeologica di un suolo si attua attraverso l'imposizione del relativo vincolo idrogeologico, da adottarsi con provvedimento regionale, ai sensi del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 236. Consiglio Stato sez. V, 18 febbraio 1992, n. 132.

 

Vincolo idrogeologico - l'errore di fatto. L'esecuzione, che si assuma dovuta per contratto, di lavori agricoli di sradicamento di piante, dissodamento, decespugliamento, non consentiti per il vincolo idrogeologico, non può considerarsi esercizio di attività legittima, che escluda la responsabilità dell'autore, ai sensi dell'art. 4 l. 24 novembre 1981 n. 689. L'errore di fatto, qualora sia determinato da colpa, non esclude la responsabilità dell'autore dell'illecito. Cassazione civile, sez. I, 10 settembre 1991, n. 9494

 

Il diniego di autorizzazione alla trasformazione di un bosco insistente su terreni vincolati per scopi idrogeologici è congruamente motivato con il riferimento alla menomazione dell'effetto di stabilizzazione del versante, caratterizzato dall'equilibrio generale precario, in quanto la tutela dell'integrità del bosco si rivela strumento di conservazione dell'assetto del suolo. Consiglio Stato sez. VI, 20 dicembre 1989 n. 1667. 

 

La tutela idrogeologica - terreni boschivi a terreni spogli di bosco - dichiarazione d'inizio. Nei terreni soggetti a vincolo imposto per la tutela idrogeologica sono soggetti a controllo tutti i movimenti di terreno, anche se fatti a scopo edilizio; peraltro non si può estendere la disciplina propria di terreni boschivi a terreni spogli di bosco, nei quali i movimenti di terreno non richiedono preventiva autorizzazione, ma soltanto una dichiarazione d'inizio e l'osservanza di eventuali prescrizioni. Consiglio Stato, sez. V, 25 ottobre 1989, n. 671

 

Sono assoggettati a vincolo paesaggistico i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento - il taglio colturale. I territori coperti da foreste e da boschi, ancorché danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, sono assoggettati a vincolo paesaggistico a norma dell'art. 1 della l. 8 agosto 1985 n. 431 e su di essi è consentito soltanto il taglio colturale, la forestazione e altre opere conservative, sempreché autorizzati preventivamente. Cassazione penale, sez. III, 30 novembre 1988

Vincoli per scopi idrogeologici - i movimenti di terreno. Soltanto i movimenti di terreno che non comportano trasformazione del bosco in altra qualità di coltura possono essere eseguiti in base a una semplice dichiarazione, ai sensi delle disposizioni che disciplinano la materia dei vincoli per scopi idrogeologici, contenute negli art. 7 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 e 20 r.d. 16 maggio 1926 n. 1126, mentre le opere a cui consegna la detta trasformazione devono essere comunque autorizzate, ancorché consistenti in movimenti di terreno. T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, 31 dicembre 1987, n. 403

Conservazione del patrimonio boschivo esistente - l'immediata operatività dei divieti - svolgimento attività - costituzione del parco dell'Etna. L'art. 30 l. reg. sic. 8 maggio 1981 n. 98, nel prevedere l'immediata operatività dei divieti di cui all'art. 17 fino alla costituzione del parco dell'Etna, ha voluto porre una serie di misure di salvaguardia finalizzata alla conservazione del patrimonio boschivo esistente; pertanto, all'interno della zona del costituendo parco è consentito solo lo svolgimento di quelle attività che non si risolvono in un pregiudizio del paesaggio e dell'ambiente naturale e in un danneggiamento delle specie vegetali. Consiglio di Giustizia Amministrativa Sicilia, 18 ottobre 1986, n. 181

Vincoli idrogeologici - conservazione di colture arboree. La conservazione di colture arboree attiene alla materia dei vincoli idrogeologici, attesa la funzione delle colture stesse in ordine alla stabilità dei terreni ed al regime delle acque. È pertanto legittimo, a norma dell'art. 7 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 il provvedimento volto ad inibire la rimozione di piante per fini idrogeologici. Consiglio Stato, sez. VI, 30 ottobre 1985, n. 571

Nuove costruzioni in aree soggette a vincolo idrogeologico. La costruzione di una strada in terreno soggetto a vincolo idrogeologico ai sensi del R.D.L. 30 dicembre 1923 n. 3267, in quanto rimboschito con, contributo dello Stato, implica una modificazione dello stato dei luoghi, con conseguente distruzione del manto erboso e comporta, pertanto, una destinazione del terreno stesso incompatibile con la conservazione del bosco in base alle norme contenute nell'apposito piano. T.A.R. Toscana 26 marzo 1982 n. 63.

 

Obbligo di autorizzazione. Quando su un suolo sottoposto a vincolo idrogeologico vi sia un bosco, sussiste l'obbligo dell'autorizzazione non solo per la trasformazione del bosco in altra coltura, ma anche per il suo abbattimento. Cassazione penale, sez. III, 19 gennaio 1980

 

Suolo boscato sottoposto a vincolo idrogeologico. Quando su un suolo sottoposto a vincolo idrogeologico vi sia un bosco, sussiste l'obbligo dell'autorizzazione non solo per la trasformazione del bosco in altra coltura, ma anche per il suo abbattimento. Cassazione penale, sez. III, 5 novembre 1979.

 

 

F) AUTORIZZAZIONI - CONCESSIONI - CATASTO...

 

URBANISTICA E EDILIZIA - INCENDI BOSCHIVI - Rilascio di proroga del permesso di costruire - Sopravvenute previsioni urbanistiche - Compatibilità con la nuova disciplina - Necessità - Art. 15 T. Unico D.P.R. 380/2001 - Fattispecie: vincolo sopravvenuto di inedificabilità ai sensi dell'art. 10 legge 21.11.2000 n. 353 (Area boscata percorsa da fuoco). Le norme sulla proroga del permesso a costruire, che consentono di prolungare il termine ordinario di tre anni per l’esecuzione delle opere, devono considerarsi di stretta interpretazione. Pertanto, secondo l’art. 15, comma quarto, del T.U. approvato con d.P.R. n. 380 del 2001, l’abilitazione a costruire “decade con l’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio” (comma 4), ricavandosi la conseguenza che l'istituto della proroga non può più essere applicabile allorquando siano sopravvenute previsioni urbanistiche incompatibili con l’intervento assentito. Inoltre, ben può il giudice penale accertare la conseguente mancanza dei presupposti legali per l’esercizio discrezionale della proroga e ritenere quindi la intervenuta decadenza del permesso a costruire. Presidente E. Altieri, Relatore P. Onorato. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 12/05/2008 (Ud. 19/03/2008), Sentenza n. 19101

 

Incendi - L. 353/2000 - Art. 10 - Catasto dei terreni percorsi da incendio - Possibilità di subordinare l’operatività dei divieti all’effettiva redazione del catasto - Esclusione - Mera attività di certificazione. L’operatività dei divieti di cui all’art. 10 della legge quadro sugli incendi boschivi (L. 353/2000) e, più in generale, delle prescrizioni fondamentali della norma, peraltro caratterizzati dalla sanzione penale in caso di violazione, non può essere subordinata all’effettivo adempimento dell’attività di censimento dei soprassuoli percorsi dal fuoco tramite apposito catasto, attività amministrativa di mera certificazione ed elencazione, e perciò di carattere dichiarativo e non costitutivo. Pres. Santoro, Est. Cerreto - M. s.r.l. (Avv.ti Chiti e Giannini) c. T.M. e altri (Avv.ti Maceri e Romanelli) e altri (n.c.) - (Conferma T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 225/2003) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 1 luglio 2005 (C.C. 18.3.2005), Sentenza n. 3674 (vedi: sentenza per esteso)

Incendi - L. 353/2000 - Prevalenza rispetto alla normativa regionale - Fondamento - Valore ambiente. Le norme di cui alla L. 353/2000, sono prevalenti rispetto alle disposizioni regionali, atteso che la materia degli incendi boschivi appare riconducibile, da un lato, alla tutela dell’ambiente (rappresentato in particolare dal patrimonio boschivo nazionale), di esclusiva competenza statale ai sensi dell’art. 117, comma 2 lett. s), Cost., dall’altro costituisce principio fondamentale ex art. 117, comma 3, Cost. per gli ambiti di competenza concorrente (in quanto incidente anche su governo del territorio e valorizzazione dei beni ambientali). Il valore ambiente protetto con la disposizione in esame, dettata nell’ambito delle scelte discrezionali del legislatore, ed i relativi principi, non possono che investire anche gli ambiti eventualmente rimessi alla potestà normativa regionale: quest’ultima non può pertanto derogare alle indicazioni fondamentali connesse alla tutela del valore suddetto. Pres. Santoro, Est. Cerreto - M. s.r.l. (Avv.ti Chiti e Giannini) c. T.M. e altri (Avv.ti Maceri e Romanelli) e altri (n.c.) - (Conferma T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 225/2003) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 1 luglio 2005 (C.C. 18.3.2005), Sentenza n. 3674 (vedi: sentenza per esteso)

 

Costituiscono principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato quelli che risultano espressi dalla legge 353/2000 - la tutela dell’ambiente non può ritenersi propriamente una materia, essendo l’ambiente da considerarsi un valore costituzionalmente protetto che riguarda altresì campi di azione amministrativa connessi ma distinti, quali ad esempio il governo del territorio e la tutela della salute - la potestà normativa regionale non può derogare alle indicazioni fondamentali connesse alla tutela del valore costituzionalmente protetto. Secondo il testo dell’art. 117 Cost. ante riforma del Titolo V, la potestà legislativa concorrente sussiste per varie materie, fra le quali alcune in ipotesi possono ricomprendere una parte dell’ambito tutelato dalla disposizione in oggetto: urbanistica, agricoltura e foreste. Peraltro, tale potestà legislativa deve sempre essere esercitata ed inquadrata nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato: orbene, questi ultimi risultano espressi dalla legge 353, non solo per la previsione specifica e letterale di cui all’art. 1 comma 1 (a tenore della quale appunto le disposizioni della presente legge sono finalizzate alla conservazione e alla difesa dagli incendi del patrimonio boschivo nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita e costituiscono principi fondamentali dell'ordinamento ai sensi dell'art. 117 della Costituzione), ma anche alla luce della natura delle disposizioni stesse, costituenti diretta applicazione di principi superiori dell’ordinamento previsti e tutelati dagli artt. 2, 9 e 32 Cost.: ciò giustifica altresì la richiamata previsione dell’intervento sanzionatorio di livello penale. Inoltre, è pur vero che lo stesso orientamento sopra richiamato della Corte costituzionale lascia aperta (“di norma”) la possibilità, quantomeno in termini di opportunità per un’applicazione orientata secondo il superiore criterio della ragionevolezza, di verificare la congruità della disciplina anche alla luce del rinnovato assetto istituzionale. Anche in tale ottica, peraltro, la norma statale in esame appare costituire, da un lato, materia esclusiva ai sensi dell’art. 117 comma 2 lett. s), dall’altro principio fondamentale ex art. 117 comma 3 per gli ambiti di competenza residuali facenti capo alla sfera di cognizione delle regioni (ad esempio governo del territorio, valorizzazione dei beni ambientali e culturali). Infatti la norma in esame, osserva il Collegio, appare diretta in via primaria alla tutela dell’ambiente leso, rappresentato in particolare dal patrimonio boschivo nazionale. La Corte (cfr. ad es. sentenze 26 luglio 2002 n. 407 e 20 dicembre 2002 n. 536) ha poi avuto modo recentemente di precisare che la tutela dell’ambiente non può ritenersi propriamente una materia, essendo l’ambiente da considerarsi un valore costituzionalmente protetto che riguarda altresì campi di azione amministrativa connessi ma distinti, quali ad esempio il governo del territorio e la tutela della salute; di conseguenza, le suddette finalità ambientali possono riguardare anche provvedimenti su “materie” distinte ma pur sempre legate alla tutela di un valore di tale rilievo. Da ciò ne discende che, comunque, il valore ambiente protetto con la presente disposizione, dettata dalla discrezionalità del legislatore, ed i relativi principi non possono che investire anche gli ambiti eventualmente rimessi alla potestà normativa regionale: quest’ultima pertanto non può evidentemente derogare alle indicazioni fondamentali connesse alla tutela del valore suddetto. T.A.R. Liguria, 21 febbraio 2003, sentenza n. 225 (vedi: sentenza per esteso)

 

Operatività dei divieti della legge 353 del 2000 - non può subordinarsi all’effettivo adempimento di un’attività amministrativa - attività di certificazione delegata - perseguimento di principi fondamentali dello Stato. Non appare conforme allo spirito della norma, ai principi generali dell’ordinamento ed al corretto perseguimento degli interessi pubblici connessi e desumibili altresì dall’art. 1 della medesima legge 353, ritenere che l’operatività dei divieti della legge 353 del 2000 e, più in generale delle prescrizioni fondamentali della norma, oltretutto caratterizzati dalla sanzione penale in caso di violazione, possa essere subordinata all’effettivo adempimento di un’attività amministrativa di mera certificazione ed elencazione, quindi dichiarativa e non costitutiva. Così ragionando, il perseguimento di principi fondamentali dello Stato sarebbe subordinato, sine die, alla volontà di organi amministrativi locali operanti non nell’ambito delle proprie indefettibili prerogative di perseguimento del pubblico interesse per le rispettive comunità locali ma in sede di mera attività di certificazione delegata da una legge fondamentale dello Stato. La previsione della sanzione penale per la violazione del divieto di cui al comma 1 dell’art. 10 legge 353/2000 da un lato costituisce conferma della rilevanza dei principi sottesi alla prescrizione in esame, dall’altro trova la propria giustificazione proprio in considerazione della necessità di tutelare interessi considerati preminenti dall’ordinamento. T.A.R. Liguria, 21 febbraio 2003, sentenza n. 225 (vedi: sentenza per esteso)

 

Concessione edilizia - la posizione legittimante alla impugnativa - requisiti. Le preoccupazioni sottese alla natura del giudizio amministrativo risultano già poste a fondamento della prevalente opinione giurisprudenziale che ha escluso in materia la qualificazione in termini di azione popolare (cfr. ad es. Consiglio Stato sez. V, 13 luglio 2000, n. 3904); quindi, a fronte del dettato normativo e dei principi generali in tema di interesse concreto ed attuale al ricorso, ulteriori limitazioni devono essere oggetto di specifiche considerazioni, derivanti dall’insussistenza di qualsiasi possibile pregiudizio nella singola fattispecie. In tal senso, l’eccessiva contrazione dei presupposti per l’impugnativa in materia, oltre a porsi in evidente contrasto con la chiara disposizione normativa, viene a stridere con i principi di cui agli artt. 24, 103, 111 e 113 della Costituzione, sulla scorta dei quali occorre assicurare una adeguata tutela delle situazioni giuridiche soggettive, fra le quali non possono che essere ricompresi gli interessi dei proprietari di immobili al corretto sviluppo urbanistico ed edilizio della zona. Va pertanto ribadito che a seguito del rilascio di un titolo concessorio di natura edilizia la posizione legittimante alla impugnativa sussiste in capo a coloro che si trovino in una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell'intervento costruttivo autorizzato e che facciano valere un interesse giuridicamente protetto di natura urbanistica, quale è quello della osservanza delle prescrizioni regolatrici dell'edificazione (cfr. ad es. sentenza n. 588 del 2002 di questo Tribunale e Consiglio di Stato sez. V 30 gennaio 2003 n. 469). Ciò sussiste nel caso di specie alla luce della proprietà di immobili contigui in capo agli odierni ricorrenti, i quali verrebbero ad essere interessati dall’intervento anche in merito all’utilizzo delle strade nonché delle ulteriori strutture di rilievo urbanistico ed edilizio valutabili in termini di aumento del peso insediativo. T.A.R. Liguria, 21 febbraio 2003, sentenza n. 225 (vedi: sentenza per esteso)

 

Conferenza dei servizi - procedimento per il rilascio della concessione edilizia - non preclude l'impugnativa né implica acquiescenza. Neppure la circostanza che in sede di conferenza dei servizi ex art. 14, l. 7 agosto 1990 n. 241, l’interessato abbia convenuto sulla conclusione del procedimento mediante il rilascio della concessione edilizia per un solo fabbricato, con riserva, peraltro, di verificare e rivendicare ulteriori diritti edificatori sul terreno interessato, non precluda l'impugnativa né implichi acquiescenza, dal momento che questa deve derivare da un atto non equivoco, tale cioè da non lasciare dubbi sulla volontà dell'interessato di disporre della propria posizione giuridica soggettiva (cfr. ad es. T.A.R. Lazio sez. Latina, 17 dicembre 1999, n. 1020). A maggior ragione va esclusa qualsiasi acquiescenza nel caso de quo dove, a fronte dell’approvazione di uno strumento attuativo e del successivo rilascio di una connessa concessione, in variante rispetto alla vigente pianificazione generale, da nessun atto o comportamento può trasparire qualsiasi presunto assenso degli odierni ricorrenti a causa del silenzio mantenuto avverso una pianificazione generale ormai superata. (In specie il ricorrente lamenta la violazione della legge n. 353 del 2000 in materia di incendi boschivi, nonché diversi profili di eccesso di potere, in quanto i titoli edilizi sarebbero stati rilasciati nonostante la vigenza del divieto di edificare per dieci anni trattandosi di aree interessate dal fuoco). T.A.R. Liguria, 21 febbraio 2003, sentenza n. 225 (vedi: sentenza per esteso)
 

Tutela del paesaggio - territori coperti da boschi - esecuzione di attivita' ed opere di bonifica, antincendio e conservazione in assenza di autorizzazione forestale - reato di cui all'art. 1 sexies d. l. n. 312 del 1985 - configurabilità - fondamento. In tema di tutela del paesaggio, il reato si cui all'art. 1 sexies del D. L. 27 giugno 1985 n. 312, convertito in legge 8 agosto 1985 n. 431 (ora sostituito dall'art. 163 del D. Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490), ricomprende anche le ipotesi di esecuzione, in territori coperti da boschi ed in difetto della prescritta autorizzazione forestale prevista dal comma quarto del citato art. 1 sexies, di attivita' ed opere di bonifica, antincendio e di conservazione qualora tale intervento comporti una apprezzabile modificazione dello stato dei luoghi, non essendo richiesto un concreto pregiudizio del bene protetto, atteso che la "ratio" della disposizione e' quella di escludere la liceita' di qualsiasi intervento modificativo effettuato senza una preventiva valutazione dell'operazione da parte dell'autorita' preposta. Corte di Cassazione Sez. III del 15 aprile 2002, sentenza, n. 14292

 

L'occupazione temporanea ai fini del rimboschimento e consolidamento del terreno - atto di sottomissione - completamento della procedura espropriativa - risarcimento dei danni per occupazione illegittima. Qualora un'azienda forestale (nella specie l'Azienda delle Foreste Demaniali Siciliane) abbia conseguito da un privato la disponibilità di un terreno boschivo a fini di forestazione, in forza di un atto di concessione gratuita denominato "atto di sottomissione", nel quale, pur essendosi prevista la temporaneità dell'occupazione del terreno ed un termine di scadenza della stessa, si sia fatto, tuttavia, esplicito riferimento alla disciplina del R.D. n. 3267 del 1923 in tema di occupazione in funzione di operazioni di rimboschimento, così configurandosi la posizione del privato in termini di interesse legittimo, la successiva instaurazione, da parte dell'amministrazione, di una procedura di espropriazione per pubblica utilità del bosco, in vista della sua acquisizione per il suo inserimento nel demanio (ritenuto opportuno per la salvaguardia dell'opera di forestazione), con emissione di un decreto dichiarativo della pubblica utilità ed inizio della procedura di occupazione d'urgenza, determina un'interversione del possesso, essendo l'occupazione temporanea ai fini del rimboschimento e consolidamento del terreno diversa dall'occupazione a fini espropriativi (che è diretta a divenire permanente), con la conseguenza che cessa il rapporto iniziato con il suddetto "atto di sottomissione" e sorge un nuovo rapporto, nell'ambito del quale dev'essere rispettata la regolamentazione dell'espropriazione per pubblica utilità. Ne discende che, ove successivamente al decreto dichiarativo della pubblica utilità non segua il completamento della procedura espropriativa, per il periodo compreso fra l'emissione di detto decreto e la data di emissione di un nuovo decreto che dia inizio ad una nuova procedura espropriativa, compete al privato il risarcimento dei danni per occupazione illegittima, in quanto il possesso insorto a seguito della suddetta interversione deve reputarsi illegittimo (nella specie le Sezioni Unite hanno disatteso il motivo di ricorso, con cui l'ente espropriante aveva sostenuto che, non essendo necessaria, ma facoltativa, l'occupazione d'urgenza ai fini dell'espropriazione, non era configurabile la descritta trasformazione del titolo dell'occupazione). Cassazione civile, sez. Unite, 21.12.1999, sentenza n. 921.

 

Il divieto di edificazione nei suoli interessati da incendi dolosi, la "ratio" della norma. In base all'art. 9 l. 1 marzo 1975 n. 47, il divieto di edificazione nei suoli interessati da incendi dolosi non può essere esteso agli interventi che sarebbero stati consentiti anche in presenza della vegetazione boschiva in base alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e delle norme di vincolo, rinvenendosi la "ratio" della norma nell'impedire che l'azione criminosa distruttiva possa portare al rilascio di una concessione edilizia precluso dalla presenza del bosco. (Si veda anche il Consiglio Stato, sez. V, 15 luglio 1998, n. 1048 - Il divieto di edificazione nei suoli interessati da incendi, ex art. 9 l. 1 marzo 1975 n. 47, non può essere esteso agli interventi che sarebbero stati consentiti anche in presenza del bosco). T.A.R. Lazio, sez. I, 7 giugno 1999, n. 1223

Tutela della vegetazione dei parchi regionali, l'autorizzazione al del taglio bosco. A norma dell'art. 6 l. reg. Lombardia 27 gennaio 1977 n. 9, sulla tutela della vegetazione dei parchi regionali, l'autorizzazione al del taglio bosco è consentita eccezionalmente in considerazione degli interessi ambientali del parco. Consiglio Stato, sez. VI, 3 novembre 1998, n. 1509.

Diniego di autorizzazione al taglio di bosco nel piano regionale. E' sufficientemente motivato il diniego di autorizzazione al taglio di bosco nel piano regionale con il richiamo alla disciplina del piano "in itinere" di cui all'art. 18 l. reg. Lombardia 30 novembre 1983 n. 86, come modificato dalla l. reg. Lombardia 13 febbraio 1988 n. 6 che, tra l'altro, qualifica la zona interessata come boscata di pregio in cui non è ammessa la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali. Consiglio Stato sez. VI, 3 novembre 1998, n. 1509.

 

Concessione edilizia e licenza di abitabilità diniego.    Non è dato rinvenire nel tessuto normativo un criterio univoco inteso alla definizione dei parametri i quali agganciare la qualificazione di un'area come boschiva. In assenza di un criterio vincolante non appare irragionevole la valutazione, sottesa al provvedimento reiettivo impugnato, recepita dall'inventario forestale nazionale, che segnala un rapporto piante - superficie di 455 per ettaro ed un'area di insistenza delle chiome superiore al 20%. Incontestabile essendo, alla luce di consolidata giurisprudenza sul punto, che il diniego di nulla osta può riposare sulla situazione di pericolo (e non di danno immediato) innescata dalla trasformazione del territorio, è parimenti indubitabile, attesa la valenza sacrificata rivestita dalla statuizione negativa sull'esplicazione dello "jus aedificandi", che detto pericolo, nella specie, di incendio, debba presentarsi, in forza di adeguata indagine istruttoria, in termini di concretezza e specificità. Consiglio Stato sez. VI, 15 luglio 1998, n. 1095

 

Nel concetto di territorio coperto da bosco, cui fa riferimento la legge che tutela le bellezze naturali, rientra non solo la superficie sulla quale insistono i popolamenti arborei, ma anche le aree limitrofe che servono per la salvaguardia e l'ampliamento. (Nella specie, relativa, a rigetto di ricorso con il quale l'imputato, condannato per avere estirpato un bosco ceduo di robinia pseudoacacia di circa 600 mq. in zona soggetta a vincolo paesaggistico senza avere ottenuto l'autorizzazione prevista dall'art. 7 L. 29 giugno 1939 n. 1497, aveva incentrato la sua censura tenendo presente la nozione di "bosco" delineata dalla normativa regionale, la Corte ha osservato che non era consentito adottare, nel caso in esame, la restrittiva nozione di "bosco" contenuta in detta normativa, sicché territorio coperto da bosco non era soltanto l'area di circa 600 mq., da cui l'imputato aveva estirpato le acacie senza autorizzazione, dovendosi, invece, considerare quella complessiva di mq. 700, tanto più che nella zona limitrofa vi era tale vegetazione). Cassazione penale sez. III, 26 marzo 1997, n. 3975.

 

In tema di interventi senza autorizzazione in zone vincolate a bosco, non è consentita l'attività agro - silvo - pastorale, volta all'allevamento di animali, consistente nell'aratura con la totale estirpazione della vegetazione. Ne deriva l'illiceità della condotta, se tenuta in assenza di provvedimento abilitativo. L'art. 1 della legge n. 431 innanzi citata al comma 8 prevede che per l'attività agro - silvo - pastorale non occorre l'autorizzazione, quando non comporti alterazione permanente dello stato dei luoghi per costruzioni od altre opere civili. Orbene il mutamento acquisisce il carattere di permanenza, qualora esso sia di tale durata, da comportare per un lungo periodo di tempo l'impossibilità di una ricostituzione del patrimonio naturale. Ne è indispensabile che tale alterazione derivi da strutture edilizie, essendo sufficiente qualsiasi opera civile; nozione, quest'ultima, comprendente la stessa aratura o estirpazione di piante o vegetazione.Pertanto in materia di tutela delle aree vincolate, l'esercizio del diritto di natura civilistica, derivante da un contratto d'affittanza di un fondo per l'esercizio della pastorizia e della coltivazione, deve essere aderente alle norme penali, che lo limitano nell'apprestare la protezione dei boschi. Ne deriva che l'allevamento deve sempre essere posto in essere nel rispetto dell'ambiente e non può mai scriminare la distruzione della macchia mediterranea realizzata tramite completa aratura del terreno e sradicamento delle piante. Cassazione penale, sez. III, 3 giugno 1997, n. 5961

 

Il sistema di tutela ambientale delineato dalla l. n. 431 del 1985 prevede, per determinate categorie di beni, l'imposizione di un vincolo "ex lege". Pertanto, il piano paesistico regionale non è in grado di costituire o escludere il vincolo ambientale, perché questo deriva direttamente dalla legge. Un territorio coperto da bosco è da ritenere sottoposto a vincolo, ancorché non incluso tra i boschi dal piano paesistico regionale. L'intervento in tali zone senza la prescritta autorizzazione regionale integra pertanto il reato di cui all'art. 1 sexies l. n. 431 del 1985. L'esistenza del vincolo deve essere esclusa se il bosco risulta incluso come area edificabile nel piano triennale di attuazione del piano regolatore generale vigente prima dell'entrata in vigore della c.d. legge Galasso. Cassazione penale sez. III, 6 dicembre 1995, n. 4319.

 

Autorizzazione dell’autorità competente. Il vincolo idrogeologico, secondo la disciplina recata dal r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267, non interdice in assoluto l'attività edificatoria, ma richiede soltanto che l'intervento progettato sia autorizzato dall'autorità competente. Consiglio Stato sez. V, 25 maggio 1995, n. 832.

 

Concessione e vincolo idrogeologico. Nei territori sottoposti a vincolo idrogeologico i lavori conseguenti alla concessione mineraria non possono essere eseguiti ove manchi l'autorizzazione dell'autorità forestale regionale, alla quale non può ovviamente sostituirsi quella mineraria. Corte Conti sez. contr., 8 giugno 1995, n. 77.

 

Fascia boscata - violazione delle leggi regionali delle norme per il controllo dell'attività urbanistica ed edilizia. Nell'ipotesi di violazione delle leggi regionali, che costituiscono integrazione o modifica delle norme per il controllo dell'attività urbanistica ed edilizia è configurabile il reato di cui all'art. 20 lett. a) legge 28 febbraio 1985, n. 47. (Nella fattispecie si trattava di una costruzione alberghiera, sita nella zona circostante per una larghezza di 30 metri ad area boscata in territorio di Aosta). Cassazione penale, sez. III,  05.05.1994, n. 1428

 

Autorizzazioni, nulla osta, visti - mancanza di formazione del silenzio-assenso. In tema di concessione edilizia, ai fini della formazione del silenzio-assenso, occorre che la relativa domanda contenga, tra i documenti richiesti a suo corredo, l'autorizzazione dell'autorità competente relativamente alla rimozione del vincolo idrogeologico di cui al r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 e successive modificazioni, altrimenti resta impedito lo stesso deposito della domanda. Le autorizzazioni, i nullaosta, i visti e gli atti contemplati nell'art. 8 comma 3 d.l. 23 gennaio 1982 n. 9 convertito, con modificazioni nella l. 25 marzo 1982 n. 94 devono preesistere alla istanza di concessione sulla quale, pertanto, non può formarsi il silenzio assenso previsto dall'art. 8 comma 1 cit., ove detti atti non siano allegati alla domanda di concessione stessa (nella specie si è ritenuto che il silenzio-assenso non fosse configurabile posto che l'interessato aveva presentato contestualmente l'istanza di concessione edilizia e quella di autorizzazione alla rimozione del vincolo idrogeologico che gravava sull'area edificanda). Consiglio Stato sez. V, 9 aprile 1994, n. 265.

 

Necessità della concessione edilizia per un capannone per gli attrezzi necessari per il taglio industriale del bosco. Occorre la concessione edilizia per lavori diretti della installazione di un capannone (nella specie in zona vincolata), destinato a dare ricovero, non assolutamente momentaneo, agli attrezzi necessari per il taglio industriale del bosco e per la successiva lavorazione del legname ricavato (segheria). Ne deriva che la eventuale autorizzazione, rilasciata dal sindaco per la realizzazione di una costruzione delle menzionate caratteristiche, è provvedimento diverso ed estraneo dalla concessione, che è richiesta per l'esecuzione di opere comportanti una modifica duratura del territorio. (Nella specie trattavasi dello sbancamento di ottocento metri quadrati di bosco). Cassazione penale sez. III, 18 novembre 1993, n. 1214.

 

La materia forestale è interessata dalla ancora vigente l. 3267 del 1923 sul vincolo idrogeologico, ispirata al principio di impedire forme di utilizzazione che possano "con danno pubblico" determinare "denudazione", perdita di "stabilita'", turbamento del "regime delle acque"; dalla legislazione urbanistica a partire dalla l. 1150 del 1942 fino alla recente l. 47/85; dalla legge di difesa del suolo e sui bacini idrografici, n. 183/88; dalla legge sulle aree protette n. 394/91; dalle normative su flora e fauna, es. l. 157/92; dalle leggi su bellezze naturali e paesaggio (l. 1497/39; art. 9 Cost., l. 431/85); dalle norme sull'impatto ambientale ex direttiva C.E.E. 337/85 e norme di attuazione; dalla l. 349/86 sul Ministero dell'"Ambiente e sul danno ambientale". Cassazione penale sez. III, 12 febbraio 1993.

 

La nozione di totale difformità - assenza dell'autorizzazione paesaggistica. La nozione di totale difformità è desumibile - per le opere edilizie - dall'art. 7 della legge n. 47 del 1985. Il concetto di variazione essenziale di cui all'art. 8 stessa legge è invece riferibile soltanto a talune attività, ivi elencate: vanno cioè esclusi dalla previsione (alle condizioni stabilite) gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo (nonché l'esercizio della attività agro-silvo-pastorale), regolati nel dodicesimo comma dell'art. 1 legge n. 431 del 1985. In tema di tutela del paesaggio, il richiamo "quoad poenam", effettuato dall'art. 1 "sexies" legge 8 agosto 1985, n. 431 all'art. 20 legge 28 febbraio 1985, n. 47 si riferisce alle lettere a), c). A qualsiasi intervento - inquadrabile nella disciplina "de qua" - nelle zone sottoposte a vincolo, eseguito in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza dell'autorizzazione paesaggistica va applicata la sanzione di cui alla lettera c). Cassazione penale, sez. III, 05.05.1992, n. 6898.

 

L. 8 agosto 1985 n. 431 art. 1 l. Per la configurazione del reato di cui all'art. 1-sexies l. n. 431 del 1985 non occorre la sussistenza di particolari vincoli ambientali, accolti negli strumenti normativi urbanistici, ma e' sufficiente lo sconvolgimento dell'assetto idrogeologico e la modifica dello "status" ambientale. (Nella specie si trattava di coltivazione di cava in zona sottoposta a vincolo idrogeologico e boschiva). Cassazione penale sez. III, 2 dicembre 1991.

 

Sono elementi atti a determinare una trasformazione urbanistica, comportando un mutamento del preesistente assetto del territorio per il quale necessita il rilascio della concessione edilizia, la esecuzione di dissodamenti e riporti di terreno con accumulo di rifiuti per la formazione di un piazzale e di una strada, la distruzione di un bosco ceduo, la formazione di un muro a secco di pietrame, la costruzione di baracche di legno. T.A.R. Piemonte sez. I, 11 maggio 1991 n. 164.

 

L’autorizzazione rilasciata dalla camera di commercio in zona boschiva colpita da incendio - preesistenti limiti di edificabilità. È legittimata l'autorizzazione rilasciata dalla camera di commercio, per una costruzione da realizzarsi in zona boschiva colpita da incendio, se sia mantenuta entro i preesistenti limiti di edificabilità ammessi dagli strumenti urbanistici e dal vincolo forestale. Consiglio Stato, sez. VI, 27 febbraio 1991, n. 119

 

Vincolo idrogeologico, falsa rappresentazione. L'autorizzazione alla realizzazione di una discarica è viziata da eccesso di potere per falsa rappresentazione dei presupposti di fatto quando nel corso dell'istruttoria non è stato in alcun modo preso in considerazione il fatto che la zona prescelta per la localizzazione dell'impianto e' sottoposta a vincolo idrogeologico. T.A.R. Abruzzo sez. Pescara, 20 febbraio 1991, n. 166

 

Il taglio a raso di un bosco di alto fusto sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 1, lett. g) della l. 8 agosto 1985, n. 431 abbisogna della prescritta autorizzazione e per la cui mancanza è prevista la pena dell'ammenda e l'obbligo del ripristino dello stato originario del luogo. Pretura Santhia 15 dicembre 1988.

 

Istallazione di linee elettriche in zona boschiva - il corpo forestale può rilasciare il nulla osta con prescrizioni. Il corpo forestale, nel rilasciare all'ENEL il prescritto nulla osta per l'istallazione di linee elettriche in zona boschiva, può legittimamente imporre, per le linee elettriche correnti sopra la superficie arborea, la apposizione di segnali visibili per la navigazione aerea minore, ossia per elicotteri di pronto intervento. Consiglio Stato, sez. VI, 29 settembre 1988, n. 1058.

 

Il disboscamento di un'area vincolata dal piano regolatore a bosco-parco naturale e la trasformazione di essa in area agricola destinata a orto e frutteto costituisce trasformazione urbanistica del territorio soggetta a concessione. Commette pertanto il reato di cui all'art. 17, lett. b) l. 28 gennaio 1977 n. 10, chi abusivamente procede ai lavori necessari per la sopraindicata trasformazione. Pretura Torino 24 maggio 1982.

 

Obbligo dell’autorizzazione. Quando su un suolo sottoposto a vincolo idrogeologico vi sia un bosco, sussiste l'obbligo dell'autorizzazione non solo per la trasformazione del bosco in altra coltura, ma anche per il suo abbattimento. Cassazione penale, sez. III, 19 gennaio 1980.

 

 Aree protette, costruzioni. Nessuna costruzione civile, stradale o di qualsiasi altra specie può essere eseguita nel perimetro del parco nazionale del Gran Paradiso senza l'autorizzazione dell'Ente parco; ove occorra quella dell'ente Regione, essa non sostituisce l'altra (fattispecie di apertura di una strada campestre per il trasporto del legname da un bosco). Cassazione penale, sez. III, 23 gennaio 1979.

 

 Organi competenti in materia di autorizzazioni al taglio di boschi. Ai sensi del d.P.R. 30 giugno 1951 n. 535, il direttore dell'ente autonomo del Parco nazionale d'Abruzzo, ricostituito con la l. 21 ottobre 1950 n. 991, non è un organo dell'ente essendo presupposto a sopraintendere ai servizi dell'ente e negare o concedere autorizzazioni (nella specie: autorizzazione al taglio di sezioni boschive) che rientrano fra i compiti riservati agli organi dell'ente (nella specie: al Presidente). T.A.R. Abruzzi 28 settembre 1978 n. 400.

 

 

 G ) SANZIONI.

INCENDI BOSCHIVI - CACCIA - Soprassuoli percorsi dal fuoco - L. n. 353/2000 - Prevalenza rispetto alle disposizioni regionali - Fattispecie: Divieto di caccia per tre anni nelle aree percorse dal fuoco - L.r. Liguria n. 35/08. In tema di incendi boschivi, la normativa statale di cui alla L. n. 353/2000 prevale rispetto a disposizioni regionali di maggiore favore (nella specie, L.r. Liguria n. 35/08, che modificando l'art. 46 della l.r. n. 4/1999, ha ridotto a tre anni - rispetto ai dieci previsti dall'art. 10, c. 1 della l. n. 353/2000 - il periodo di divieto di esercizio dell'attività venatoria nelle aree percorse dal fuoco). TRIBUNALE CIVILE DI SAVONA - 20 aprile 2010, n.343

BOSCHI E FORESTE - INCENDI - Aree percorse dal fuoco - Divieti, sanzioni e prescrizioni - Art. 10 L. n. 353/2000 - Ambito oggettivo di applicazione della norma - Zone boscate e pascoli - Zone arboratee cespugliate - Esclusione - Fattispecie - Coltivazione ad uliveto. Dalla lettura degli artt. 2 e 10, cc. 1 e 2 della legge quadro sugli incendi boschivi (L. n. 353 del 2000) emerge che la definizione di “incendio boschivo” di cui all’art. 2 si riferisce ad aree (boscate, cespugliate o arborate) più ampie di quelle richiamate nel comma 1 dell’art.10 che limita, invece, l’applicazione dei divieti, prescrizioni e sanzioni soltanto a “zone boscate e pascoli i cui soprassuoli” sono stati percorsi dal fuoco, cioè un insieme di aree naturali e vegetali più delimitato rispetto a quello di cui sopra. Ne deriva che l’ambito oggettivo di applicazione della norma speciale è più limitato e riguarda le sole zone boscate e pascoli (e non le zone arborate). A ciò va aggiunto che nella definizione di “bosco” il legislatore sia ha previsto una equiparazione dello stesso alla foresta e alla selva (art.2, comma 1, D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227) ed ha individuato alcune fattispecie assimilate a bosco (art.2, comma 3, D.Lgs. n. 227 del 2001), inoltre ha distinto la vegetazione forestale da quella arbustiva (art.3, commi 3 e 4, L.R. n. 39 del 2002), definendo così una disciplina unitaria e coordinata per i boschi e le aree boscate (fattispecie relativa ad area coperta da coltura agraria - oliveto e vigneto). Pres. Pugliese, Est. Caminiti - A. s.r.l. (avv.ti Ragazzo e Funari) c. Comune di Ariccia (avv.ti Bellini, Brugnoletti e Michetti) - TAR LAZIO, Roma, Sez. II bis - 17 novembre 2009, n. 11242

Costituiscono principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato quelli che risultano espressi dalla legge 353/2000 - la tutela dell’ambiente non può ritenersi propriamente una materia, essendo l’ambiente da considerarsi un valore costituzionalmente protetto che riguarda altresì campi di azione amministrativa connessi ma distinti, quali ad esempio il governo del territorio e la tutela della salute - la potestà normativa regionale non può derogare alle indicazioni fondamentali connesse alla tutela del valore costituzionalmente protetto. Secondo il testo dell’art. 117 Cost. ante riforma del Titolo V, la potestà legislativa concorrente sussiste per varie materie, fra le quali alcune in ipotesi possono ricomprendere una parte dell’ambito tutelato dalla disposizione in oggetto: urbanistica, agricoltura e foreste. Peraltro, tale potestà legislativa deve sempre essere esercitata ed inquadrata nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato: orbene, questi ultimi risultano espressi dalla legge 353, non solo per la previsione specifica e letterale di cui all’art. 1 comma 1 (a tenore della quale appunto le disposizioni della presente legge sono finalizzate alla conservazione e alla difesa dagli incendi del patrimonio boschivo nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita e costituiscono principi fondamentali dell'ordinamento ai sensi dell'art. 117 della Costituzione), ma anche alla luce della natura delle disposizioni stesse, costituenti diretta applicazione di principi superiori dell’ordinamento previsti e tutelati dagli artt. 2, 9 e 32 Cost.: ciò giustifica altresì la richiamata previsione dell’intervento sanzionatorio di livello penale. Inoltre, è pur vero che lo stesso orientamento sopra richiamato della Corte costituzionale lascia aperta (“di norma”) la possibilità, quantomeno in termini di opportunità per un’applicazione orientata secondo il superiore criterio della ragionevolezza, di verificare la congruità della disciplina anche alla luce del rinnovato assetto istituzionale. Anche in tale ottica, peraltro, la norma statale in esame appare costituire, da un lato, materia esclusiva ai sensi dell’art. 117 comma 2 lett. s), dall’altro principio fondamentale ex art. 117 comma 3 per gli ambiti di competenza residuali facenti capo alla sfera di cognizione delle regioni (ad esempio governo del territorio, valorizzazione dei beni ambientali e culturali). Infatti la norma in esame, osserva il Collegio, appare diretta in via primaria alla tutela dell’ambiente leso, rappresentato in particolare dal patrimonio boschivo nazionale. La Corte (cfr. ad es. sentenze 26 luglio 2002 n. 407 e 20 dicembre 2002 n. 536) ha poi avuto modo recentemente di precisare che la tutela dell’ambiente non può ritenersi propriamente una materia, essendo l’ambiente da considerarsi un valore costituzionalmente protetto che riguarda altresì campi di azione amministrativa connessi ma distinti, quali ad esempio il governo del territorio e la tutela della salute; di conseguenza, le suddette finalità ambientali possono riguardare anche provvedimenti su “materie” distinte ma pur sempre legate alla tutela di un valore di tale rilievo. Da ciò ne discende che, comunque, il valore ambiente protetto con la presente disposizione, dettata dalla discrezionalità del legislatore, ed i relativi principi non possono che investire anche gli ambiti eventualmente rimessi alla potestà normativa regionale: quest’ultima pertanto non può evidentemente derogare alle indicazioni fondamentali connesse alla tutela del valore suddetto. T.A.R. Liguria, 21 febbraio 2003, sentenza n. 225 (vedi: sentenza per esteso)

Operatività dei divieti della legge 353 del 2000 - non può subordinarsi all’effettivo adempimento di un’attività amministrativa - attività di certificazione delegata - perseguimento di principi fondamentali dello Stato. Non appare conforme allo spirito della norma, ai principi generali dell’ordinamento ed al corretto perseguimento degli interessi pubblici connessi e desumibili altresì dall’art. 1 della medesima legge 353, ritenere che l’operatività dei divieti della legge 353 del 2000 e, più in generale delle prescrizioni fondamentali della norma, oltretutto caratterizzati dalla sanzione penale in caso di violazione, possa essere subordinata all’effettivo adempimento di un’attività amministrativa di mera certificazione ed elencazione, quindi dichiarativa e non costitutiva. Così ragionando, il perseguimento di principi fondamentali dello Stato sarebbe subordinato, sine die, alla volontà di organi amministrativi locali operanti non nell’ambito delle proprie indefettibili prerogative di perseguimento del pubblico interesse per le rispettive comunità locali ma in sede di mera attività di certificazione delegata da una legge fondamentale dello Stato. La previsione della sanzione penale per la violazione del divieto di cui al comma 1 dell’art. 10 legge 353/2000 da un lato costituisce conferma della rilevanza dei principi sottesi alla prescrizione in esame, dall’altro trova la propria giustificazione proprio in considerazione della necessità di tutelare interessi considerati preminenti dall’ordinamento. T.A.R. Liguria, 21 febbraio 2003, sentenza n. 225 (vedi: sentenza per esteso)
 

Definizione d'incendio boschivo - l'incendio di "boscaglia" - l’esigenza di tutela del patrimonio boschivo nazionale - la repressione degli incendi boschivi. Integra il reato di cui all'art. 423 bis c.p., introdotto all'art. 1 comma 1, d.l. 4 agosto 2000 n. 220, conv. in l. 6 ottobre 2000 n. 275, l'incendio di "boscaglia" tale intendendosi il bosco incolto, fitto, intricato e folto costituito anche da alberi di diversa specie. Siffatta ricostruzione esegetica della lettera della norma incriminatrice, oltre ad essere rispettosa della ratio legis posta dal legislatore a fondamento dell’aggravamento sanzionatorio - l’esigenza di tutela del patrimonio boschivo nazionale, quale bene primario e insostituibile per la qualità della vita, mediante la repressione degli incendi boschivi - risulta altresì coerente, sul piano logico-sistematico, con l’invero ampia definizione di “incendio boschivo” racchiusa nell’art. 2 della successiva legge-quadro in materia, l. 21.11.2000 n. 353, della quale non può negarsi la rilevanza penalistica atteso che l’art. 11.1 della stessa riproduce nuovamente il medesimo testo dell’art. 423-bis c.p., già introdotto con le misure emergenziali del citato decreto-legge n. 220 del 2000 per la repressione degli incendi boschivi. Orbene, ai sensi del citato art. 2 l. 353 del 2000, “per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all’interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree”. Corte di Cassazione - I sezione penale - Sentenza del 26 giugno 2001, n. 25935

L'elemento oggettivo del reato di incendio boschivo - definizione d'incendio boschivo. L’elemento oggettivo del reato di incendio boschivo (art. 423 bis c.p., introdotto dal d.l. n. 220 del 2000, conv. nella l. n. 275 del 2000) è correttamente riferito anche a estensioni di terreno a "boscaglia", "sterpaglia" e "macchia mediterranea", atteso che la l. 21 novembre 2000 n. 353, che all'art. 11 ha riprodotto il testo dell'art. 423 bis c.p., all'art. 2 definisce l'incendio boschivo come un fuoco con suscettività ad espandersi su "aree boscate, cespugliate o arborate" nonché su "terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi alle dette aree". (In specie la vicenda, risulta cristallizzata nell’imputazione strutturata nei seguenti termini: “perché cagionava un incendio di una superficie collinare di circa trenta ettari, costituita da campi coltivati ad oliveto e da frutteti di varie specie [circa 5-6 ettari] nonché da boscaglia, sterpaglia e macchia mediterranea comprendente diverse essenze arboree, tra le quali delle querce”. Il riferimento fattuale ad un incendio di circa 24 ettari di “boscaglia”, “sterpaglia” e “macchia mediterranea” consente di ritenere corretto l’inquadramento dell’episodio nella fattispecie astratta disciplinata dall’art. 423-bis c.p., inserito dall’art. 1.1 d.l. 4.8.2000 n. 220, conv. In l. 6.10.2000 n. 275, che punisce più severamente chiunque cagiona un “incendio su boschi, selve o foreste”: s’intende infatti per “boscaglia”, nell’uso corrente, il bosco incolto, fitto, intricato, folto e costituito anche da alberi di specie diversa). Corte di Cassazione - I sezione penale- Sentenza del 26 giugno 2001, n. 25935

Art. 734 c.p. - violazione di norme tecniche sul taglio taglio dei boschi e al danno causato al bosco - bosco nel suo valore estetico-ambientale - principio di specialità. Il principio di specialità dettato dall'art. 9 l. n. 689 del 1981 presuppone identità del fatto previsto dalla norma penale e da quella che impone la sanzione amministrativa; l'identità va accertata in concreto, alla stregua del fatto imputato nella sede penale e amministrativa (nella specie l'identità è stata esclusa tra il fatto contestato in sede penale ai sensi della l. n. 431 del 1985 e dell'art. 734 c.p., in violazione alla salvaguardia del bosco bosco nel suo valore estetico-ambientale, e il fatto contestato in sede amministrativa ai sensi dell'art. 25 l. reg. Campania 7 maggio 1996, n. 11, in relazione alla violazione di norme tecniche sul taglio taglio dei boschi e al danno causato al bosco come complesso produttivo di materiale legnoso, per il taglio eseguito in difformità dell'autorizzazione). Tribunale Vallo Lucania, 13 novembre 2000

Colpa grave del funzionario comunale responsabile della contabilità in materia di servizio di prevenzione degli incendi boschivi. Sussiste colpa grave per violazione dei basilari principi di contabilità pubblica di generale applicazione in materia di appalti di lavori o di servizi, sia a carico del funzionario comunale responsabile che abbia apposto il nulla osta al pagamento sulla fattura, relativa al dichiarato svolgimento di un servizio sia dei componenti della giunta comunale, avendo omesso qualsiasi controllo sulla regolarità della liquidazione della spesa, occorrendo per la legittima erogazione dei corrispettivi l'indispensabile supporto degli atti documentali (fattispecie di prestazione del servizio di prevenzione degli incendi boschivi). C. Conti reg. Sicilia, sez. giurisd., 22 marzo 1999, n. 109.

 

Vincolo idrogeologico sanzione. Nel giudizio di opposizione ad ordinanza - ingiunzione, irrogativa di sanzione amministrativa pecuniaria per violazione degli art. 7 e 24 r.d. n. 3267 del 1923, consistente nel dissodamento di parte di un terreno sito in zona sottoposta a vincolo idrogeologico, le carte topografiche, prodotte nel giudizio medesimo, costituiscono prova idonea dell'esistenza del vincolo, dato che l'attività amministrativa di imposizione del vincolo si concreta proprio nell'indicazione su di una mappa catastale, o, in mancanza, su di una carta dell'Istituto geografico militare (possibilmente in scala da 1 a 10.000), dei terreni da comprendersi nella zona da vincolare, descrivendone i confini. Cassazione civile sez. I, 22 febbraio 1996, n. 1396.

 

Falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico (c. p. art. 479). Risponde del delitto di cui all'art. 479 c.p. il geometra dell'ufficio tecnico comunale che compili ed invii alla regione una "scheda di controllo paesistico" nella quale, oltre ad indicare una dimensione inferiore a quella reale dell'edificio progettato, ometta di segnalare che sono stati già espressi altri pareri su quel progetto e che la zona interessata dalla costruzione e' demaniale e soggetta a vincolo idrogeologico e forestale. Cassazione penale sez. V, 3 luglio 1995, n. 7898.

 

L'art. 26 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267  - boschi vincolati a scopi idrogeologici - sanziona generiche - violazioni della normativa forestale - pianta sradicata in violazione dei regolamenti -  capo di bestiame immesso al pascolo in violazione dei divieti. L'art. 26 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 (che sanziona con pena pecuniaria dal doppio al quadruplo del danno commesso chi, nei boschi vincolati a scopi idrogeologici, o agli scopi previsti dal precedente art. 17, tagli o danneggi piante o arrechi danni in contravvenzione alle prescrizioni emanate dal comitato forestale ed alle prescrizioni emanate all'autorità) e l'art. 1 della l. 9 ottobre 1967 n. 950 (che sanziona generiche violazioni della normativa forestale con il pagamento di una somma fissa per ogni pianta sradicata in violazione dei regolamenti e per ogni capo di bestiame immesso al pascolo in violazione dei divieti stabiliti) tutelano interessi diversi, prendendo in esame condotte diverse e non sono in rapporto di specialità tra loro; ne consegue che in caso di violazione delle norme sopra indicate con un'unica azione, a norma dell'art. 8 della l. 24 novembre 1981 n. 689, va applicata la sanzione prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo. Cassazione civile, sez. I, 14 luglio 1992, n. 8555

 

Accertamento di infrazioni e termini. Ai sensi dell'art. 26 della Legge forestale di cui R. D. 30 dicembre 1923 n. 3267, in caso di accertamento di infrazioni, l'autorità amministrativa procedente deve determinare il valore delle piante tagliate o del danno cagionato, per la proporzionale commisurazione della sanzione amministrativa, con la conseguenza che tale determinazione diviene parte integrante del verbale dell'accertamento da notificare al trasgressore e che il termine di notificazione previsto dall'art. 14 della legge n. 689 del 1981 inizia a decorrere soltanto dal compimento della determinazione medesima, senza che, tuttavia, questa sia procrastinabile "ad libitum" dell'amministrazione, con una vanificazione della finalità del disposto dell'art. 14 cit., dovendo intervenire entro tempi ragionevoli, la cui individuazione, in caso di contestazione, è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e correttamente motivata. (Nella specie, formulando il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la sentenza con la quale il giudice del merito aveva ritenuto irragionevole un ritardo di circa tre anni fra l'accertamento dell'infrazione consistita nel taglio abusivo di piante per la costruzione di una strada di ampiezza notevolmente maggiore di quella autorizzata ed il conteggio delle piante medesime). Cassazione civile sez. I, 28 aprile 1992 n. 5052.

 

Art. 734 cod. pen. - operatività - esclusione - struttura della fattispecie - la gestione del vincolo. L'art. 734 cod. pen., nel punire la distruzione o l'alterazione delle bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione della autorità, con tale espressione adotta la tecnica del rinvio formale (non ricettizio) ad altra fonte, che fornisce così le regole di qualificazione di detta situazione, che è appunto quella che determina e regola la soggezione alla speciale protezione dell'autorità. Tale rinvio, implicitamente ma inequivocabilmente espresso a quel sottosistema dei beni culturali che è costituito dai beni ambientali e che è variamente articolato anche in ordine alle competenze, non può essere limitato irragionevolmente al solo momento in cui viene in essere la protezione, al momento cioè in cui è posto il vincolo e così individuato il bene ambientale, ma deve comprendere anche la gestione del vincolo attraverso la quale si attua la tutela. Pertanto, in presenza di un provvedimento dell'autorità amministrativa cui compete la gestione del vincolo posto a protezione del bene ambientale le opere autorizzate non possono integrare il reato di cui all'art. 734, perché l'autorizzazione costituisce un modo di gestione del vincolo sul luogo protetto secondo regole alle quali la norma penale effettua rinvio. (Fattispecie relativa a taglio di alberi di bosco vincolato, autorizzato dall'assessore al coordinamento per il territorio della regione lombardia per l'ampliamento di pista di discesa libera per i campionati mondiali di sci "valtellina 1985"). Cassazione penale, sez. III, 10 febbraio 1987, n. 5257.

 

L'art. 734 c.p. concorre con il reato specifico previsto dall'art. 1 sexies della legge n. 431 del 1985. Pretura Amelia, 15 ottobre 1986

 

Violazioni forestali in ipotesi di concorso formale eterogeneo - decespugliamento e dissodamento con conseguente e contestuale sradicamento di piante e ceppaie. Non sussiste alcuna presunta ragione (specificità dell'ordinamento forestale; specialità di contenuto finalistico della legislazione forestale con relativa previsione di distinte sanzioni edittali per fatti diversi per costruzione ontologica) validamente idonea a giustificare l'esclusione dell'applicazione dell'art. 8 legge n. 689 del 1981 nel settore delle violazioni forestali in ipotesi di concorso formale eterogeneo (od omogeneo) delle stesse, allorché sostanzialmente con un'unica e complessa azione (decespugliamento e dissodamento con conseguente e contestuale sradicamento di piante e ceppaie) sono state commesse più violazioni di legge ovvero violate diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative. Pretura Niscemi, 26 novembre 1985

 

Sanzioni amministrative pecuniarie per trasgressioni alle norme di polizia forestale - ricorso per cassazione. In tema di sanzioni amministrative pecuniarie per trasgressioni alle norme di polizia forestale, il ricorso per cassazione proposto prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina introdotta dalla l. 24 novembre 1981 n. 689 e quindi non soggetto alla stessa che opera retroattivamente solo con riguardo alle infrazioni con essa ex novo depenalizzate, è inammissibile qualora investa direttamente la sentenza resa dal pretore sulla opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione, poiché l'appellabilità di tale sentenza, in applicazione dei principi generali del codice di rito, non è esclusa dall'art. 5 della l. 9 ottobre 1967 n. 950, che espressamente la contempla, (come invece previsto dall'art. 9 della l. 3 maggio 1967 n. 317) e che non è stata modificata dalla successiva l. 24 dicembre 1975 n. 706, non riguardante la materia delle trasgressioni forestali. Questo principio manifestamente non pone il citato art. 5 in contrasto con l'art. 3 cost., sotto il profilo della diversità di trattamento delle infrazioni forestali rispetto alle altre infrazioni amministrative per cui opera l'inappellabilità ed immediata ricorribilità, della sentenza del pretore, tenuto conto che il doppio grado di giurisdizione configura criterio generale dell'ordinamento e che, quindi, una violazione di quel precetto costituzionale in ipotesi è configurabile solo per le norme derogatorie del criterio stesso e non per le norme che ne costituiscono applicazione. Cassazione civile, sez. I, 16 aprile 1984, n. 2439

 

Codice penale art. 624, il furto di alberi - l’Ente Parco è abilitato costituirsi parte civile.. Nella configurazione del reato di furto, ciò che contraddistingue il possesso è la disponibilità fisica della cosa e l'autonomia del potere di disporre, indipendentemente dal diritto dominicale sulla cosa stessa. (Nella specie, si è ritenuto l'ente autonomo del parco nazionale di Abruzzo abilitato a chiedere, quale parte civile, il risarcimento del danno per il furto di un albero abbattuto in un bosco di proprietà comunale, e quindi non appartenente dominicalmente al detto ente, ma sottoposto a vincolo di controllo e di gestione in favore dell'ente stesso). Cassazione penale, sez. II, 14 ottobre 1983, n. 1854.

 

Il mutamento di un'area boscata vincolata dai piani regolatori a bosco, in terreno agricolo coltivato ad orto e frutteto, costituisce una trasformazione urbanisticamente rilevante ed è subordinata all'obbligo della preventiva concessione la cui mancanza rende applicabile la sanzione prevista dall'art. 17 lett. b)legge n. 10 del 1977. Pretura Torino 24 maggio 1982.

 

Casi di esclusione dalla depenalizzazione. La l. 1 marzo 1975 n. 47 (contenente norme integrative per la difesa dei boschi) ha ripristinato il carattere penale delle infrazioni alla legge forestale 30 dicembre 1923 n. 3267, senza alcuna condizione: e ciò è confermato dalla l. 24 dicembre 1975 n. 706, che, nel depenalizzare le contravvenzioni punibili con l'ammenda, ha incluso tra i casi di esclusione dalla depenalizzazione le violazioni previste dagli artt. 24, 26, 54 e 135 della legge forestale. Cassazione penale, sez. III, 19 aprile 1982

 

La contravvenzione di cui all'art. 7 della legge forestale (r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267) è reato istantaneo con possibili effetti permanenti, che si perfeziona nel momento in cui si verifica, senza la prescritta autorizzazione, la trasformazione di un terreno saldo boscoso in terreno soggetto a lavorazione periodica. (Nella specie il reato è stato ritenuto per la coltivazione di un terreno saldo boscoso, in precedenza già dissodato). Cassazione penale, sez. III, 11 novembre 1981

 

Il reato di cui agli artt. 7, 8 e 24 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3267 (legge forestale) costituisce reato permanente che non si consuma istantaneamente col taglio degli alberi iniziale, trasformatore del terreno boschivo in seminativo, ma continua nella parte di terreno cespugliato che può beneficiare delle tecniche comprensoriali atte a rispettare il vincolo idrogeologico. (Fattispecie in cui un nuovo proprietario aveva arato per la semina un terreno a pascolo cespugliato, già disboscato abusivamente). Cassazione penale, sez. III, 21 ottobre 1981

 

Art. 635 n. 5 cod. pen.  - danneggiamento - circostanze aggravanti - fatto commesso su piantate di viti, alberi fruttiferi, boschi e vivai forestali - vegetazioni spontanee.  Per la sussistenza dell'aggravante di cui all'art 635 n 5 cod. pen. occorre che le piante oggetto del danneggiamento siano state poste in opera dall'uomo e siano fruttifere, escludendosi le vegetazioni spontanee, a meno che le stesse non siano parte integrante di un bosco, di una selva o di una foresta. Cassazione penale, sez. II, 15.02.1981, sentenza n. 2992

 

 

IN EVIDENZA:

 

Sent. N. 267 del 18 maggio 1999. 

Tribunale di Siracusa sez. Pen. Pres. Panebianco

 

IL FATTO

 

Un operaio del Corpo della Guardia Forestale, con l'auto del Servizio Avvistamento Incendi, appicca due distinti fuochi cagionando un incendio che ha interessato una superficie di 100 ettari e distrutto quarantamila piante circa.

 

IL PROCESSO

 

La Corte, dopo aver riconosciuto il dolo diretto dell'imputato, in quanto era evidente nel suo comportamento la coscienza e volontà di provocare l'incendio con la piena consapevolezza delle gravi conseguenze che la propria azione avrebbe cagionato, con l'aggravante dell'abuso e violazione dei doveri inerenti il pubblico servizio a cui l'imputato era addetto, dichiara l'episodio assolutamente ingiustificabile, e dall'impatto sociale, economico, ambientale, devastante, tanto più grave in relazione alla qualità soggettiva dell'imputato il quale aveva il dovere giuridico di controllo del territorio al fine di prevenire i fatti che invece ha commesso.

 

LA CONCLUSIONE

 

Grazie al presente Manuale AIB, che documenta l'impegno dell'associazione nella lotta agli incendi boschivi, il Tribunale, ha riconosciuto al WWF Italia la facoltà di costituirsi parte civile nei procedimenti penali aventi per oggetto reati che comportano danni ambientali causati dagli incendi, dichiara l'imputato colpevole e lo condanna alla pena di anni sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali ed all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Riconosce, infine, il risarcimento del danno ambientale in favore del WWF Italia.

 

 

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